Area militare Monte Venda: concentrazione di gas radon, causa di morte per decine di militari ivi in servizio. Si alla pensione privilegiata.
REPUBBLICA ITALIANA N. 172/2015
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL VENETO
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso in materia di pensioni, iscritto al n. 29834 del registro di Segreteria, proposto dalla signora Z. M., nata a OMISSIS il OMISSIS e residente a OMISSIS, contro MINISTERO DELLA DIFESA, direzione generale della previdenza militare e della leva, per l'accertamento del diritto alla pensione privilegiata indiretta.
Svolgimento del processo
Con il ricorso in epigrafe indicato, ritualmente notificato al Ministero della Difesa e depositato l'11 luglio 2014, la ricorrente ha riferito di esser vedova del maresciallo 1° classe B. E., nato a OMISSIS il OMISSIS e deceduto il giorno OMISSIS per "NEOPLASIA MALIGNA POLIMORFA AD ORIGINE TIMICA E POLMONARE".
La signora, dopo la morte del coniuge, a seguito di quanto emerso nelle indagini condotte dalla Procura di Padova circa le condizioni ambientali in cui si trovava ad operare tutto il personale militare e civile in servizio al 1° R.O.C. Monte Venda (già sede di servizio del coniuge per circa 29 anni), in data 7/2/2011 ha presentato istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della malattia del coniuge, richiesta accolta con provvedimento del Comitato di verifica nell'adunanza n. 135/2012.
In data 7/6/2012, la ricorrente ha altresì presentato domanda per l'attribuzione della pensione privilegiata ordinaria, che tuttavia è stata negata con decreto dirigenziale del Ministero della difesa n. 221/3 dell'11/12/2013, in ragione del mancato rispetto del termine quinquennale, previsto dall'art. 169 del T.U. in materia di pensioni (DPR n. 1092/1973), tra la cessazione del servizio e la data di presentazione della domanda.
La ricorrente contesta il provvedimento, tenuto conto che l'istanza "non poteva essere presentata in quanto mancavano i presupposti necessari quali il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio avvenuto in data 27.03.2012 la cui istanza non poteva essere presentata a sua volta prima perché il nesso causale è emerso solo nel corso dell'anno 2009 a seguito delle misurazioni effettuate (analisi arpav concluse nel settembre 2007 e rilevazioni del Cisam del 2009) in tutta l'area del Monte Venda circa la fortissima concentrazione di gas radon, causa di morte per decine di militari ivi in servizio".
Detta circostanza risulta altresì pubblicamente documentata agli atti del Senato della Repubblica, nell'ambito dei quali in un'Interrogazione del 4/3/2010, a firma del senatore Giarretta, si riferisce delle medesime misurazioni Arpav (marzo 2007) e Cisam (2008), dalle quali sarebbero emerse allarmanti superamenti dei limiti di legge, fino a raggiungere addirittura il superamento di 24 volte il limite consentito (12.000 bq/m3).
Con memoria in atti all'1 luglio 2015, si è costituito il Ministero della Difesa, chiedendo il rigetto del ricorso ed evidenziando di aver dato puntuale applicazione agli artt. 169 e 184, comma 3, del DPR n. 1092/1973, tenuto conto che la ricorrente ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio soltanto in data 7/2/2011, e dunque ben oltre la scadenza del quinquennio dal decesso (11/5/2005; la malattia era peraltro stata rilevata dalla Commissione medica in data 7/5/2004).
