Codice Penale Militare di Guerra.
Titolo I
DELLA LEGGE PENALE MILITARE DI GUERRA E DELLA SUA APPLICAZIONE
Art. 1. Nozione della legge penale militare di guerra.
La legge penale militare di guerra comprende, oltre questo codice, ogni altra legge speciale, o provvedimento che abbia valore di legge, in materia penale militare attinente alla guerra.
Art. 2. Pubblicazione delle leggi di guerra quando le forze armate dello Stato si trovano all'estero.
Le leggi di guerra, emanate quando le forze armate dello Stato si trovano all'estero, sono pubblicate nei modi stabiliti da esse, o, in mancanza, dal comandante delle forze medesime; e divengono immediatamente obbligatorie, salvo che le leggi stesse dispongano diversamente.
Art. 3. Legge penale militare di guerra in relazione al tempo.
La legge penale militare di guerra si applica per i reati da essa preveduti, commessi, in tutto o in parte, dal momento della dichiarazione dello stato di guerra fino a quello della sua cessazione.
Art. 4. Legge penale militare di guerra in relazione ai luoghi.
La legge penale militare di guerra si applica, per i reati da essa preveduti, quando essi siano commessi nei luoghi che sono in stato di guerra o sono considerati tali.
Nondimeno, durante lo stato di guerra, la legge penale militare di guerra si applica, per i reati da essa preveduti, anche se commessi in luoghi che non sono in stato di guerra o non sono considerati tali:
1. quando sia espressamente disposto dalla legge;
2. quando dai reati medesimi possa derivare un nocumento alle operazioni militari di guerra o ai servizi relativi, ovvero alla condotta della guerra in generale.
Art. 5. Applicazione della legge penale militare di guerra in caso di urgente e assoluta necessità. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall'art. 2 L. 18 marzo 2003, n. 42.
Art. 6. Legge penale militare di guerra in relazione alle persone.
La legge penale militare di guerra si applica ai militari appartenenti ad armi, corpi, navi, aeromobili o servizi in generale, destinati a operazioni di guerra, ancorché il reato sia commesso in luogo che non si trovi in stato di guerra.
Nei luoghi in stato di guerra i militari sono considerati permanentemente in servizio.
Art. 7. Nozione della qualità di militare.
Il presente codice comprende:
1. sotto la denominazione di militari, quelli dell'Esercito, della Marina, della Aeronautica, della Guardia di finanza, (1) i militarizzati e ogni altra persona che a norma di legge acquista la qualità di militare, gli assimilati, ancorché di rango, ai militari, e le persone appartenenti a corpi o reparti volontari autorizzati a prendere parte alla guerra;
2. sotto la denominazione di forze armate dello Stato, le forze militari suindicate.
Le disposizioni della legge penale militare, riflettenti le violazioni della disciplina militare, si estendono agli assimilati, sia per le violazioni commesse nei rapporti fra loro, sia per quelle commesse verso i militari e i militarizzati, o da questi verso di loro. Le stesse norme si osservano rispetto ai corpi o reparti volontari indicati nel comma precedente.
(1) Va aggiunta l'Arma dei Carabinieri, che con l'art. 1 L. 31 marzo 2000, n. 78 ha assunto il rango di forza armata.
Art. 8. Riunione di navi o di aeromobili; forze terrestri distaccate.
L'applicazione della legge penale militare di guerra può, con decreto del Presidente della Repubblica, ordinarsi, anche in tempo di pace, per una riunione di navi o di aeromobili, ovvero di forze terrestri distaccate per qualsiasi operazione militare o di polizia.
Art. 9. Corpi di spedizione all'estero. (1)
Sino all'entrata in vigore di una nuova legge organica sulla materia penale militare, sono soggetti alla legge penale militare di guerra, ancorché in tempo di pace, i corpi di spedizione all'estero per operazioni militari armate, dal momento in cui si inizia il passaggio dei confini dello Stato o dal momento dell'imbarco in nave o aeromobile ovvero, per gli equipaggi di questi, dal momento in cui e' ad essi comunicata la destinazione alla spedizione.
Limitatamente ai fatti connessi con le operazioni all'estero di cui al primo comma, la legge penale militare di guerra si applica anche al personale militare di comando e controllo e di supporto del corpo di spedizione che resta nel territorio nazionale o che si trova nel territorio di altri paesi, dal momento in cui è ad esso comunicata l'assegnazione a dette funzioni, per i fatti commessi a causa o in occasione del servizio".
(1) Questo articolo è stato così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. a ), L. 31 gennaio 2002, n. 6. Attualmente, e a decorrere dall'entrata in vigore della legge n. 247 del 4 agosto 2006 "disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali", successivi provvedimenti legislativi hanno ciascuno introdotto norme speciali in materia di quale legge penale militare applicare ai singoli corpi di spedizione inviati all'estero per operazioni militari armate. La relativa comune disciplina può quindi desumersi dall' art. 2, commi 26, 27, 28 della legge n . 247/2006, dalle successive leggi che hanno via via autorizzato la prosecuzione delle singole missioni all'estero, e in ultimo dall'art. 5 della legge n. 12 del 24 febbraio 2009, del seguente tenore: "1. Al personale militare che partecipa alle missioni internazionali di cui al presente decreto si applicano il codice penale militare di pace e l'articolo 9, commi 3, 4, lettere a), b), c) e d), 5 e 6 del decreto legge 1 dicembre 2001, n. 421, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6. 2. I reati commessi dallo straniero nei territori o nell'alto mare in cui si svolgono gli interventi e le missioni internazionali di cui al presente decreto, a danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti agli interventi e alle missioni stessi, sono puniti sempre a richiesta dal Ministro della giustizia e sentito il Ministro della difesa per i reati commessi a danno di appartenenti alle Forze armate.".
Art. 10. Operazioni militari per motivi di ordine pubblico.
(1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall' art. 2 L. 18 marzo 2003, n. 42.
Art. 11. Mobilitazione delle forze armate dello Stato.
La mobilitazione generale o parziale delle forze armate dello Stato importa, per i reati militari commessi dagli appartenenti alle forze mobilitate, l'applicazione della legge penale militare di guerra.
Art. 12. Prigionieri di guerra in potere o in custodia dello Stato italiano.
I prigionieri di guerra, che si trovano in potere o in custodia dello Stato italiano, sono soggetti alla legge penale militare di guerra in vigore per i militari italiani, salvo che sia altrimenti disposto dalla legge o dalle convenzioni internazionali.
Art. 13. Reati commessi da militari nemici contro le leggi e gli usi della guerra.
Le disposizioni del titolo quarto, libro terzo, di questo codice, relative ai reati contro le leggi e gli usi della guerra, si applicano anche ai militari e a ogni altra persona appartenente alle forze armate nemiche, quando alcuno di tali reati sia commesso a danno dello Stato italiano o di un cittadino italiano, ovvero di uno Stato alleato o di un suddito di questo.
Art. 14. Persone estranee alle forze armate dello Stato.
Oltre i casi espressamente enunciati nella legge, la legge penale militare di guerra si applica alle persone estranee alle forze armate dello Stato, che commettono alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 138, 139, 140, 141 e 142.
Art. 15. Militari di Stati alleati o associati nella guerra.
Agli effetti della legge penale militare di guerra, i reati commessi da militari italiani o da persone estranee alle forze armate dello Stato italiano a danno di militari o delle forze armate di uno Stato alleato sono considerati come se fossero commessi a danno di militari o delle forze armate dello Stato italiano. La osservanza di questa norma è subordinata alla condizione che lo Stato alleato garantisca parità di tutela penale ai militari italiani e alle forze armate dello Stato italiano.
Agli effetti delle disposizioni del presente codice, sotto la denominazione di Stato alleato si intende compreso anche lo Stato associato nelle operazioni belliche o partecipante alla stessa spedizione o campagna. (1)
(1) Questo comma è stato così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. b), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 16. Reati commessi da prigionieri di guerra italiani, o da altri militari italiani all'estero.
Salve le disposizioni degli articoli precedenti, la legge penale militare di guerra si applica per i reati commessi da militari italiani prigionieri di guerra presso il nemico a danno di altri militari italiani o dello Stato italiano; e, in caso di mobilitazione generale, anche per i reati commessi in territorio estero da ogni altro militare italiano.
Titolo II
COMANDANTE SUPREMO (1)
(1) L'originaria rubrica: "Della emanazione dei bandi militari" è stata così sostituita dall'art. 2, comma 1, lett. i), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 17. Comandante supremo. (1) (2)
Agli effetti della legge penale militare, è comandante supremo chi è investito del comando di tutte le forze operanti.
(1) Vedasi nota al Titolo II
(2) I primi tre commi di questo articolo sono stati abrogati dall'art. 2, comma 1, lett. h) L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 18. Casi di grave e imminente pericolo esterno. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. h), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 19. Occupazione militare. Corpi di spedizione militare. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall' art. 2, comma 1, lett. h), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 20. Efficacia obbligatoria dei bandi militari. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall' art. 2, comma 1, lett. h), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Titolo III
DELLA CESSAZIONE DELL'APPLICAZIONE DELLA LEGGE PENALE MILITARE DI GUERRA
Art. 21. Armistizio.
L'armistizio non sospende l'applicazione della legge penale militare di guerra e l'esercizio della giurisdizione militare di guerra, salvo che con decreto del Presidente della Repubblica, sia diversamente disposto.
Art. 22. Cessazione dell'applicazione della legge penale militare di guerra.
Con la cessazione dello stato di guerra cessano l'applicazione della legge penale militare di guerra e l'esercizio della giurisdizione militare di guerra, salvo che la legge disponga altrimenti.
Per gli appartenenti ai corpi nazionali che si trovano all'estero, l'applicazione della legge penale militare di guerra cessa dal momento in cui i corpi stessi rientrano nel territorio dello Stato.
Art. 23. Ultrattività della legge penale militare di guerra.
Per i reati preveduti dalla legge penale militare di guerra, commessi durante lo stato di guerra, si applicano sempre le sanzioni penali stabilite dalla legge suindicata, sebbene il procedimento penale sia iniziato dopo la cessazione dello stato di guerra, e ancorché la legge penale militare di pace o la legge penale comune non preveda il fatto come reato o contenga disposizioni più favorevoli per il reo.
Art. 24. Prigionieri di guerra in potere o in custodia dello Stato italiano.
Anche dopo la cessazione dello stato di guerra, i prigionieri di guerra in potere o in custodia dello Stato italiano sono soggetti alla legge penale militare di guerra per i reati da questa preveduti, fino al momento dell'avvenuto rimpatrio.
Per quanto concerne la condizione dei prigionieri di guerra, che alla data della cessazione dello stato di guerra si trovino sottoposti a procedimento penale, ovvero in espiazione di pena, si applicano le convenzioni internazionali.
Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 25. Luogo di esecuzione della pena di morte. (1)
Durante lo stato di guerra, la pena di morte è eseguita nel luogo determinato dal comando dell'unità, presso cui è costituito il tribunale che pronunciò la sentenza; salvo che la legge disponga altrimenti.
1. (1) Pena già soppressa "per i delitti preveduti nel codice penale" (D.lgs. 10 agosto 1944, n. 224), "per i delitti previsti dalle leggi speciali, diverse da quelle militari di guerra" (D.lgs. 22 gennaio 1948, n. 21) e, infine, abolita, anche per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra e sostituita dalla pena massima prevista dal codice penale (L. 13 ottobre 1994, n. 589).
Art. 26. Diminuzione di pena per gravi lesioni riportate o per atti di valore militare.
Nel caso di gravi lesioni personali riportate dall'imputato in fatti d'armi o in servizi di guerra, o di atti di valore compiuti nelle stesse circostanze, la pena stabilita per il reato commesso può essere diminuita nel modo seguente:
1. alla pena di morte (1) con degradazione e a quella dell'ergastolo può sostituirsi la reclusione da dieci a venti anni;
2. alla pena di morte (1) mediante fucilazione nel petto può sostituirsi la reclusione militare da sei a quindici anni;
3. le altre pene possono essere diminuite da un terzo a due terzi.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 27. Pubblicazione della sentenza di condanna.
Salvo che il giudice disponga altrimenti, le sentenze di condanna alla pena di morte (1) o all'ergastolo, pronunciate dai tribunali militari di guerra per i reati di tradimento, di spionaggio o di diserzione al nemico o in presenza del nemico, sono pubblicate per estratto mediante affissione, oltre che nei luoghi indicati nel codice penale militare di pace, anche nel comune in cui il militare ebbe l'ultima residenza o dimora.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 28. Potere del comandante di condonare le pene.
Durante lo stato di guerra, il comandante supremo ha il potere di condonare, mediante provvedimenti individuali, le pene detentive non superiori a un anno, e le pene pecuniarie, inflitte dai tribunali militari di guerra.
Lo stesso potere spetta, durante lo stato di guerra, al comandante di un corpo di spedizione all'estero per operazioni militari in regioni fuori d'Europa.
Il condono della pena si ha come non conceduto se, durante lo stato di guerra, il condannato commette un delitto non colposo, per il quale la legge stabilisce una pena detentiva o un'altra più grave.
Titolo II
DEL DIFFERIMENTO DELLA ESECUZIONE DELLE PENE DETENTIVE E ACCESSORIE
Art. 29. Pene detentive.
Salva la disposizione dell'articolo 32, è differita l'esecuzione delle pene detentive di durata non superiore a dieci anni inflitte, da qualunque giudice e per qualsiasi reato, a militari appartenenti al momento del commesso reato, o successivamente destinati, a reparti mobilitati.
Il Ministro della difesa, o il comandante supremo quando trattasi di militare da esso dipendente, può, sentito il procuratore generale militare della Repubblica, ordinare che sia differita l'esecuzione delle pene detentive temporanee di qualsiasi durata, inflitte ai militari, anche se non ricorrono le condizioni indicate nel comma precedente.
Durante lo stato di guerra, il differimento dell'esecuzione della pena a norma dei commi precedenti non impedisce il differimento della esecuzione delle pene inflitte con successive condanne.
Art. 30. Sospensione dall'impiego e sospensione dal grado.
Nei casi in cui, a norma dell'articolo precedente, è differita l'esecuzione della pena detentiva, è differita anche l'esecuzione delle pene accessorie della sospensione dall'impiego e della sospensione dal grado.
Art. 31. Degradazione.
Il militare incorso nella degradazione per effetto di una condanna a pena detentiva, la cui esecuzione è stata differita a norma dell'articolo 29, continua, per tutto il tempo in cui la pena non è eseguita, a prestare servizio militare, e la degradazione produce, per tale periodo, gli effetti della rimozione.
Art. 32. Condizioni ostative al differimento della esecuzione della pena.
Il differimento della esecuzione della pena non può essere ordinato, o, se già ordinato, è revocato:
1. se il condannato ha cessato, per qualsiasi ragione, dal prestare servizio militare, ovvero è divenuto permanentemente inabile ai servizi di guerra, tranne che l'inabilità dipenda da lesioni personali riportate o da infermità contratte in fatti d'armi o in servizi di guerra;
2. se è accertata la nullità dell'arruolamento del condannato.
Art. 33. Detrazione dalla durata della pena del periodo trascorso in speciali reparti combattenti.
Per i condannati a una pena detentiva, di cui la esecuzione è stata differita, il tempo trascorso in speciali reparti combattenti, ai quali, a causa della loro particolare condizione, siano stati assegnati, si detrae dalla durata della pena inflitta.
Art. 34. Differimento della esecuzione della pena per le persone estranee alle forze armate dello Stato.
Quando dal comandante supremo sia riconosciuta la necessità della presenza o la insostituibilità di una persona estranea alle forze armate dello Stato nel servizio che essa adempie presso stabilimenti o corpi sul piede di guerra, ai quali è addetta, il comandante stesso, sentito il procuratore generale militare della Repubblica, può disporre che sia differita l'esecuzione delle pene detentive temporanee inflitte alla persona suindicata.
La stessa facoltà può essere esercitata dai comandanti in capo delle forze marittime o aeree, nei limiti dei rispettivi comandi.
Art. 35. Differimento della esecuzione della pena in rapporto alla estinzione di essa.
Il periodo, durante il quale l'esecuzione della pena rimane differita a norma degli articoli precedenti, non è computato agli effetti dell'estinzione della pena stessa per decorso del tempo.
Art. 36. Cessazione dello stato di guerra: esecuzione della pena.
Salve le disposizioni del titolo terzo di questo libro, alla cessazione dello stato di guerra sono eseguite le pene detentive e le pene accessorie della sospensione dal grado e della sospensione dall'impiego, la cui esecuzione è stata differita a norma degli articoli precedenti e ha effetto altresì l'incapacità di appartenere alle forze armate dello Stato inerente alla degradazione derivata da condanna a pena detentiva, la cui esecuzione è stata differita.
Art. 37. Esecuzione: sostituzione di pene. Prigionieri di guerra nemici.
Quando, in applicazione degli articoli precedenti, la sentenza di condanna debba eseguirsi durante o dopo lo stato di guerra, per la esecuzione si osservano le disposizioni del codice penale militare di pace sulla sostituzione delle pene.
Per i condannati che siano prigionieri di guerra, si applicano le disposizioni dell'articolo 166.
Titolo III
DI CASI SPECIALI DI ESTINZIONE DEL REATO
Art. 38. Effetto derivante dalla condotta del condannato.
Alla data della cessazione dello stato di guerra, qualora il condannato alla pena della reclusione militare per un tempo non superiore a tre anni, la cui esecuzione sia stata differita a norma degli articoli 29 e 34, non abbia, posteriormente alla condanna, commesso un delitto e non sia più volte incorso in gravissime punizioni disciplinari, il reato è estinto.
In tal caso, non ha luogo l'esecuzione della pena principale e cessano gli effetti penali della condanna.
Art. 39. Condanna per reati preveduti dalla legge penale comune.
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche relativamente alle condanne a pene detentive non superiori a due anni, inflitte per reati preveduti dalla legge penale comune.
