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Sentenza

Maresciallo capo dei carabinieri in servizio presso la sezione di p.g. di una Pr...
Maresciallo capo dei carabinieri in servizio presso la sezione di p.g. di una Procura della Repubblica si allontana indebitamente dall'ufficio presso cui prestava servizio dalle 8.15 alle 13.45 senza l'annotazione di alcuna variazione nel registro e in assenza di autorizzazione del magistrato, per un totale di due ore e quarantacinque minuti, con percezione del compenso non dovuto di 56,22 Euro.
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2020) 08-01-2021, n. 455


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano - Presidente -

Dott. SANDRINI Enrico G. - rel. Consigliere -

Dott. SARACENO Rosanna - Consigliere -

Dott. MAGI Raffaello - Consigliere -

Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P.A., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 12/06/2019 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI;

letta la requisitoria scritta del Procuratore Generale Dott. Flamini Luigi Maria, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni scritte del difensore avv. Marco Eller Vainicher, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 12.06.2019 la Corte militare d'appello ha confermato per quanto qui interessa - la sentenza pronunciata il 16.10.2018 con cui il GUP del Tribunale militare di Verona, all'esito di giudizio abbreviato, aveva assolto P.A., applicando la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p., dal reato di truffa militare, aggravata dal grado rivestito e dall'aver agito in danno dell'amministrazione militare, a lui ascritto con riguardo all'episodio del (OMISSIS) consistito, nella qualità di maresciallo capo dei carabinieri in servizio presso la sezione di p.g. della Procura della Repubblica di (OMISSIS), nell'essersi allontanato indebitamente dall'ufficio presso cui prestava servizio dalle 8.15 alle 13.45 - in orario compreso tra le (OMISSIS), senza l'annotazione di alcuna variazione nel registro e in assenza di autorizzazione del magistrato, per un totale di due ore e quarantacinque minuti, con percezione del compenso non dovuto di 56,22 Euro.

La Corte d'appello, in conformità a quanto accertato nel giudizio di primo grado, ricavava la prova della sussistenza del fatto dalle dichiarazioni della moglie dell'imputato, D.S., sul fatto di essersi recata quella mattina, insieme al coniuge, con la propria autovettura, presso gli uffici giudiziari di (OMISSIS), facendo rientro a (OMISSIS) verso le 12.00, dichiarazioni ritenute utilizzabili ed attendibili perchè prive di valenza autoaccusatoria (in ordine a un ipotetico concorso morale nella truffa consumata dal marito) in quanto la donna non era a conoscenza della natura indebita dell'assenza del coniuge dal servizio, e dovendo ritenersi sanata un'eventuale nullità circa le modalità di acquisizione delle dichiarazioni dalla richiesta di giudizio abbreviato; valorizzava, in ogni caso, l'autonoma efficacia dimostrativa delle risultanze obiettive tratte dagli orari dei referti redatti dal medico presso il quale l'imputato (alle 9.40) e la moglie (alle 9.28) si erano sottoposti a visita allergologica presso il distretto sanitario di (OMISSIS), dagli orari del transito in uscita (alle 10.10) e in entrata (alle 11.15) al casello autostradale di (OMISSIS) registrati dal telepass utilizzato dal P., dagli orari di aggancio della cella corrispondente al medesimo casello autostradale (alle 11.15) e alla (OMISSIS) (alle 12.04) da parte del telefono cellulare dell'imputato; infine, l'allegazione difensiva di aver dimenticato il telefonino a bordo dell'autovettura utilizzata dalla moglie era contraddetta dal fatto che alle 12.04 l'imputato aveva intrattenuto una conversazione sulla relativa utenza proprio con quella della D..

2. Ricorre per cassazione P.A., a mezzo del difensore, chiedendo l'assoluzione perchè il fatto non sussiste, anche per carenza della prova del fatto storico, e in subordine perchè il fatto non costituisce reato o per difetto di offensività.

Premessa una ricostruzione fattuale dell'episodio del (OMISSIS), il ricorrente deduce tre motivi di doglianza, coi quali lamenta:

- errata interpretazione dei fatti e contraddittorietà tra capo d'imputazione e sentenza, rilevando l'inutilità per l'imputato di recarsi in ufficio dovendo trovarsi alle 8.00 nel luogo in cui doveva svolgere l'attività di indagine a lui delegata a partire dalle 10.00, l'assenza nella condotta degli elementi oggettivi della truffa, l'impossibilità di trovarsi contemporaneamente in ufficio alle 12.00 e lungo il tragitto per arrivarvi provenendo da (OMISSIS) alle 12.05;

- omessa valutazione delle eccezioni difensive riguardanti la suddetta discrasia sul luogo di presenza dell'imputato e la natura contraddittoria delle dichiarazioni della D.;

- falsa applicazione di legge in ordine alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni della D., valorizzate come unica fonte di prova, nonostante le stesse fossero affette da nullità assoluta ex art. 178 c.p.p., lett. c) per assenza del difensore alla relativa assunzione, pur avendo la teste ammesso il proprio concorso morale nel reato, oltre che l'accesso abusivo al sistema informatico in uso al coniuge.

