Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Militare Trapani

Sentenza

Termine per iniziare e riprendere il procedimento disciplinare nei confronti del...
Termine per iniziare e riprendere il procedimento disciplinare nei confronti del personale militare che ha un processo penale a carico
Consiglio di Stato sez. II, 19/04/2023, n.3976


                         REPUBBLICA ITALIANA                         
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
                        Il Consiglio di Stato                        
              in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)              
ha pronunciato la presente                                           
                              SENTENZA                               
sul ricorso numero di registro generale 587 del  2021,  proposto  dal
signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato Raffaele Bucci,
con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;            
                               contro                                
il Ministero della difesa,  in  persona  del  Ministro  pro  tempore,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale   dello    Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;           
                           per la riforma                            
della sentenza in  forma  semplificata  del  T.a.r.  per  il  Veneto,
Sezione I, n. -OMISSIS- resa inter partes,  concernente  la  sanzione
disciplinare della "perdita del grado per rimozione".                
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                   
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa; 
Visti tutti gli atti della causa;                                    
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2023 il consigliere
Giovanni Sabbato;                                                    
Vista l'istanza dell'appellante, depositata in data 6 marzo 2023,  di
passaggio in decisione senza discussione;                            
Nessuno presente per le parti;                                       
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              

Fatto
FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. -OMISSIS- proposto innanzi al T.a.r. Veneto, il signor -OMISSIS- già Maresciallo Aiutante dell'Arma dei Carabinieri, aveva chiesto:

- l'annullamento:

a) del decreto 23 ottobre 2019, con il quale è stata disposta la "perdita del grado", a decorrere dal 3 maggio 2017, quale sanzione disciplinare di stato, del ricorrente, da Maresciallo Aiutante dell'Arma dei Carabinieri a militare di truppa (senza alcun grado), con ogni conseguenza retroattiva ai fini pensionistici, sanzione irrogata all'esito del procedimento disciplinare instaurato a seguito dell'acquisizione di sentenza irrevocabile di condanna pronunciata in data 21 giugno 2017, ai sensi dell'art. 444 c.p.p., con cui il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale Ordinario di -OMISSIS- applicava al ricorrente la pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi quattro di reclusione, in ordine ai reati di cui agli artt. 615 ter e 326 c.p. (accesso abusivo a un sistema informatico o telematico e rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio);

b) di ogni altro atto ad esso connesso, prodromico o conseguente, ivi espressamente compreso il parere conforme della Commissione di disciplina del 9 settembre 2019;

- la condanna dell'Amministrazione alla ricostruzione della posizione previdenziale del ricorrente.

2. A sostegno del ricorso aveva dedotto quattro motivi di censura lamentando la violazione di varie norme di riferimento del C.O.M. (artt. 1392 e 1393) e della legge sul procedimento amministrativo, in particolare il difetto di motivazione e di proporzionalità.

3. Costituitasi l'Amministrazione in resistenza, il Tribunale adìto (Sezione I), ritenuti sussistenti i presupposti per emettere decisione in forma semplificata, ha respinto il ricorso ed ha compensato le spese di lite.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- "il termine per l'instaurazione del procedimento disciplinare susseguente al giudicato penale decorre, per costante giurisprudenza, dalla comunicazione all'Amministrazione della sentenza irrevocabile di condanna";

- non è dato ravvisare alcuna condotta negligente dell'Amministrazione nel richiedere l'attestazione di irrevocabilità della sentenza di condanna e la successiva estrazione di copia autentica, ad oltre un anno e sei mesi dal deposito della decisione in quanto poteva attivarsi in precedenza lo stesso ricorrente così da evitare lo slittamento dei termini procedimentali;

- "la sanzione irrogata appare congrua e tutt'altro che irragionevole o sproporzionata rispetto alla gravità della condotta".

5. Avverso tale pronuncia il signor -OMISSIS- ha interposto appello, notificato il 21 gennaio 2021 e depositato il giorno successivo, articolando due motivi di gravame (pagine 6-14) così rubricati:

I) Violazione art. 112 c.p.c., per omessa pronunzia sul primo motivo di ricorso: violazione di legge (artt. 1392, comma2, e 1393 C.O.M.) - eccesso di potere per carenza del presupposto e di motivazione (violazione art. 3 L. n. 241/1990);

II) Erroneità della motivazione e dei presupposti della stessa in ordine al rigetto del quarto motivo di impugnativa di primo grado: "violazione degli artt. 97 e 3 Cost. - eccesso di potere per illogicità manifesta, violazione del principio di proporzionalità e carenza di motivazione (violazione dell'art. 3 L. 241/1990)".

