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Sentenza

Poliziotto destituito dal servizio dopo aver patteggiato una pena di anni uno e ...
Poliziotto destituito dal servizio dopo aver patteggiato una pena di anni uno e sette mesi per violenza carnale ed altri reati minori.-
Consiglio di Stato  sez. IV   Data:29/04/2014 ( ud. 21/01/2014 , ep.29/04/2014 ) Numero:    2217
                                 REPUBBLICA ITALIANA                         
                         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
                            Il Consiglio di Stato                        
    in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)                             
    ha pronunciato la presente                                           
                                   SENTENZA                              
    sul ricorso numero di registro generale 754 del 1997, proposto da:   
    Ministero   dell'Interno,   in   persona   del  Ministro  protempore,
    rappresentato  e  difeso  per  legge  dall'Avvocatura Generale Stato,
    domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;                         
                                    contro                               
    B. M., rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Sperati,
    Paolo  Colombo,  con  domicilio  eletto  presso Alessandro Sperati in
    Roma, piazza G. Mazzini 27;                                          
    per la riforma della sentenza del T.A.R. Lombardia - Sez. staccata di
    Brescia  n.  01190/1996,  resa tra le parti, concernente agente p.s.:
    destituzione                                                         
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                   
    Viste le memorie difensive;                                          
    Visti tutti gli atti della causa;                                    
    Relatore  nell'udienza  pubblica  del giorno 21 gennaio 2014 il Cons.
    Umberto  Realfonzo e uditi per le parti l'avv. dello Stato Grumetto e
    l'avv. Paolo Colombo;                                                
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              


    Fatto
    FATTO e DIRITTO

    Con il presente gravame il Ministero dell'Interno aveva impugnato la decisione del Tar Brescia con cui era stato annullato, in accoglimento del primo motivo, il decreto di destituzione dal servizio dell'appellato agente di Polizia di Stato che aveva patteggiato una pena di anni uno e sette mesi per violenza carnale ed altri reati minori, ai sensi dell'articolo 7, n. numero 1 del d.p.r. 25 ottobre 1981 n. 737.

    Con sentenza parziale del 18 settembre 1998 n. 1298 la Sezione:

    - ha accolto in parte l'appello ed, ha annullato la sentenza impugnata nella parte in cui accoglieva il primo motivo della decisione impugnata;

    - in conseguenza dell'accoglimento di cui sopra ha esaminato e respinto il secondo, il sesto, l'ottavo, il decimo e l'undicesimo motivo di primo grado dichiarati assorbiti dal TAR e riproposti dall'appellato nella memoria conclusiva;

    - ha sospeso il giudizio, ai sensi dell'articolo 295 c.p.c., relativamente al 7º ed al 9º motivo, in relazione all'avvenuta rimessione alla Corte Costituzionale della questione concernente l'art. 9, comma 2, della L. n. 19/1990, di cui alle decisioni dell'Adunanza Plenaria (ord. 3 settembre 1997, n. 16) ed della VIª sezione (ord. 17 ottobre 1997 n. 1598).

    Con memoria per la discussione l'appellato ha riepilogato tutte le vicende precedenti e ha ribadito le censure di primo grado ed in particolare: che nella specie il procedimento disciplinare sarebbe durato 15 mesi (7º motivo); la sollecita adozione dei provvedimenti disciplinari derivava dalla non necessità di alcun accertamento essendo il fatto coperto da giudicato penale (9° motivo).

    Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

    L'appello anche per la parte che residua merita piena adesione dovendo essere respinti anche i due residui motivi di ricorso assorbiti in prime cure e qui riproposti.