Art. 40. Effetto derivante dal compimento di atti di valore.
Anche prima della cessazione dello stato di guerra, qualora il condannato a una pena, la cui esecuzione sia stata differita a norma degli articoli 29 e 34, abbia conseguito, per atti di valore personale compiuti, posteriormente alla condanna, in fatti d'armi o in servizi di guerra, una promozione per merito di guerra o una ricompensa al valore, il reato è estinto, e si applica la disposizione del secondo comma dell'articolo 38.
Art. 41. Concorso di pene in caso di revoca del differimento.
Nel caso che sia revocato il differimento della esecuzione di pene inflitte con più sentenze di condanna, si applicano le disposizioni sul concorso delle pene.
Titolo IV
DELLA RIABILITAZIONE DI GUERRA
Art. 42. Promozione per merito di guerra o ricompensa al valore.
I militari, che, per atti di valore personale compiuti in fatti d'armi o in servizi di guerra, abbiano conseguito una promozione per merito di guerra o una ricompensa al valore, possono ottenere la riabilitazione, anche se non sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge penale comune.
Se i militari stessi hanno conseguito più promozioni per merito di guerra o più ricompense al valore, non si applicano le disposizioni dell'ultimo comma dell'articolo 179 del codice penale.
Art. 43. Partecipazione alla guerra con fedeltà e onore.
Per i militari che, pur non avendo conseguito alcuna delle attestazioni di merito o di valore indicate nell'articolo precedente, abbiano adempiuto con fedeltà e onore i loro doveri nelle operazioni o in servizi di guerra, i termini stabiliti dalla legge per la concessione della riabilitazione sono computati, ragguagliandosi a un anno ogni trimestre di campagna compiuto o soltanto iniziato.
Art. 44. Incapacità derivanti da decisioni di proscioglimento.
Nel caso di incapacità derivanti da decisioni di proscioglimento, i militari che si trovano nelle condizioni indicate nell'articolo 42 sono dispensati dalla osservanza del termine stabilito dalla legge agli effetti della estinzione delle incapacità medesime.
Per i militari che si trovano nelle condizioni indicate nell'articolo 43, il termine stesso è ridotto alla metà.
Art. 45. Invalidi di guerra.
Le disposizioni degli articoli 42 e 44, concernenti i militari che hanno conseguito una promozione per merito di guerra o una ricompensa al valore, si applicano altresì ai militari, che abbiano adempiuto con fedeltà e onore i loro doveri nelle operazioni o in servizi di guerra e siano stati dichiarati invalidi, con diritto a pensione privilegiata di guerra, per una delle lesioni o infermità indicate nella legge sulle pensioni di guerra.
Art. 46. Esclusione dalla riabilitazione di guerra.
Sono esclusi dalla riabilitazione di guerra i militari condannati per alcuno dei reati di tradimento, spionaggio, abbandono di posto in presenza del nemico, diserzione, mutilazione volontaria o infermità procurata per sottrarsi all'obbligo del servizio militare, commessi durante lo stato di guerra.
Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 47. Applicazioni delle norme del codice penale militare di pace; aumento di pena. Reato militare ai fini del codice militare di guerra. (1)
Nei casi non preveduti da questo codice, si applicano le disposizioni del codice penale militare di pace, concernenti i reati militari in particolare. Tuttavia, le pene detentive temporanee, stabilite dal codice penale militare di pace, si applicano con l'aumento da un sesto ad un terzo, estensibile fino alla metà nei casi gravi, salvo quando l'aumento sia specificamente disposto da questo codice.
Costituisce altresì reato militare ai fini del presente codice, ogni altra violazione della legge penale commessa dall'appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare, e prevista come delitto contro:
1. la personalità dello Stato;
2. la pubblica amministrazione;
3. l'amministrazione della giustizia;
4. l'ordine pubblico;
5. l'incolumità pubblica;
6. la fede pubblica;
7. la moralità pubblica e il buon costume;
8. la persona;
9. il patrimonio. (2)
Costituisce inoltre reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall'appartenente alle forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell'amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trova nei territori di operazioni all'estero. (2)
Costituisce infine reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi e di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, commessa dall'appartenente alle Forze armate in luogo militare. (2)
(1) Le parole: "Reato militare ai fini del codice militare di guerra" sono state aggiunte dall'art. 2, comma 1, lett. i ), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
(2) Questo comma è stato aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. c), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Titolo II
DEI REATI CONTRO LA FEDELTÀ E LA DIFESA MILITARE
Capo I
DEL TRADIMENTO.
Art. 48. Attentato od offesa al luogotenente generale del Re Imperatore. (1)
(1) Questo articolo deve ritenersi implicitamente abrogato, stante l'avvento della Repubblica.
Art. 49. Reati contro il comandante supremo.
Il militare, che attenta alla vita, alla incolumità o alla libertà personale del comandante supremo, è punito con la morte (1) con degradazione.
In ogni altro caso di offesa, si applicano le pene stabilite per il reato d'insubordinazione dal codice penale militare di pace, aumentata la pena detentiva temporanea dalla metà a due terzi.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 50. Abbandono del corpo per combattere contro lo Stato.
Il militare che, per combattere contro lo Stato, abbandona il corpo, la nave o l'aeromobile, è punito con la morte (1) con degradazione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 51. Aiuto al nemico.
Il militare, che commette un fatto diretto a favorire le operazioni militari del nemico ovvero a nuocere altrimenti alle operazioni delle forze armate dello Stato italiano, è punito con la morte (1) con degradazione.
(1) Vedasi nota all'art. 25
Art. 52. Nocumento alle operazioni militari.
Il militare, che, fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, impedisce od ostacola lo svolgimento di attività inerenti alla preparazione o alla difesa militare, è punito, se dal fatto è derivato nocumento alle operazioni di guerra dello Stato italiano, con la reclusione non inferiore a dieci anni.
Art. 53. Servizio di pilota o guida per il nemico.
Il cittadino e ogni persona al servizio dello Stato, che assume il servizio di pilota o di guida di una nave nemica, di un aeromobile nemico o di qualsiasi altra forza militare nemica, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nella schiena.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 54. Intelligenze o corrispondenza con il nemico.
Il militare, che, per favorire il nemico, tiene con esso intelligenze o corrispondenza, è punito con la morte (1) con degradazione.
Se le intelligenze o la corrispondenza non hanno prodotto danno, la pena può essere diminuita.
Se trattasi di offerta di servizi al nemico, ancorché non accettata, la pena è della reclusione non inferiore a quindici anni.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 55. Agevolazione colposa.
Il militare, che, per colpa, ha reso possibile, o soltanto agevolato la esecuzione del reato preveduto dal primo comma dell'articolo precedente, è punito, se dal fatto può derivare danno alla situazione politica o militare dello Stato italiano, con la reclusione militare da tre a dieci anni.
Art. 56. Comunicazione illecita con il nemico, senza il fine di favorirlo.
Il militare, che, senza il fine di favorire il nemico, ma senza autorizzazione o contro il divieto dei regolamenti o dei superiori, entra in comunicazione o corrispondenza con una o più persone delle forze armate nemiche o della popolazione dei luoghi appartenenti allo Stato nemico, è punito con la reclusione da uno a sette anni; e, se trattasi di fatto abituale o, comunque, se ricorrono circostanze di particolare gravità, con la reclusione non inferiore a dieci anni.
Art. 57. Rapporti di guerra infedeli, reticenti o manchevoli.
Il militare incaricato di una ricognizione, che fa rapporti non veritieri o reticenti, è punito, se dal fatto è derivato un nocumento alle operazioni militari, con la morte (1) con degradazione.
Se per colpa sono fatti rapporti inesatti o manchevoli, e da essi è derivato il nocumento indicato nel comma precedente, si applica la reclusione militare da tre a quindici anni.
Se dal fatto non è derivato nocumento, la pena è della reclusione da uno a cinque anni nel caso preveduto dal primo comma, e della reclusione militare fino a un anno, nel caso preveduto dal secondo comma.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 58. Aiuto al nemico nei suoi disegni politici.
Nei luoghi del territorio dello Stato invasi od occupati dal nemico, chiunque favorisce i disegni politici del nemico sul territorio invaso od occupato, ovvero commette un fatto diretto a menomare la fedeltà dei cittadini verso lo Stato italiano, è punito con la reclusione da dieci a venti anni.
Capo II
DELLO SPIONAGGIO MILITARE
E DELLA RIVELAZIONE DI SEGRETI MILITARI.
Art. 59. Spionaggio militare.
E' punito con la morte (1) con degradazione il militare, che, per favorire il nemico, si procura o tenta di procurarsi documenti, oggetti o notizie, che possono compromettere la sicurezza di una piazza, di un forte, o posto militare, di una nave militare o da trasporto, di un aeromobile militare o da trasporto, di un arsenale o altro stabilimento militare, ovvero di zone di adunata, di azione o stazione delle forze armate terrestri, marittime o aeree, o comunque delle forze armate dello Stato; anche senza essersi introdotto nei luoghi suindicati.
La stessa pena si applica al militare, che, per procurarsi documenti, oggetti o notizie in favore del nemico, si introduce in alcuno dei luoghi indicati nel comma precedente.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 60. Militare che si introduce travestito in luoghi d'interesse militare.
Il militare, che si introduce travestito in alcuno dei luoghi indicati nel primo comma dell'articolo precedente, è punito con l'ergastolo.
Se il colpevole prova che il suo travestimento aveva uno scopo diverso da quello di favorire il nemico, la pena è della reclusione militare da uno a quattro anni.
Art. 61. Militare nemico che si introduce travestito in luoghi d'interesse militare.
Il militare delle forze armate nemiche o qualsiasi altra persona al servizio dello Stato nemico, che s'introduce travestito in alcuno dei luoghi indicati nel primo comma dell'articolo 59, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
Se il colpevole, per travestirsi, ha indossato una uniforme militare italiana, la pena è della morte (1) mediante fucilazione nella schiena.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 62. Aiuto o informazioni a spie o ad altri agenti nemici.
Chiunque dà o procura ricovero, aiuto o informazioni a una spia o ad altro agente nemico, è punito con la morte (1) con degradazione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 63. Persona sorpresa in prossimità di posti militari o che segue le operazioni militari.
Chiunque, nei luoghi in stato di guerra, è trovato, senza giustificato motivo, in prossimità di posti militari, trinceramenti o accampamenti, è punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.
La stessa pena si applica a chiunque, senza autorizzazione, segue le operazioni militari.
Art. 64. Esibizione, pubblicazione, vendita o distribuzione di cose militari.
Chiunque, senza l'autorizzazione dell'Autorità militare, esibisce, espone, pubblica, vende o distribuisce fotografie, disegni, modelli o schizzi di cose concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare, ovvero delle posizioni delle forze armate dello Stato italiano o di uno Stato alleato, è punito, se dal fatto può derivare il nocumento enunciato nel primo comma dell'articolo 59, con la reclusione militare da uno a cinque anni.
Art. 65. Porto od uso di macchine fotografiche.
Chiunque, nella zona delle operazioni militari, senza permesso dell'Autorità competente, porta o usa macchine fotografiche di qualsiasi specie, è punito con la reclusione militare fino a un anno.
Art. 66. Rivelazione di segreti militari al nemico.
Il militare, che rivela al nemico, in tutto o in parte, lo stato o la situazione delle forze armate terrestri, marittime o aeree, il piano di una operazione o spedizione, gli accampamenti o le posizioni, i segnali di qualunque natura, i luoghi di rifornimento, lo stato delle provvigioni in armi, munizioni, combustibili, viveri o denari; o, in generale, comunica al nemico documenti, oggetti o notizie, che possono produrre il nocumento enunciato nel primo comma dell'articolo 59, o comunque favorire le operazioni delle forze armate nemiche, ovvero nuocere alle operazioni militari dello Stato italiano, è punito con la morte (1) con degradazione.
Se dal fatto non può derivare il vantaggio o il nocumento enunciato nel comma precedente, si applica l'ergastolo.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 67. Procacciamento di notizie segrete, senza il fine di favorire il nemico.
Il militare, che, senza il fine di favorire il nemico, si procura, senza l'autorizzazione dell'Autorità competente, notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato e che devono rimanere segrete, ovvero compie atti diretti a procurarsele, è punito con la reclusione militare non inferiore a cinque anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello Stato, si applica la pena di morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 68. Rivelazione di segreti militari, senza il fine di favorire il nemico.
Il militare, che, senza il fine di favorire il nemico, comunica o, comunque, rivela documenti, oggetti o notizie, concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato e che devono rimanere segreti, è punito con la reclusione militare non inferiore a dieci anni.
Se il colpevole era, per ragione di ufficio o di servizio, in possesso dei documenti o degli oggetti o a cognizione delle notizie, la pena è della reclusione militare non inferiore a quindici anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello Stato, si applica la pena di morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 69. Militare che ottiene le notizie indicate nell'articolo precedente.
Le pene stabilite dall'articolo precedente si applicano anche al militare, che ottiene le notizie o la consegna degli oggetti o documenti in esso indicati.
Art. 70. Istigazione od offerta per commettere spionaggio o rivelazione di segreti militari.
Il militare, che istiga altri a commettere alcuno dei reati preveduti dagli articoli 59, 62 e 66, ovvero si offre per commetterlo, è punito, per ciò solo, con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Se l'istigazione o l'offerta si riferisce al reato preveduto dall'articolo 68, la pena è della reclusione da cinque a quindici anni.
Art. 71. Agevolazione colposa.
Il militare, che, avendo, per ragione di ufficio o di servizio, la custodia o il possesso delle cose indicate negli articoli 59, 66, 67 e 68, ovvero, per lo stesso motivo, essendo a cognizione delle notizie ivi enunciate, ha reso possibile, o soltanto agevolato, per colpa, la esecuzione di alcuno dei reati preveduti dagli articoli stessi, è punito con la reclusione militare da tre a dieci anni.
Capo III
DELLA ILLECITA RACCOLTA, PUBBLICAZIONE
E DIFFUSIONE DI NOTIZIE MILITARI.
Art. 72. Procacciamento di notizie riservate.
Fuori dei casi preveduti dall'articolo 59, chiunque si procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate, il loro stato sanitario, la disciplina o le operazioni militari, e ogni altra notizia che, non essendo segreta, ha tuttavia carattere riservato, per esserne stata vietata la divulgazione dall'Autorità competente, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare da due a dieci anni.
Art. 73. Diffusione di notizie riservate.
Chiunque diffonde o comunica alcuna delle notizie indicate nell'articolo precedente è punito con la reclusione militare da cinque a venti anni.
Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello Stato, si applica la reclusione militare non inferiore a quindici anni.
Art. 74. Agevolazione colposa.
Chiunque, essendo, per ragione di ufficio o di servizio, a cognizione delle notizie indicate nell'articolo 72, ha reso possibile o soltanto agevolato, per colpa, la esecuzione del reato ivi preveduto, è punito con la reclusione militare da sei mesi a cinque anni.
Art. 75. Diffusione di particolari notizie d'interesse militare.
E' punito con la reclusione militare da due a sei anni chiunque, fuori del caso indicato nell'articolo 73, pubblica, mediante la stampa o altro mezzo di diffusione, notizie non comunicate o non autorizzate dal Governo o dai comandi militari, e concernenti:
1. il numero dei feriti, morti o prigionieri;
2. le nomine o i mutamenti nei comandi militari;
3. le previsioni sulle operazioni militari terrestri, marittime o aeree;
4. gli avvenimenti, che abbiano relazione con le operazioni militari, o con la condotta della guerra in generale.
Art. 76. Divulgazione di notizie diverse da quelle ufficiali. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall' art. 2 della L. 18 marzo 2003, n. 42.
Art. 77. Divulgazione di notizie false sull'ordine pubblico o su altre cose di pubblico interesse. (1)
Fuori dai casi preveduti dall'articolo 265 del codice penale (2), chiunque diffonde e comunica, sull'ordine pubblico, sulla economia nazionale o su altre cose di pubblico interesse, notizie non conformi a verità, che possono turbare la pubblica tranquillità o altrimenti danneggiare pubblici interessi, è punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.
La pena è della reclusione militare da uno a cinque anni, se il fatto è commesso con il fine di nuocere alla pubblica tranquillità o ai pubblici interessi.
(1) Reato per la cui procedibilità è richiesta l'autorizzazione del Ministro della giustizia.
(2) Che si riporta:
"265. Disfattismo politico. Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolge comunque un attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
La pena è non inferiore a quindici anni:
1. se il fatto è commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari;
2. se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero.
La pena è dell'ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico".
Art. 78. Comunicazione di notizie mediante corrispondenza.
Chiunque nei luoghi in stato di guerra, spedisce corrispondenze per qualsiasi destinazione, contenenti alcuna delle notizie indicate negli articoli 72, 75 e 77, è punito, per ciò solo, indipendentemente dall'avvenuta consegna al destinatario, con la reclusione militare fino a un anno.
Art. 79. Notizie sulle operazioni militari degli Stati belligeranti.
Quando negli articoli precedenti si fa riferimento a notizie concernenti le operazioni militari, si intendono per tali le operazioni, sia dello Stato italiano, sia degli altri Stati belligeranti, ancorché nemici.
Art. 80. Pubblicazioni di critiche o di scritti polemici. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall'art. 2 L. 18 marzo 2003, n. 42.
Art. 81. Reati commessi in luoghi che non sono in stato di guerra.
Fuori del caso indicato nell'articolo 78, le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche quando i reati da essi preveduti siano commessi in luoghi che non sono in stato di guerra.
Capo IV
DISPOSIZIONI COMUNI AI CAPI PRECEDENTI.
Art. 82. Fine di favorire lo Stato italiano.
Per i reati preveduti dai capi precedenti, la punibilità non è esclusa, se il colpevole ha agito con il fine di favorire lo Stato italiano. Tuttavia, la pena può essere diminuita.
Art. 83. Omesso rapporto.