5.1 L'appellante, dopo aver rimarcato taluni passaggi fattuali della vicenda di causa che il T.a.r. avrebbe obliterato - connessi alla risalenza degli episodi contestati, allo stato di stress derivante dal coinvolgimento, a sua insaputa, della compagna in gravi fatti di sangue e alla formulazione di due proposte di archiviazione provenienti dagli uffici istruttori dell'Arma - ha dedotto, riproponendo il primo motivo del ricorso innanzi al T.a.r. che si lamenta non essere stato esaminato, la violazione del comma 1 dell'art. 1393 C.O.M. non configurandosi alcuna ipotesi (gravità, o particolare complessità di indagine) di sospensione del procedimento disciplinare per attendere l'esito del giudizio penale.

5.2 Si fa acquiescenza in ordine ai capi della sentenza di rigetto del secondo e del terzo motivo di ricorso di primo grado (inerenti alla natura recettizia del provvedimento sanzionatorio e la tardività/decadenza procedimentale con riferimento alla notificazione degli atti anziché alla loro assunzione) mentre si insiste, col secondo mezzo, nel denunciare la violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità e di imparzialità in quanto i fatti addebitati al -OMISSIS- sarebbero privi di oggettiva gravità, tanto è vero che non ha in alcun modo ostacolato le indagini relative all'omicidio contestato alla compagna e nei confronti della quale è intervenuta sentenza di condanna penale a 30 anni di reclusione confermata in appello; la condotta contestata peraltro nulla avrebbe a che vedere con la specialità della materia militare.

6. L'appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell'impugnata sentenza, l'accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l'annullamento del decreto di degradazione ivi impugnato.

7. In data 30 gennaio 2021 il Ministero della difesa si è costituito in giudizio.

8. In data 3 e 8 febbraio 2021 parte appellante ha depositato memorie insistendo per l'accoglimento del gravame evidenziando, tra l'altro, la mancata produzione di atti difensivi da parte appellata pur costituitasi in giudizio.

9. La causa, chiamata per la discussione all'udienza del 7 marzo 2023, è stata trattenuta in decisione.

10. L'appello è infondato.

10.1 Col primo mezzo parte appellante ripropone il primo motivo di ricorso, che si lamenta non essere stato esaminato dal T.a.r., col quale si deduce che il procedimento disciplinare doveva essere attivato senza dover attendere l'esito del giudizio penale.

10.2 È appena il caso di evidenziare che il lamentato difetto motivazionale da cui sarebbe affetta la pronuncia di primo grado non è in grado di inficiare ex se la pronuncia impugnata non producendo altra conseguenza se non la legittimazione del giudice d'appello alla disamina della censura ove riproposta nel relativo grado di giudizio.

10.3 Ripercorrendo il tratto argomentativo della censura è dato rimarcare che l'appellante deduce la violazione del comma 1 dell'art. 1393 COM laddove stabilisce che non rimane sospesa l'azione disciplinare in pendenza del procedimento penale nei casi in cui non si tratti di una trasgressione "di maggiore gravità", oppure non si verta in un caso di "particolare complessità dell'accertamento del fatto". La vicenda di causa non rientrerebbe in alcuna di tali due ipotesi e pertanto il procedimento disciplinare nei riguardi del -OMISSIS- doveva essere avviato entro i 60 giorni dalla data, 16 febbraio 2016, in cui veniva escusso a sommarie informazioni dalla questura di -OMISSIS- immediatamente dopo l'arresto dei due fratelli -OMISSIS- in quanto accusati del reato di omicidio volontario. In tale occasione, peraltro, il -OMISSIS- assunse un comportamento assolutamente collaborativo tanto che "smentì l'alibi inventato alla compagna -OMISSIS- e fece ritrovare le due pistole, i proiettili ed i 120 mila euro dei -OMISSIS- che erano nascosti nell'abitazione. E nella perquisizione del suo ufficio presso la stessa Compagnia dell'Arma di servizio e presso l'abitazione vennero tranquillamente trovate le copie delle informative stampate dallo SDI" (cfr. appello pagina 7). Inoltre, a seguito dell'indagine svolta dalla Questura di-OMISSIS- veniva promosso nei confronti del maresciallo -OMISSIS- un procedimento penale per "accesso abusivo a sistema informatico" (ex art. 615-ter c.p.) e abuso d'ufficio (ex art. 326 c.p.) che si concludeva con una sentenza di patteggiamento concordato in fase predibattimentale, innanzi al GIP (sentenza 21 giugno 2017, n. -OMISSIS-, di condanna alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione). Nel frattempo il -OMISSIS- aveva anche chiesto di essere messo in quiescenza per motivi di salute; cosa avvenuta con coevo decreto ministeriale del 22 giugno 2017 dopo dichiarazione di non idoneità al servizio della Commissione medica. Tali circostanze vengono evidenziate da parte appellante perché tali da suffragare, a suo parere, la violazione del richiamato art. 1393 COM, non potendosi configurare alcuna esigenza di procrastinare la definizione del procedimento disciplinare al momento della conoscenza della sentenza irrevocabile di condanna penale.