Con ordinanza n. 30/2015, questa Corte, esaminata la giurisprudenza costituzionale in merito (in particolare, C. Cost. sent. n. 323/2008 e n. 43/2015) e considerato che, secondo la prospettazione di parte attrice, la conoscenza del fattore eziologico, legato al servizio, della infermità che ha cagionato il decesso sarebbe insorta soltanto a seguito di indagini postume effettuate dall'Arpa e dal Cisam di Pisa (e che dunque precedentemente non sarebbe stato possibile richiedere l'accertamento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità patita, trattandosi per giunta di elemento naturale sensorialmente impercettibile), ha disposto che il convenuto Ministero della Difesa, Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari (C.I.S.A.M.), nonchè l'ARPA Veneto producessero copia integrale delle relazioni tecniche accertanti la presenza del radon, unitamente alle note di trasmissione eventualmente effettuate al reparto militare sito in Monte Veda nonché a qualsivoglia nota di trasmissione dalla quale possa evincersi una pubblica diffusione delle relazioni, ordinando altresì al Comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell'economia di produrre ogni atto tecnico endoprocedimentale che possa consentire di individuare le cause della patologia che ha dato luogo al decesso del militare.
A seguito della produzione della documentazione istruttoria richiesta, il Ministero ha prodotto ulteriore memoria, in atti al 4/11/2015, con la quale ha ribadito le proprie tesi (citando anche un precedente) e ha altresì eccepito, in via subordinata, la prescrizione quinquennale dei ratei pensionistici.
Alla pubblica udienza odierna, tenuta con l'assistenza del segretario sig.ra Nadia Tonolo, si è svolta la discussione per come documentato nel relativo verbale.
La causa, ritenuta matura a seguito dell'espletamento dei menzionati incombenti istruttori, è trattenuta e decisa come da dispositivo letto pubblicamente, ex art. 5, della legge n. 205/2000, consegnato al termine e riportato in calce alla sentenza, data per letta mediante pubblicazione nella segreteria della Sezione.
Motivi della decisione
[1] Nel merito della domanda attorea (trattamento pensionistico privilegiato di reversibilità), occorre preliminarmente evidenziare come, secondo il parere del Comitato reso in data 27/3/2012, la morte del militare in pensione, ovvero l'infermità "Exitus per neoplasia maligna polimorfa ad origine timica e polmonare", è stata riconosciuta come dipendente da fatti di servizio, "in quanto dall'esame della documentazione sanitaria e degli atti allegati è dato ravvisare, nel caso di specie, il nesso di causalità utile tra l'infermità denunciata dal richiedente e riscontrata dalla Commissione Medica con l'attività di servizio prestata e che, comunque, gli elementi e le circostanze di fatto evidenziati si prospettano in rapporto di valida efficienza etiopatogenetica con l'insorgenza e l'evoluzione della predetta affezione".
Inoltre, il medesimo Comitato ha accertato che il suddetto exitus risulta riconducibile alle particolari condizioni ambientali ed operative di missione previste dall'art. l, comma l, lettera c, del D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 a fini del riconoscimento delle provvidenze spettanti alle vittime del dovere.
Peraltro, detto parere del Comitato è stato reso alla luce dell'approfondito esame autoptico disposto dalla Procura militare di Padova (prot. in arrivo del 21 novembre 2007) ed effettuata dal prof. Montisci Massimo, dell'Università di Padova, secondo cui "il carcinoma sarcomatoide polmonare è conseguenza di esposizione professionale a radon".
[2] Tanto premesso in tema di accertamento del nesso di causalità (non contestato dal Ministero convenuto), questo giudice osserva come il diniego opposto dal Ministero della difesa sia stato motivato con riguardo al disposto dell'articolo 169 del DPR n. 1092/1973, a norma del quale "La domanda di trattamento privilegiato non e' ammessa se il dipendente abbia lasciato decorrere cinque anni dalla cessazione dal servizio senza chiedere l'accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte".
La previsione, sebbene si verta in materia di diritti imprescrittibili, di detto termine decadenziale risponde, secondo condivisa ricostruzione funzionale, all'esigenza di assicurare certezza/tempestività dell'accertamento medico-legale in costanza e tenuto conto (nella sentenza della Consulta n. 323/2008 si fa riferimento, per relationem con l'ordinanza di rimessione, alla "funzione di sanzionare un comportamento omissivo o inerte") della prolungata condotta inattiva del pensionato.