Il militare, che, avendo notizia di alcuno dei reati preveduti dai capi precedenti e per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione o della reclusione militare non inferiore nel massimo a cinque anni, o una pena più grave, non ne fa immediatamente rapporto ai superiori, è punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.
Se il colpevole è un ufficiale, si applica la reclusione militare da due a quattro anni.
Art. 84. Parificazione degli Stati alleati.
Le pene stabilite dagli articoli 50 e seguenti si applicano anche quando il reato è commesso a danno di uno Stato alleato con lo Stato italiano.
Capo V
DELL'ARRUOLAMENTO ILLECITO DI GUERRA.
Art. 85. Nozione del reato; sanzione penale.
Chiunque induce un militare a passare al nemico, ovvero gliene facilita i mezzi, è punito con la morte (1) con degradazione.
La stessa pena si applica a chiunque arruola o arma, per il nemico o per insorgere contro lo Stato italiano, qualunque persona, ancorché estranea alle forze armate dello Stato.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Capo VI
DEL DISFATTISMO MILITARE.
Art. 86. Fatti diretti a indurre alla sospensione o alla cessazione delle ostilità. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall'art. 2 L. 18 marzo 2003, n. 42.
Art. 87. Denigrazione della guerra. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. b), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 88. Omessa consegna di manifesti o altre cose, diffusi dal nemico.
E' punito con la reclusione militare fino a un anno chiunque, avendo raccolto manifesti, manoscritti, stampati o altri oggetti lanciati, o comunque diffusi, dal nemico, o essendone comunque venuto in possesso, non ne fa immediata consegna ai suoi superiori, se militare, ovvero ai carabinieri o ad altra pubblica Autorità.
Capo VII
DELLA SEDIZIONE MILITARE.
Art. 89. Accordo di militari per commettere reati contro la fedeltà o la difesa militare.
Se più militari si accordano per commettere alcuno dei reati di attentato alla vita, all'incolumità o alla libertà personale o di offesa alla libertà, preveduti dagli articoli 48 e 49, ovvero alcuno dei reati preveduti dagli articoli 50, 51, 59, 66 e 86, ciascuno di essi è punito, per ciò solo, con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Non è punibile il militare, che recede dall'accordo prima che sia cominciata la esecuzione del reato per cui l'accordo è intervenuto, e anteriormente all'arresto ovvero al procedimento.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche nel caso di accordo di più militari per commettere alcuno dei reati di attentato alla vita, all'incolumità o alla libertà personale, indicati nell'articolo 77 del codice penale militare di pace.
Art. 90. Omesso rapporto.
Il militare, che, avendo avuto notizia del reato preveduto dal primo comma dell'articolo precedente, omette o ritarda di farne rapporto ai superiori, è punito con la reclusione militare da sei mesi a due anni.
Se il colpevole è un ufficiale, la pena è aumentata.
Capo VIII
DELLA ILLECITA NAVIGAZIONE AEREA.
Art. 91. Sorvolo arbitrario del territorio dello Stato. Inottemperanza agli ordini dell'Autorità militare.
Chiunque, senza autorizzazione, con qualsiasi apparecchio o mezzo di locomozione aerea, vola o s'innalza sul territorio dello Stato, è punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.
La pena è aumentata da un terzo alla metà, se il colpevole non obbedisce alla intimazione di discendere, o a qualsiasi altro ordine dell'Autorità militare.
Capo IX
DELLA COMUNICAZIONE ALL'ESTERO
D'INVENZIONI INTERESSANTI LA DIFESA MILITARE.
Art. 92. Nozione del reato; sanzione penale.
Chiunque, senza autorizzazione dell'Autorità competente, comunica o tenta di comunicare all'estero, direttamente o indirettamente, per qualsiasi motivo e sotto qualsiasi forma, invenzioni, ancorché non brevettate, che concernono materiale bellico, o interessano comunque la difesa militare, è punito con la reclusione militare da uno a dieci anni.
La stessa pena si applica a chi agevola la comunicazione all'estero.
Chiunque non usa tutti i mezzi di cui può disporre, per impedire la comunicazione all'estero, è punito con la reclusione militare fino a cinque anni.
Se il colpevole di alcuno dei fatti suindicati è lo stesso autore o titolare dell'invenzione o persona in essa comunque interessata, la reclusione militare non è inferiore a due anni.
Se la comunicazione all'estero è avvenuta o è stata agevolata per colpa, si applica la reclusione militare fino a tre anni.
Capo X
DELLA VIOLAZIONE DI ORDINANZE
O DI ALTRI PROVVEDIMENTI MILITARI.
Art. 93. Nozione del reato; sanzione penale.
E' punito con la reclusione militare fino a due anni, se il fatto non costituisce un più grave reato, chiunque non osserva le ordinanze emanate o, in generale, i provvedimenti adottati dalla Autorità militare per assicurare la difesa militare, e, specialmente, per regolare nei luoghi in stato di guerra:
1. l'accesso, la circolazione, il transito o il soggiorno;
2. la polizia ferroviaria;
3. i modi di protezione contro incursioni aeree nemiche;
4. le segnalazioni diurne o notturne;
5. il possesso di colombi viaggiatori;
6. l'uso di apparecchi telefonici, telegrafici, radiotelefonici, radiotelegrafici, aeronautici e simili;
7. l'esercizio della caccia o della pesca.
Titolo III
DEI REATI CONTRO IL SERVIZIO IN GUERRA
Capo I
DELLA VIOLAZIONE DI DOVERI INERENTI AL COMANDO.
Art. 94. Abbandono del comando.
Il comandante, che, senza giustificato motivo, abbandona o cede il comando durante il combattimento o in presenza del nemico, ovvero in circostanze tali da compromettere la sicurezza di forze militari, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
Se il fatto è commesso in qualsiasi altra circostanza di pericolo, il comandante è punito con la reclusione militare non inferiore a quindici anni.
Se il fatto è commesso fuori delle circostanze indicate nei commi precedenti, si applica la reclusione militare fino a due anni.
La condanna importa la rimozione.
Agli effetti della legge penale militare, il reato s'intende commesso durante il combattimento, se il fatto che lo costituisce è commesso mentre l'azione bellica si svolge, o quando essa sta per cominciare.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 95. Inottemperanza all'ordine di non attaccare il nemico.
Il comandante, che, fuori del caso di necessità, attacca il nemico contro l'ordine espresso del suo superiore, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 96. Inosservanza di speciali doveri inerenti al comando.
E' punito con la reclusione militare da uno a sette anni il comandante di un corpo di truppa ovvero di una o più navi militari o di uno o più aeromobili militari:
1. che, senza speciali istruzioni contrarie, o senza giustificato motivo, omette di attaccare il nemico o evita il combattimento, ovvero non presta il necessario soccorso ad altra truppa o nave militare, o ad altro aeromobile militare, che si trovi in combattimento o sia inseguito dal nemico;
2. che, senza essere obbligato da speciali istruzioni o, comunque, senza giustificato motivo, sospende l'inseguimento o la caccia di un nemico battuto o di navi militari o mercantili, ovvero di aeromobili militari o civili, in fuga;
3. che, senza giustificato motivo, omette di soccorrere una o più navi ovvero uno o più aeromobili, che abbiano bisogno di assistenza in caso di pericolo, o rifiuta a navi della marina mercantile nazionale o alleata o ad aeromobili nazionali o alleati l'assistenza o la protezione, che sia in grado di dare.
La condanna importa la rimozione.
Art. 97. Comandante che si lascia sorprendere dal nemico.
Il comandante, che, per colpa, si lascia sorprendere dal nemico, è punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.
La condanna importa la rimozione.
Art. 98. Omissione di provvedimenti per la difesa militare.
Il comandante, che, per colpa, omette di provvedere ai mezzi necessari alla difesa del forte, della piazza, dell'opera, del posto, della nave o dell'aeromobile, di cui ha il comando, ovvero trascura di porli in stato di resistere al nemico, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
La reclusione militare è da uno a cinque anni, se dal fatto è derivato danno al servizio militare.
La condanna importa la rimozione.
Art. 99. Circostanze aggravanti.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, si applica la reclusione militare:
1. da due a sette anni, se dal fatto è derivata l'impossibilità di eseguire un'operazione di guerra, di attaccare il nemico o di resistere ad esso;
2. da quindici a ventiquattro anni, se dal fatto è derivata la perdita del forte, della piazza, dell'opera, del posto, della nave o dell'aeromobile.
La condanna importa la rimozione.
Art. 100. Omessa esecuzione di un incarico.
Il comandante, che, senza giustificato motivo, non esegue un ordine di operazione militare o, comunque, un incarico affidatogli, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
Se nel fatto ricorrono particolari circostanze, che attenuano la responsabilità del colpevole, si applica la reclusione militare non inferiore a cinque anni.
Se l'ordine o l'incarico non è eseguito per colpa, la pena è della reclusione militare da uno a sette anni.
La condanna importa la rimozione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 101. Inosservanza di istruzioni ricevute.
E' punito con la reclusione militare fino a cinque anni il militare incaricato di una spedizione o di una missione, che non ottempera, senza giustificato motivo, alle istruzioni ricevute, se il fatto ha pregiudicato l'esito della spedizione o della missione.
Se l'incarico è stato male eseguito per colpa, si applica la reclusione militare fino a tre anni.
Art. 102. Omissione di cautele nella custodia di documenti, carte di bordo e simili.
Il comandante, che, nel caso di cattura o di resa, non usa tutte le cautele necessarie per sottrarre al nemico un piego ricevuto con la condizione di aprirlo in tempo o in luogo determinato, ovvero per impedire che cadano in potere del nemico, le carte di bordo o altri documenti, che possono facilitare al nemico il modo di meglio difendersi o di maggiormente nuocere, è punito con la reclusione militare da due a otto anni.
Capo II
DELLA RESA.
Art. 103. Resa.
E' punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto il comandante, che cede il forte, la piazza, l'opera, il posto l'aeromobile, o ammaina la bandiera della nave, o, comunque, dà il segnale della resa, senza avere esaurito i mezzi estremi di difesa o di resistenza e senza aver fatto quanto gli era imposto dal dovere e dall'onore.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 104. Resa colposa.
Il comandante, che omettendo, per colpa, di provvedere ai mezzi necessari alla difesa o alla resistenza contro il nemico, ha cagionato la resa, è punito con la reclusione militare non inferiore a quindici anni.
Se ricorrono particolari circostanze, che attenuano la responsabilità del colpevole, la pena è diminuita.
Art. 105. Resa avvenuta a causa di rivolta o di altri reati.
Se la resa è avvenuta per causa di disobbedienza, di ammutinamento di rivolta, il comandante e gli ufficiali, che non hanno fatto uso dei mezzi di cui potevano disporre, per costringere i loro dipendenti a compiere il proprio dovere, sono puniti, per ciò solo, con la reclusione militare fino a tre anni; ferme le disposizioni dell'articolo 138 del codice penale militare di pace.
Art. 106. Resa in campo aperto.
E' punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto il comandante di un corpo o reparto di truppa, che, in campo aperto, capitola o si arrende, senza aver fatto quanto gli era imposto dal dovere e dall'onore.
Se nel fatto ricorrono particolari circostanze, che attenuano la responsabilità del colpevole, la pena è della reclusione militare da due a quindici anni.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 107.Violata solidarietà in caso di resa.
Il comandante, che, nel caso di resa, separa la sorte propria o degli ufficiali da quella degli altri militari, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Capo III
DELLA CODARDIA.
Art. 108. Manifestazioni arbitrarie per arrendersi.
Il militare, che, durante il combattimento, senza ordine del comandante, ammaina la bandiera o dà altrimenti il segnale di arrendersi o di cessare il fuoco, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 109. Incitamento alla resa.
Il militare, che, durante il combattimento, senza ordine del comandante, incita a cessare il fuoco o ad ammainare la bandiera, o comunque alla resa, è punito con la reclusione militare non inferiore a dieci anni.
Art. 110. Manifestazioni di codardia.
Il militare, che, durante il combattimento o in caso di grave pericolo, compie atti che possono incutere lo spavento o produrre il disordine nelle truppe o negli equipaggi, è punito con la reclusione militare da sei mesi a cinque anni. Se lo spavento o il disordine si produce, la reclusione militare è da tre a dieci anni.
La condanna importa la rimozione.
Art. 111. Circostanze aggravanti.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, se dal fatto è derivato nocumento al buon esito del combattimento o alla resistenza delle truppe o degli equipaggi, si applica la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 112. Sbandamento e altri fatti illeciti durante il combattimento.
E' punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto, il militare che, durante il combattimento:
1. si sbanda o comunque si allontana, ovvero eccita altri ad allontanarsi;
2. si sottrae al combattimento, mettendosi in stato di ubriachezza, mutilandosi, procurandosi infermità o imperfezioni, o simulandole; ovvero compiendo altri atti o usando altri modi fraudolenti;
3. getta o deteriora le armi o le munizioni;
4. rifiuta di marciare contro il nemico o di compiere un servizio o altra operazione di guerra; ovvero non fa tutta la possibile difesa, o si arrende al nemico, senza avere esaurito gli estremi mezzi di resistenza.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 113. Fatti collettivi.
Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli precedenti è commesso da più militari riuniti, la pena di morte (1) si applica soltanto a quelli che hanno determinato il fatto, e gli altri sono puniti con la reclusione militare non inferiore a dieci anni.
La condanna importa la rimozione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 114. Omesso impedimento di sbandamento o di altri fatti di codardia.
Il militare, che, per timore di un pericolo o altro inescusabile motivo, non usa ogni mezzo possibile per impedire la esecuzione di alcuno dei fatti preveduti dall'articolo 112, che si commette in sua presenza, è punito con la reclusione militare non inferiore a cinque anni.
Art. 115. Mutilazione o simulazione di infermità.
Fuori dei casi preveduti dal numero 2 dell'articolo 112, i reati di mutilazione o simulazione di infermità, commessi durante lo stato di guerra, sono puniti secondo le disposizioni degli articoli 157 a 163 del codice penale militare di pace, con l'aumento dalla metà a due terzi delle pene ivi stabilite.
Le stesse disposizioni si applicano agli iscritti di leva e ai militari in congedo, che commettono i fatti costituenti i reati suindicati nello stato di leva o di congedo, ancorché posteriormente non si verifichi la loro chiamata in servizio alle armi.
I militari in congedo assoluto, che, durante il congedo, commettono uno dei fatti indicati nel primo comma, sono puniti con le stesse pene, se sono chiamati in servizio alle armi.
Art. 116. Fraudolenta esclusione da reparti o enti mobilitati.
Chiunque, con abuso di autorità, con false attestazioni o con altri mezzi fraudolenti, procura indebitamente a un militare, idoneo alle fatiche di guerra, la non assegnazione ai reparti o enti mobilitati della sua arma, del suo corpo o della sua specialità, è punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.
La pena è:
1. della reclusione militare da tre a cinque anni, se il colpevole è pubblico ufficiale, medico, chirurgo o altro esercente una professione sanitaria;
2. della reclusione militare da cinque a dieci anni, se il colpevole è un ufficiale.
Il militare, che, con alcuno dei mezzi indicati nel primo comma, ottiene indebitamente di non essere assegnato ai reparti o enti mobilitati della sua arma, del suo corpo o della sua specialità, è punito con la reclusione militare da tre a cinque anni.
Art. 117. Fraudolenta esonerazione dal servizio alle armi.
Chiunque, avendo, per ragione del suo ufficio, facoltà di fare richiesta di temporanea esonerazione dal servizio alle armi di militari in congedo richiamati, ovvero di rilasciare dichiarazioni che a detta esonerazione si riferiscono, attesta falsamente, circostanze di fatto, che possono dare motivo alla esonerazione stessa, è punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.
La stessa pena si applica a chiunque, avendo obbligo di dimettere i militari che fruiscono di esonerazione temporanea, o di denunciare la cessazione delle condizioni che avevano dato motivo alla esonerazione, omette di farlo nel tempo stabilito.
Il militare, che fruisce della esonerazione temporanea ottenuta con mezzi illeciti, è punito, per il solo fatto della esonerazione, con la reclusione militare da tre a cinque anni.
Art. 118.Violazione, a causa di codardia, dei doveri militari.
Il militare, che, per timore di un pericolo personale, viola alcuno dei doveri attinenti al servizio o alla disciplina, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare fino a due anni.
Capo IV
DELL'ABBANDONO DI POSTO E DELLA VIOLAZIONE DI CONSEGNA.
Art. 119. Abbandono del posto durante il combattimento.
Il militare, che, durante il combattimento, abbandona il posto, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
Se al fatto hanno preso parte più militari, si applicano le disposizioni dell'articolo 113.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 120 - Comandante che non tiene il posto di combattimento.
E' punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto (1) il comandante, che non tiene la nave o l'aeromobile al posto di combattimento assegnatogli.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione militare fino a dodici anni.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 121. Separazione dal capo.
Il comandante di una frazione qualunque delle forze navali o aeree, che si separa dal suo capo, o che, costretto da forza maggiore o da altro giustificato motivo a separarsi, omette di riunirsi al suo capo nel più breve tempo possibile, è punito con la reclusione militare non inferiore a cinque anni.
Si applica la morte (1) mediante fucilazione nel petto, se il fatto è commesso durante il combattimento o in presenza del nemico.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione militare fino a cinque anni.
Le stesse pene si applicano a ogni altro militare, che cagiona alcuno dei fatti indicati nei commi precedenti.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 122. Abbandono di convoglio.
Il comandante della scorta di un convoglio, che lo abbandona, è punito con la reclusione militare da sette a quindici anni.
Se, a causa del fatto, il convoglio o parte di esso è caduto in potere del nemico, si applica la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 123. Separazione dal convoglio.
Il comandante della scorta di un convoglio, che rimane, per colpa, separato da tutto il convoglio o da parte di esso, è punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.
Art. 124. Abbandono di posto o violata consegna da parte di militari di sentinella, vedetta o scolta.