10.4 Giova premettere, ai fini della disamina dei rilievi di parte appellante, che il decreto impugnato in prime cure, del 23 ottobre 2019, che disponeva la degradazione dell'odierno appellante, espressamente scaturiva dalla "sentenza n. -OMISSIS- Reg. Sent. del 16 giugno 2017, divenuta irrevocabile il 17 settembre 2017 ed acquisita dall'Amministrazione il 28 gennaio 2019 con cui il Tribunale Ordinario di -OMISSIS- - Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari applicava al citato Sottufficiale, a richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. (c.d. "patteggiamento"), la pena sospesa di anni 1 (uno) e mesi 4 (quattro) di reclusione, in ordine ai reati di "accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico" e "rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio". I successivi step procedimentali, come traspare dallo stesso provvedimento, sono costituiti dall'avvio dell'inchiesta formale in data 4 aprile 2019 e dalla sua conclusione a seguito della seduta della Commissione di Disciplina del 9 settembre 2019.

Orbene, l'attivazione del procedimento disciplinare non può reputarsi tardiva non potendosi far risalire il dies a quo del relativo iter dalla data (16 febbraio 2016) in cui il maresciallo -OMISSIS- veniva escusso a sommarie informazioni, ma nemmeno da quella successiva (21 giugno 2017) in cui veniva emessa la sentenza di condanna per patteggiamento. Invero, come ribadito di recente da questo Consiglio, "l'art. 1392 cod.ord.mil., laddove indica come dies a quo del termine per il radicamento e la definizione del procedimento disciplinare di stato la data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, fa evidentemente riferimento ad una conoscenza giuridicamente certa, che può derivare solo dall'acquisizione di copia conforme della sentenza completa dell'attestazione di irrevocabilità; di converso, la norma non individua un termine entro il quale l'Amministrazione deve provvedere all'acquisizione documentale, oltretutto dipendente dai tempi necessari alle cancellerie degli uffici giudiziari per evadere le richieste" (cfr. Cons. Stato, sez. II, 7 febbraio 2022, n. 866). Per l'esattezza, l'art. 1393, comma 1, c.o.m. statuisce che "Il procedimento disciplinare non è comunque promosso e se già iniziato è sospeso fino alla data in cui l'Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che concludono il procedimento penale, ovvero del provvedimento di archiviazione, nel caso in cui riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio".

Ha osservato peraltro l'Adunanza plenaria, di recente, che "in materia di procedimento disciplinare, l'attesa della sentenza conclusiva dell'intero processo penale, onde avviare o riprendere il procedimento sanzionatorio, lungi dal costituire un irragionevole ritardo, costituisce invece una evidente garanzia per la completezza e correttezza del giudizio, e ciò sia in favore del dipendente pubblico (militare) sia in favore non già dell'amministrazione/soggetto, ma del valore costituzionalmente tutelato del buon andamento dell'attività amministrativa; quella medesima esigenza, cioè, che aveva ex ante reso opportuno sospendere il procedimento disciplinare" (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 13 settembre 2022, n. 14).

La norma in commento è stata sottoposta di recente ad approfondite riflessioni di questo Consiglio, essendosi rilevato in ordine alla sua formulazione quanto segue: "La disposizione in esame prevede, quindi:

- una norma di carattere generale (primo periodo), che sancisce l'autonomia del procedimento disciplinare rispetto al processo penale: il primo, difatti, "è avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale";

- due norme di eccezione rispetto alla norma generale, le quali, dunque, comportano la sospensione (o il non avvio) del procedimento disciplinare.

Ciò accade, in particolare:

- nei casi di infrazioni disciplinari di maggiore gravità, punibili con la consegna di rigore ex art. 1362, ovvero per le sanzioni disciplinari di stato ex art. 1357, allorquando si riscontri o una "particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al militare" o quando l'amministrazione "all'esito di accertamenti preliminari, non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare" (secondo periodo art. 1393, comma 1);

- nel caso in cui il procedimento riguardi "atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio" (terzo periodo).