3. Non essendo stata formulata istanza di discussione orale del processo, il procuratore generale militare ha tempestivamente trasmesso ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 le proprie richieste scritte, con cui chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Il difensore dell'imputato ha fatto analogamente pervenire a mezzo pec le proprie conclusioni scritte, ribadendo le censure formulate nel ricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile in ogni sua deduzione.

2. Le censure del ricorrente si risolvono, nel loro complesso, in una riedizione delle medesime doglianze di fatto che avevano costituito oggetto dei motivi di appello avverso la sentenza di primo grado, che sono state riproposte in modo sostanzialmente pedissequo nei confronti della decisione di secondo grado senza alcun confronto critico con le risposte puntuali fornite dalla Corte territoriale: ciò trova definitivo e indiscutibile riscontro nello stesso tenore delle conclusioni, dichiaratamente di merito, formulate dal ricorrente, che - anzichè chiedere l'annullamento (con o senza rinvio) della sentenza d'appello sul capo impugnato, in conformità ai limiti del sindacato demandato alla Corte di legittimità - hanno chiesto l'assoluzione nel merito dell'imputato, perchè il fatto non sussiste o non costituisce reato, formulando addirittura una richiesta subordinata di assoluzione per difetto di offensività che ricalca esattamente la statuizione impugnata (rispetto alla quale il ricorrente versa, tra l'altro, in una situazione di palese carenza di interesse).

Nella misura in cui omettono di confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, le censure del ricorrente risultano pertanto generiche, e come tali inammissibili, alla stregua dell'orientamento consolidato di, questa Corte secondo cui la natura aspecifica delle doglianze, che discende dall'assenza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione gravata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, integra una causa tipica di inammissibilità del ricorso per cassazione (Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584; Sez. 2 n. 36406 del 27/06/2012, Rv. 253893).

3. Le doglianze dedotte nei primi due motivi di ricorso, inoltre, si limitano a sollecitare una diversa interpretazione delle risultanze di prova circa la condotta e gli spostamenti dell'imputato nella mattinata del (OMISSIS), prospettandone una ricostruzione alternativa (secondo cui il P. non si sarebbe recato a (OMISSIS), ma sarebbe rimasto sempre a (OMISSIS) in attesa di svolgere l'attività d'indagine che gli era stata delegata) basata su argomentazioni di fatto che, più che criticare la congruità e la tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata, si pongono in diretto confronto con le emergenze istruttorie, secondo lo schema tipico di un gravame di merito che esula dalle funzioni dello scrutinio di legittimità (Sez. 6 n. 13442 dell'8/03/2016, Rv. 266924; Sez. 6 n. 43963 del 30/09/2013, Rv. 258153).

La diversa lettura, propugnata dal ricorrente, del significato probatorio delle dichiarazioni della moglie dell'imputato e delle risultanze documentali dei tabulati telefonici dell'utenza cellulare in uso al P., integra una censura di merito che non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità: alla Corte di cassazione, infatti, è precluso procedere alla rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche se prospettati come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. Un. 47289 del 24/09/2003, Rv. 226074, Petrella; Sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482; Sez. 3 n. 18521 dell'11/01/2018, Rv. 273217).

4. Quanto alla doglianza relativa alla inutilizzabilità delle dichiarazioni di D.S., coniuge dell'imputato, dedotta nel terzo motivo di ricorso, essa è priva di rilevanza decisiva e comunque manifestamente infondata.

In tema di ricorso per cassazione, invero, è onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilità di atti processuali indicare, a pena di inammissibilità del motivo per genericità, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì l'incidenza sul complessivo compendio probatorio già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. 6 n. 1219 del 12/11/2019, dep. 14/01/2020, Rv. 278123; Sez. 6 n. 49970 del 19/10/2012, Rv. 254108; Sez. Un. 23868 del 23/04/2009, Rv. 243416).

E' di conseguenza inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle diverse rationes decidendi poste a fondamento della decisione, ove queste siano autonome e autosufficienti (Sez. 3 n. 2754 del 6/12/2017, dep. 23/01/2018, Rv. 272448).