Il militare, che, essendo di sentinella, vedetta o scolta, abbandona il posto o viola la consegna, è punito con la reclusione militare da uno a dieci anni.
Se il fatto è commesso in presenza del nemico, la pena è della reclusione militare non inferiore a quindici anni; e, se ha inoltre compromesso la sicurezza del posto, della nave, dell'aeromobile, ovvero di militari, si applica la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano altresì:
1. ai militari e gli agenti della forza pubblica, che sono dislocati lungo le linee ferroviarie, telegrafiche, telefoniche o altre vie di comunicazione o di trasporto, per la tutela di esse;
2. ai militari, che compongono la scorta di qualsiasi mezzo di trasporto terrestre, marittimo o aereo, con consegne determinate.
Il militare, che, essendo di sentinella, vedetta o scolta, si addormenta, è punito con la reclusione militare da uno a sette anni.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 125. Abbandono di posto o violata consegna da parte di militari di guardia o di servizio.
Fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, di militare, che abbandona il posto dove si trova di guardia o di servizio, ovvero viola la consegna avuta, è punito con la reclusione militare da uno a sette anni.
Se il fatto è commesso in presenza del nemico, la reclusione militare è da sette a dieci anni; e, se ha inoltre compromesso la sicurezza del posto, della nave o dell'aeromobile, ovvero di militari, si applica la reclusione militare non inferiore a quindici anni.
Art. 126. Omesso raggiungimento del posto.
Il militare, che, senza giustificato motivo, non raggiunge, in caso di allarme o di chiamata a raccolta, il posto di combattimento, è punito con la reclusione militare da cinque a dieci anni; e, se l'assenza perdura durante il combattimento, con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
Fuori delle circostanze prevedute dal comma precedente, il militare, che, senza giustificato motivo, non raggiunge il posto in caso di allarme o di chiamata a raccolta, è punito con la reclusione militare da uno a tre anni; e, se il fatto è commesso in presenza del nemico, con la reclusione militare da tre a sette anni.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 127. Procurata evasione di un prigioniero di guerra. Colpa del custode.
Il militare incaricato della scorta, vigilanza o custodia di un prigioniero di guerra, che ne procura o facilita la evasione, è punito con la reclusione militare da cinque a dieci anni.
Se la evasione del prigioniero di guerra avviene per colpa del militare incaricato della scorta, vigilanza o custodia, la pena è della reclusione militare da sei mesi a due anni.
Art. 128. Abbandono della nave o dell'aeromobile.
Il pilota, che abbandona la nave militare o la nave di un convoglio sotto scorta o direzione militare, da lui condotti, è punito con la reclusione da due a sette anni.
Se il fatto è commesso in caso di pericolo, la reclusione è da cinque a quindici anni; e, se è commesso in presenza del nemico, la pena è dell'ergastolo.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche a chi esercita, relativamente a un aeromobile militare, funzioni analoghe a quelle del pilota marittimo.
Capo V
DELLA VIOLAZIONE DI CORRISPONDENZE MILITARI.
Art. 129. Apertura, soppressione, falsificazione, alterazione od omessa consegna di ordini o dispacci.
Il militare, che indebitamente apre, sopprime, falsifica o non consegna un ordine scritto o un dispaccio qualsiasi, che era incaricato di portare, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare da tre a dieci anni.
La stessa pena si applica al militare incaricato del servizio di comunicazioni telegrafiche, radiotelegrafiche, telefoniche e simili, che sopprime, trascrive infedelmente o comunque falsifica un ordine o un dispaccio inerente al servizio.
Se il fatto ha compromesso la sicurezza dello Stato o di una parte delle forze armate terrestri, marittime o aeree, si applica la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 130. Omessa distruzione di ordini o dispacci in caso di pericolo di cattura.
Il militare, che, trovandosi in pericolo di cadere in potere del nemico, omette di distruggere un ordine scritto o un dispaccio, che era incaricato di portare, è punito con la reclusione militare da uno a sette anni.
Art. 131. Smarrimento colposo di ordini o dispacci.
Il militare, che, per colpa, smarrisce un ordine scritto o un dispaccio qualsiasi, che era incaricato di portare, è punito con la reclusione militare da uno a sette anni.
Art. 132. Circostanze attenuanti.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, se ricorrono particolari circostanze, che attenuano la responsabilità del colpevole, la pena è diminuita da un terzo a due terzi.
Art. 133. Rivelazione del contenuto di ordini e dispacci.
Il militare incaricato del servizio di comunicazioni telegrafiche, radiotelegrafiche, telefoniche e simili, che rivela il contenuto di un ordine o di un dispaccio inerente al servizio, affidatogli per la trasmissione, per la ricezione o per il recapito, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare da uno a cinque anni; e, se trattasi di un segreto attinente al servizio, con la reclusione militare da cinque a dieci anni.
Capo VI
DEL REATO DI UBRIACHEZZA.
Art. 134. Ubriachezza procurata per sottrarsi a un servizio.
Fuori del caso preveduto dal numero 2 dell'articolo 112, il militare, che, per sottrarsi all'adempimento di un servizio, si pone in tale stato di ubriachezza, da escludere o menomare la sua capacità di prestarlo, è punito con la reclusione militare da tre a sette anni.
Se trattasi di un servizio in presenza del nemico, si applica la reclusione militare non inferiore a sette anni.
Se il fatto è commesso da militare comandante di un reparto o preposto a un servizio o capo di posto, la pena è aumentata.
La condanna importa la rimozione.
Art. 135. Ubriachezza in servizio.
Il militare, che, comandato per qualsiasi servizio, si pone, ancorché per colpa, in tale stato di ubriachezza, da escludere o menomare la sua capacità di prestarlo, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Se trattasi di un servizio in presenza del nemico, si applica la reclusione militare non inferiore a cinque anni.
Se il fatto è commesso da militare comandante di un reparto o preposto a un servizio o capo di posto, la pena è aumentata.
La condanna importa la rimozione.
Art. 136. Ubriachezza fuori del servizio.
Fuori delle circostanze prevedute dagli articoli precedenti, il militare, che è colto in stato di ubriachezza, è punito con la reclusione militare fino a un anno.
Art. 137. Alterazione psichica determinata dall'uso di sostanze stupefacenti.
Agli effetti delle disposizioni degli articoli precedenti, allo stato di ubriachezza è equiparato lo stato di alterazione psichica determinato dall'azione di sostanze stupefacenti.
Capo VII
DEI REATI CONTRO MILITARI IN SERVIZIO.
Art. 138. Forzata consegna.
Il militare, che in qualsiasi modo forza una consegna, è punito con la reclusione militare da tre a sette anni.
Se il fatto è commesso con armi, ovvero da tre o più persone riunite, o se ne è derivato grave danno, la pena è aumentata.
Se il fatto è commesso durante il combattimento o, comunque, in presenza del nemico, la reclusione militare è da cinque a quindici anni; e, se la consegna aveva inoltre per oggetto la sicurezza di una parte delle forze armate terrestri, marittime o aeree, di una fortezza assediata o di un posto militare, e il fatto l'ha compromessa, ovvero ha impedito un'operazione militare, si applica la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 139. Resistenza, minaccia o ingiuria a sentinella, vedetta o scolta.
Il militare, che non ottempera all'ingiunzione fatta da una sentinella, vedetta o scolta, nella esecuzione di una consegna ricevuta, è punito con la reclusione militare da uno a tre anni.
Si applica la reclusione militare da due a cinque anni al militare, che minaccia o ingiuria una sentinella, vedetta o scolta.
Art. 140. Violenza a sentinella, vedetta o scolta.
Il militare, che usa violenza a una sentinella, vedetta o scolta, è punito con la reclusione militare da cinque a dieci anni.
Se la violenza è commessa con armi o da più persone riunite, si applica la reclusione militare non inferiore a quindici anni; e, se il fatto ha compromesso la sicurezza del posto, della nave o dell'aeromobile, la pena è della morte (1) mediante fucilazione nel petto.
Nei casi indicati nei commi precedenti, se il fatto costituisce un più grave reato preveduto dalla legge penale comune, si applicano le pene da questa stabilite. Tuttavia, la pena detentiva temporanea è aumentata.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 141. Offese a persone in servizi speciali.
Le disposizioni dei tre articoli precedenti e quelle dell'articolo 143 del codice penale militare di pace, relative al reato di resistenza alla forza armata, si applicano anche nel caso in cui alcuno dei fatti ivi preveduti sia commesso contro:
1. i militari e gli agenti della forza pubblica, che sono dislocati lungo le linee ferroviarie, telegrafiche, telefoniche o altre vie di comunicazione o di trasporto, per la tutela di esse;
2. i militari, che compongono la scorta di qualsiasi mezzo di trasporto terrestre, marittimo o aereo, con consegne determinate.
Art. 142. Impedimento a portatori di ordini militari.
Il militare, che, con violenza o inganno, ferma o trattiene militari o altre persone, imbarcazioni, aeromobili o, in generale, veicoli, spediti con ordini o dispacci riflettenti il servizio militare, ovvero sottrae dispacci o ne impedisce altrimenti la trasmissione, è punito con la reclusione militare da dieci a venti anni.
Se il fatto ha compromesso la sicurezza dello Stato o di una parte delle forze armate terrestri, marittime o aeree, la pena è della morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Capo VIII
DEI REATI DI ASSENZA DAL SERVIZIO.
Sezione I
DELLA DISERZIONE.
Art. 143. Diserzione al nemico.
Il militare, che passa al nemico, o che, a fine di passare al nemico, abbandona, in presenza di questo, il corpo, la nave o l'aeromobile, è punito con la morte (1) con degradazione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 144. Diserzione in presenza del nemico.
Il militare, che, appartenendo a un reparto in presenza del nemico, o essendo comandato a eseguire opere militari in presenza del nemico, si allontana, senza autorizzazione, dal reparto o dal posto di lavoro, è considerato immediatamente disertore, ed è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 145. Mancata presentazione o mancato ritorno al reparto o al posto di lavoro, in presenza del nemico.
Commette il reato di diserzione, ed è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto, il militare:
1. che, essendo destinato a un reparto in presenza del nemico, non lo raggiunge, senza giusto motivo, nei due giorni successivi a quello prefisso;
2. che, appartenendo a un reparto in presenza del nemico, e, trovandosi legittimamente assente, non vi ritorna, senza giusto motivo, nei due giorni successivi a quello prefisso.
Le stesse disposizioni si applicano al militare, che, comandato a eseguire opere militari in presenza del nemico, non raggiunge il posto di lavoro o non vi ritorna, senza giusto motivo, nei due giorni successivi a quello prefisso.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 146. Diserzione fuori della presenza del nemico.
Fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette il reato di diserzione, ed è punito con la reclusione militare non inferiore a cinque anni, tenuto conto della durata dell'assenza, il militare:
1. che, essendo in servizio alle armi, si allontana senza autorizzazione dal reparto e ne rimane assente per un giorno;
2. che, essendo in servizio alle armi e trovandosi legittimamente assente, non si presenta, senza giusto motivo, nei due giorni successivi a quello prefisso.
La condanna importa la rimozione.
Art. 147. Diserzione reiterata.
La pena stabilita dall'articolo precedente è aumentata da un terzo alla metà per il militare, che, durante lo stato di guerra, commette per la seconda volta il reato di diserzione.
Si applica la morte (1) mediante fucilazione nel petto al militare, che, durante lo stato di guerra, commette per la terza volta il reato di diserzione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 148. Circostanza aggravante: passaggio all'estero.
Se il colpevole, per sottrarsi all'obbligo del servizio militare, si reca all'estero, la pena stabilita dall'articolo 146 è aumentata.
Art. 149. Circostanza aggravante: diserzione previo accordo.
La pena stabilita dall'articolo 146 è aumentata da un terzo alla metà, quando la diserzione sia commessa da tre o più militari, previo accordo.
Si applica la pena di morte (1) mediante fucilazione nel petto a coloro che hanno promosso od organizzato la diserzione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 150. Diserzione immediata.
Le pene stabilite dagli articoli 146, 147, 148 e 149 si applicano altresì nei casi di diserzione immediata, preveduti dall'articolo 149 del codice penale militare di pace.
Nel caso preveduto dal numero 5 dell'articolo 149 del codice penale militare di pace, le pene indicate nel comma precedente si applicano altresì alla persona che si sostituisce al militare disertore. Tuttavia, la pena può essere diminuita.
Sezione II
DELLA MANCANZA ALLA CHIAMATA.
Art. 151. Nozione del reato; sanzione penale.
Nel caso di mobilitazione, o durante lo stato di guerra, l'iscritto di leva arruolato o il militare in congedo, che, senza giusto motivo, non si presenta alle armi nei due giorni successivi a quello prefisso, è punito con la reclusione militare non inferiore a due anni, tenuto conto della durata dell'assenza.
La condanna importa la rimozione.
Art. 152. Circostanza aggravante: passaggio all'estero.
Nel caso preveduto dall'articolo precedente, se il colpevole, per sottrarsi all'obbligo del servizio militare, si reca all'estero, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Art. 153. Iscritto di leva o militare in congedo che si fa sostituire.
L'iscritto di leva arruolato o il militare in congedo, che, chiamato in servizio alle armi in alcuno dei casi indicati nell'articolo 151, non si presenta, facendosi sostituire, è considerato immediatamente mancante alla chiamata, ed è punito con la pena stabilita dall'articolo stesso, aumentata dalla metà a due terzi.
Art. 154. Persona che sostituisce l'iscritto di leva o il militare in congedo chiamato alle armi.
Nel caso preveduto dall'articolo precedente, colui che si sostituisce alla persona chiamata in servizio alle armi è punito con la pena ivi stabilita. Tuttavia, la pena può essere diminuita.
Sezione III
DISPOSIZIONI COMUNI ALLE SEZIONI PRECEDENTI.
Art. 155. Diserzione o mancanza alla chiamata, dichiarata dal comandante. (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. h), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 156. Circostanza attenuante.
Nei casi preveduti dalle sezioni precedenti, le pene stabilite per i reati di diserzione e di mancanza alla chiamata possono essere diminuite, se il colpevole si costituisce prima che siano trascorsi dieci giorni di assenza.
Capo IX
DELL'ABBANDONO DI UFFICIO.
Art. 157. Allontanamento dalla residenza.
Nel territorio delle operazioni militari, i funzionari, gli impiegati civili e i salariati dello Stato, gli amministratori, i funzionari, gli impiegati e i salariati delle province, dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza e di ogni altro istituto o stabilimento pubblico, i notai, i medici, i farmacisti e ogni altra persona esercente una professione o un'arte sanitaria, che si allontanano dalla loro residenza senza l'autorizzazione dell'Autorità militare, sono puniti con la reclusione militare fino a due anni.
Se il fatto è commesso da tre o più persone, previo accordo, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano relativamente ai Prefetti.
Capo X
DEL DANNEGGIAMENTO DI OPERE O ALTRE COSE MILITARI.
Art. 158. Distruzione o sabotaggio di opere o altre cose militari.
E' punito con la reclusione non inferiore a quindici anni chiunque, nei luoghi in stato di guerra:
1. rimuove, distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, anche temporaneamente, navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti, depositi, macchinari o altri ordigni di guerra, linee o apparecchi telegrafici, radiotelegrafici o telefonici e simili, ovvero lavori o altre opere di difesa militare, chiusure, recinti e simili, costruiti per uno scopo militare, o ad esso destinati;
2. getta o rende inservibili, in tutto o in parte, o deteriora le armi o le munizioni.
Si applica la pena di morte (1) con degradazione, se il fatto ha compromesso la preparazione o l'efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
Se il fatto è commesso per colpa, si applica la reclusione militare da uno a dieci anni.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 159. Rimozione, distruzione od omissione di segnali, cartelli e simili.
Chiunque, nei luoghi in stato di guerra, rimuove, distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o fa mancare i segnali, cartelli o apparecchi collocati per la sicurezza delle linee o vie terrestri, marittime o aeree di comunicazione o trasporto, o destinati, in generale, a un pubblico servizio, è punito con la reclusione militare da due a dieci anni.
Art. 160. Uccisione, danneggiamento o dispersione di animali adibiti come mezzo militare di comunicazione.
Chiunque uccide o deteriora colombi viaggiatori o altri animali adibiti al servizio militare di comunicazione, o ne cagiona la dispersione, o in qualsiasi altro modo interrompe il servizio militare di comunicazione o di segnalazione eseguito con tali mezzi, è punito con la reclusione militare da uno a sette anni.
Se il fatto è commesso per colpa, si applica la reclusione militare fino a un anno.
Art. 161. Distruzione, danneggiamento o ritardata navigazione di navi mercantili o di aeromobili civili.
Chiunque distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, anche temporaneamente, navi mercantili o aeromobili civili, comunque destinati ai trasporti o alle pubbliche comunicazioni, ovvero ne ritarda la navigazione, è punito con la reclusione militare non inferiore a un anno; e, se dal fatto è derivato pericolo per la vita delle persone, con la reclusione militare non inferiore a cinque anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la reclusione militare è da uno a sette anni.
Se il fatto è commesso durante il viaggio della nave o dell'aeromobile, ovvero all'estero, le pene suindicate sono aumentate.
Se il colpevole è l'armatore o il capitano o altra persona dell'equipaggio, le pene medesime sono aumentate dalla metà a due terzi.
Capo XI
DELL'INADEMPIMENTO E DELLA FRODE IN FORNITURE MILITARI.
Art. 162. Inadempimento di contratti di forniture militari.
Chiunque, non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura o di appalto, fa mancare, in tutto o in parte, cose od opere destinate ai bisogni delle forze armate dello Stato, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
Se la fornitura è soltanto ritardata, si applica la reclusione da tre a dieci anni.
Se il fatto è commesso per colpa, si applica la reclusione militare da uno a sette anni.
Le stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai rappresentanti dei fornitori, allorché essi, violando i loro obblighi contrattuali, hanno cagionato l'inadempimento del contratto di fornitura.
Art. 163. Frode in forniture militari.
