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Sentenza

Tenente dell'Esercito Italiano Reggimento Artiglieria a cavallo imputato di ...
Tenente dell'Esercito Italiano Reggimento Artiglieria a cavallo imputato di diserzione e truffa militare continuata pluriaggravata, essendo stato verificato che egli aveva realizzato una serie di spostamenti sul territorio nazionale nel periodo coperto da certificati medici per malattia.
Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 23-02-2022) 21-03-2022, n. 2001
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8315 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giancarlo Viglione, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, 17;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-, Sezione Terza, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2022 il Cons. Fabrizio D'Alessandri, udito per la parte appellante l'avvocato Giancarlo Viglione;
Svolgimento del processo

Parte ricorrente impugna la sentenza del Tar -OMISSIS-, sede di -OMISSIS-, sez. III, n. -OMISSIS-, pubblicata in data 29.03.2017.

Il ricorrente, all'epoca dei fatti di causa Tenente dell'Esercito Italiano in servizio presso il Reggimento Artiglieria a cavallo di -OMISSIS-, veniva rinviato a giudizio in data 19 maggio 2011 dinanzi al Tribunale Militare di -OMISSIS- per rispondere dei reati di "diserzione e truffa militare continuata pluriaggravata", ai sensi degli artt. 81 cpv c.p. e 47 n. 2, 148 n.2 e 234 commi 1 e 2 c.p.m.p., essendo stato verificato che egli aveva realizzato una serie di spostamenti sul territorio nazionale nel periodo coperto da certificati medici per malattia.

Con sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale Militare di -OMISSIS-, pubblicata il 17.05.2012, il ricorrente veniva assolto. Tuttavia la seconda sezione della Corte Militare di Appello, con pronuncia n.

-OMISSIS-, riformava parzialmente la decisione del giudice di prime cure, riconoscendo la responsabilità dell'imputato per entrambi i reati contestati limitatamente al periodo compreso fra 1'8 e il 17 gennaio 2010.

La Corte di Cassazione, adita dall'odierno ricorrente, rigettava il ricorso, confermando la sentenza della Corte d'Appello.

Con nota del 3.6.2014, avente a oggetto "Inchiesta formale disciplinare", l'ufficiale inquirente comunicava all'odierno appellante la contestazione degli addebiti con contestuale invito a prendere visione degli atti, relativamente al seguente addebito: "Il Ten. … in riposo medico domiciliare sino al 03.01.2010 rimaneva assente sino al 22.01.2010 presentato n.4 certificati medici. Dalle indagini esperite è risultato che l'Ufficiale nel periodo compreso tra 1'8.01.2010 ed il 17.01.2010 effettuava plurimi spostamenti in territorio nazionale che sono apparsi incompatibili con una situazione sanitaria tale da comportare l'inidoneità alla prestazione del servizio militare, e con la sua assenza si procurava un ingiusto profitto consistente nella indebita percezione dello stipendio per il periodo considerato con pari danno per l'Amministrazione Militare. La condotta tenuta nell'occasione evidenzia gravi profili di responsabilità disciplinare che, in palese contrasto con i doveri attinenti al giuramento prestato, appaiono lesivi del prestigio dell'Istituzione, della categoria di appartenenza e della dignità del grado rivestito".

In data 17.6.2014 l'ufficiale inquirente trasmetteva al ricorrente la nota prot. n. (...) avente ad oggetto "Inchiesta formale disciplinare - invito a presentare memorie e documenti", con convocazione per il giorno 2 luglio 2014.

Con nota in data 02.07.2014 l'interessato richiedeva all'ufficiale inquirente gli atti del procedimento, che gli venivano trasmessi in pari data; in data 14.07.2014 l'Ufficiale Inquirente comunicava di aver "dichiarato chiusa la formale istruttoria" nei suoi confronti.

