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Sentenza

Falso ideologico per un sottordine della Stazione dei Carabinieri di Muravera. N...
Falso ideologico per un sottordine della Stazione dei Carabinieri di Muravera. Nella consapevolezza che un appuntato in caserma aveva aggredito e colpito con testata al volto e una ginocchiata al torace un soggetto che era stato accompagnato presso la Stazione in stato confusionale, attestava una ricostruzione dei fatti del tutto differente. La Cassazione ha confermato la condanna.
Corte di cassazione penale, sez. V, 18 settembre 2023 n. 38142
   ud. del 27 giugno 2023
Presidente Sabeone Gerardo; Estensore Pilla Egle; Ricorrente Omissis


Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 6 aprile 2022 la Corte di appello di Cagliari ha confermato la pronuncia di condanna del Tribunale in composizione monocratica della medesima città del 12 marzo 2019 con la quale il ricorrente T. è stato condannato alla pena di giustizia per il reato di falso ideologico in atto pubblico di cui agli artt. 110, 476, 479 c.p. (capo C della rubrica), previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, oltre statuizioni civili.
1.1. Al ricorrente è contestato di avere, in qualità di sottordine alla Stazione dei Carabinieri di Muravera firmato la comunicazione di notizia di reato n. prot. (Omissis), nella quale era rappresentato che in data (Omissis) M.D., dopo essere stato accompagnato presso gli uffici della caserma perchè "girovagava in stato confusionale", accortosi della presenza dell'appuntato L. avrebbe iniziato ad "agitarsi scompostamente" e tentando di guadagnare l'uscita in evidente stato di agitazione sarebbe stato fermato da L. e "nella circostanza il M. sarebbe rimasto contuso al volto con lieve fuoriuscita ematica dal naso ed al torace mentre l'app. L. riportava leggera contusione alla spalla destra", pur essendo invece consapevole che L. aveva aggredito e colpito con una testata al volto ed una ginocchiata al torace il M. cagionandogli lesioni personali consistite in "trauma chiuso del torace e trauma contusivo della piramide nasale", giudicate guaribili in gg. 10.
2. Avverso la decisione della Corte di appello ha proposto ricorso l'imputato con atto sottoscritto dal difensore di fiducia deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 comma 1, disp. att. c.p.p..
2.1.Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato.
Lamenta la difesa che la Corte territoriale ha omesso di considerare che i fatti falsamente rappresentati nella nota informativa non erano caduti sotto la diretta percezione del ricorrente che pacificamente non era presente ai fatti; circostanza questa che avrebbe richiesto, a fronte peraltro delle due diverse versioni degli accadimenti fornite da L. e da M., una rigorosa prova della piena consapevolezza in capo a T. della falsità dell'atto.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso è stato dedotto vizio di motivazione avuto riguardo alle dichiarazioni testimoniali del Brigadiere C..
In particolare, le dichiarazioni di C., secondo il quale T. non era stato informato di quanto realmente accaduto, sono state ignorate dal giudice di primo grado così come dalla Corte territoriale, a fronte di uno specifico motivo di appello proposto sul punto, che ne ha in realtà travisato il contenuto allorquando ha sostenuto che l'imputato aveva avuto conoscenza di quanto accaduto dai colleghi presenti ai fatti, tra i quali C..
2.3. Con il terzo motivo è stato dedotto vizio di motivazione per omessa rivalutazione delle dichiarazioni del ricorrente alla luce della corretta ricostruzione cronologica dei fatti, come richiesto nei motivi aggiunti di appello.
La Corte territoriale ha omesso di rivalutare la dichiarazione di T. secondo la quale il giorno (Omissis) si era limitato a firmare la informativa già pronta, protocollata e stampata sul tavolo del comandante P. inviandola nel medesimo giorno alla Procura della Repubblica di Cagliari su ordine del Capitano L..
La sentenza di primo grado aveva ritenuto inverosimile la versione in base all'erroneo presupposto che il (Omissis) il Comandante P. era impegnato per la testimonianza. In realtà, attraverso il memoriale di servizio del Maggiore Ca. è emerso che P. era stato impegnato per la testimonianza il giorno (Omissis), risultando così verosimile che avesse preparato l'informativa il giorno precedente (Omissis) e che il giorno successivo T. avesse provveduto a spedirla.