Nella prima ipotesi di eccezione, ciò che rileva - e che rende doveroso per l'amministrazione di non procedere disciplinarmente - è l'impossibilità o l'estrema difficoltà di raccogliere tutti gli elementi idonei a sostenere una contestazione disciplinare (Cons. Stato, sez. IV, 18 settembre 2018 n. 5451).

In questa ipotesi (e nei due sottocasi che la caratterizzano), ciò che il legislatore intende evitare è un procedimento disciplinare o non destinato a concludersi per difetto di elementi suffraganti la responsabilità, ovvero concluso con un provvedimento viziato per difetto di istruttoria o di motivazione.

Nella seconda ipotesi di eccezione, invece, ciò che rileva non è una "difficoltà istruttoria" (che ben può non esservi), quanto la circostanza particolare che le condotte astrattamente costitutivi di illecito disciplinare sono commesse "nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio".

In questa ipotesi, il legislatore intende evitare che la "sovrapposizione" di diverse qualificazioni giuridiche del medesimo fatto (il quale può, sotto diversi parametri, contemporaneamente costituire - in via potenziale - sia illecito penale sia illecito disciplinare) porti l'amministrazione ad una valutazione "viziata" del fatto medesimo, potendo essa ritenerlo un profilo, per così dire, connesso e dunque giustificato dal dovere d'ufficio, laddove invece l'accertamento in sede penale e la riconosciuta penale responsabilità del militare recidono il "legame" ipotizzabile tra svolgimento della funzione e atti o comportamenti che - così diversamente contestualizzati - ben possono configurare illecito disciplinare.

Anche in questa ipotesi, dunque, il legislatore intende evitare l'instaurazione di procedimenti disciplinari il cui esito provvedimentale potrebbe essere viziato per difetto di motivazione, ovvero essere basato (nel caso di esito disciplinare assolutorio) su una ritenuta attinenza dell'atto o della condotta ad un dovere di servizio, che, invece, potrebbe essere escluso in sede penale" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 1672).

10.5 Resta da chiarire se, in considerazione della natura dei reati contestati all'appellante, si poneva o meno la necessità di sospendere (o non avviare) il procedimento disciplinare nelle more della definizione del giudizio penale così come avvenuto. Al riguardo, parte appellante sostiene che tale norma non trovi applicazione nel caso di specie in quanto le contestazioni formulate nei riguardi del -OMISSIS- non sarebbero attinenti ai doveri militari, con la conseguenza che non vi sarebbe stata alcuna necessità di attendere l'esito ultimo del giudizio penale.

La Sezione si è espressa di recente circa il perimetro applicativo della disposizione evidenziando innanzitutto come "in materia di pubblico impiego, in ordine ai rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale sono esclusi dalle ipotesi in cui l'art. 1393 del D.Lgs. n. 66 del 2010 indica la necessità della sospensione del procedimento disciplinare tutti quei fatti che - integrando in sede penale reati la commissione dei quali implica una cesura del rapporto di immedesimazione organica o comunque la riferibilità dei medesimo allo svolgimento della funzione o del servizio pubblico - non possono riferirsi ad un "adempimento di obblighi e doveri di servizio"" (cfr. Cons. Stato, sez. II, 14 luglio 2022, n. 6024). Tale non è il caso di specie, in quanto le fattispecie di reato contestate all'appellante, quali l'accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico e la rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio, risultano inscrivibili nell'ampia categoria delle fattispecie di reato strettamente connesse all'espletamento dei compiti d'ufficio.

Ne consegue che, tenendo conto del termine di 270 giorni di conclusione del procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 1392, comma 3, del d.lgs. n. 66/2010, il provvedimento disciplinare impugnato in prime cure, contrariamente a quanto dedotto, non può reputarsi tardivo.

10.6 Non possono, infine, assumere rilevanza le proposte degli organi istruttori nel senso di escludere la rilevanza disciplinare delle condotte contestate all'appellante, in quanto esse si collocano in una fase antecedente all'attivazione del procedimento disciplinare e comunque non incidono sulle successive autonome valutazione della Commissione di disciplina.

11. Non resta che trascorrere alla disamina del secondo motivo d'appello, col quale si denuncia la sproporzionalità della sanzione disciplinare irrogata di perdita del grado per rimozione rispetto alla gravità dei fatti addebitati al -OMISSIS-, il quale non è stato in alcun modo coinvolto nel giudizio penale che ha riguardato la sua compagna, provvedendo anzi a collaborare con gli organi inquirenti.