Chiunque commette frode nella specie, qualità o quantità delle cose od opere indicate nell'articolo precedente, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Se dalla frode è derivato grave nocumento alla salute dei combattenti ovvero alle operazioni militari, la pena è dell'ergastolo; e, se ricorrono inoltre circostanze di particolare gravità, della morte (1) con degradazione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Capo XII
DISPOSIZIONI RELATIVE ALL'USO DELL'UNIFORME
E DEI DISTINTIVI MILITARI.
Art. 164. Uso indebito dell'uniforme e dei distintivi militari.
Chiunque abusivamente porta in pubblico l'uniforme o i segni distintivi di grado delle forze armate dello Stato italiano, è punito con la reclusione militare fino a un anno.
Se il colpevole è un militare, si applica la reclusione militare da sei mesi a due anni.
Titolo IV
DEI REATI CONTRO LE LEGGI E GLI USI DELLA GUERRA
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI.
Art. 165. Applicazione della legge penale militare di guerra in relazione ai conflitti armati. (1)
Le disposizioni del presente titolo si applicano in ogni caso di conflitto armato, indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra.
Ai fini della legge penale militare di guerra, per conflitto armato si intende il conflitto in cui una almeno delle parti fa uso militarmente organizzato e prolungato delle armi nei confronti di un'altra per lo svolgimento di operazioni belliche.
In attesa dell'emanazione di una normativa che disciplini organicamente la materia, le disposizioni del presente titolo si applicano alle operazioni militari armate svolte all'estero dalle forze armate italiane.
(1) Il primo comma e la rubrica di questo articolo sono stati cosi sostituiti dall' art. 2, comma 1, lett. d), L. 31 gennaio 2002, n. 6; il secondo e terzo comma sono stati aggiunti dall'art. 2 L. 27 febbraio 2002, n.15.
Art. 166. Esecuzione delle condanne contro militari nemici.
La esecuzione delle condanne pronunciate da tribunali militari di guerra italiani contro militari nemici o altre persone appartenenti alle forze armate nemiche, ovvero contro abitanti del territorio dello Stato nemico occupato dalle forze armate italiane, non è differita a termini dell'articolo 29, salvo che sia diversamente disposto con accordi fra lo Stato italiano e lo Stato a cui appartengono i condannati.
Ove le condanne debbano eseguirsi, nella esecuzione si osservano le norme stabilite dal codice penale militare di pace sulla sostituzione delle pene; sostituendo per i militari le pene militari alle comuni, e per i non militari le pene comuni alle militari.
Capo II
DEGLI ATTI ILLEGITTIMI O ARBITRARI DI OSTILITA'.
Art. 167. Atti di ostilità commessi da persone diverse dai legittimi belligeranti.
Chiunque compie atti di guerra contro lo Stato italiano o a danno delle sue forze armate od opere o cose militari, senza avere la qualità di legittimo belligerante, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da una speciale disposizione di legge, con la pena di morte (1) mediante fucilazione nel petto.
Se ricorrono particolari circostanze, che attenuano l'entità del fatto o la responsabilità del colpevole, si applica la reclusione militare non inferiore a cinque anni.
(1) Vedasi nota all'art.25.
Art. 168. Prolungamento arbitrario delle ostilità.
Il comandante, che, fuori dei casi di necessaria reazione o, comunque, senza giustificato motivo, prolunga le ostilità, dopo aver ricevuto comunicazione ufficiale di una sospensione d'armi, di un armistizio della conclusione della pace, è punito con la reclusione militare non inferiore a dieci anni.
Art. 169. Omissione di provvedere alla cessazione delle ostilità.
Il comandante, che, avendo ricevuto comunicazione ufficiale di una sospensione d'armi, di un armistizio o della conclusione della pace, omette, per colpa, di disporre prontamente che le forze militari dipendenti dal suo comando cessino dalle ostilità, è punito, per ciò solo, con la reclusione militare da uno a dieci anni.
Art. 170. Violazione della sospensione d'armi o dell'armistizio.
Il comandante, che, fuori dei casi di necessaria reazione o, comunque, senza giustificato motivo, commette, durante la sospensione d'armi o l'armistizio, atti di ostilità contro il nemico, con il quale fu stipulata la sospensione d'armi o l'armistizio, è punito con la reclusione militare non inferiore a dieci anni.
La pena è della morte (1) mediante fucilazione nel petto, se gli atti hanno esposto lo Stato alla ripresa delle ostilità.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 171. Passaggio arbitrario delle linee d'armistizio.
Chiunque, senza autorizzazione, passa o tenta di passare le linee dell'armistizio, è punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.
Art. 172. Atti ostili contro uno Stato neutrale o alleato.
Il comandante, che, senza l'autorizzazione del Governo, o fuori dei casi di necessità, compie atti ostili contro uno Stato neutrale o alleato, è punito con la reclusione militare da tre a dieci anni.
Se gli atti ostili sono tali da esporre lo Stato italiano o i suoi cittadini ovunque residenti, o chiunque goda della protezione delle leggi dello Stato, al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni, la pena è della reclusione militare da cinque a dodici anni. Se segue la rottura delle relazioni diplomatiche, o se avvengono le ritorsioni o le rappresaglie, la pena è della reclusione militare da sette a quindici anni.
Se gli atti sono tali da esporre lo Stato italiano al pericolo di una guerra, si applica la reclusione militare non inferiore a dodici anni.
Se, per effetto degli atti ostili, la guerra avviene, ovvero è derivato incendio o devastazione o la morte di una o più persone, la pena è della morte (1) mediante fucilazione nel petto.
La condanna importa la rimozione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 173. Eccesso colposo.
Nei casi indicati dagli articoli 168, 170 e 172, se il comandante eccede colposamente i limiti della autorizzazione o della necessità, alla pena di morte è sostituita la reclusione militare non inferiore a cinque anni, e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi; ferma la pena accessoria della rimozione.
Capo III
DEGLI ATTI ILLECITI DI GUERRA.
Sezione I
DELL'ABUSO DEI MEZZI PER NUOCERE AL NEMICO.
Art. 174. Comandante che ordina o autorizza l'uso di mezzi di guerra vietati.
Il comandante di una forza militare, che, per nuocere al nemico, ordina o autorizza l'uso di alcuno dei mezzi o dei modi di guerra vietati dalla legge o dalle convenzioni internazionali, o comunque contrari all'onore militare, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni, salvo che il fatto sia preveduto come reato da una speciale disposizione di legge.
Se dal fatto è derivata strage, si applica la reclusione non inferiore a dieci anni.
Art. 175. Uso di mezzi di guerra vietati, da parte di persona diversa dal comandante.
Le pene stabilite dall'articolo precedente si applicano anche a chiunque, per nuocere al nemico, adopera mezzi o usa modi vietati dalla legge o dalle convenzioni internazionali, o comunque contrari all'onore militare. Tuttavia, la pena può essere diminuita.
Art. 176. Rappresaglie ordinate fuori dei casi preveduti dalla legge.
Il comandante, che ordina di eseguire atti di ostilità a titolo di rappresaglia fuori dei casi in cui questa è consentita dalla legge o dalle convenzioni internazionali, o non ne ordina la cessazione quando ha ricevuto comunicazione ufficiale che l'avversario ha dato riparazione del fatto illecito, è punito con la reclusione militare da tre a dieci anni.
Art. 177. Violenza proditoria - Resa a discrezione.
Chiunque, violando la legge o le convenzioni internazionali, usa proditoriamente violenza a una persona appartenente allo Stato nemico, è punito con la reclusione da uno a quindici anni, se dal fatto è derivata una lesione personale, e con l'ergastolo, se dal fatto è derivata la morte.
Le stesse pene si applicano, se la violenza è usata, ancorché non proditoriamente, sopra la persona di un nemico, che si sia arreso a discrezione.
Art. 178. Comandante che omette il preavviso in caso di bombardamento.
E' punito con la reclusione militare fino a tre anni il comandante delle forze di investimento, che, fuori del caso di necessità delle operazioni militari, omette, prima di cominciare il bombardamento, di fare quanto è possibile per darne comunicazione alle Autorità della piazza nemica, a norma della legge o delle convenzioni internazionali.
Art. 179. Comandante che omette di adottare provvedimenti per la protezione di edifici, luoghi e cose che devono essere rispettati.
E' punito con la reclusione militare fino a tre anni il comandante delle forze d'investimento, che omette di adottare i provvedimenti preveduti dalla legge o dalle convenzioni internazionali per assicurare il rispetto:
1. degli ospedali e di ogni altro edificio o luogo di ricovero o cura di infermi o feriti, di formazioni sanitarie mobili o di stabilimenti fissi per il servizio sanitario, di navi-ospedale, di navi ospedaliere, di aeromobili sanitari addetti al servizio militare, di monumenti storici o di edifici destinati alle scienze, alle arti, alla beneficenza o all'esercizio di un culto, quando essi non siano in pari tempo adoperati a fini militari e siano designati mediante i segni distintivi preveduti dalle convenzioni internazionali o, comunque, preventivamente comunicati al nemico, e facilmente visibili anche a grande distanza e a quota elevata;
2. dei beni degli Stati neutrali e delle sedi delle loro rappresentanze diplomatiche o consolari, quando non vengano usati a fini militari e siano individuati dalla loro bandiera nazionale, visibile anche a grande distanza e a quota elevata.
La stessa pena si applica al comandante della piazza investita, che omette di designare gli ospedali, i luoghi, i monumenti e gli edifici predetti mediante segni visibili, comunicati al comandante delle forze assedianti a norma della legge o delle convenzioni internazionali.
Art. 180. Uso indebito di segni e distintivi di protezione e di bandiere.
E' punito con la reclusione militare fino a sette anni chiunque usa indebitamente:
1. i segni distintivi legalmente adottati per assicurare il rispetto e la protezione degli ospedali, dei luoghi, delle formazioni, degli stabilimenti, dei monumenti, degli edifici e dei beni, indicati nell'articolo precedente;
2. i segni distintivi della Croce Rossa, delle altre associazioni di soccorso autorizzate, delle navi-ospedale, delle navi ospedaliere o delle rispettive imbarcazioni, e degli aeromobili sanitari adibiti al servizio militare;
3. i distintivi internazionali di protezione;
4. la bandiera parlamentare.
La stessa pena si applica a chiunque usa indebitamente bandiere, insegne o uniformi militari diverse da quelle nazionali.
Art. 181. Vilipendio dei distintivi di protezione.
Chiunque vilipende i distintivi internazionali di protezione è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Art. 182. Costringimento di sudditi nemici a partecipare alle operazioni militari o a favorirle.
Il militare, che, nel territorio dello Stato nemico occupato dalle forze armate dello Stato italiano, o in qualsiasi altro luogo, costringe un suddito nemico a partecipare ad azioni di guerra contro il proprio paese, ovvero a favorirne in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito con la reclusione militare non inferiore a tre anni.
La disposizione del comma precedente non si applica, se il fatto è commesso contro sudditi nemici, che possiedono in pari tempo la nazionalità italiana, o che, comunque, siano soggetti agli obblighi del servizio militare, a norma della legge sulla cittadinanza.
Art. 183. Divieto di esecuzione immediata dei colpevoli di reati di spionaggio o di reati contro le leggi e gli usi della guerra. (1)
(1) Questo articolo è stato abrogato dall' art. 2, comma 1, lett. h), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 184-Violazione di salvaguardia o di salvacondotto.
Chiunque, senza giustificato motivo, usa violenza contro persona protetta da salvaguardia o da salvacondotto, oppure arbitrariamente s'introduce, in alcuno dei luoghi protetti da salvaguardia, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Agli effetti della legge penale militare, i militari in servizio di salvaguardia sono considerati sentinelle.
Art. 184-bis. Cattura di ostaggi. (1)
Il militare che viola i divieti della cattura di ostaggi previsti dalle norme sui conflitti armati internazionali e' punito con la reclusione militare da due a dieci anni.
La stessa pena si applica al militare che minaccia di ferire o di uccidere una persona non in armi o non in atteggiamento ostile, catturata o fermata per cause non estranee alla guerra, al fine di costringere alla consegna di persone o cose.
Se la violenza e' attuata si applica l'articolo 185.
(1) Questo articolo è stato aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. e), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Sezione II
DEGLI ATTI ILLECITI CONTRO PERSONE PRIVATE NEMICHE
O A DANNO DI BENI NEMICI.
Art. 185. Violenza di militari italiani contro privati nemici o di abitanti dei territori occupati contro militari italiani.
Il militare, che, senza necessità o, comunque, senza giustificato motivo, per cause non estranee alla guerra, usa violenza contro privati nemici, che non prendono parte alle operazioni militari, è punito con la reclusione militare fino a cinque anni (1).
Se la violenza consiste nell'omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o grave, si applicano le pene stabilite dal codice penale. Tuttavia, la pena detentiva temporanea può essere aumentata.
Le stesse pene si applicano agli abitanti del territorio dello Stato nemico occupato dalle Forze armate dello Stato italiano, i quali usano violenza contro alcuna delle persone a essi appartenenti.
(1) Le parole: "fino a due anni" sono state sostituite dalle attuali: "fino a cinque anni" dall'art. 2, comma 1, lett. f), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
Art. 185-bis. Altre offese contro persone protette dalle convenzioni internazionali. (1)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il militare che, per cause non estranee alla guerra, compie atti di tortura o altri trattamenti inumani, trasferimenti illegali, ovvero altre condotte vietategli dalle convenzioni internazionali, inclusi gli esperimenti biologici o i trattamenti medici non giustificati dallo stato di salute, in danno di prigionieri di guerra o di civili o di altre persone protette dalle convenzioni internazionali medesime, e' punito con la reclusione militare da due (2) a cinque anni.
(1) Questo articolo è stato aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. g), L. 31 gennaio 2002, n. 6.
(2) Le parole "da uno a cinque anni", sono state sostituite dalle attuali "da due a cinque anni" dall'art. 3, L. 27 febbraio 2002, n. 15.
Art. 186. Saccheggio.
Chiunque commette un fatto diretto a portare il saccheggio in città o altri luoghi, ancorché presi di assalto, è punito con la morte (1) con degradazione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 187. Incendio, distruzione o grave danneggiamento in paese nemico.
Chiunque, in paese nemico, senza essere costretto dalla necessità delle operazioni militari, appicca il fuoco a una casa o a un edificio, o con qualsiasi altro mezzo li distrugge, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, si applica la pena di morte (1) con degradazione.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso d'incendio o distruzione o grave danneggiamento di monumenti storici, di opere d'arte o scientifiche, ovvero di stabilimenti destinati ai culti, alla beneficenza, all'istruzione, alle arti o alle scienze, ancorché appartenenti allo Stato nemico.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 188. Busca.
Il militare o altra persona al servizio o al seguito delle Forze armate dello Stato, che, dandosi alla busca, s'impossessa, senza necessità o autorizzazione, di viveri, oggetti di vestiario o equipaggiamento, ovvero se li fa consegnare, è punito con la reclusione militare fino a cinque anni.
Se il fatto è commesso in riunione di due o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Se è usata violenza, si applica la reclusione militare da uno a otto anni.
Art. 189. Omesso impedimento della busca.
L'ufficiale o il sottufficiale, che non adopera tutti i mezzi di cui può disporre per impedire il fatto preveduto dall'articolo precedente, è punito con la reclusione militare fino a un anno.
Capo IV
DELLA VIOLAZIONE DEI DOVERI VERSO INFERMI, FERITI, NAUFRAGHI O MORTI E VERSO IL PERSONALE SANITARIO.
Art. 190. Omessa assistenza verso militari infermi, feriti o naufraghi.
E' punito con la reclusione militare da uno a dieci anni il militare addetto al servizio sanitario, che, durante o dopo il combattimento, omette di prestare la sua assistenza ai militari, o alle altre persone regolarmente al seguito delle forze armate belligeranti, che siano infermi, feriti o naufraghi, ancorché nemici.
Se alcuno dei fatti suindicati è commesso per colpa, la pena è della reclusione militare fino a sette anni.
Art. 191. Uso delle armi contro ambulanze, ospedali, navi o aeromobili sanitari o contro il personale addettovi.
Chiunque fa uso delle armi contro ambulanze, ospedali, formazioni mobili sanitarie, stabilimenti fissi per il servizio sanitario, navi-ospedale, navi ospedaliere o rispettive imbarcazioni, aeromobili sanitari addetti al servizio militare e ogni altro luogo di ricovero o cura di infermi o feriti, ovvero contro il personale addettovi, quando a norma della legge o delle convenzioni internazionali devono considerarsi rispettati e protetti, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la pena della reclusione militare non inferiore a dieci anni.
Art. 192. Maltrattamenti verso infermi, feriti o naufraghi.
Chiunque usa maltrattamenti contro infermi, feriti o naufraghi, ancorché nemici, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Se i maltrattamenti sono gravi, o trattasi di sevizie, la reclusione non è inferiore a dieci anni; e, se il fatto è inoltre commesso da un incaricato del trasporto o dell'assistenza dell'infermo, del ferito o del naufrago, si applica l'ergastolo.
Si applica la pena di morte (1) con degradazione, se dal fatto è derivata la morte dell'infermo, del ferito o del naufrago.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 193. Spogliazione d'infermi, feriti o naufraghi.
Chiunque spoglia infermi, feriti o naufraghi, ancorché nemici, ovvero sottrae a essi denaro o altri oggetti, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Se il fatto è commesso con violenza contro la persona, la reclusione non è inferiore a dieci anni.
Se il colpevole è un incaricato del trasporto o della assistenza dell'infermo, ferito o naufrago, si applica:
1. la reclusione non inferiore a quindici anni, nel caso preveduto dal primo comma;
2. l'ergastolo, nel caso preveduto dal secondo comma.
Si applica la pena di morte (1) con degradazione, se dal fatto è derivata la morte dell'infermo, del ferito o del naufrago.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 194. Violenza contro le persone addette al servizio sanitario e i ministri del culto.