    Contrariamente a quanto vorrebbe ancora oggi l'appellato, la Corte Costituzionale 28/05/1999 n.197 (e, poi, anche con la successiva ord. 21 febbraio2 marzo 2000, n. 67) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19 che era stata sollevata dal Consiglio di Stato, in riferimento agli artt. 3, 4, 24 e 97 della Costituzione, in relazione all'applicabilità del termine dei 90 giorni di estinzione del procedimento disciplinare nei casi in cui il procedimento disciplinare sia instaurato a seguito di una sentenza che applica la pena su richiesta delle parti (cosiddetto "patteggiamento": ex art. 444 del codice di procedura penale).

    Per la Corte, se la contrazione dei termini a disposizione dell'amministrazione per l'espletamento dell'attività istruttoria è giustificabile quando i fatti risultino accertati all'esito del dibattimento, non così può dirsi nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti in quanto strumento non presuppone quella compiutezza nella raccolta degli elementi di prova che è tipica del rito ordinario.

    Non si può escludere che l'Amministrazione debba effettuare autonomi accertamenti, e che la pronuncia penale sia richiamata soltanto per i fatti non controversi. Pertanto per la conclusione del procedimento disciplinare - che l'amministrazione potrà instaurare dopo aver preso cognizione della sentenza di patteggiamento - non vale il termine introdotto dall'art. 9, comma 2, ma la disciplina generale posta dal testo unico del 1957.

    In tale scia quindi, qualora la sentenza penale di condanna intervenga in seguito a patteggiamento, non è applicabile il termine di 90 giorni posto dell'art. 9 comma 2 l. 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento penale, ma la disciplina generale prevista dal t.u. 10 gennaio 1957 n.3.

    Sono proprio le particolari connotazioni di sommarietà del procedimento penale di cui all'art. 444 c.p.c. che rendono necessaria una compiuta ed autonoma valutazione della fattispecie, e quindi implicano l'esigenza di un termine c.d. "dinamico" (così: Consiglio Stato A. Plen., 26 giugno 2000, n. 159 che ha superato le precedenti pronunce in materia; e poi infra multa Consiglio Stato, sez. V, 25 gennaio 2002, n. 413; Consiglio Stato, sez. V, 25 gennaio 2002, n. 413, ecc. ecc.).

    In caso di procedimento disciplinare conseguente a sentenza penale di patteggiamento, l'amministrazione è dunque vincolata:

    - per l'inizio del procedimento: al rispetto del termine dei 180 giorni decorrenti dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna di cui all'art. 9, l. 7 febbraio 1990 n. 19;

    - per la sua conclusione: al rispetto dei termini, necessari proprio per le ricordate esigenze di valutazione della fattispecie, di cui all'art. 120 comma 1, d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (per cui "Il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto").

    Nella presente fattispecie si deve ricordare, in punto di fatto, che:

    - in esito alla condanna del 9.4.1994 la contestazione degli addebiti del 18.5.1994 era stata del tutto tempestiva, ed addirittura precedente la data di esecutività del predetto provvedimento di "patteggiamento" (24.5.1994);

    - in ogni caso poi si era verificato il superamento, a carattere estintivo, del termine dei 90 gg. tra un atto ed un altro, come è del resto immediatamente evidente dalla ricostruzione dei fatti e delle date degli atti contenuti nella precedente sentenza parziale n. 1298/1998 della Sezione.

    In definitiva, anche il settimo ed il nono motivo devono essere respinti.

    Anche la residuale parte del ricorso di primo grado deve dunque essere respinto e in conseguenza l'appello dell'amministrazione merita definitivo accoglimento.

    Le spese tuttavia, in considerazione delle oscillazioni della giurisprudenza nel tempo, possono essere integralmente compensate tra le parti.
    PQM
    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

    - 1. accoglie l'appello, come in epigrafe proposto, e per l'effetto in riforma della decisione impugnata respinge per la parte residua il ricorso di primo grado.

    - 2. Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

    Riccardo Virgilio, Presidente

    Sandro Aureli, Consigliere

    Fabio Taormina, Consigliere

    Andrea Migliozzi, Consigliere

    Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 APR. 2014
Avv. Antonino Sugamele

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