Il 3.12.2014 veniva notificato all'odierno appellante il Provv. n. 512 del 1 marzo 2014 con il quale, valutando che "l'addebito contestato ha trovato riscontro negli atti del procedimento disciplinare e che il comportamento tenuto dall'Ufficiale importa un grave disvalore disciplinare, tale da giustificare una sanzione di stato", si disponeva la sospensione disciplinare dall'impiego per dodici mesi.

L'odierno appellante ha impugnato dinanzi al T.A.R. -OMISSIS- il suddetto provvedimento, chiedendo l'annullamento della sanzione disciplinare. Ha lamentato l'eccesso di potere per difetto di istruttoria, nonché la violazione del principio di proporzionalità, in quanto gli sarebbe stata comminata una sanzione sproporzionata, anche tenuto conto della generica motivazione posta a sostegno del provvedimento.

Il T.A.R. -OMISSIS- -OMISSIS- con ordinanza n. -OMISSIS- ha rigettato l'istanza cautelare, mentre il Consiglio di Stato con ordinanza n. -OMISSIS-, ha accolto l'appello cautelare ai fini della sollecita fissazione dell'udienza di merito ai sensi dell'art. 55, comma 10, c.p.a., così motivando: "Considerato che le esigenze cautelari esposte dall'appellante possono trovare migliore e più adeguato soddisfacimento mediante la più sollecita definizione del giudizio nel merito ai sensi dell'art. 55 comma 10 c.p.a., nell'ambito della quale il giudice amministrativo meneghino potrà e dovrà darsi carico dello specifico profilo della misura della sanzione disciplinare, inflitta nella sua misura massima senza precipua motivazione correlata all'apprezzamento in concreto della gravità del fatto addebitato e alla misura della pena detentiva sospesa inflitta".

L'adito T.A.R., con la sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso sulla base della seguente motivazione:

"La sospensione disciplinare dall'impiego è, ai sensi dell'art. 1357 del codice dell'ordinamento militare, la più lieve sanzione di stato, che al ricorrente è stata comminata nella durata massima prevista di dodici mesi.

Il provvedimento impugnato fonda la propria motivazione sui fatti accertati in sede penale nonché su autonome valutazioni dell'Amministrazione militare.

Quanto al primo profilo, come esposto in fatto, è risultato che nel periodo compreso tra 1'8 gennaio 2010 e il 17 gennaio 2010, in cui risultava assente per malattia, il ricorrente aveva effettuato diversi spostamenti sul territorio nazionale, incompatibili con una situazione sanitaria tale da comportare l'inidoneità alla prestazione del servizio militare; inoltre, con la sua assenza, si procurava un ingiusto profitto consistente nell'indebita percezione dello stipendio per il periodo considerato con pari danno per l'Amministrazione Militare.

L'Amministrazione ha poi ritenuto, secondo una propria autonoma valutazione, che tale comportamento fosse in contrasto con i doveri d'ufficio, nonché lesivo del prestigio dell'Istituzione, della categoria di appartenenza e del grado rivestito.

Va rammentato che all'epoca dei fatti il ricorrente rivestiva il grado di tenente.

Ai sensi dell'art. 1355 del codice dell'ordinamento militare nel determinare la specie e la durata della sanzione va considerato, oltre al tipo di mancanza commessa e alla gravità della stessa, anche, tra gli altri, il grado del militare.

Rilevati tali profili, ovvero i fatti accertati in sede penale, il grado rivestito dal militare nonché la natura della sanzione irrogata (la più lieve delle sanzioni di stato), ad avviso del Collegio il provvedimento impugnato non è suscettibile di essere censurato nei termini dedotti con l'atto introduttivo del giudizio.

Va rammentato che l'Amministrazione militare in ordine alla sanzione disciplinare da infliggere a fronte di condotte accertate gode di un'ampia discrezionalità (Cons. Stato Sez. IV 18 febbraio 2016, n. 652; idem 15 marzo 2012, n. 1452 e 31 ottobre 2012, n. 5582), sicchè il sindacato giurisdizionale è esercitabile ab externo, limitatamente all'illogicità e all'irragionevolezza, non riscontrabili nel caso di specie. Anche la motivazione, come sopra rilevato, appare adeguata a dar conto dell'iter logico seguito in relazione ai presupposti di fatto e di diritto".