2.4 Con il quarto motivo, articolato a sua volta in ulteriori censure, è stato dedotto vizio di motivazione che si e' tradotto nel travisamento della prova con riferimento alle dichiarazioni di T., nell'omessa motivazione in relazione ad elementi favorevoli all'imputato, nella mancanza di riscontri esterni alle dichiarazioni etero-accusatorie di P..
2.4.1. Con riguardo al travisamento della prova, la sentenza impugnata ha travisato le dichiarazioni di T., il quale non ha riferito di avere saputo da P. che vi era stato un pestaggio tra L. e M., quanto piuttosto che i due erano venuti a contatto quando L. era entrato nell'ufficio. Estrapolando le frasi dal contesto in cui sono state riferite, la Corte territoriale ha attribuito alle stesse un significato diverso da quello effettivo.
2.4.2 Con riguardo all'omesso esame degli elementi favorevoli all'imputato la difesa lamenta la mancata valutazione:
- delle dichiarazioni di C. nella parte in cui ha riferito di non avere parlato dell'accaduto con T.;
- del certificato medico allegato alla informativa dalla quale risultavano le lesioni riportate da L. alla spalla;
- dei difficili rapporti intercorrenti tra T. e L. atteso che il primo aveva deferito il secondo per insubordinazione e, di contro, degli ottimi rapporti tra P. e L.; se T. avesse saputo del comportamento effettivamente tenuto da L. non avrebbe esitato a denunciarlo;
- delle dichiarazioni del Capitano L. che ha riferito di avere appreso dal P. di una colluttazione tra L. e M. che si era agitato alla vista del carabiniere, ma non di un pestaggio in danno di M.;
- dei precedenti episodi che avevano coinvolto il M. che spesso aveva reso necessario l'intervento dei carabinieri e non era quindi insolito che il giovane in quella occasione avesse formulato accuse nei confronti di L..
2.4.3. Con riguardo alla mancanza di riscontri esterni alle dichiarazioni di P., evidenzia la difesa che la sentenza ha ritenuto provato che P. avesse reso edotto T. dell'accaduto senza indicare riscontri alla dichiarazione e nonostante il capitano L. abbia riferito di avere appreso da P. unicamente di una colluttazione.
A ciò si aggiunga secondo il ricorrente, l'errata interpretazione che la sentenza impugnata ha tratto dalle dichiarazioni della madre di M. alla quale T. avrebbe riferito, pur non interpellato, di non sapere niente e al gesto del taglio alla gola fatto da T. a M..
2.5. Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente deduce vizio di motivazione in relazione all'art. 192 c.p.p., quanto all'osservanza della regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio.
Le risultanze istruttorie non consentono di ritenere raggiunta la prova della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato oltre ogni ragionevole dubbio.
2.6 Con il sesto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p..
La sentenza impugnata si è limitata a richiamare sul punto le motivazioni della sentenza di primo grado che aveva escluso la scriminante dell'adempimento di un ordine ricevuto sulla base della manifesta illegittimità dell'ordine criminoso impartitogli, senza considerare l'impossibilità di T. di valutare l'ordine ricevuto come illegittimo, non avendo egli assistito ai fatti.
2.7. Con il settimo motivo di ricorso è stata dedotta motivazione apparente che si traduce in violazione di legge in relazione alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
La sentenza impugnata si è limitata ad elencare i precedenti penali dell'imputato senza chiarire le ragioni per le quali gli stessi fossero da considerare ostativi alla concessione del richiesto beneficio.
2.8 Con l'ottavo motivo è stato dedotto vizio di motivazione in relazione alle statuizioni civili.
La sentenza impugnata non ha risposto allo specifico motivo di appello relativo alla gravosa statuizione civile in danno dell'imputato che non aveva causato alcun danno al M., non essendo presente ai fatti.
2.9. Con il nono motivo è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.
A fronte di una richiesta di confronto tra T., P. e L., la Corte territoriale ha respinto la richiesta con motivazione apparente limitandosi a richiamare la completezza del compendio probatorio.

Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile.
1. Il ricorso infatti non si confronta con le principali argomentazioni poste a fondamento della sentenza impugnata, sollecitando una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30 aprile 1997, Dessinnone, Rv. 207944).
