Ministero della difesa condannato a risarcire il danno patrimoniale subito dal militare e dai suoi familiari per l'ingiusto provvedimento di trasferimento adottato dal MInistero per incompatibilità ambientale.
Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 26/09/2023) 19-10-2023, n. 29148
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele - Presidente -
Dott. SCODITTI Enrico - rel. Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
Dott. SPAZIANI Paolo - Consigliere -
Dott. ROSSELLO Carmelo C. - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15873/2020 R.G. proposto da:
MINISTERO DIFESA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso lo studio dell'avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, (ADS80224030587) che lo rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
A.A., B.B., C.C., D.D., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ROCCAFORTE MARIO, (RCCMRA67C03L049C), ROCCAFORTE MARIO, (RCCMRA67C03L049C);
- controricorrenti -
avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di LECCE n. 1165/2019 depositata il 23/10/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/09/2023 dal consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.
Svolgimento del processo
che:
A.A., B.B., C.C. e D.D. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce il Ministero della Difesa. Gli attori esposero quanto segue. E.E., rispettivamente padre e coniuge degli attori, risiedeva con la propria famiglia, in qualità di appuntato dell'Arma dei Carabinieri, in un alloggio all'interno della (Omissis). Era accaduto che, nel corso di una perquisizione eseguita dai carabinieri presso una locale discoteca, era stata rinvenuta presso due ragazzi, all'interno di un gruppo in cui vi era anche A.A., una sostanza, poi rivelatasi all'esito dell'esame tossicologico, non stupefacente e che, inoltre, era stata rinvenuta una foto di B.B. sul desktop del computer di persona tratta in arresto per possesso di sostanze stupefacenti. Era stato quindi disposto il trasferimento di E.E. per incompatibilità ambientale, con revoca dell'assegnazione dell'alloggio di servizio. A seguito di ricorso proposto dal E.E., il TAR Puglia aveva dichiarato l'illegittimità del disposto trasferimento. Tutto ciò premesso, gli attori chiesero la condanna del Ministero convenuto al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale. Nel frattempo, il aveva proposto domanda risarcitoria innanzi al giudice amministrativo, domanda rigettata con perenzione poi del ricorso in appello.
Il Tribunale adito rigettò la domanda, recependo la motivazione della sentenza del giudice amministrativo di insussistenza dei presupposti della responsabilità risarcitoria per illegittima attività provvedimentale. Avverso detta sentenza proposero appello gli attori.
Con sentenza di data 24 ottobre 2019 la Corte d'appello di Lecce accolse parzialmente l'appello, condannando il Ministero della Difesa al pagamento in favore di ciascuno degli appellanti della somma di Euro 10.000,00 oltre gli interessi legali dalla domanda.
Osservò la corte territoriale che il Tribunale, se da un lato aveva correttamente escluso che le segnalazioni effettuate dai militari dell'Arma, in esito alla perquisizione e all'arresto, potessero configurare fatti produttivi di danno ingiusto (trattandosi di atti dovuti), dall'altro aveva errato nel ritenere opportuno il disposto trasferimento per incompatibilità ambientale, in pieno contrasto con il giudizio espresso dal TAR, secondo il quale il trasferimento aveva trovato la propria motivazione nei fatti imputabili ai figli del carabinieri, ma dagli atti di causa era risultato che nulla poteva a costoro essere imputato (il figlio non si era reso responsabile di alcuna detenzione di sostanza stupefacente, mentre, quanto alla figlia, l'archiviazione di immagini mediante le nuove tecnologie costituiva operazione alla portata di chiunque). Aggiunse che i profili di colpa ascrivibili alla P.A. erano stati ben delineati dal TAR, che aveva escluso categoricamente l'esistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento, così evidenziando come l'azione dell'Arma si fosse caratterizzata per una colpevole superficialità, posto che, per la stessa connotazione dei fatti, dovevano essere attesi, prima della adozione della decisione, gli sviluppi delle indagini. Osservò ancora che era innegabile che la portata offensiva e il clamore destato dal disposto trasferimento avesse recato di riflesso alla moglie ed ai figli del E.E. un pregiudizio ingiusto e che, mentre non spettava il danno patrimoniale, dovevano essere risarciti il dolore e la sofferenza patiti a causa della illegittima sanzione disciplinare emessa a carico del congiunto in assenza di presupposti, come da sentenza del TAR Puglia, in una con il discredito che l'intera vicenda aveva generato sulla famiglia del militare e che aveva inevitabilmente inciso sulle relazioni sociali degli appellanti, in particolare con riferimento ai ragazzi nell'ambiente scolastico. Concluse quindi che, ai fini della liquidazione equitativa, congrua era la somma di Euro 10.000,00 all'attualità per ciascuno degli attori.
Ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della Difesa sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E' stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c.. Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha depositato conclusioni.