L'appellante ha impugnato in questa sede la sentenza formulando i seguenti rubricati motivi di ricorso: "Error in iudicando in ordine all'eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà, manifesta illogicità; Error in iudicando in ordine alla violazione del principio di proporzionalità della sanzione".

In sostanza egli critica la sentenza innanzitutto per non aver tenuto conto delle indicazioni rese in sede cautelare dal Consiglio di Stato, che aveva evidenziato il profilo della misura della motivazione della sanzione disciplinare inflitta; poi per aver giustificato la sanzione disciplinare inflitta con il fatto di trattarsi della più lieve delle sanzioni di stato, sostenendo da un lato che ciò non ne giustificava automaticamente la proporzionalità e dall'altro che la stessa era stata inflitta nella misura massima.

Secondo l'appellante, inoltre, anche il riferimento operato dalla sentenza ai fatti accertati penalmente, non costituiva un elemento determinante, non potendosi far discendere da tale generica affermazione la irrogazione della massima sospensione disciplinare, senza la presenza di una congrua motivazione.; per di più il T.A.R. -OMISSIS- avrebbe fatto richiamo ad "autonome valutazioni dell'Amministrazione militare", laddove l'amministrazione non aveva affatto esplicitato nel provvedimento impugnato in primo grado le motivazioni che l'avevano indotta a comminare la sospensione disciplinare nella misura massima dei dodici mesi., così che in definitiva le pretese "autonome valutazioni" erano rimaste inespresse, rendendo il provvedimento disciplinare icti oculi sproporzionato nella sua severità rispetto ai fatti accertati, ancorché gli stessi avessero luogo ad una condanna in sede penale.

Sempre secondo l'appellante, il provvedimento gravato, pur dando conto che i provvedimenti disciplinari debbono essere informati a principi di gradualità e di proporzionalità, non avrebbero specificamente indicato le ragioni che giustificavano la comminazione della sospensione disciplinare nella sua misura massima; né a tal fine sarebbe stata sufficiente la frase stereotipata riportata nel provvedimento stesso, secondo cui il comportamento dell'appellante "è censurabile sotto l'aspetto disciplinare in quanto in palese contrasto con i doveri attinenti al giuramento prestato, lesiva del prestigio dell'istituzione, della categoria di appartenenza e della dignità del grado rivestito": ciò in quanto la condotta incriminata, anche se sanzionata penalmente, non solo sarebbe stata priva di intenzionalità, ma anche posta in essere in assenza di precedenti e in concomitanza con l'assegnazione di una borsa di studio che aveva portato l'ufficiale, nelle more dell'inizio del congedo, ad assentarsi dal servizio.

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione appellata, resistendo all'appello.
Motivi della decisione

1) L'appello è infondato.

2) In primo luogo deve rilevarsi come i fatti posti a base del procedimento disciplinare debbano considerarsi accertati, essendo stati oggetto di giudicato penale di condanna per diserzione e truffa militare continuata pluriaggravata, a seguito della pronuncia della Cassazione -OMISSIS-, che ha confermato la sentenza della Corte Militare di Appello, n. -OMISSIS-.

E' pacifico in giurisprudenza che le valutazioni degli organi deputati dell'amministrazione in sede di procedimento disciplinare sono connotate da ampia discrezionalità, anche in ordine alla rilevanza del comportamento ai fini della irrogazione di una determinata, in quanto la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di manifesta illogicità e irragionevolezza, evidente sproporzionalità e travisamento dei fatti (Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 2019, n. 7335; id., sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1302; id. sez. III, 31 maggio 2019, n. 3652).