1.1. In particolare, i primi quattro motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto relativi alla medesima doglianza (vizio di motivazione quanto alla sussistenza dell'elemento psicologico), risultano manifestamente infondati non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata (ipotesi di cd. doppia conforme) la quale, nel richiamare i contenuti della sentenza di primo grado, ha fornito adeguata ed esaustiva risposta alle censure già dedotte con l'atto di appello.
Occorre preliminarmente evidenziare che non risulta in contestazione la aggressione del militare L. ai danni di M. e la volontà dell'ufficiale L. di occultare l'accaduto.
1.2. La sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi logici, ha chiarito attraverso una serie di circostanze di fatto che T. era a conoscenza della avvenuta aggressione (p.15 e ss. sentenza impugnata):
- il ricorrente viveva nell'alloggio di servizio al piano superiore della stazione e arrivò dopo pochi minuti, contattato telefonicamente dal P., trovando il M. ancora sul posto evidentemente sofferente;
-il comandante L. era stato immediatamente coinvolto, circostanza che rivela la singolarità e delicatezza della situazione;
- l'imputato seguì la pratica personalmente per ordine del capitano L.; si recò al pronto soccorso insieme al comandante di compagnia; ascoltò per ore la vittima che ripetutamente diceva di essere stato aggredito ed essere stato picchiato dal L.; invitò la vittima a tacere mimando un gesto minaccioso del taglio della gola, condividendo palesemente il tentativo di occultare quanto accaduto;
- fu ordinato ai militari presenti di non procedere ad una relazione di servizio, circostanza del tutto singolare per l'arma dei Carabinieri (p. 19);
- il ricorrente firmò la relazione falsa, redatta peraltro con le sue credenziali, consapevole di quanto in essa contenuto per averla letta e comunque fatta propria (p.20); (è inverosimile che la avesse redatta P., perché sarebbe accaduto nei volgere di pochi minuti, in una situazione di confusione massima come risulta del resto dalla sentenza di primo grado, p. 14).
Peraltro, una parte rilevante dell'annotazione si riferisce a ciò che avvenne in ospedale, alla visita al pronto soccorso, al trattamento sanitario obbligatorio e alla fuga di Davide M., circostanza conosciute da T., che era presente, ma non da P..
1.3. Quanto alle plurime censure relative al travisamento delle risultanze istruttorie questa Corte ha più volete indicato la corretta interpretazione dell'invocato "travisamento della prova" quale vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p..
Secondo la giurisprudenza di questa Corte: "In virtù della previsione di cui all'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p. novellata dalla L. n. 46 del 2006, art. 8 costituisce vizio denunciabile in cassazione la contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo indicati nei motivi di gravame nonchè l'errore cosiddetto revocatorio che cadendo sul significante e non sul significato della prova si traduce nell'utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall'atto istruttorio (cosiddetto travisamento della prova).(Nella specie la S.C. ha rilevato l'assoluta inconciliabilita' tra il significante della deposizione testimoniale "ogni anno prendeva un compenso da amministratore" e la percezione della corte di merito col porre a base della decisione di condanna - per il reato di bancarotta fraudolenta - la diversa ed anzi contraria affermazione erroneamente attribuita al teste "dalle dichiarazioni del teste... si ricava che l'imputato prelevava le somme per i suoi bisogni personali e non tanto come compenso per la sua attività di amministratore"). (Sez. V, n. 18542 del 21 gennaio 2011, Carone, Rv. 250168).
Dunque, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di "contraddittorietà processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova. (Sez. V, n. 26455 del 09 giugno 2022, Rv. 283370; Sez. I, n. 25117 del 14 luglio 2006, Stojanovic, Rv. 234167; Sez. V, n. 36764 del 24 maggio 2006, Bevilacqua, Rv. 234605).
Chiarisce la giurisprudenza richiamata che il vizio di "travisamento della prova", qualificato dalla dottrina come contraddittorietà processuale, si riferisce alle distorsioni del patrimonio conoscitivo valorizzato dalla motivazione rispetto a quello effettivamente acquisito nel giudizio.
Appare chiaro che la cognizione del giudice di legittimità si muove in un perimetro definito e circoscritto: la verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice del dato probatorio nei termini di una "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova.