Peraltro, come noto, la Corte costituzionale, con la sentenza additiva n.323/2008, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del menzionato articolo art. 169 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 "nella parte in cui non prevede che, allorché la malattia insorga dopo i cinque anni dalla cessazione dal servizio, il termine quinquennale di decadenza per l'inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte, ai fini dell'ammissibilità della domanda di trattamento privilegiato, decorra dalla manifestazione della malattia stessa" (in termini analoghi, con riferimento alle pensioni degli ex dipendenti delle Casse amministrate dagli istituti di previdenza, si veda la sentenza della Consulta n. 43/2015).
Alle suddette conclusioni, la Consulta è peraltro pervenuta in quanto "la norma censurata esige irragionevolmente che la domanda di accertamento della dipendenza della infermità dal servizio svolto sia inoltrata entro un termine in cui ancora difetta il presupposto oggettivo (l'infermità) della richiesta medesima. Ne consegue che, in tali casi, in palese violazione sia dell'art. 38, secondo comma, sia dell'art. 3 Cost., l'esercizio del diritto alla pensione privilegiata risulta pregiudicato ancor prima che venga ad esistenza, determinando quella ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti che hanno contratto malattie a normale decorso e lavoratori dipendenti con patologia a lunga latenza denunciata dal giudice rimettente".
Orbene, il convenuto Ministero, pur consapevole della rinnovata individuazione, in virtù della pronunzia additiva della Consulta, del dies a quo del suddetto termine decadenziale nel tempus della manifestazione della malattia, ha argomentato nel senso dell'intervenuto perfezionamento della decadenza ex art. 169 T.U. pensioni, in quanto, a fronte di un exitus avvenuto in data 11 maggio 2005, la ricorrente ha richiesto l'accertamento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità soltanto in data 7/2/2011, essendo dunque (in tesi) rimasta inerte per un periodo superiore ai cinque anni previsti dalla norma menzionata.
[3] Tuttavia, parte attrice ha evidenziato, in sede di ricorso, come la conoscenza del fattore eziologico, legato al servizio (ovvero l'esposizione a gas radon in misura elevata), della infermità che ha cagionato il decesso, sia insorta soltanto a seguito di indagini postume effettuate dall'Arpa e dal Ministero della Difesa - Cisam di Pisa e che dunque precedentemente, lungi da poter esser ravvisata una condotta inerte, non sarebbe stato logicamente possibile richiedere l'accertamento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità patita, astrattamente riconducibile, secondo scienza medica, ad una pluralità di cause e non certo esclusivamente ad esposizione a radon, la cui sussistenza sul luogo di lavoro era peraltro ignota.
Infatti, occorre evidenziare che il radon, gas inerte radioattivo di origine naturale prodotto del decadimento nucleare del radio all'interno della catena di decadimento dell'uranio, si presenta come un gas normalmente inodore e incolore (dunque sensorialmente impercettibile), la cui principale fonte è costituita dal suolo.
Orbene, le argomentazioni logiche e tecnico-fattuali esposte da parte attrice hanno effettivamente rinvenuto puntuale riscontro nella documentazione acquisita a seguito del menzionato provvedimento istruttorio.
In particolare e prescindendo da esami condotti dalla Procura della Repubblica competente (nelle specie non rilevanti in quanto coperti pro tempore da segreto istruttorio), dalla documentazione pervenuta dall'Arpav è emerso che i primi risultati di una indagine sul sito finalizzata alla rilevazione delle concentrazioni di gas radon, comprendente n. 6 rapporti di prova, sono stati inviati dall'Ente regionale alla Aeronautica Militare - I Brigata Aerea, con nota prot. n. 33547 del 12/03/2007.
Inoltre, la comunicazione pervenuta dal Ministero della Difesa - Cisam ha reso edotti che la prima rilevazione dei livelli di presenza del gas radon sui luoghi di lavoro gestita autonomamente dal datore di lavoro è stata effettuata soltanto con verbale del 2 marzo 2009, dunque in data notevolmente successiva alla morte del militare.