Motivi della decisione
che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale, in modo contraddittorio, dopo avere condiviso la valutazione di primo grado sul carattere dovuto della condotta dei militari a seguito delle vicende che avevano coinvolto i figli del E.E., comportamento che quindi non poteva generare un danno ingiusto, ha considerato colpevole la condotta relativa al disposto trasferimento. Aggiunge che il giudice di appello non ha considerato che il presupposto del trasferimento erano gli atti dei militari, dalla stessa corte ritenuti dovuti, e che pertanto, essendo il provvedimento fondato sul compimento di atti doverosi dei militari, non è idoneo a fondare una condotta colpevole dell'Amministrazione.
Il motivo è inammissibile. Sia la censura in termini di motivazione apparente, perchè attinta da una contraddizione, che quella di mancata valutazione del presupposto del trasferimento, che, secondo il ricorrente, sarebbe costituito dal compimento di atti doverosi da parte dei militari, sono eccentriche rispetto alla motivazione e sono quindi prive di decisività. Il trasferimento, che la corte territoriale ha ritenuto elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità risarcitoria, è stato disposto, secondo l'apprezzamento del giudice del merito (non sindacabile nella presente sede di legittimità), non per il carattere dovuto degli atti dei militari, ma per quanto era oggetto di tali atti, e cioè gli episodi che hanno attinto i due figli di E.E. (sul punto recependo il giudizio del giudice amministrativo, secondo il quale il trasferimento aveva trovato la propria motivazione nei fatti imputabili ai figli del carabiniere, ma dagli atti di causa era risultato che nulla poteva a costoro essere imputato).
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2059, 2697 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello, senza accertare il requisito della colpa, ha attribuito la condotta colpevole produttiva di danno ingiusto al sol fatto dell'adozione di un provvedimento ritenuto illegittimo. Aggiunge che il danno allegato (generica perdita di tranquillità, crisi ansiose-depressive) non è connotato dalla serietà del pregiudizio, non essendo risarcibili i meri disagi o disappunti.
Il motivo è infondato. Esso contiene due censure: il mancato accertamento del requisito della colpa; la non sussumibilità nella categoria di danno morale di quanto allegato dagli attori.
La prima censura è infondata: come si evince chiaramente dalla motivazione della decisione, il requisito della colpa è stato oggetto di specifico accertamento, avendo la corte territoriale evidenziato che l'azione dell'Arma dei Carabinieri si è caratterizzata per una colpevole superficialità, posto che, per la stessa connotazione dei fatti alla base del provvedimento, dovevano essere attesi, prima dell'adozione del provvedimento medesimo, gli sviluppi delle indagini.
Quanto alla questione della ricorrenza della categoria di danno morale, va ricordato che il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona è risarcibile a condizione che l'interesse leso abbia rilevanza costituzionale, che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale, che il danno non sia futile, ovvero non consista in meri disagi o fastidi e che, infine, vi sia specifica allegazione del pregiudizio, non potendo assumersi la sussistenza del danno "in re ipsa" (fra le tante, da ultimo Cass. n. 29206 del 2019).
In relazione a quanto allegato dalla parte attrice, i fatti accertati dal giudice del merito sono i seguenti: il dolore e la sofferenza patiti a causa della illegittima sanzione disciplinare emessa a carico del congiunto, il discredito che l'intera vicenda aveva generato sulla famiglia del militare e che aveva inciso sulle relazioni sociali degli appellanti, in particolare con riferimento ai ragazzi nell'ambiente scolastico. Si tratta di conseguenze pregiudizievoli all'evidenza sussumibili nella categoria di danno non patrimoniale, così come elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1226 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che la sentenza non indica quale sia il criterio seguito per la liquidazione equitativa.
Il motivo è infondato. Va richiamata la sintesi dei principi operanti in materia di liquidazione equitativa formulata da Cass. n. 3691 del 2020: "l'esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità", purchè a condizione - soddisfatta nel caso che occupa - che "la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito" (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 13 ottobre 2017, n. 24070, Rv. 645831-01; in senso analogo Cass. Sez. 1, sent. 15 marzo 2016, n. 5090, Rv. 639029-01), restando, poi, inteso che "al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo", occorre che il giudice indichi, anche solo "sommariamente e nell'ambito dell'ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti per determinare l'entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al "quantum" (Cass. Sez. 3, sent. 31 gennaio 2018, n. 2327, Rv. 647590-01), senza però che egli sia "tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata di un univoco e necessario rapporto di consequenzialità di ciascuno degli elementi esaminati e l'ammontare del danno liquidato, essendo sufficiente che il suo accertamento sia scaturito da un esame della situazione processuale globalmente considerata" (Cass. Sez. 3, sent. 10 novembre 2015, n. 22885, Rv. 637822-01)".
Le circostanze di danno conseguenza accertate (il dolore e la sofferenza patiti a causa della illegittima sanzione disciplinare emessa a carico del congiunto, il discredito che l'intera vicenda aveva generato sulla famiglia del militare e che aveva inciso sulle relazioni sociali degli appellanti, in particolare con riferimento ai ragazzi nell'ambiente scolastico) integrano i criteri di cui si è avvalso il giudice del merito per la liquidazione del danno, enunciata come equitativa.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Non va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione trattandosi di Amministrazione dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Terza civile, il 26 settembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2023
21-10-2023 20:26
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