Fuori del caso preveduto dall'articolo 191, chiunque usa violenza contro alcuna delle persone regolarmente addette al servizio sanitario, quando a norma della legge o delle convenzioni internazionali devono essere rispettate e protette, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
La stessa pena si applica, se il fatto è commesso contro alcuno dei ministri del culto addetti alle Forze armate.
Se la violenza consiste nell'omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima, si applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice penale. Tuttavia, la pena detentiva temporanea è aumentata.
Art. 195. Omesso rilascio di persone addette al servizio sanitario o di ministri del culto.
Chiunque, violando la legge o le convenzioni internazionali, non consegna o non rilascia, o comunque trattiene alcuna delle persone indicate nell'articolo precedente, quando esse hanno cessato di esercitare le loro funzioni negli ospedali, nelle ambulanze o in altri luoghi dove prestavano servizio, è punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.
Art. 196. Mutilazione, vilipendio o sottrazione di cadavere.
Chiunque mutila o deturpa il cadavere di un militare caduto in guerra, o commette sopra di esso atti di vilipendio, o, comunque, atti di brutalità o di oscenità, ovvero sottrae per intero o in parte il cadavere, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
Art. 197. Spogliazione di cadavere o sottrazione di denaro o di altri oggetti.
Chiunque sul campo di battaglia e a fine di trarne profitto, spoglia un cadavere, o sottrae di dosso al cadavere denaro od oggetti preziosi, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
Se il fatto è commesso da più persone riunite, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Art. 198. Arbitrario disconoscimento della qualità di legittimo belligerante.
Il comandante, che, non usando verso i legittimi belligeranti nemici caduti in suo potere, ovvero infermi, feriti o naufraghi, il trattamento preveduto dalla legge o dalle convenzioni internazionali, cagiona grave danno alle persone suindicate, ovvero determina l'uso di rappresaglie, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare non inferiore a tre anni.
Capo V
DEI PRIGIONIERI DI GUERRA.
Sezione I
DEI REATI DEI PRIGIONIERI DI GUERRA NEMICI.
Art. 199. Disobbedienza.
Il prigioniero di guerra, di qualsiasi grado, che non obbedisce agli ordini di un militare dello Stato italiano, ancorché non graduato, incaricato di scortarlo, sorvegliarlo o custodirlo, è punito con la reclusione militare fino a un anno.
Si applica la reclusione fino a cinque anni, se il fatto è commesso in circostanze di grave pericolo.
Art. 200. Violenza o minaccia contro militari dello Stato italiano.
Il prigioniero di guerra, che usa violenza o minaccia contro un militare dello Stato italiano, è punito con la reclusione militare da uno a cinque anni; e, se il militare suindicato è incaricato di scortarlo, sorvegliarlo o custodirlo, con la reclusione militare da tre a sette anni.
Se la violenza consiste nell'omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o grave, si applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice penale. Tuttavia, la pena detentiva temporanea è aumentata.
Se, nei casi preveduti dai commi precedenti, la violenza o la minaccia è commessa da tre o più persone riunite, la pena è aumentata.
Art. 201. Disobbedienza od offesa al prigioniero di guerra preposto alla disciplina.
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche se alcuno dei fatti ivi preveduti è commesso da un prigioniero di guerra contro il prigioniero di guerra preposto dall'Autorità militare italiana alla disciplina del drappello o reparto di prigionieri di guerra, al quale il colpevole appartiene.
Art. 202. Atti di ribellione collettiva.
Sono puniti con la reclusione militare da dieci a venti anni i prigionieri di guerra, che riuniti in numero di sei o più:
1. prendono arbitrariamente le armi e rifiutano, omettono o ritardano di obbedire all'ordine di deporle, dato da un superiore;
2. abbandonandosi a eccessi o ad atti violenti, rifiutano, omettono o ritardano di obbedire alla intimazione di disperdersi o di rientrare nell'ordine, fatta da un superiore.
Si applica la pena di morte (1) mediante fucilazione nel petto a coloro che hanno promosso, organizzato o diretto la ribellione.
(1) Vedasi nota all.art.25.
Art. 203. Atti di indisciplina collettiva.
Fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, sono puniti con la reclusione militare da tre a dieci anni i prigionieri di guerra, che, riuniti in numero di sei o più:
1. rifiutano, omettono o ritardano di obbedire a un ordine di un superiore;
2. persistono nel presentare, a voce o per iscritto, una domanda, un esposto o un reclamo.
Si applica la reclusione militare da dieci a venti anni a coloro che hanno promosso, organizzato o diretto il fatto.
Se il fatto ha carattere di particolare gravità per il numero dei colpevoli o per i motivi che lo hanno determinato, ovvero se è commesso in circostanze di pericolo, o a bordo di una nave o di un aeromobile, le pene suddette sono aumentate dalla metà a due terzi.
Se il colpevole cede alla prima intimazione, si applica la reclusione militare da sei mesi a tre anni; tranne che abbia promosso, organizzato o diretto il fatto, nel quale caso la pena è della reclusione militare da due a sette anni.
Art. 204. Provocazione.
Se alcuno dei reati preveduti dai due articoli precedenti è commesso nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto del superiore, consistente in una violenza, ovvero in una minaccia o ingiuria grave, e immediatamente dopo di essa, alla pena di morte (1) è sostituita la reclusione militare non inferiore a quindici anni, e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 205. Denominazione di "superiore".
Agli effetti dei tre articoli precedenti, sotto la denominazione di superiore s'intende qualsiasi militare dello Stato italiano, ancorché non rivestito di un grado, incaricato della scorta, sorveglianza o custodia del prigioniero di guerra, nonché il prigioniero di guerra preposto dall'Autorità militare italiana alla disciplina di un drappello o reparto di prigionieri di guerra, relativamente ai prigionieri appartenenti al drappello o reparto.
Art. 206. Accordo per commettere atti di ribellione o di indisciplina collettiva. Recesso.
Quando sei o più prigionieri di guerra si accordano per commettere alcuno dei reati preveduti dagli articoli 202 e 203, coloro che partecipano all'accordo sono puniti se il reato non è commesso, con la pena stabilita per il reato stesso, diminuita da un terzo alla metà.
Non è punibile il prigioniero di guerra, che recede dall'accordo prima che sia commesso il reato per cui l'accordo è intervenuto, e anteriormente all'arresto ovvero al procedimento.
Art. 207. Manifestazione sediziosa.
Il prigioniero di guerra, che, comunicando con più prigionieri di guerra, insinua il malcontento contro l'Autorità militare italiana per l'applicazione del regime dei prigionieri di guerra, è punito con la reclusione militare fino a due anni.
Art. 208 - Ripresa delle armi contro la data fede.
Il prigioniero di guerra, che, liberato sulla parola d'onore di non partecipare più oltre alle ostilità, riprende le armi contro lo Stato italiano o alcuno degli Stati suoi alleati, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Sezione II
DEI REATI CONTRO I PRIGIONIERI DI GUERRA.
Art. 209 - Sevizie o maltrattamenti.
Il militare incaricato della scorta, vigilanza o custodia di prigionieri di guerra, che, abusando di questa sua qualità, commette, per qualsiasi motivo, sevizie o maltrattamenti verso un prigioniero di guerra, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare da due a dieci anni.
Art. 210. Vilipendio.
Il militare, che vilipende un prigioniero di guerra, in sua presenza e per questa sua qualità, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Art. 211. Violenza, minaccia o ingiuria, in generale.
Fuori dei casi preveduti dai due articoli precedenti, il militare, che usa violenza o minaccia o commette ingiuria contro un prigioniero di guerra, è punito con le stesse pene, che la legge stabilisce per tali fatti quando sono commessi da un militare contro un suo inferiore.
La stessa disposizione si applica relativamente al prigioniero di guerra preposto dall'Autorità militare italiana alla disciplina del drappello o reparto di prigionieri, quando egli commette alcuno dei fatti suindicati contro un prigioniero di guerra del drappello o reparto.
Art. 212. Costringimento a dare informazioni o a compiere lavori vietati.
E' punito con la reclusione militare da due a sette anni chiunque usa violenza o minaccia verso uno o più prigionieri di guerra:
1. per costringerli a dare informazioni, che possano compromettere gli interessi della loro patria, ovvero delle forze armate a cui appartengono;
2. per costringerli a lavori, che abbiano diretto rapporto con le operazioni della guerra, o che, comunque, siano specificamente vietati dalla legge o dalle convenzioni internazionali.
Se la violenza consiste nell'omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale, o in una lesione gravissima o grave, si applicano le corrispondenti pene del codice penale. Tuttavia, la pena detentiva temporanea può essere aumentata.
Art. 213. Violazione della libertà di religione o di culto.
Ferma l'applicazione delle misure d'ordine prescritte dall'Autorità militare, chiunque arbitrariamente impedisce o turba o comunque limita la libertà di religione o di culto dei prigionieri di guerra, è punito con la reclusione militare fino a un anno.
La stessa pena si applica a chiunque offende la religione professata da un prigioniero di guerra, mediante vilipendio di questa, in sua presenza.
Art. 214. Sottrazione di denaro o di altri oggetti.
Il militare, che, a fine di trarne profitto per sé o per altri, sottrae denaro o altri oggetti a un prigioniero di guerra, è punito con la reclusione fino a cinque anni; e, se il militare suindicato è incaricato di scortarlo, sorvegliarlo o custodirlo, con la reclusione militare da tre a sette anni.
Sezione III
DEI REATI DEI MILITARI ITALIANI PRIGIONIERI DI GUERRA.
Art. 215. Applicazione della legge penale militare di guerra .Aumento di pena per reati contro superiori.
I militari dello Stato italiano, che, durante la loro prigionia di guerra, commettono un reato preveduto dalla legge penale militare italiana, sono puniti a norma della legge penale militare di guerra. Tuttavia, se trattasi di disobbedienza, ovvero d'ingiuria, minaccia o violenza contro i superiori in grado delle forze armate dello Stato italiano, anche essi prigionieri di guerra, la pena temporanea detentiva è aumentata da un sesto a un terzo.
Art. 216. Informazioni al nemico.
Il prigioniero di guerra italiano, che, cedendo alle istigazioni o lusinghe del nemico, gli fornisce notizie circa la forza, le posizioni o le condizioni delle forze armate cui egli appartiene, è punito con la reclusione militare da tre a dieci anni, salvo che il fatto costituisca un più grave reato.
Art. 217. Liberazione sulla promessa di non partecipare alle ostilità.
Il prigioniero di guerra italiano, che, impegnando la parola d'onore di non partecipare più oltre alle ostilità, ottiene dal nemico di essere liberato dalla prigionia di guerra, è punito con la reclusione militare da tre a cinque anni.
Art. 218. Omessa presentazione all'Autorità militare.
Il militare, che, comunque liberato dalla prigionia di guerra, non si presenta, senza giusto motivo, a un'Autorità militare italiana nei tre giorni successivi a quello in cui è entrato nel territorio dello Stato o nel territorio occupato dalle forze armate italiane, è punito con la reclusione militare fino a cinque anni.
Sezione IV
DEGLI OSTAGGI.
Art. 219. Parificazione degli ostaggi ai prigionieri di guerra.
Agli effetti della legge penale militare, gli ostaggi sono equiparati ai prigionieri di guerra.
Capo VI
DEI REATI CONCERNENTI LE REQUISIZIONI,
CONTRIBUZIONI E PRESTAZIONI MILITARI.
Art. 220. Distrazione, occultamento o distruzione di cose requisibili.
Chiunque, in previsione di un ordine di requisizione, o dopo che l'ordine legale gli è stato intimato, distrae od occulta una o più cose requisibili, è punito con la reclusione militare fino a tre anni; e, se le distrugge o sopprime con la reclusione militare da tre a dieci anni.
Art. 221. Inadempienza dell'ordine militare di requisizione di cose.
Chiunque, ancorché in paese nemico, omette o rifiuta, senza giustificato motivo, di adempiere gli obblighi legalmente impostigli dall'Autorità militare per la requisizione di cose mobili ovvero di immobili, occorrenti alle forze armate dello Stato, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Art. 222. Inottemperanza alla richiesta militare di prestazioni personali.
Chiunque, ancorché in paese nemico, omette o rifiuta, senza giustificato motivo, di prestare la propria attività professionale, o, comunque la propria opera personale, legalmente richiesta dall'Autorità militare per servizi occorrenti alle forze armate dello Stato, è punito con la reclusione militare fino a tre anni.
Art. 223. Omissione o rifiuto di atti di ufficio.
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, nel territorio dello Stato o in paese nemico, legalmente richiesto, omette o rifiuta atti del proprio ufficio o servizio, o, comunque, di coadiuvare l'Autorità militare in ciò che ha attinenza con la requisizione, la prestazione o la contribuzione di guerra, è punito con la reclusione militare fino a cinque anni.
Art. 224. Requisizioni, prestazioni o contribuzioni arbitrarie o eccessive.
Il militare, che, nel territorio dello Stato o in paese nemico, senza autorizzazione o senza necessità, o violando le norme stabilite dalla legge o dalle convenzioni internazionali, impone requisizioni o prestazioni, o leva contribuzioni di guerra, ovvero eccede nella esecuzione dell'incarico ricevuto, è punito con la reclusione militare fino a cinque anni.
Se il fatto è commesso a fine di lucro, ovvero con violenza o minaccia, la pena è della reclusione non inferiore a cinque anni.
Se con la violenza o la minaccia concorre il fine di lucro, la pena è della morte (1) con degradazione.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 225. Contribuzioni posteriori alla conclusione della pace.
Le pene stabilite dall'articolo precedente si applicano anche al comandante, che, dopo avere ricevuto comunicazione ufficiale della conclusione della pace, leva una contribuzione di guerra nel territorio dello Stato con il quale la pace è conchiusa, ovvero impone il pagamento di contribuzioni non ancora soddisfatte.
Art. 226. Abuso nelle requisizioni di alloggi per militari.
Il militare, che, in occasione di alloggio militare, usa violenza o minaccia per costringere colui che è tenuto all'alloggio a dargli più di ciò che è dovuto, ovvero a tollerare che egli se ne impossessi o, comunque, ne usufruisca, è punito, per ciò solo, con la reclusione militare da uno a cinque anni.
Capo VII
DELL'ABUSO DELLE PREDE BELLICHE.
Art. 227. Appropriazione della preda.
Chiunque si appropria una cosa costituente preda bellica, della quale abbia il possesso, è punito con la reclusione militare da uno a sette anni.
Se il fatto è commesso su cose costituenti preda bellica e trovate abbandonante, la pena è della reclusione militare fino a un anno.
Art. 228. Acquisto o ritenzione della preda.
Fuori del caso di concorso nei reati preveduti dall'articolo precedente, chiunque, per procurare a sè o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta o, a qualsiasi titolo, ritiene cose costituenti preda bellica, senza che abbiano legittimamente cessato di appartenere all'amministrazione militare italiana, è punito con la reclusione militare fino a cinque anni.
Se le cose anzidette, che hanno formato oggetto dell'acquisto, dell'occultamento o della ritenzione, sono state trovate abbandonate, la pena è della reclusione militare fino a due anni.
Art. 229. Distruzione o deterioramento della preda.
Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose costituenti preda bellica, è punito con la reclusione militare da uno a sette anni.
Capo VIII
DISPOSIZIONI SPECIALI.
Art. 230. Omesso impedimento di determinati reati militari.
Ferme in ogni altro caso le disposizioni del secondo comma dell'articolo 40 del codice penale e quelle dell'articolo 138 del codice penale militare di pace, il militare, che, per timore di un pericolo o per altro inescusabile motivo, non usa ogni mezzo possibile per impedire la esecuzione di alcuno dei reati preveduti dagli articoli 186, 187, 192, 193, 202 e 203, è punito:
1. con la reclusione non inferiore a dieci anni, se per il reato la legge stabilisce la pena di morte (1) con degradazione o quella dell'ergastolo;
2. negli altri casi, con la pena stabilita per il reato, diminuita dalla metà a due terzi.
Se il colpevole è il più elevato in grado, o, a parità di grado, superiore in comando o più anziano, si applica la pena della legge stabilita per il reato, di cui non è stata impedita l'esecuzione. Nondimeno, il giudice può diminuire la pena.
Agli effetti delle disposizioni dei commi precedenti, ai fini della determinazione della pena stabilita per i reati in essi indicati, non si ha riguardo a quella che la legge stabilisce per i capi, promotori od organizzatori del reato o per coloro che hanno diretto gli atti di ribellione o di indisciplina collettiva.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Titolo I - Della giurisdizione militare di guerra
DELLA PROCEDURA PENALE MILITARE DI GUERRA. (1)
(1) Si veda l'art. 9 del D.L. 1° dicembre 2001, n. 421, convertito, con modificazioni, nella L. 31 gennaio 2002, n. 6, di cui si riporta il testo:
"Disposizioni processuali
1. Non si applicano le disposizioni contenute nel Libro IV del codice penale militare di guerra sulla procedura penale militare di guerra, approvato con regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303.
2. Non si applicano le disposizioni concernenti l'ordinamento giudiziario militare di guerra, contenute nella Parte II dell'Ordinamento giudiziario militare, approvato con regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni.
3. La competenza territoriale e' del tribunale militare di Roma.
4. Oltre che nei casi previsti dall'articolo 380, comma 1, del codice di procedura penale gli ufficiali di polizia giudiziaria militare procedono all'arresto di chiunque e' colto in flagranza di uno dei seguenti reati militari:
a) disobbedienza aggravata previsto dall'articolo 173, secondo comma, del codice penale militare di pace;
b) rivolta, previsto dall'articolo 174 del codice penale militare di pace;
c) ammutinamento, previsto dall'articolo 175 del codice penale militare di pace;
d) insubordinazione con violenza, previsto dall'articolo 186 del codice penale militare di pace, e violenza contro un inferiore aggravata, previsto dall'articolo 195, secondo comma, del medesimo codice;
e) abbandono di posto o violata consegna da parte di militari di sentinella, vedetta o scolta, previsto dall'articolo 124 del codice penale militare di guerra;
f) forzata consegna aggravata, previsto dall'articolo 138, commi secondo e terzo, del codice penale militare di guerra.