Dal carteggio in atti è altresì emerso che, soltanto a seguito di questa rilevazione (sono stati riscontrati valori di gran lunga superiori ai limiti di legge), è stata segnalata la necessità di sospendere le attività presso i locali del Teleposto di monte Venda "fino a quando non fossero stati attuati i provvedimenti di intervento adottati al fine di ridurre i valori di concentrazione di radon in aria; eventuali interventi, legati a operazioni di sgombero e bonifica, dovevano esser concordate con l'esperto qualificato".
Per giunta, con ulteriore verbale di intervento del 19/10/2009, la Cisam, considerato il ritardo nell'avvio delle operazioni di bonifica, ha "ribadito la necessità di sospendere tutte le attività all'interno dei locali del Teleposto fino ad una verifica con esito positivo delle operazioni di bonifica".
Emerge dunque inequivocabilmente come, nella fattispecie concreta in esame, l'istanza (datata 7/2/2011) di accertamento della dipendenza dell'exitus da causa di servizio ex art. 169 del T.U. è stata avanzata ad oltre 5 anni dalla morte (11 maggio 2005), ma a meno di due anni dall'accertamento (2/3/2009) del Ministero-datore di lavoro o comunque a meno di quattro anni dalla conoscenza (12/3/2007) del Dicastero (o ovviamente dei militari ivi in servizio) della sussistenza sui luoghi di servizio di concentrazioni fuori norma di gas radon.
[4] Conseguentemente, assume valore dirimente ai fini del decidere la puntuale individuazione del dies a quo del termine decadenziale di cui all'art. 169 del T.U. pensioni, che la menzionata pronunzia del Giudice delle leggi ha individuato nella "manifestazione della malattia".
In proposito, occorre innanzitutto evidenziare come l'espressione adoperata dalla Consulta rimandi alla definizione normativa dei presupposti per il riconoscimento della pensione privilegiata, che gli articoli 67 e 64 del T.U. in materia di pensioni concordemente individuano nelle "infermita' o lesioni dipendenti da fatti di servizio", e dunque in una nozione comprensiva di entrambi i termini del rapporto di causalità tra l'agente patogeno correlato al servizio e la contrazione della malattia.
A tal proposito, pare utile a questo giudice richiamare la ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte formatasi in ordine all'istituto, parzialmente diverso (in quanto avente anche finalità assicurativa; tuttavia, per un limitato parallelismo tra prescrizione Inail e decadenza ex art. 169 TUP, si veda C. Cost. sent. n. 297/1999) della prescrizione triennale del diritto alle prestazioni Inail per infortuni sul lavoro e malattie professionali di cui all'art. 112 del DPR n. 1124/1965, norma che individua il dies a quo, con formula definitoria similare a (anzi, forme meno comprensiva di) quella del T.U. pensionistico, nel "giorno ...della manifestazione della malattia professionale".
In proposito, la Corte di cassazione, muovendo dalla specificità della disciplina e dalla non automatica estensibilità della normativa generale (dunque, deve intendersi, anche della giurisprudenza sul c.d. impedimento giuridico ex art. 2935 c.c.) in materia di prescrizione (cfr. Cass. sent. n. 11809/1998), ha affermato in maniera univoca che "il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione del diritto per ottenere dall'INAIL la rendita deve essere individuato con riferimento al momento in cui l'interessato abbia avuto consapevolezza - che può anche essere desunta, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., da fatti noti che costituiscano presunzioni gravi, precise e concordanti - dell'esistenza dello stato morboso, dell'eziologia professionale della malattia (ovvero secondo altra formulazione giurisprudenziale "origine professionale", n.d.r.) e del raggiungimento della soglia legale di indennizzabilità" (così testualmente Sez. L, Sentenza n. 14281 del 2011; in senso conforme, ex plurimis: Cass. Sent. n. 14281 del 2011; Cass. n. 10441 del 2007, Cass. n. 27323 del 2005, Cass. n. 8257 del 2003, Cass. n. 4181 del 2003, Cass. n. 15598 del 2002; Cass. 30 ottobre 2002 n. 15343 del 2002; Cass. n. 14665 del 2001; Cass. n. 9563 del 2001, Cass. n. 10951 del 2000).
Si tratta peraltro di orientamento giurisprudenziale sostanzialmente recepito anche dalla Corte costituzionale, che nella sentenza n. 297/1999 ha richiamato la suddetta giurisprudenza della corte di Cassazione, che "ha stabilito (sentenza n. 11809 del 1998) che tale termine cominci a decorrere solo dal momento della piena conoscenza da parte del lavoratore, non solo dell'esistenza dello stato morboso, ma anche della sua eziologia e del raggiungimento della soglia indennizzabile".
Per giunta, anche al di la del dato testuale e del richiamo alla menzionata giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, verso la tesi maggiormente comprensiva militano ulteriori argomenti di carattere logico-sistematico (c.d. interpretazione costituzionalmente orientata), la cui evidenza e persuasività emerge proprio con riguardo a fattispecie concrete quali quella in esame, nelle quali, pur a fronte di una malattia già manifestatasi (ma dalla possibile eziologia plurifattoriale), la stessa sussistenza del fattore patogenetico (e della sua concentrazione in misura superiore ai limiti di legge) correlato al servizio risulta oggettivamente ignota (in quanto sensorialmente impercettibile nè concretamente rilevata con strumentazione tecnica).
In detti casi, il ritenere corrente il termine di cui all'art. 169 del T.U. si traduce sostanzialmente nel pretendere, pur a fronte di una patologia astrattamente riconducibile ad un ventaglio di possibili fattori eziopatogenetici, la necessità di avanzare domande di accertamento della dipendenza da causa di servizio "al buio", per giunta a pena di decadenza, con evidente compromissione dei valori costituzionali richiamati dalla menzionata giurisprudenza costituzionale (art. 38, secondo comma, e art. 3 della Costituzione) e palese sviamento funzionale rispetto alla finalità composita dell'istituto (esigenze di certezza/tempestività, nonchè inattività dell'interessato).
A quest'ultimo proposito e quanto alla tempistica delle rilevazioni effettuate dal Ministero, appare altresì utile rammentare come, in attuazione della direttiva 96/29/EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzati, il legislatore nazionale sia intervenuto sulla materia (decreto legislativo n. 230/1995, e successive modificazioni), individuando una soglia limite di esposizione al radon sui luoghi di lavoro pari a 500 Bq/m3 media in un anno (livello recepito anche per le strutture militari ex DM Difesa del 27/7/2007) , in concreto di gran lunga superata sul luogo di lavoro in questione secondo le menzionate rilevazioni.
In particolare, l'art. 162 del menzionato decreto legislativo ha espressamente previsto che " 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della difesa, sentito il Consiglio interministeriale di coordinamento e consultazione, e' emanato il regolamento di sicurezza nucleare e protezione sanitaria per l'amministrazione della difesa. 2. Il regolamento, tenuto conto delle particolari esigenze connesse ai compiti istituzionali delle forze armate in tempo di pace, si uniformera' ai principi di radioprotezione fissati nel presente decreto e nella normativa comunitaria cosicche' sia garantita la protezione della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti".
Orbene, detto Dpcm -regolamento è stato adottato dalla Presidenza del consiglio soltanto in data 24 giugno 2005 (n. 183), per giunta demandando, all'art. 2, ad un ulteriore decreto del Ministero della Difesa, "le istruzioni tecniche per disciplinare l'organizzazione operativa in ordine alla gestione in sicurezza radiologica delle attivita' e alla tutela contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti".
Detto decreto ministeriale è infine stato adottato in data 24 luglio 2007, ponendo così finalmente le premesse per assicurare la necessaria tutela dei lavoratori dipendenti del Ministero della Difesa.
Emergono dunque, anche sul terreno normativo- comportamentale, le ragioni del ritardo nella rilevazione istituzionale, da parte del Ministero-datore di lavoro, della presenza del radon nella postazione di Monte Venda, tempistica cui è nella sostanza da ricondurre l'eccepito ritardo nella presentazione dell'istanza di riconoscimento di causa di servizio, tradottosi nel provvedimento di diniego dalla pensione privilegiata per intervenuta decadenza ex art. 169 T.U..
Anche sotto questo profilo, dunque, risulterebbe paradossale (c.d. interpretazione orientata alle conseguenze), tanto più in presenza di un fattore patogenetico sensorialmente impercettibile, che i ritardi scontati dall'Amministrazione pubblica-datore di lavoro nel rilevare la sussistenza sui luoghi di lavoro del gas radon in concentrazione fuori norma, con grave esposizione a pericolo per la salute dei lavoratori, si risolvessero nel diniego dei benefici riconosciuti ex lege per la malattia contratta in dipendenza da prestazioni lavorative, in ragione del ritenuto perfezionamento del meccanismo decadenziale ex art. 169 del T.U, ovvero per non aver l'avente diritto tempestivamente presentato una domanda "al buio" di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio oggettivamente ignota.
Il ricorso risulta dunque meritevole di accoglimento, con conseguente riconoscimento della pensione di reversibilità, con decorrenza da determinare ex art. 191 del T.U.
[5] Relativamente all'eccezione di prescrizione dei ratei pensionistici, avanzata dal Ministero nella memoria depositata in data 4/11/2015, questo giudice non può che disporne il rigetto per tardività (crf: artt. 167 e 416 c.p.c.), tenuto conto che la medesima è stata avanzata non in sede di memoria di costituzione, ma nel corpo della memoria aggiuntiva depositata in data 4/11/2015.
[6] Sulle somme arretrate dovute vanno riconosciuti, conformemente all'indirizzo delle SS.RR. espresso nella sentenza n. 10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso di una possibile integrazione degli interessi di legge ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
[7] Quanto alla regolazione delle spese, se ne dispone l'integrale compensazione, avuto riguardo alla novità/peculiarità della fattispecie concreta e alla circostanza che il ricorso è stato presentato dalla parte personalmente, senza l'assistenza di un legale.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale regionale per il Veneto, Giudice Unico delle Pensioni, disattesa ogni contraria istanza, deduzione od eccezione, definitivamente pronunciando, accoglie la domanda attorea e per l'effetto dichiara il diritto della ricorrente all'attribuzione della richiesta pensione militare privilegiata di reversibilità.
Sulle somme arretrate dovute spettano interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza temporale di ogni singolo rateo e sino all'effettivo pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso di una possibile integrazione degli interessi di legge ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi.
Quanto alle spese legali, ne dichiara la loro integrale compensazione.
Dà atto, inoltre, dell'avvenuta lettura delle ragioni di fatto e di diritto, secondo il novellato art. 429 c.p.c., in forma equipollente, attraverso la pubblicazione della sentenza nel giorno dell'udienza.
Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti successivi.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio, all'esito della pubblica udienza del 13 novembre 2015.
Il GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
F.to (dott. Natale Longo)
Il Giudice Unico delle Pensioni, ravvisati gli estremi per l'applicazione dell'art. 52, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n.196
DISPONE
che a cura della Segreteria venga apposta l'annotazione di cui al comma 3, di detto art. 52, nei riguardi del ricorrente e degli eventuali danti e aventi causa.
Il GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
F.to dott. Natale Longo.
In esecuzione del provvedimento del G.U.P. ai sensi dell'art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Venezia, 13/11/2015
Il Funzionario preposto
F.to Nadia Tonolo
Depositata in Segreteria il 13/11/2015
Il Funzionario preposto
F.to Nadia Tonolo 06-12-2015 13:19
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