Grava sul ricorrente, come indicato nella giurisprudenza richiamata, l'onere di inequivoca individuazione e di specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere.
1.3.1. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria ha risposto alle doglianze contenute nell'atto di appello laddove il ricorso non censura un errata comprensione delle risultanze istruttorie, quanto piuttosto la loro valutazione, in questa sede insindacabile se immune da vizi logici.
Inoltre, i motivi si presentano generici non considerando quanto chiarito da questa Corte secondo la quale è inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest'ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anzichè al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita. (Sez. V, n. 44992 del 09 ottobre 2012, Aprovitola, Rv. 253774).
2. Il quinto motivo è manifestamente infondato non confrontandosi con le indicazioni di questa Corte a Sezioni unite secondo la quale in tema di ricorso per cassazione, e' inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell'art. 192 c.p.p., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), cit. codice, per censurare l'omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all'ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lett. c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità. (S. U. n. 29541 del 16 luglio 2020, Filardo, Rv. 280027).
3. Quanto al sesto motivo relativo alla scriminante dell'adempimento del dovere, anche in tal caso la censura reitera la medesima doglianza già correttamente disattesa con la sentenza impugnata (p.22): l'ordine impartito era manifestamente illegittimo e di tale illegittimità il T. era consapevole per i motivi precedentemente esposti.
La sentenza ha operato buon governo del consolidato principio fissato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo il quale non è applicabile la causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere nel caso in cui il militare abbia agito in esecuzione di ordine, impartito da un superiore gerarchico, avente manifestamente ad oggetto la commissione di un reato, essendo il primo tenuto a non eseguirlo e ad informare al più presto i superiori. (Sez. I, n. 43693 del 09 luglio 2021, Rv. 282221).
4. Contrariamente a quanto dedotto in ricorso con il settimo motivo che risulta manifestamente infondato, la sentenza impugnata ha argomentato con motivazione non apparente, nè contraddittoria o illogica, le ragioni per le quali e' possibile operare una prognosi negativa quanto alla futura astensione dell'imputato dalla commissione di ulteriori reati (p.22.).
La Corte territoriale è pervenuta a tale giudizio, valorizzando i precedenti penali del ricorrente ed in particolare una condanna a pena condizionalmente sospesa per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali commesso nell'anno (Omissis).
5. L'ottavo motivo relativo alle disposte statuizioni civili è manifestamente infondato, avendo la sentenza impugnata condiviso le valutazioni operate dalla sentenza di primo grado in ordine al quantum e agli elementi posti a fondamento della decisione.
La sentenza di primo grado espressamente richiamata (p.19 sentenza di primo grado) ha chiarito in primo luogo che la liquidazione atteneva al danno morale che andava valutato in via equitativa, considerando il grave pregiudizio apportato dalla condotta del ricorrente ad un soggetto debole, affetto da una grave forma di psicosi, sottoposto ad amministrazione di sostegno, il quale offeso da un comportamento di militari si ritrova indicato attraverso l'atto falso quale responsabile dell'accaduto.
Le sentenze di merito hanno operato buon governo delle indicazioni di questa Corte secondo cui in tema di risarcimento del danno, la liquidazione dei danni morali, attesa la loro natura, non può che avvenire in via equitativa, dovendosi ritenere assolto l'obbligo motivazionale mediante l'indicazione dei fatti materiali tenuti in considerazione e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente in base a quali calcoli è stato determinato l'ammontare del risarcimento. (Sez. VI, n. 48086 del 12 settembre 2018, Rv. 274229).
6. L'ultimo motivo non ha tenuto in conto la giurisprudenza di questa Corte in base alla quale il confronto non rientra tra le "prove decisive" di cui all'art. 606 comma 1, lett. d), c.p.p., (e dunque anche ai sensi dell'art. 603 c.p.p., comma 1 e 3), trattandosi di prova a carattere "neutro", sottratta alla disponibilità delle parti e rimessa alla discrezionalità del giudice (Sez. VI, n. 53334 del 24 ottobre 2017, Ragusa, Rv. 271762).
7.Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Consegue altresì, a norma dell'art. 616 c.p.p. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di Euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Avv. Antonino Sugamele

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