Nel caso di specie, il motivo di ricorso omette sostanzialmente di confrontarsi con l'impianto argomentativo della sentenza impugnata secondo cui la sussistenza dei fatti ascritti all'imputato il (OMISSIS) trova autonomo riscontro probatorio nei dati oggettivi, ritenuti incontrovertibili, tratti dagli orari dei referti medici relativi alle visite allergologiche alle quali l'imputato e la D. si erano sottoposti (rispettivamente alle 9.40 e alle 9.28) presso il distretto sanitario di (OMISSIS), dagli orari del transito in uscita (alle 10.10) e in entrata (alle 11.15) al casello autostradale di (OMISSIS) registrati dal telepass utilizzato dal P., dagli orari di aggancio della cella corrispondente al medesimo casello autostradale (alle 11.15) e alla (OMISSIS) (alle 12.04) da parte del telefono cellulare dell'imputato; nonchè con l'ulteriore affermazione per cui la tesi difensiva di una dimenticanza involontaria del telefonino del P. a bordo dell'autovettura guidata dalla moglie (che l'avrebbe portato inconsapevolmente con sè a (OMISSIS)) è contraddetta per tabulas dall'esistenza di una conversazione telefonica della durata di 24 secondi intercorsa alle 12.04 tra l'utenza dell'imputato e quella intestata alla D., univocamente significativa della circostanza che il telefonino del primo non poteva essere nella disponibilità (inconsapevole) della seconda.

La motivazione con cui la Corte territoriale ha ritenuto i suddetti dati documentali idonei a dimostrare ex se - a prescindere da quanto dichiarato dalla D. - che l'imputato non si trovava nel suo ufficio presso la sezione di p.g. della Procura della Repubblica di (OMISSIS) nell'orario compreso tra le (OMISSIS) (del (OMISSIS)), essendosi invece recato insieme alla moglie prima al distretto sanitario di (OMISSIS) e poi a (OMISSIS), facendo rientro (riscontrato) a (OMISSIS) solo a partire dalle 12.04, risulta logica, coerente e incensurabile, privando di qualunque consistenza la deduzione difensiva secondo cui la sussistenza della truffa militare addebitata all'imputato sarebbe stata motivata esclusivamente sulle dichiarazioni accusatorie (in tesi inutilizzabili) della D..

La sentenza d'appello, peraltro, ha dato atto che le dichiarazioni rese dalla D. erano state precedute dagli avvisi prescritti dalla legge (in particolare quelli di cui all'art. 199 c.p.p., in quanto prossimo congiunto dell'imputato) e le ha ritenute prive di valenza contra se, anche perchè la teste non era a conoscenza della natura indebita dell'allontanamento del coniuge dall'ufficio per accompagnarla prima dal medico e poi a (OMISSIS); e ha quindi correttamente giudicato utilizzabili i relativi contenuti a carico del P., per effetto della scelta del rito abbreviato da questi operata.

Costituisce comunque orientamento consolidato di questa Corte che la sanzione di inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall'inizio essere sentito in qualità di persona sottoposta alle indagini, postula che a carico dell'interessato siano già acquisiti, prima della sua escussione, indizi inequivoci di reità, come tali conosciuti dall'autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti o intuizioni personali dell'interrogante (Sez. Un. 23868 del 23/04/2009, Rv. 243417); il regime di inutilizzabilità assoluta ex art. 63 c.p.p., comma 2 richiede l'originaria esistenza, a carico dell'escusso, di precisi indizi di reità, che non possono automaticamente inferirsi dal solo fatto che il dichiarante risulti essere stato, in qualche modo, coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti di carattere penale a suo carico, occorrendo invece che tali vicende, così come percepite dall'autorità inquirente, presentino connotazioni tali da indurre a ravvisare concretamente la sussistenza di elementi di spessore indiziante sufficiente ad attribuire al soggetto la qualità di indagato.

La riconoscibile sussistenza di simili indizi di (cor)reità a carico della D. al momento delle sue dichiarazioni - radicalmente inipotizzabile, del resto, con riguardo ai contenuti dell'esposto-querela (di cui dà atto la sentenza di primo grado alla pagina 16) trovanti origine in un'autonoma iniziativa della donna, e non certo nelle domande degli inquirenti - è stata congruamente esclusa dalla sentenza impugnata; nè il ricorrente ha documentato, a supporto dell'autosufficienza del motivo di gravame, l'esistenza all'epoca di un asserito procedimento penale a carico della donna.

5. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle Ammende della sanzione pecuniaria che si stima equo quantificare in 3.000 Euro.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021
Avv. Antonino Sugamele

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