Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Militare Trapani

Sentenza

FORZE ARMATE Reato commesso da militare della Nato - Celebrazione del processo ...
FORZE ARMATE Reato commesso da militare della Nato - Celebrazione del processo da parte dell'autorità giudiziaria italiana in pendenza della richiesta di rinuncia alla priorità della giurisdizione avanzata dallo stato di appartenenza del militare - Nullità - Esclusione - Fattispecie
Cass. pen. Sez. IV Sent., 06/06/2023, n. 24182 (rv. 284650-01)



In tema di reati commessi da militari della NATO, la richiesta dello Stato di appartenenza del militare di rinuncia alla priorità della giurisdizione spettante allo Stato italiano non determina la sospensione del processo, né alcuna ipotesi di nullità, trattandosi di prescrizioni che non attengono al rispetto delle condizioni di procedibilità o alla tutela di prerogative di taluna parte processuale, ferma restando la facoltà del Ministro della giustizia di formulare, in ogni stato e grado del procedimento e fino al passaggio in giudicato della sentenza, la richiesta di rinuncia alla giurisdizione ai sensi dell'art. 1 d.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666, come modificato dal d.P.R. 11 marzo 2013, n. 27. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto ritualmente celebrato il processo per i reati di omicidio e di lesioni gravissime per violazione del codice della strada nei confronti di un militare NATO, nonostante la pendenza di richiesta dello Stato di appartenenza del predetto di rinuncia alla priorità spettante allo Stato italiano). (Rigetta, CORTE APPELLO NAPOLI, 26/09/2022) 


Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23/05/2023) 06-06-2023, n. 24182

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente -

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

Dott. MICCICHE' Loredana - rel. Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato il (Omissis);

avverso la sentenza del 26/09/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LOREDANA MICCICHE';

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MANUALI VALENTINA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

E' presente l'avvocato AMMENDOLA ANTONIO del foro di NOLA in difesa di A.A., che chiede l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1.- La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 26 settembre 2022, confermava la sentenza del medesimo Tribunale che aveva condannato A.A., militare americano in servizio presso il (Omissis), alla pena di anni 4 di reclusione, dichiarandolo responsabile dei reati di cui all'art. 589 e 590 bis c.p.. All'imputato era stato contestato che, in stato di alterazione psicofisica, per colpa generica, aveva percorso la ss. Quater all'altezza del km 42, in (Omissis), contromano e a forte velocità, scontrandosi contro l'autoveicolo che procedeva nel corretto senso di marcia e causando la morte del conducente e le lesioni gravissime del passeggero.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, per due motivi. Con il primo motivo, lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. e), difetto di motivazione in ordine al dedotto vizio di nullità della sentenza prospettato con i motivi di appello, sul quale la Corte territoriale non si era correttamente pronunciata. In particolare, rappresenta che, trattandosi di reato commesso da cittadino americano appartenente alle Forze Armate, viene in considerazione la Convenzione tra gli stati aderenti al Trattato del Nord Atlantico sullo status delle forze armate firmato a Londra il 19 giugno 1951, reso esecutivo in Italia con L. 30 novembre 1955, n. 1335. In base all'art. VII della Convenzione, trattandosi di caso in cui sussiste la giurisdizione prioritaria italiana, è prevista la possibilità, dietro richiesta dello Stato di appartenenza del militare, che lo Stato italiano rinunci alla propria giurisdizione, se vi è richiesta del predetto stato di appartenenza. La richiesta di rinuncia, se considerata ammissibile dal Ministro della Giustizia, deve essere inoltrata all'autorità giudiziaria italiana. Nel caso in esame, vi era stata richiesta da parte degli USA di rinuncia alla priorità della giurisdizione spettante allo stato italiano ma, nonostante ciò, l'autorità giudiziaria italiana aveva celebrato il processo senza attendere le determinazioni del Ministro della Giustizia. Per di più, la Corte d'Appello, investita della specifica questione, aveva argomentato nel senso che il caso rientrasse nella giurisdizione prioritaria italiana, trattandosi di reato commesso al di fuori dell'esercizio delle funzioni, e che pertanto non dovesse porsi alcuna questione. Deduce il ricorrente che la Corte territoriale non si era espressa circa il vizio dedotto, secondo cui la corretta applicazione della Convenzione, in presenza di richiesta del Governo statunitense, avrebbe imposto la sospensione del processo davanti alla autorità giudiziaria italiana in attesa delle determinazioni del Ministro della Giustizia, con conseguente nullità della sentenza. Lamentava inoltre vizio di motivazione relativamente alla dosimetria della pena inflitta.