5. Nei casi di arresto in flagranza o fermo, qualora le esigenze belliche od operative non consentano che l'arrestato sia posto tempestivamente a disposizione dell'autorita' giudiziaria militare, l'arresto mantiene comunque la sua efficacia purche' il relativo verbale pervenga, anche con mezzi telematici, entro quarantotto ore al pubblico ministero e l'udienza di convalida si svolga, con la partecipazione necessaria del difensore, nelle successive quarantotto ore. In tale caso gli avvisi al difensore dell'arrestato o del fermato sono effettuati da parte del pubblico ministero. In tale ipotesi e fatto salvo il caso in cui le oggettive circostanze belliche od operative non lo consentano, si procede all'interrogatorio da parte del pubblico ministero, ai sensi dell'articolo 388 del codice di procedura penale, e all'udienza di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'articolo 391 del codice di procedura penale, a distanza mediante un collegamento videotelematico od audiovisivo, realizzabile anche con postazioni provvisorie, tra l'ufficio del pubblico ministero ovvero l'aula ove si svolge l'udienza di convalida e il luogo della temporanea custodia, con modalita' tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilita' delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilita' di udire quanto viene detto e senza aggravio di spese processuali per la copia degli atti. Il difensore o il suo sostituto e l'imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei. Un ufficiale di polizia giudiziaria e' presente nel luogo in cui si trova la persona arrestata o fermata, ne attesta l'identita' dando atto che non sono posti impedimenti o limitazioni all'esercizio dei diritti e delle facolta' a lui spettanti e redige verbale delle operazioni svolte. Senza pregiudizio per la tempestivita' dell'interrogatorio, l'imputato ha altresi' diritto di essere assistito, nel luogo dove si trova, da un altro difensore di fiducia ovvero da un ufficiale presente nel luogo. Senza pregiudizio per i provvedimenti conseguenti all'interrogatorio medesimo, dopo il rientro nel territorio nazionale, l'imputato ha diritto ad essere ulteriormente interrogato nelle forme ordinarie.
6. Con le stesse modalita' di cui al comma 5 si procede all'interrogatorio della persona sottoposta alla misura coercitiva della custodia cautelare in carcere, quando questa non possa essere condotta, nei termini previsti dall'articolo 294 del codice di procedura penale, in un carcere giudiziario militare per rimanervi a disposizione dell'autorita' giudiziaria militare".
Le suindicate disposizioni sono destinate a sostituire le norme di procedura penale per il tempo di guerra, contenute nel codice penale militare di guerra, in occasione di missioni internazionali svolte all'estero da parte delle Forze armate italiane in tempo di pace, qualora in tali circostanze le Forze medesime fossero soggette alla legge penale militare di guerra secondo quanto disposto in via generale dall'art. 9 del codice penale militare di guerra.
Per effetto di disposizioni speciali contenute nell'art. 2, comma 26, legge n. 247 del 4 agosto 2006 e leggi successive, il personale militare che attualmente partecipa a missioni internazionali in corso è soggetto al codice penale militare di pace e non al codice penale militare di guerra; i relativi procedimenti sono pertanto regolati dalle norme processuali generalmente previste per il tempo di pace, che peraltro dovranno essere integrate con quanto risulta nei commi 3, 4, lettere a), b), c) e d), 5 e 6, del decreto legge n. 421 del 1° dicembre 2001, convertito dalla legge n. 6 del 31 gennaio 2002.
Titolo I
DELLA GIURISDIZIONE MILITARE DI GUERRA.
Art. 231. Momento iniziale.
Lo stato di guerra ha per effetto l'esercizio della giurisdizione militare di guerra relativamente ai reati a essa soggetti, che siano commessi dopo la dichiarazione dello stato di guerra; o anche prima, se, al momento della dichiarazione stessa, il procedimento penale non sia stato ancora iniziato o sia tuttora pendente.
Art. 232. Limiti della giurisdizione militare di guerra.
Ai tribunali militari di guerra appartiene la cognizione:
1. dei reati militari da chiunque commessi nei territori in stato di guerra o considerati tali;
2. dei reati preveduti dalla legge penale comune, commessi da militari nei territori indicati nel numero precedente;
3. dei reati militari da chiunque commessi fuori dei territori indicati nel numero 1, quando da essi possa derivare un nocumento alle operazioni militari di guerra o ai servizi relativi, ovvero alla condotta della guerra in generale;
4. di qualunque reato commesso da prigionieri di guerra in potere o in custodia dello Stato italiano;
5. dei reati contro le leggi e gli usi della guerra commessi dagli appartenenti alle forze armate nemiche.
Ai tribunali militari di guerra appartiene altresì la cognizione di qualunque reato commesso nei territori delle operazioni militari o considerati tali:
1. dalle persone estranee alle forze armate dello Stato, che per qualsiasi titolo si trovino in rapporti, anche indiretti, di servizio, impiego, prestazione di opera, somministrazioni, forniture, requisizioni e simili con le forze armate suddette;
2. da chiunque sia addetto al privato servizio delle persone indicate nel numero precedente, e da ogni altra persona, che, con una mansione qualunque, si trovi al seguito delle forze armate dello Stato a norma della legge o dei regolamenti approvati con decreto Reale.
Art. 233. Rimessione all'Autorità giudiziaria ordinaria dei procedimenti per reati comuni.
Nei casi preveduti dal numero 2 del primo comma e dal secondo comma dell'articolo precedente, il giudice militare può, per ragioni di convenienza, ordinare, con provvedimento insindacabile, la rimessione all'Autorità giudiziaria ordinaria dei procedimenti per reati preveduti dalla legge penale comune.
Art. 234. Concorso della qualità di militare con altra qualità.
Nel concorso della qualità di militare con qualsiasi altra, di cui sia rivestito l'imputato, la prima soltanto vale a determinare la giurisdizione, quando trattasi di reati soggetti alla giurisdizione militare di guerra.
Art. 235. Occupazione militare.
Nei territori dello Stato nemico occupati dalle forze armate dello Stato italiano, appartiene ai tribunali militari di guerra la cognizione dei reati preveduti dalla legge penale militare e dalla legge penale comune italiana, commessi dagli abitanti del territorio occupato a danno delle forze armate di occupazione o delle persone ad esse appartenenti, o da esse dipendenti per essere al loro servizio o al loro seguito, ovvero commessi da queste persone a danno degli abitanti del territorio occupato. Nel caso di concorso delle persone suindicate e degli abitanti del territorio occupato in uno stesso reato o in reati connessi, la cognizione dei reati per tutti gli imputati spetta ai tribunali militari di guerra.
Le stesse disposizioni si applicano, quando le forze armate dello Stato italiano si trovano in territorio estero occupato militarmente per motivi diversi da quello di guerra.
Art. 236. Corpi di operazione nel territorio di uno Stato alleato.
Quando un corpo nazionale di operazione si trova nel territorio dello Stato alleato, ovvero quando un corpo di operazione dello Stato alleato si trova nel territorio dello Stato italiano, si osservano le norme seguenti, salvo che sia diversamente disposto con accordi fra i due Stati:
1. sono soggette esclusivamente alla giurisdizione militare dei rispettivi corpi di operazione le persone appartenenti ai detti corpi o da essi dipendenti, qualunque sia il territorio dove i corpi si trovano o la nazionalità degli imputati;
2. nel caso di concorso, in uno o più reati, di persone soggette alla giurisdizione militare, la competenza spetta, rispettivamente, al tribunale militare dello Stato a cui l'imputato appartiene;
3. spetta esclusivamente ai tribunali dello Stato alleato la cognizione dei reati commessi da persone estranee alle forze armate dello Stato italiano, che nel territorio dello Stato alleato, commettono atti in danno delle forze medesime; e spetta esclusivamente ai tribunali dello Stato italiano la cognizione dei reati commessi da persone estranee alle forze armate dello Stato alleato, che, nel territorio dello Stato italiano, commettono atti in danno delle forze stesse.
Art. 237. Transito o soggiorno dei corpi nazionali di spedizione in territorio estero.
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche nel caso di transito o soggiorno di un corpo nazionale di spedizione in territorio estero, salvo che sia diversamente disposto con accordi fra lo Stato italiano e lo Stato estero.
Art. 238. Corpi di spedizione in paesi di capitolazioni.
Nei paesi nei quali hanno vigore le capitolazioni, la giurisdizione militare inerente al corpo di spedizione o a navi militari o aeromobili militari è sostituita in ogni caso alla giurisdizione consolare.
Art. 239. Reati commessi in territorio estero.
Fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, i reati militari, da chiunque commessi, durante la guerra, in territorio estero, sono soggetti alla giurisdizione militare italiana di guerra, sebbene all'estero sia intervenuta sentenza del giudice straniero; osservata, per la richiesta, la disposizione dell'articolo 18 del codice penale militare di pace.
Titolo II - Disposizioni generali
Titolo II
DISPOSIZIONI GENERALI PER LA PROCEDURA PENALE MILITARE DI GUERRA.
Capo I
DEL PROCEDIMENTO PENALE, IN GENERALE.
Art. 240. Obbligatorietà del procedimento penale.
Nessuno può essere punito per un reato, se non in seguito a un procedimento penale nelle forme stabilite dalla legge, salvo che la legge stessa disponga altrimenti.
Art. 241. Casi di coercizione diretta. (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 13 ottobre 1994, n. 589.
Art. 242. Perdita di nave militare o di aeromobile militare.
Nel caso di perdita di una nave militare o di un aeromobile militare, non può iniziarsi procedimento penale, se non a richiesta del comandante supremo.
Il comandante supremo ha facoltà di disporre che il procedimento sia rinviato a dopo la cessazione dello stato di guerra.
Art. 243. Sospensione del procedimento penale.
Durante lo stato di guerra, è sospeso, dopo l'interrogatorio dell'imputato, il procedimento penale per i reati di renitenza alla leva, di diserzione e di mancanza alla chiamata, nei confronti di persone appartenenti al momento del commesso reato, o successivamente destinate, a reparti mobilitati; salvo che sia diversamente disposto dal Ministro competente, ovvero dal comandante della grande unità, presso cui è costituito il tribunale militare di guerra, o da un comandante a lui superiore.
La sospensione del procedimento non può essere disposta:
1. se il reato importa l'applicazione della pena di morte (1);
2. se altra persona è imputata di concorso in detti reati o di favoreggiamento, e deve restare in stato di custodia preventiva;
3. se contro l'imputato si procede anche per altro reato, diverso da quello di alienazione di effetti di vestiario o di equipaggiamento militare.
La sospensione è revocata, se l'imputato cessa di prestare servizio presso reparti mobilitati.
Le disposizioni precedenti si applicano anche relativamente ai procedimenti penali a carico di renitenti, mancanti o disertori, che rimpatriano volontariamente o sono estradati.
La sospensione del procedimento non impedisce l'esecuzione degli atti urgenti.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 244. Applicazione delle norme della procedura penale di pace.
Durante lo stato di guerra, si osservano, per quanto è possibile, le disposizioni concernenti la procedura penale militare di pace, se da questo codice non è diversamente stabilito.
Capo II
DELL'AZIONE PENALE.
Art. 245. Inizio dell'azione penale per i procedimenti di competenza dei tribunali militari di guerra. (1)
L'azione penale è iniziata ed esercitata in seguito a disposizione del comandante dell'unità, presso cui è costituito il tribunale militare di guerra competente.
Il comandante dell'unità, presso cui è costituito il tribunale militare di guerra, può delegare temporaneamente al pubblico ministero il potere di iniziare l'azione penale, fuori del caso di procedimenti contro militari, militarizzati o assimilati rivestiti di grado o rango superiore a quello di capitano.
L'azione penale è iniziata per disposizione del comandante supremo:
1. se il colpevole è un ufficiale generale o un ufficiale di grado corrispondente;
2. se trattasi di alcuno dei reati preveduti dal titolo quarto del libro terzo.
Durante l'istruzione, i comandanti indicati in questo articolo possono, rispettivamente, disporre che l'esercizio dell'azione penale sia sospeso o revocato.
Ferme le disposizioni del numero 1 del terzo comma di questo articolo e quelle degli articoli 17 e 28, le attribuzioni che questo codice conferisce al comandante supremo possono essere da questo delegate a un ufficiale di grado non inferiore a generale di corpo d'armata o corrispondente.
(1) Articolo implicitamente abrogato perché in contrasto con l'art. 112 della Costituzione.
Art. 246. Procedimento per reati commessi fuori del territorio in stato di guerra.
Nei casi preveduti dal numero 2 del secondo comma dell'articolo 4, ai fini dell'applicazione della legge penale militare di guerra, si procede davanti ai tribunali militari di guerra, salva contraria disposizione del Ministro della forza armata, alla quale appartiene il comando dell'unità, presso cui è costituito il tribunale militare competente.
Art. 247. Autonomia dell'azione penale.
Salvo che la legge disponga altrimenti, l'esercizio dell'azione penale non è subordinato a richiesta, a istanza o a qualsiasi autorizzazione a procedere; ferma la facoltà dei capi militari, nei casi espressamente indicati dalla legge, di richiedere il procedimento penale ovvero di applicare punizioni disciplinari.
Art. 248. Azione penale contro comandanti in guerra o contro colpevoli di reati contro le leggi e gli usi della guerra.
L'azione penale contro comandanti, per atti commessi nell'esercizio del comando durante lo stato di guerra, non può essere iniziata, dopo la cessazione dello stato di guerra, se non a richiesta del Ministro della difesa.
La stessa disposizione si applica relativamente all'azione penale per i reati indicati nell'articolo 165. In tali casi, se l'imputato è estraneo alle forze armate dello Stato, la richiesta è fatta dal Ministro della giustizia.
Art. 249. Azione penale contro persone delle forze armate nemiche.
Per i reati contro le leggi e gli usi della guerra, preveduti dal titolo quarto del libro terzo, commessi nel territorio dello Stato italiano a danno di qualunque persona, ovvero all'estero a danno delle forze armate dello Stato italiano o degli appartenenti a esse, da militari o da altre persone appartenenti alle forze nemiche, l'azione penale può promuoversi o proseguirsi, ancorché per gli stessi reati sia già intervenuta sentenza di un giudice straniero; salvo quanto dispongono le convenzioni internazionali.
Art. 250. Azione civile. (1)
(1) Questo articolo deve considerarsi implicitamente abrogato, perché la Corte costituzionale, con sentenza n.60 del 28 febbraio 1996, ha dichiarato incostituzionale il divieto di costituirsi parte civile nei procedimenti o nei processi militari in tempo di pace.
Capo III
DELLA COMPETENZA.
Art. 251. Tribunali militari di guerra d'armata, di corpo d'armata e di piazza forte.
Qualunque sia il luogo del commesso reato, e salva la disposizione dell'ultimo comma, ai tribunali militari di guerra d'armata, di corpo d'armata e di piazza forte appartiene, rispettivamente, la cognizione:
1. dei reati commessi da militari dei corpi o servizi mobilitati, direttamente dipendenti dal comando dell'unità, presso cui è costituito ciascuno dei tribunali suindicati;
2. dei reati commessi da persone estranee alle forze armate dello Stato, che si trovano al servizio o al seguito di esse, presso i corpi o servizi suddetti.
La dipendenza è determinata dalla destinazione, ancorché temporanea, ad alcuno dei corpi o servizi medesimi, e decorre dalla data di detta destinazione.
Le disposizioni precedenti regolano anche la competenza dei tribunali di unità mobilitate maggiori o minori di un corpo d'armata, che possono costituirsi secondo le disposizioni relative all'ordinamento giudiziario militare.
La cognizione dei reati commessi da ufficiali dei corpi o servizi mobilitati dipendenti dai corpi d'armata che fanno parte di una armata, appartiene ai tribunali militari di guerra d'armata.
Art. 252. Tribunali militari di guerra.
Ai tribunali militari di guerra appartiene la cognizione:
1. dei reati commessi da militari non appartenenti ai corpi o servizi indicati nell'articolo precedente;
2. dei reati commessi da persone estranee alle forze armate dello Stato, non comprese nel numero 2 del primo comma dell'articolo precedente, e per i quali esse sono sottoposte alla giurisdizione militare di guerra;
3. dei reati commessi dai prigionieri di guerra nemici durante la prigionia;
4. dei reati contro le leggi e gli usi della guerra, commessi da militari o da altre persone appartenenti alle forze armate nemiche;
5. dei reati commessi dai prigionieri di guerra italiani durante la loro prigionia presso il nemico, e del reato preveduto dall'articolo 218.
Art. 253. Norme di competenza territoriale.
Nei casi indicati nei numeri 1, 2, 3 e 4 dell'articolo precedente, la competenza appartiene al tribunale militare di guerra del luogo del commesso reato, o, se questo non è conosciuto, al tribunale militare di guerra del luogo in cui l'imputato si è costituito o è stato arrestato.
Se il luogo del commesso reato non è noto e l'imputato non si è costituito e non è stato arrestato, è competente il tribunale militare presso cui fu emessa ordinanza di custodia cautelare o di comparizione.
Nei casi indicati nel numero 5 dell'articolo precedente, la competenza appartiene al tribunale militare di guerra del luogo dove è stabilito il centro di raccolta dei prigionieri rimpatriati, o, in mancanza di questo, dove il prigioniero si costituì o fu arrestato.
Nel caso preveduto dal comma precedente, se l'imputato non si è costituito e non è stato arrestato, è competente il tribunale militare presso cui fu emessa ordinanza di custodia cautelare o di comparizione.
Art. 254. Reati di assenza dal servizio in guerra.
La cognizione dei reati di assenza dal servizio in guerra appartiene al tribunale militare di guerra del luogo dove fu eseguito l'arresto o avvenne la presentazione dell'imputato.
Art. 255. Reati commessi in territorio estero.
Per i reati soggetti alla giurisdizione militare di guerra, commessi in territorio estero, quando, a norma di legge, la competenza appartiene ai tribunali militari di guerra costituiti nel territorio dello Stato, è competente il tribunale militare di guerra del luogo in cui seguì la consegna, l'arresto o la presentazione dell'imputato; ferme le disposizioni del terzo comma dell'articolo 253.
Se l'imputato non è stato consegnato o arrestato, e non si è costituito, si applica la disposizione del secondo comma dell'articolo 253.
Art. 256. Attribuzione ai tribunali militari ordinari della competenza spettante ai tribunali militari di guerra.
Nei casi preveduti dai tre articoli precedenti, se l'arresto, la consegna, la costituzione o la presentazione avviene in territorio non in stato di guerra, la competenza appartiene al tribunale militare ordinario avente giurisdizione sul territorio medesimo. Questo procede con le forme stabilite per i tribunali militari di guerra, ed è, a ogni effetto, considerato come tale.
Salvo che la legge disponga altrimenti, la disposizione del comma precedente si applica anche per tutti i procedimenti relativi a reati soggetti alla giurisdizione militare di guerra, commessi in luoghi nei quali non sono istituiti tribunali militari di guerra.
Art. 257. Connessione di procedimenti. (1)
(1) Disposizione da ritenersi non più applicabile.
Art. 258. Piazza forte investita dal nemico.
Se una piazza forte è investita dal nemico, il tribunale militare di guerra della piazza è competente a conoscere di tutti i reati, da chiunque commessi nel raggio di azione della piazza, ancorché il reato, per la dipendenza o qualità dell'imputato, ovvero altre circostanze, sia soggetto alla competenza di un tribunale diverso.
Art. 259. Reati commessi fuori dei luoghi in stato di guerra.
La cognizione dei reati di inadempimento o di frode in forniture militari o di qualsiasi altro reato soggetto alla giurisdizione militare di guerra, commessi in luoghi che non sono in stato di guerra, appartiene al tribunale militare del luogo del commesso reato. Questo procede con le forme stabilite per i tribunali militari di guerra, ed è, a ogni effetto, considerato come tale.
Art. 260. Occupazione militare.
Nei casi di occupazione di territori dello Stato nemico, e, in generale, di occupazione militare, preveduti dall'articolo 235, la cognizione dei reati ivi indicati, da chiunque commessi, appartiene ai tribunali militari di guerra costituiti presso i comandi delle unità mobilitate di occupazione, secondo le rispettive circoscrizioni territoriali.
Art. 261. Perdita di nave militare o di aeromobile militare.
Quando si verifichi la perdita di una nave militare o di un aeromobile militare, se il comandante supremo non dispone che il procedimento sia rinviato alla cessazione dello stato di guerra, il tribunale supremo militare (1) designa il tribunale militare di guerra che deve conoscere del reato.
(1) Ora Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 6 L. 7 maggio 1981, n.180.
Art. 262. Tribunali militari di guerra di bordo. (1)
(1) Disposizione da ritenersi non più applicabile, ai sensi dell'art. 8 L. 7 maggio 1981, n. 180.
Art. 263. Conflitti di giurisdizione e di competenza.
Sui conflitti fra l'Autorità giudiziaria ordinaria e l'Autorità giudiziaria militare di guerra decide la Corte di cassazione.
Sui conflitti fra tribunali militari di guerra e altri tribunali militari, o fra più tribunali militari di guerra, decide la Corte di cassazione.
Art. 264. Rimessione dei procedimenti penali dall'Autorità giudiziaria ordinaria.
Sono devoluti all'Autorità giudiziaria ordinaria, qualunque sia lo stato delle indagini preliminari o del giudizio, tutti i procedimenti penali, che, alla data della cessazione dello stato di guerra, si trovano pendenti davanti ai tribunali militari di guerra, per reati soggetti alla giurisdizione militare soltanto durante lo stato di guerra e commessi nel territorio dello Stato.
La disposizione del comma precedente non si applica per i procedimenti pendenti, nei quali il giudice militare abbia già pronunciato sentenza nel giudizio o decreto penale di condanna. In questi casi, si applicano le disposizioni dell'articolo 299.
Art. 265. Rimessione dei procedimenti penali ai tribunali militari ordinari.
I procedimenti penali, che, alla data della cessazione dello stato di guerra, si trovano pendenti davanti ai tribunali militari di guerra del territorio dello Stato, in confronto di persone o per reati soggetti, in tempo di pace, alla giurisdizione militare, sono rimessi, qualunque sia lo stato delle indagini preliminari o del giudizio, ai tribunali militari ordinari.
Art. 266. Rimessione dei procedimenti penali a giudici speciali.
I procedimenti penali pendenti, alla cessazione dello stato di guerra, davanti ai tribunali militari di guerra, in confronto di persone, che in tempo di pace sono soggette a una giurisdizione speciale, sono devoluti a questa giurisdizione.
La disposizione del comma precedente non si applica nei casi indicati nel secondo comma dell'articolo 264, osservate, per la competenza, le disposizioni dell'articolo 299.
Titolo III - Disposizioni speciali
Titolo III
DISPOSIZIONI SPECIALI.
Capo I
DELLA ISTRUZIONE. (1)
(1) Le disposizioni di questo Capo devono ritenersi non più in vigore, a seguito dell' applicazione degli artt. 326 ss, C.p.p. anche ai procedimenti penali militari.
Sezione I
DEGLI ATTI PRELIMINARI ALL'ISTRUZIONE.
Art. 267. Procedimenti contro prigionieri di guerra italiani rimpatriati. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 268. Atti di polizia giudiziaria in territorio estero occupato. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 269. Rimessione degli atti al comandante. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 270. Decisione del comandante. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Sezione II
DELLA ISTRUZIONE FORMALE.
Art. 271. Norma generale. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 272. Emissione dei mandati. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 273. Libertà provvisoria. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 274. Prigionieri di guerra. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 275. Testi impediti di comparire in giudizio. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 276. Atti d'istruzione in territorio estero occupato. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Art. 277. Chiusura della istruzione formale. Riapertura. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Sezione III
DELLA ISTRUZIONE SOMMARIA.
Art. 278. Applicazione delle norme del codice penale militare di pace. (1)
(1) Vedasi nota 1 al Capo I.
Capo II
DEL GIUDIZIO.
Art. 279. Applicazione delle norme del codice penale militare di pace.
Il giudizio si svolge e si compie secondo le norme della procedura penale militare di pace, salve le disposizioni degli articoli seguenti.
La lettura delle disposizioni testimoniali, oltre che nei casi indicati nell'articolo 369 del codice penale militare di pace, è consentita anche per quelle ricevute a norma dell'articolo 275 e del secondo comma dell'articolo 280 di questo codice. (1)
(1) Questo comma deve ritenersi non più applicabile per incompatibilità con gli artt. 392 ss, C.p.p. riguardanti l'incidente probatorio.
Art. 280. Facoltà del presidente del tribunale.
Il presidente del tribunale militare di guerra può, se ricorrono particolari ragioni di urgenza, abbreviare i termini, che, nel periodo degli atti preliminari al giudizio, sono stabiliti dal codice penale militare di pace per l'esame degli atti del procedimento o per altri oggetti.
Il presidente, se ritiene che un testimonio non possa comparire in giudizio senza danno al servizio ed esso non sia stato esaminato a norma dell'articolo 275, può richiedere il giudice istruttore, perché ne riceva la deposizione con giuramento. (1)
(1) Questo comma deve ritenersi non più applicabile a seguito dell'entrata in vigore del Codice di procedura penale del 1988.
Art. 281. Reati commessi all'udienza di un tribunale militare in territorio nemico occupato. (1)
(1) Questo articolo deve ritenersi non più applicabile per incompatibilità con l'art. 476, C.p.p. riguardante i reati commessi in udienza.
Art. 282. Menzioni speciali nel processo verbale di dibattimento.
Quando, davanti ai tribunali militari di guerra non sia possibile, per le necessità dei servizi di guerra, l'osservanza di alcuna fra le norme concernenti la procedura del giudizio, il processo verbale del dibattimento deve farne espressa menzione.
Capo III
DISPOSIZIONI SPECIALI PER I TRIBUNALI
DI GUERRA STRAORDINARI.
Art. 283. Casi di convocazione; competenza.
Il tribunale militare di guerra straordinario è competente a conoscere dei reati, per i quali la legge stabilisce la pena di morte (1), quando l'imputato sia stato arrestato in flagranza e il comandante, competente a costituirlo a norma della legge relativa all'ordinamento giudiziario militare, ne abbia deciso la convocazione, per la necessità di un giudizio immediato, a scopo di esemplarità.
La competenza del tribunale militare di guerra straordinario è limitata alla cognizione del reato, per il quale è convocato.
(1) Vedasi nota all'art. 25.
Art. 284. Revoca della convocazione.
Se occorrono altri elementi di prova del reato, oltre quelli, che, a norma di legge, consentono la convocazione del tribunale militare di guerra straordinario, il pubblico ministero li assume direttamente; e, se risultano escluse le condizioni richieste per la convocazione del tribunale straordinario, il comandante che lo ha convocato revoca l'ordine di convocazione, e si procede nei modi ordinari.
Art. 285. Giudizio e sentenza.
Convocato il tribunale militare di guerra straordinario e raccolta, in quanto possibile, la truppa sotto le armi, il presidente e i giudici prendono posto davanti a essa, e prestano giuramento con la formula stabilita dalla legge relativa all'ordinamento giudiziario militare.
L'imputato è assistito da un difensore.
Il presidente interroga l'imputato sulle sue generalità e gli contesta il reato che forma oggetto della imputazione; indi la discussione procede nell'ordine e con le norme stabiliti per ogni altro tribunale militare di guerra.
Chiuso il dibattimento, allontanato l'imputato e ritiratisi il pubblico ministero e il difensore, il tribunale delibera la sentenza. Redatta e sottoscritta questa, l'imputato è ricondotto davanti al tribunale per udirne la lettura, che è fatta dal presidente.
Capo IV
PROCEDIMENTI DAVANTI AI TRIBUNALI MILITARI
DI GUERRA DI BORDO. (1)
(1) Le disposizioni di questo Capo devono ritenersi non più in vigore, per incompatibilità con l'art. 8 L. 7 maggio 1981, n. 180,. recante modifiche all'Ordinamento giudiziario militare.
Art. 286. Istruzione e giudizio. (1)
(1) Vedasi nota al Capo IV.
Capo V
DEL RICORSO PER ANNULLAMENTO. (1)
(1) Le disposizioni di questo Capo devono ritenersi non più in vigore,per incompatibilità con gli artt. 3 e 6 L. 7 maggio 1981, n. 180, recante modifiche all'Ordinamento giudiziario militare.
Art. 287. Inoppugnabilità della sentenza del giudice istruttore. (1)
(1) Vedasi nota al Capo V.
Art. 288. Sentenza dei tribunali militari di guerra. (1)
(1) Vedasi nota al Capo V.
Art. 289. Inammissibilità del ricorso straordinario alla corte di cassazione. (1)
(1) Vedasi nota al Capo V.
Capo VI
DELLA ESECUZIONE.
Art. 290. Eseguibilità della condanna alla pena di morte. (1)
La sentenza di condanna alla pena di morte, pronunciata nel territorio dello Stato dai tribunali militari di guerra, compresi quelli di bordo, diviene esecutiva dopo trascorse ventiquattro ore dalla pronuncia, e, se è stato presentato ricorso per annullamento nei casi in cui il ricorso stesso è ammissibile, dopo trascorse ventiquattro ore dalla notificazione al condannato della sentenza di rigetto del ricorso.
E' immediatamente esecutiva la sentenza di condanna alla pena di morte pronunciata all'estero dai tribunali militari di guerra costituiti presso i corpi di spedizione, nonché dai tribunali militari di guerra di bordo, all'estero o all'interno, e dai tribunali militari di guerra straordinari.
Se il condannato alla pena di morte è un prigioniero di guerra, si osservano le disposizioni delle convenzioni internazionali.
(1) Pena soppressa per i delitti previsti dalle leggi speciali, diverse da quelle militari di guerra (art.1, primo comma, D.L. 22 01.1948, n. 21). L'art. 1 della legge 13.10.94, n. 589 dispone che, anche per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è abolita ed è sostituita dalla pena massima prevista dal codice penale.
Art. 291. Esame delle sentenze da parte del comandante. (1)
La sentenza di condanna alla pena di morte, immediatamente esecutiva o divenuta tale, è sottoposta all'esame del comandante dell'unità, presso cui è costituito il tribunale.
Se il comandante ritiene che ricorrono circostanze rilevanti per il condono o la commutazione della pena, ne fa formale proposta, che trasmette al comandante supremo; altrimenti dichiara che non intende avvalersi della facoltà suindicata e rimette gli atti al pubblico ministero, il quale provvede alla esecuzione della sentenza.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano relativamente alle sentenze pronunciate dai tribunali militari di guerra straordinari.
(1) Vedasi nota all'art. 290.
Art. 292. Rinvio della esecuzione (1)
La esecuzione di una sentenza di condanna alla pena di morte può essere sospesa per disposizione del comandante indicato nel primo comma dell'articolo precedente, o del comandante supremo, ove sia presentata domanda di grazia dal condannato, dai suoi congiunti o dal difensore.
La esecuzione è differita:
1. quando il condannato si trovi in stato di grave infermità di mente o di corpo;
2. quando la persona condannata sia una donna incinta.
(1) Vedasi nota all'art. 290.
Art. 293. Esecuzione di sentenze di condanna per il reato di inottemperanza all'ordine di non attaccare il nemico. (1)
La sentenza di condanna alla pena di morte, pronunciata contro il colpevole del reato preveduto dall'articolo 95, non può essere eseguita, se non dopo ricevute le disposizioni del Ministro da cui dipende il condannato.
(1) Vedasi nota all'art. 290.
Art. 294. Divieto di esecuzione della pena di morte in territorio estero. (1)
Nel territorio di uno Stato estero, fuori dei luoghi occupati dalle forze armate dello Stato italiano, non possono eseguirsi sentenze di condanna alla pena di morte.
(1) Vedasi nota all'art. 290.
Art. 295. Esecuzione di sentenze dei tribunali militari di guerra soppressi.
Se il tribunale militare di guerra, che ha emanato la sentenza da eseguirsi, è soppresso, la Corte militare di appello designa un altro tribunale militare per i provvedimenti da adottare in sede di esecuzione.
Art. 296. Esecuzione di sentenze di condanna nel territorio dello Stato nemico.
Nel territorio dello Stato nemico occupato dalle forze armate dello Stato italiano, l'Autorità giudiziaria militare provvede all'esecuzione delle sentenze di condanna e alla eventuale conversione delle pene pecuniarie in pene detentive, ancorché il condannato sia estraneo alle forze armate dello Stato; salvo che dal comandante del corpo di occupazione sia diversamente disposto.
Capo VII
DEI PROCEDIMENTI PENALI AL MOMENTO
DELLA CESSAZIONE DELLO STATO DI GUERRA.
Art. 297. Procedimenti penali definiti.
Cessato lo stato di guerra e disciolti i tribunali militari di guerra, i rispettivi procuratori militari della Repubblica, secondo le norme stabilite dal regolamento giudiziario militare, rimettono gli atti dei procedimenti penali irrevocabilmente definiti al procuratore generale militare della Repubblica, che ne ordina il deposito presso la cancelleria della Corte militare di appello.
Art. 298. Procedimenti penali pendenti, di competenza del giudice ordinario o di giudici speciali.
I procedimenti penali pendenti davanti ai tribunali militari di guerra, di competenza dell'Autorità giudiziaria ordinaria o di un giudice speciale, à termini degli articoli 264 e 266, sono rimessi dai procuratori militari della Repubblica al procuratore generale presso la corte d'appello del rispettivo distretto o ai competenti uffici delle giurisdizioni speciali, i quali provvedono per l'ulteriore corso del procedimento, secondo le norme della competenza ordinaria.
Nei procedimenti stessi rimangono validi gli atti delle indagini preliminari compiuti dall'Autorità giudiziaria militare fatta eccezione per le requisitorie finali e i provvedimenti di rinvio a giudizio.
Art. 299. Procedimenti penali pendenti, di competenza dei tribunali militari: norme di competenza.
I procedimenti penali, pendenti davanti ai tribunali militari di guerra e la cui cognizione appartiene all'Autorità giudiziaria militare, a' termini degli articoli 264, comma secondo, e 265, sono rimessi ai procuratori militari della Repubblica presso i tribunali militari non di guerra, osservate le norme seguenti:
1. se i procedimenti sono contro militari appartenenti a corpi non disciolti, essi sono rimessi al procuratore militare della Repubblica presso il tribunale militare nella cui circoscrizione territoriale il corpo ha la sua sede;
2. se i procedimenti sono contro i militari appartenenti a corpi disciolti, essi sono rimessi al procuratore militare della Repubblica presso il tribunale militare del luogo del commesso reato, o, se detto luogo non è noto, di quello in cui ha sede il corpo dal quale derivava il corpo disciolto;
3. se i procedimenti concernono reati commessi in territorio estero, essi sono rimessi al procuratore militare della Repubblica presso il tribunale militare più vicino alla sede del tribunale militare di guerra.
Se sorgono divergenze o difficoltà, la Corte di cassazione designa il tribunale militare che deve giudicare.
Art. 300. Procedimenti penali pendenti, di competenza dei tribunali militari; norme di procedura per la prosecuzione e la definizione.
Nei casi preveduti dall'articolo precedente:
1. se le indagini preliminari non sono compiute, essa proseguono secondo le norme della procedura penale militare di pace; ma restano validi gli atti compiuti durante lo stato di guerra;
2. se è stato già disposto il rinvio a giudizio davanti al tribunale militare di guerra, a questo s'intende sostituito il tribunale militare competente a norma dell'articolo precedente.
22-09-2012 22:45
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