A tal riguardo, va richiamato il consolidato orientamento - al quale il Collegio ritiene di aderire in assenza di particolari ragioni di segno contrario - secondo cui "è incontestabile l'ampia discrezionalità che connota le valutazioni dell'Amministrazione in ordine alla sanzione disciplinare da infliggere a fronte delle condotte accertate" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5672; id., sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1452). Ancor più di recente, questo Consiglio ha ribadito che "la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 2019, n. 7335; id., sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1302; id. sez. III, 31 maggio 2019, n. 3652, ove si aggiunge che "In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità"). Tale orientamento è stato confermato anche con specifico riferimento alle sanzioni disciplinari irrogate nei riguardi del personale militare, in quanto "la valutazione circa il rilievo e la gravità dell'infrazione disciplinare commessa dal militare è rimessa alla discrezionalità dell'Amministrazione, la quale, attraverso la commissione di disciplina, esprime un giudizio non sindacabile nel merito, ma soltanto in sede di legittimità nelle ipotesi in cui risulti abnorme o illogico in rapporto alle risultanze dell'istruttoria" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2018, n. 5700).

Ricondotto il perimetro del vaglio di questo giudice nei limiti della "non manifesta sproporzionalità", non potendo in nessun caso sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dall'Amministrazione, salvo che le valutazioni siano inficiate da travisamento dei fatti ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente, va rilevato che la condotta dell'appellante, così come accertata in sede disciplinare, appare meritevole della sanzione irrogata della perdita del grado, a fronte del comportamento trasgressivo di due distinte norme penali, comunque contrario alle finalità del Corpo di appartenenza che sono proprio quelle di contrastare la commissione di tale tipo di illeciti.

L'appellante, come riportato nella pronuncia di condanna ex art. 444 c.p.p., si è infatti reso responsabile dei seguenti reati: "a) in ordine al reato di cui all'art. 615 ter commi I e 2 n. 1 c.p., perché, in qualità di Maresciallo Aiutante in servizio presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS- accedendo al Sistema di indagine interforze, svolgeva interrogazioni per finalità estranee a quelle consentite sui nominativi di -OMISSIS-(tutti soggetti a diverso titolo coinvolti nella vicenda relativa all'omicidio di -OMISSIS-), così trattenendosi abusivamente nel predetto sistema informatico; b) in ordine al reato di cui all'art. 326 c.p., perché in qualità di Maresciallo Aiutante in servizio presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS- violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivelava a terzi i dati ricavati da abusive interrogazioni al Sistema di indagine interforze, destinati a rimanere segreti; nello specifico, riferiva a -OMISSIS- di una denuncia sporta da -OMISSIS-alla Polizia di Stato e all'investigatore privato-OMISSIS-degli esiti delle ricerche svolte sull'auto in uso alla -OMISSIS-nonché sugli spostamenti e sui luoghi di lavoro di quest'ultima.".

È di tutta evidenza che trattasi di una condotta di particolare gravità, frutto di una condotta reiterata nel tempo e consolidatasi attraverso numerosi episodi che tradiscono una risoluzione criminosa ferma ed irrevocabile. Anche la collocazione temporale dei fatti contestati all'appellante si pone in stretta contiguità coi fatti di sangue oggetto del giudizio penale che ha riguardato i fratelli -OMISSIS-, in quanto, come è riportato nella nota investigativa della Squadra Mobile della Questura di-OMISSIS- del 10 maggio 2016, il -OMISSIS- "ha effettuato interrogazioni fino al 15.2.2016 ore 13:14. Si ricorda che il fermo degli indagati è avvenuta la notte del 16 febbraio u.s. (ore 4:00) e la stessa notte il M.llo --OMISSIS-è stato escusso a s.i. da personale di quest'Ufficio".

Le precise circostanze fattuali evidenziate in sede disciplinare quindi confermano, nei visti limiti dei quali soffre il sindacato di questo giudice, la particolare gravità della condotta addebitata all'appellante. Si aggiunga che non vale a sminuire la rilevanza della condanna riportata dal ricorrente la circostanza che si sia trattato di sentenza di applicazione della pena su richiesta della parte ex art. 444 c.p.p. giacché essa presuppone in ogni caso la responsabilità penale dell'imputato (Cons. Stato, sez. III, 26 agosto 2011, n. 4812).

12. In conclusione, l'appello è infondato e deve essere respinto.

13. Le spese del presente grado di giudizio, secondo il canone della soccombenza, vanno poste a carico di parte appellante nella misura stabilita in dispositivo.
PQM
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 587/2021), lo respinge.

Condanna parte appellante al rimborso, in favore del Ministero della difesa, delle spese del presente grado di giudizio nell'importo di € 2.000,00 (duemila/00) oltre IVA, CPA ed accessori come per legge se dovuti.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante e qualsiasi altra persona fisica citata.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere

Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 19 APR. 2023.
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza