Viene girato un filmino di 59 minuti con scene ridicole e stravaganti all'interno di una Caserma dei Carabinieri , mediante l'utilizzo di veicoli istituzionali ed uniformi di ordinanza.
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
VERONA
nel procedimento a carico di:
R.M.M
Z.C.
D'E. N. A.
G.A.
N.L.
F.I,
inoltre:
T.M.
P.A.
PARTE CIVILE
avverso la sentenza del 02/02/2017 del GUP PRESSO TRIB.MILITARE
di VERONA
sentita la relazione svolta dal Consigliere DOMENICO FIORDALISI;
lette/sentite le conclusioni del PG
Il Procuratore Generale conclude per l'accoglimento parziale del ricorsol nei
confronti di P.T.N. e F.
Udito il difensore
L'avvocato CEOLETTA GIANFRANCO conclude per l'accoglimento del ricorso.
L'avvocato RINALDI ROBERTO conclude per il rigetto del ricorso
L'avvocato BECHERI LUIGISTELIO conclude per l'inammissibilità del ricorso
L'avvocato CASAGRANDE MASSIMILIANO chiede la conferma della sentenza
L'avvocato ANSELMO FABIO conclude chiedendo il rigetto del ricorso del PM
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore militare della Repubblica presso il Tribunale militare di Verona
ricorre avverso la sentenza di proscioglimento emessa il 2/02/2017 dal G.u.p. del
Tribunale militare di Verona, nei confronti di
R.M.M
Z.C.
D'E. N. A.
G.A.
N.L.
F.I,, imputati di diffamazione pluriaggravata (artt. 110 cod. pen. 40 secondo comma cod. pen.) art. 47 n. 2 e 227 commi 1 e 2 cod.
pen. mil . pace.
In sintesi, per quel che qui interessa, veniva girato un filmino di 59 minuti con
scene ridicole e stravaganti all'interno della Caserma dei Carabinieri di Comacchio
(FE), mediante l'utilizzo di veicoli istituzionali ed uniformi di ordinanza.
In alcune scene veniva, tra l'altro assimilata l'azione di comando svolta in
precedenza dal Cap. F.I. alle gesta criminali della banda della Uno
Bianca, attribuendo allo stesso I., al Mar. C. e al Brig. B.F.
l'appellativo di menzogneri, ipocriti e persone prive di principi e senza onore e
paragonando la loro attività di servizio a quella di un mafioso e di un massone,
descrivendo infine il Magg. I., come un ufficiale dai modi grezzi e non
conformi alle regole di stile. A quattro imputati (G. R. D'E. e
Z.) è stato contestato di aver girato il film come attori; agli altri, di non aver
impedito la proiezione del film in una serata conviviale, nel periodo di carnevale,
in casa di M. G..
Con le aggravanti di essere militari rivestiti di un grado di aver recato l'offesa
per mezzo di pubblicità, attraverso la diffusione di un filmato riprodotto alla
presenza di più persone, civili e militari.
Fatto commesso in A.nel P. (Rovigo) nel febbraio 2011.
Il GUP del Tribunale militare ha escluso che vi fossero fonti normative che nel
momento dei fatti investissero esplicitamente i quattro militari di un obbligo di
garanzia in relazione al reato commesso, imponendo ad essi di intervenire durante
la proiezione per impedire che essa proseguisse, ma soprattutto ha evidenziato
che la situazione nella quale gli stessi militari si trovavano non era tale da rendere
univoco e oggettivamente determinabile il comportamento per loro doveroso,
sicché la condotta da loro tenuta avrebbe potuto giustificarsi; inoltre sarebbe stato
difficoltoso far interrompere la proiezione del film, per i continui cambi di
argomenti ed il significato spesso allusivo usato, sicché solo al termine della
visione poteva svolgersi una valutazione compiuta su quanto accaduto.
In definitiva, il G.u.p. ha ritenuto arduo affermare la sussistenza della
consapevolezza del carattere complessivamente diffamatorio dell'opera da parte
dei quattro militari che avevano svolto il ruolo di attore in singoli frammenti del
film, ed ha quindi concluso dichiarando il non luogo a procedere nei confronti di
N. F. T. e P. per non aver commesso il fatto e nei confronti di
R. Z. D'E. e G. perché i fatti loro rispettivamente ascritti non
costituiscono reato.
2. La Procura militare ricorrente, con un primo motivo, deduce l'erronea
applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener
conto nell'applicazione della legge penale (art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc.
pen. e all'art. 57 cod. pen., con riferimento all'art. 40 cpv cod. pen, nonché la
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (art. 606 comma
1 lett. e) cod. poc. pen.), perché il Gup avrebbe dovuto solo affrontare i profili processuali
e non anche quelli di merito sul materiale probatorio, né esprimere un giudizio di
colpevolezza sugli imputati.
In merito alla dedotta violazione di legge, relativa all'art. 57 cod. proc. pen., il
Gup avrebbe erroneamente ritenuto che i quattro imputati spettatori non fossero
tenuti ad intervenire.
Sulla illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza il ricorrente
evidenzia che la condotta tenuta dagli imputati attori era immediatamente
percepibile fin dall'inizio, tanto che le attuali persone offese sarebbero state
definite nel filmato come menzognere, ipocrite, prive di principi e senza onore.
Secondo il ricorrente, andrebbe considerata anche la testimonianza del Brig.
Z., che aveva dichiarato che N.e P. dopo il filmato avrebbero
detto di far sparire il filmato; fatto che dimostrerebbe la consapevolezza dell'illecito
e della piena coscienza di N. P., F. e T. delle scene diffamatorie
appena viste.
3. Con un ulteriore motivo sulla parte della sentenza relativa alla posizione degli
imputati-attori, la Procura militare deduce la violazione di legge ex art. 606 comma
1, lett. b), cod. proc. pen., con riferimento all'art. 425, cod. proc. pen., circa
l'asserzione del giudice della difficoltà di percezione da parte loro della complessiva
natura diffamatoria del filmato.
4. L'avvocato Becheri Luigistelio deposita memoria difensiva nell'interesse del brig.
Z., deducendo l'inammissibilità del ricorso della Procura militare, laddove
asserisce che la sentenza si è occupata in modo generico della posizione del suo
assistito; al contrario, a pag. 9 e 10 della sentenza, il giudice affronterebbe la
posizione degli imputati attori, ben specificando la loro attività nella "preparazione
di un video pienamente lecito e non offensivo per nessuno, il cui significato
appariva ampiamente variabile a seconda del montaggio con parti precedenti e
successive, che gli imputati potevano benissimo non conoscere; tutte le prove
dichiarative raccolte indicano che altri soggetti lavoravano al filmato, chiamando
volta per volta il collega coinvolto nella scena da elaborare, senza coinvolgerlo
nella lavorazione generale".
Secondo il difensore, anche l'altro motivo del ricorso della Procura militare sarebbe
inammissibile, perché trattasi di questione sindacabile in sede di merito e non di
legittimità, mentre il Gup avrebbe ben specificato le ragioni fondanti l'assenza di
responsabilità del suo assistito, fondandosi sugli elementi acquisiti.
L'avvocato Fabio Anselmo nell'interesse degli imputati T. e P.
presenta articolata memoria, nella quale eccepisce l'inammissibilità e la manifesta
infondatezza del ricorso, perché sollecita una difforme valutazione di merito
estranea all'ambito valutativo rimesso alla Corte di legittimità.
Secondo il difensore, l'analisi del giudice dell'udienza preliminare non si può
fermare ad una valutazione squisitamente processuale, perché egli deve fare una
doppia valutazione su quanto già acquisito e sulla previsione dei possibili
arricchimenti nell'eventuale dibattimento, secondo la prospettazione delle parti.
Quello che non è consentito è un giudizio su fattispecie i cui contorni siano
suscettibili di difformi definizioni, mentre sarebbe possibile la valutazione delle
indagini già svolte, ove le stesse si presentino per loro natura, insuscettibili di
ulteriore sviluppo, sui punti essenziali, al fine di definire la fattispecie contestata.
Lo stesso avvocato rileva altresì che la critica della Procura militare, per non aver
motivato sul fatto che i quattro imputati del reato non fossero solo spettatori, ma
anche attori, collide con la stessa contestazione formulata nel capo di imputazione,
nel quale non è stato mai contestato a P. e T. il ruolo di attori, ma solo
quello di spettatori.
Sulla violazione di legge dell'art. 57 cod. proc. pen. le considerazioni del
ricorrente sarebbero inconferenti e per di più in contrasto con l'art. 311 cod. pen.
mil. pace, che attribuisce le funzioni di polizia giudiziaria al più elevato in grado
tra più militari presenti, sicché il più alto in grado alla festa di carnevale del
12/02/2011 era il cap. N.L. e non certo gli altri.
Infine, secondo detto difensore con l'ulteriore motivo di ricorso della Procura
militare, viene proposta un'inammissibile rilettura del video e dell'annotazione di
Polizia Giudiziaria all'uopo redatta dal Ten. C..
Il difensore eccepisce, infine, ai sensi dell'art. 129 comma 1 cod. proc. pen., la
tardività della condizione di procedibilità della richiesta del 13/11/2015 del
comandante di corpo di cui all'art. 260 cod. pen. mil. pace entro il termine di un
mese, perché la notizia del contenuto del filmato, in via gerarchica, era stata
acquisita il 24 settembre 2015 e, non essendoci il mezzo della pubblicità, stante
le modalità del fatto avvenute in una casa privata (che come tale non è aperta al
pubblico, ancorché siano presenti più invitati militari e civili), non sussisterebbe
l'aggravante di cui al secondo comma dell'art. 227 cod. pen. mil
. pace. Di conseguenza, per le condotte poste in essere, sussisterebbe una situazione di
improcedibilità, perché potrebbe configurarsi solo l'ipotesi dell'art. 227, primo
comma, cod. pen. mil. pace, per la quale non è intervenuta tempestivamente la
richiesta di procedimento penale da parte del comandante del Corpo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato, per i seguenti motivi.
1.
La mera compilazione di scenette umoristiche e satiriche raccolte in un film
artigianale inciso su supporto CD/DVD e proiettato in una casa privata, durante un
incontro conviviale tra le famiglie di colleghi militari non può costituire il reato di
diffamazione col mezzo della pubblicità di cui all'art. 227, secondo comma, cod.
pen. mil. pace, perché il CD/DVD non è un mezzo di pubblicità, ma solo un
supporto informatico che può eventualmente essere riprodotto: qualunque
documento informatico o cartaceo può essere copiato o duplicato, ma non
costituisce di per sé un mezzo di pubblicità.
La stessa circostanza asserita dal ricorrente, per la quale il cap. N. (il più
alto nel grado militare) ed il Luogotenente P. abbiano invitato tutti al
termine della serata a distruggere il supporto del film, va nella direzione di
escludere la destinazione del supporto alla sua ulteriore visione e duplicazione.
Che poi ciò non sia avvenuto e non si sa chi lo abbia conservato, duplicato o
inviato, è circostanza fattuale che nulla toglie alla natura del supporto ed alle
intenzioni manifestate in quel momento su detta destinazione.
Rileva, pertanto, in modo assorbente rispetto a tutte le questioni dedotte, la
causa di improcedibilità dimostrata dai documenti prodotti dalla difesa, perché la
richiesta di procedimento penale è stata avanzata dal Comandante di Corpo il
13/11/2015, mentre la notizia formale era stata acquisita dal Comandante
medesimo il 24/09/2015 oltre il termine del mese indicato dall'art. 260 cod. pen.
mil. pace.
2.
Quanto al contenuto del film, il giudice ha argomentato in modo persuasivo e
logico sull'insussistenza di una comprensibilità immediata del suo complessivo
significato.E, in questa sede, appare davvero inammissibile la rilettura delle
emergenze istruttorie svolte dal ricorrente sulla base dell'annotazione del Ten.
C. sui singoli passi del contenuto del filmato.
Se il senso denigratorio del film risulta solo ed esclusivamente al termine della
sua visione, rimane esclusa ogni forma di responsabilità penale sia degli imputati-
attori delle singole scene (i quali non hanno avuto la cognizione delle scene
antecedenti e successive realizzate dagli altri imputati) sia di coloro che hanno
visionato il filmato, durante l'incontro conviviale, ed avrebbero potuto intervenire
per interrompere la proiezione.
In relazione agli imputati che durante la riproduzione del film avrebbero omesso
di intervenire, pertanto, non assume rilievo giuridico l'eventuale errore di diritto
nel quale sarebbe incorso il giudice sulla qualifica di polizia giudiziaria rivestita.
Lo stesso Procuratore generale militare, all'odierna udienza, nel richiedere
l'accoglimento parziale del ricorso per gli imputati G. R. D'E. e
Z., ha sollecitato il rigetto del ricorso per gli altri imputati, sostenendo la
sussistenza di una incompatibilità logica tra il fatto commesso e la contestazione
a loro mossa.
3.
Quanto ai poteri del giudice dell'udienza preliminare oggetto del principale
motivo di ricorso del Procuratore militare, il Collegio osserva che all'esito
dell'udienza preliminare il giudice svolge una valutazione che necessariamente
tocca profili di merito del materiale investigativo acquisito, tanto che essa è idonea
a compromettere la successiva imparzialità; per tale motivo, lo stesso magistrato
non può svolgere le funzioni di giudice nell'eventuale dibattimento successivo,
come ha sempre affermato la stessa Corte costituzionale.
D'altronde, al G.u.p. è fatto obbligo di entrare nel merito dell'insufficienza o della
contraddittorietà degli elementi acquisiti, al fine di valutare se vi sia o meno la
possibilità di colmare le lacune o di sanare gli scenari contraddittori, con la
conseguenza che, in tale ultima ipotesi, egli non può emettere la sentenza di non
luogo a procedere.
4.
Alla stregua di quanto sin qui esposto, il ricorso del rappresentante della
pubblica accusa deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 24/01/2017.
17-07-2018 23:48
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