Spetta all'amministrazione in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità, disponendo essa di un ampio potere discrezionale nell'apprezzare autonomamente le varie ipotesi disciplinari, con una valutazione insindacabile nel merito da parte del giudice amministrativo (Cons. Stato, Sez. II, 23 novembre 2020, n. 7336; Cons. Stato, Sez. II, 8 ottobre 2020, n. 5969, id. 15 maggio 2020, n. 3112).

Pertanto la valutazione circa il rilievo e la gravità dell'infrazione disciplinare commessa dal militare è rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione, la quale attraverso la commissione di disciplina esprime un giudizio non sindacabile nel merito, ma soltanto in sede di legittimità nelle ipotesi in cui risulti abnorme o illogico in rapporto alle risultanze dell'istruttoria (Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2018, n. 5700, Sez. II, 15 maggio 2020, n. 3112).

Ciò precisato, si osserva che, a fronte della gravità dei fatti oggetto del procedimento disciplinare, che hanno dato luogo a una sentenza penale di condanna, la valutazione della sanzione da comminare sia ragionevole e scevra da ogni profilo di eccesso di potere o difetto di motivazione, avendo comminato la Commissione disciplinare la più lieve sanzione di stato prevista dal codice dell'ordinamento militare, ancorchè comminata nella durata massima prevista di dodici mesi.

Né si può ritenere che l'amministrazione militare avrebbe dovuto analiticamente motivare le ragioni dell'esatta quantificazione della sanzione, oltre il rilievo del palese contrasto con i doveri attinenti al giuramento prestato, lesiva del prestigio dell'istituzione, della categoria di appartenenza e della dignità del grado rivestito, non avendo peraltro la parte appellante dedotto rilevanti motivi in base ai quali la sanzione comminata sarebbe sproporzionata.

Invero gli unici argomenti sostanziali dedotti da parte appellante in ordine alla sproporzione della sanzione riguardano la supposta assenza di intenzionalità della condotta del militare e l'assenza di precedenti.

Quanto all'assenza di intenzionalità, tale elemento risulta peraltro chiaramente smentito dalla condanna penale, per reati che ammettono la sola forma dolosa, e dal tenore della sentenza della Corte di Appello di condanna e della Corte di Cassazione, che evidenziano la presenza dell'elemento soggettivo del reato ed escludendo espressamente la buona fede dell'appellante per entrambe i reati ascritti. In particolare, per il reato di truffa militare continuata pluriaggravata, sia la sentenza di Corte d'Appello che quella di Cassazione rilevano la condotta dolosamente volta a indurre in errore l'Amministrazione mediante artifizi e raggiri, consistenti nella presentazione di certificati medici non veritieri.

Anche per ciò che concerne il reato di diserzione, le due sentenze affermano la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, affermando l'esistenza del dolo.

L'invocata circostanza della mera assenza di precedenti non è elemento idoneo di per sé a dimostrare l'irragionevolezza e sproporzione della sanzione comminata, a maggior ragione in quanto la sanzione inflitta di sospensione disciplinare dall'impiego è la più lieve tra le sanzioni di stato.

Del tutto irrilevante risulta, infine, l'invocata circostanza che il T.A.R. -OMISSIS-, con la sentenza impugnata, non abbia tenuto conto di quanto indicato dall'ordinanza cautelare del Consiglio di Stato

n. -OMISSIS-.

In primo luogo l'ordinanza in questione ha accolto l'appello sulla pronuncia cautelare negativa formulata dell'odierno appellante ai soli fini della sollecita definizione del giudizio nel merito, ai sensi dell'art. 55, comma 10, c.p.a., non esprimendosi, quindi, sul fumus boni iuris della pretesa.

Inoltre, anche a prescindere da ciò, in ogni caso la pronuncia di accoglimento dell'appello sull'ordinanza cautelare di primo grado non crea giuridicamente alcun vincolo per il giudice di prime cure rispetto alla decisione nel merito della controversia.

4) Per le suesposte ragioni l'appello va rigettato.

Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del grado di appello, quantificate in euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti e i terzi.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Antonella Manzione, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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