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Il ricongiungimento familiare in ambito militare....
Il ricongiungimento familiare in ambito militare.
In ordine all’istituto al ricongiungimento familiare in ambito militare la disciplina è dettata da due disposizioni legislative: l’art. 1 della Legge n. 100 del 1987 e l’art. 17 della Legge n. 266 del 1999. La prima delle due disposizioni, al comma 5, stabilisce che “il coniuge convivente del personale militare di cui al comma primo[1] che sia impiegato in una amministrazione statale ha diritto, all’atto del trasferimento, ad essere impiegato, in ruolo normale, in soprannumero e per comando, presso le rispettive amministrazioni site nella sede di servizio del coniuge, o, in mancanza, nella sede più vicina.” L’art. 17 della L. n. 266 del 1999 invece recita testualmente: “Il coniuge convivente del personale in servizio permanente delle forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, trasferiti d’autorità da una ad altra sede di servizio, che sia impiegato in una delle amministrazioni[2]di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha diritto, all’atto del trasferimento o dell’elezione di domicilio nel territorio nazionale, ad essere impiegato presso l’amministrazione di appartenenza o, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede più vicina.” Queste disposizioni conferiscono al dipendente pubblico, coniuge del militare trasferito d’autorità, un vero e proprio diritto al ricongiungimento familiare che si realizza mediante trasferimento, comando o distacco dall’amministrazione di appartenenza. Il comando e il distacco descrivono rispettivamente il fenomeno per cui un dipendente di ruolo di un amministrazione pubblica presta temporaneamente servizio presso un altro ente o presso un ufficio della stessa amministrazione. Essi sono istituti di carattere eccezionale usati perlopiù nell’interesse della pubblica amministrazione. È stata sollevata questione di legittimità costituzionale, in ordine all’art. 17 della L. n. 266 del 1999, per la presunta violazione dell’art. 97 della Costituzione. L’uso indiscriminato e anomalo di queste forme di trasferimento ledevano, ad avviso del giudice rimettente, gli interessi dell’amministrazione di provenienza. La Corte Cost. ha escluso la prospettata violazione poiché, la parziale compressione degli interessi di alcune amministrazioni, è diretta al soddisfacimento e al rispetto di un altro diritto di rango costituzionale, ovvero il diritto all’unità della famiglia, che costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana.(Corte Costituzionale, 30 maggio 2008, n. 183). In una recente pronuncia il TAR Lombardia ha ribadito i presupposti affinché il dipendente pubblico possa ottenere l’avvicinamento al coniuge militare. Essi sono la preesistenza del rapporto di servizio, nello stesso luogo, del militare e del coniuge pubblico dipendente, la loro convivenza, il trasferimento d'autorità del coniuge militare e la possibilità di prestare servizio presso uffici dell'amministrazione operanti in quella sede o in sede vicine. (T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 13/04/2011, n. 566) La ratio delle disposizioni in commento è quella di attenuare i continui disagi connessi ai repentini trasferimenti cui il militare può essere soggetto. Per questo motivo è necessario, all’atto del trasferimento del militare, che il coniuge dello stesso sia con lui convivente. (Consiglio di Stato, sez. IV, 07/05/2007, n. 1974) Il diritto previsto dall'art. 1, comma 5, l. 10 marzo 1987 n. 100 si applica solo nel caso in cui il trasferimento del militare avvenga di autorità prima del termine quadriennale di permanenza nella sede, ed esclusivamente nell'ambito del territorio nazionale. Tale diritto non viene esteso all'ipotesi di trasferimento del militare all'estero. In tale ultimo caso il coniuge vanta solo il diritto alla speciale aspettativa prevista dalla l. 11 febbraio 1980 n. 26. (Consiglio di Stato, sez. IV, 28/11/2005, n. 6706) La ratio sottesa alla norma è la possibilità di evitare lo smembramento di una famiglia, a causa del trasferimento d’autorità del militare, pertanto, il disposto di cui all’art. 1, comma 5, della L. n. 100 del 1987 risulta applicabile anche all'ipotesi del coniuge militare trasferito prima dell'entrata in vigore della legge stessa. Il dipendente di una amministrazione anche non statale vanta un vero e proprio diritto al ricongiungimento familiare. Di conseguenza è compito dell'amministrazione di provenienza del dipendente, una volta ricevuta l'istanza di trasferimento per ricongiungimento al coniuge militare, trasferito d'autorità, accertare d'ufficio ed autonomamente se sussistano in altre sedi, condizioni tali da consentire la fruizione concreta del diritto sancito dall'art. 17 della L. 266/1999. (Consiglio di Stato Sezione sesta decisione 2 luglio 2004 23 novembre 2004, n. 7686) Ai fini dell’adozione di tale provvedimento di trasferimento, residua in capo all’amministrazione procedente un potere discrezionale relativo alla valutazione delle proprie esigenze di servizio.        

[1] Art. 1, comma 1, L. n. 100 del 1987 “A decorrere dal 1º gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito d’autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”
[2] Art 1, comma 2, D. Lgs.n. 29 del 1993 “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.”
Avv. Antonino Sugamele

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