3. Il procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Trattandosi di reato commesso da un militare della Nato, appartenente alle forze armate statunitensi, è applicabile al caso di specie l'art. VII, paragrafo 3, della Convenzione sullo Statuto delle forze (SOFA), firmata a Londra il 19 giugno 1951 e ratificata dall'Italia con la L. n. 1335 del 1955, nonchè il D.P.R. n. 1666 del 1956, art. 1, Regolamento applicativo dell'articolo VII sopra citato. La Convenzione SOFA disciplina le norme generali sulla presenza in un Paese NATO di forze armate provenienti da un altro paese dell'Alleanza; nello specifico, l'art. VII, paragrafo 3, individua i criteri da seguire per regolare il riparto della giurisdizione tra Stato territoriale e Stato di appartenenza nelle ipotesi in cui un membro delle forze armate compia sul territorio dello Stato che lo ospita uno o più reati. Precisamente, la norma in esame prevede che "In caso di giurisdizione concorrente, sono applicabili le seguenti regole:

a) Le autorità militari dello Stato d'invio hanno il diritto di esercitare a titolo prioritario la loro giurisdizione sul membro di una forza armata o di un elemento civile per quanto riguarda:

I) I reati che minacciano unicamente la sicurezza o i beni di questo Stato, o i reati che mettono a repentaglio unicamente la persona o i beni di un membro della forza armata o di un elemento civile di questo Stato, nonchè di una persona a carico, II) I reati risultanti dal qualsiasi atto o negligenza compiuti nell'esecuzione del servizio;

b) Nel caso di ogni altro reato, le autorità dello Stato ricevente esercitano a titolo prioritario la loro giurisdizione;

c) Se lo Stato che ha il diritto di esercitare a titolo prioritario la sua giurisdizione decide di rinunciarvi, esso lo notificherà al più presto alle autorità dell'altro Stato. Le autorità dello Stato che ha il diritto di esercitare a titolo prioritario la sua giurisdizione esaminano con benevolenza le domande di rinuncia a questo diritto presentate dalle autorità dell'altro Stato, quando queste ultime ritengono che considerazioni particolarmente importanti lo giustificano".

3. Non è controverso che nel caso in esame di verte in una ipotesi di giurisdizione prioritaria dello Stato Italiano in ordine alla quale lo stato di appartenenza dell'imputato ha avanzato richiesta di rinuncia al Ministero della Giustizia. Detta ipotesi è disciplinata dal regolamento di esecuzione del Trattato, ossia dal D.P.R. n. 1666 del 1956, art. 1, secondo cui "La facoltà di rinunciare al diritto di priorità nell'esercizio della giurisdizione o di accettare le istanze di rinuncia a tale diritto, nei casi previsti nell'art. VII, paragrafo 3, della Convenzione, è esercitata secondo le disposizioni del presente regolamento. Le istanze di rinuncia al diritto di priorità nell'esercizio della giurisdizione riconosciuto allo Stato italiano ai sensi dell'art. VII, paragrafo 3, lett. b), della Convenzione sono dirette al Ministero della giustizia, per il tramite del Ministero degli affari esteri, del procuratore della Repubblica presso il più vicino Tribunale ovvero, dopo la chiusura delle indagini preliminari, del giudice che procede. A tal fine, il procuratore della Repubblica o il giudice inoltrano le istanze, con un rapporto informativo, rispettivamente al Procuratore generale o al Presidente del Tribunale o della Corte che le trasmettono immediatamente con le osservazioni del caso. Della presentazione dell'istanza di rinuncia viene data in ogni caso, immediata comunicazione al procuratore della Repubblica ovvero, dopo la chiusura delle indagini preliminari, al giudice che procede. Il Ministero della giustizia, sentito il Ministero per gli affari esteri anche nel caso che le istanze non siano pervenute per il suo tramite, se riconosce ammissibile l'istanza e ritiene opportuno che si faccia luogo alla rinunzia al diritto di priorità nell'esercizio della giurisdizione, ne fa richiesta all'autorità giudiziaria competente per il procedimento. Tale richiesta può essere fatta in ogni stato e grado del procedimento fino al passaggio in giudicato della sentenza. Il giudice, accertata l'esistenza delle condizioni previste dalla legge per l'ammissibilità e la validità della rinuncia, dichiara con sentenza la rinunzia al diritto di priorità nell'esercizio della giurisdizione. In ogni caso la pronuncia del giudice sulla richiesta del Ministro è comunicata all'autorità dello Stato che ha fatto istanza per la rinuncia. Le precedenti disposizioni si osservano, in quanto compatibili, anche nel caso che il Ministro della giustizia intenda di sua iniziativa richiedere che sia dichiarata la rinuncia al diritto di priorità, nell'esercizio della giurisdizione, da parte delle autorità giudiziarie italiane, in favore dell'altro Stato".

Si sottolinea che la norma da ultimo riportata è stata modificata ad opera del D.P.R. n. 27 del 2013, il quale è intervenuto sulle condizioni per far valere la rinuncia; la modifica ha riguardato nello specifico l'esecuzione dell'art. VII della Convenzione relativamente ai casi di giurisdizione concorrente. In particolare, il legislatore ha inteso ampliare il termine per proporre all'autorità giudiziaria da parte del Ministero della giustizia l'istanza di rinuncia. Nella disciplina originale, invero, tale termine coincideva con la notifica all'imputato del decreto di citazione per il dibattimento di primo grado; mentre, a seguito dell'intervento del 2013, l'istanza potrà essere proposta in ogni stato e grado del procedimento fino al passaggio in giudicato della sentenza.

3. Tanto premesso, dall'esame dei testi normativi sopra citati si evince con chiarezza che non è prevista la sospensione del processo penale in caso di inoltro al Ministro della richiesta di rinuncia alla giurisdizione italiana da parte dello stato di appartenenza del militare della Nato: su tale richiesta, il Ministro può sempre pronunciarsi nel corso del processo e per tutta la sua durata (e non più nel termine di decadenza originariamente previsto). Il sistema delineato dalla descritta disciplina non individua, dunque, alcuna ipotesi di necessaria sospensione del processo nè, tantomeno, introduce ipotesi di nullità processuali, che sono soggette al generale principio di tassatività. Anzi, il tenore testuale della complessiva disciplina, nello stabilire che il Ministro della Giustizia può sempre formulare richiesta di rinuncia alla giurisdizione in ogni stato e grado del processo esclude che il processo possa fermarsi, ma stabilisce invece, al contrario, che debba proseguire normalmente il suo corso, fino alla eventuale richiesta del Ministro stesso. Al riguardo, si rileva che questa Corte si è già espressa nei medesimi termini seppur in una ipotesi parzialmente diversa (cfr.Sez. 4, n. 21269 del 26/03/2015, Rv. 263892 - 01, secondo cui, in tema di reati commessi da militari della NATO, la mancata comunicazione da parte dell'autorità giudiziaria al Ministero della giustizia delle informazioni occorrenti per l'esercizio della facoltà di rinuncia alla giurisdizione non comporta alcuna conseguenza processuale, trattandosi di prescrizioni che non attengono al rispetto o alla maturazione di eventuali condizioni di procedibilità, nè all'eventuale tutela di qualsivoglia prerogativa propria di taluna parte processuale, ferma restando l'eventuale facoltà propria del Ministro competente di formulare in ogni momento, entro i termini previsti dalla legge, la richiesta di rinuncia alla giurisdizione, che, in virtù del D.P.R. n. 27 del 2013, con il quale è stato emanato un nuovo Regolamento relativo all'applicazione dell'art. VII della Convenzione di Londra, può essere fatta in ogni stato e grado del procedimento fino al passaggio in giudicato della sentenza). Nella predetta pronuncia, quindi, si afferma che neanche la trasmissione comunicazione delle informazioni al Ministro riveste natura di obbligatorio adempimento processuale, e che pertanto il processo prosegue regolarmente dinanzi alla autorità investita della giurisdizione, salva la possibilità che il Ministro eserciti la facoltà di rinuncia alla giurisdizione prioritaria in accoglimento della richiesta avanzata dallo Stato di appartenenza del militare.

4. Ciò posto, a nulla rileva che la Corte d'Appello, rigettando il motivo di gravame relativo alla prospettata necessità di sospendere il giudizio, non si sia espressa sul punto limitandosi ad affermare l'esistenza della giurisdizione dello Stato Italiano: la questione, pur prospettata come vizio di motivazione, attiene alla violazione di legge, in questo caso radicalmente da escludersi per le ragioni sopra illustrate.

5. Manifestamente infondato è infine il motivo inerente alla dosimetria della pena, in ordine al quale la Corte territoriale rende ampia ed adeguata motivazione e tenendo conto di tutti gli elementi rilevati dedotti dal ricorrente. Deve sottolinearsi che si tratta di pena quantificata sul minimo edittale del reato di omicidio stradale e che è consolidato il principio per cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Rv. 245596 - 01).

6. Il ricorso va dunque respinto. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2023
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza