In tema di rissa, il reato è integrato quando si verifichi una violenta contesa, con vie di fatto e con il proposito di ledersi reciprocamente, tra tre o più persone, contesa che, anche per la possibilità che altre persone intervengano a prendere le parti dei contendenti, costituisce di per sé un pericolo per l'incolumità pubblica.
La sentenza in commento offre lo spunto per ricordare gli elementi qualificanti il delitto di cui all'art. 588 c.p..
Come sappiamo, il codice non fornisce una definizione della nozione di "rissa" idonea a delineare i confini della fattispecie e, per tale ragione, occorre prendere a misura il significato che il termine assume nell'uso comune e rispetto al quale con tale concetto viene convenzionalmente identificata una contesa violenta tra due centri contrapposti di soggetti animati dalla volontà vicendevole di aggredire l'altrui incolumità individuale.
La norma incriminatrice non determina, neppure, il numero minimo di persone necessario perché possa ritenersi consumata una rissa ed al riguardo occorre, pertanto, fare rimando alle indicazioni che provengono dalla Corte di Cassazione secondo cui per la configurazione del reato in esame è necessario che nella contesa violenta esistano più fronti di attacco, con volontà vicendevole di attentare all'altrui personale incolumità, potendo tale contesto realizzarsi anche quando qualcuna delle "parti" protagoniste sia rappresentata da un solo soggetto, ma con l'unico limite che il numero dei corrissanti non risulti inferiore a tre (Sez. V, 09/05/2019, n. 19962; Sez. 5, 17/03/2014, n. 12508)
Tale orientamento si fonda sulla condivisibile considerazione per cui non è necessaria all'essenza della rissa la contrapposizione tra due gruppi definiti, ognuno dei quali inevitabilmente composto da almeno due persone, giacché il fatto tipico rimane integrato e il pericolo di lesione dell'interesse tutelato viene determinato, ad esempio, anche nell'ipotesi in cui tre persone confliggano in maniera violenta contrapponendosi ognuna alle altre.
Inoltre, per quanto alla nozione di rissa sia connaturata l'idea dell'unità di tempo e di luogo tra le condotte dei partecipanti, tuttavia, i gruppi contrapposti possono frantumarsi in sottogruppi, protraendo la condotta illecita in luoghi diversi, purché gli episodi di violenza siano concatenati tra loro; così come ricorrono gli estremi del reato anche quando i vari soggetti non siano stati coinvolti tutti contemporaneamente nella colluttazione e l'azione si sia sviluppata in diverse fasi e si sia frazionata in distinti episodi, tra i quali non vi sia stata alcuna apprezzabile soluzione di continuità, essendosi tutti seguiti in rapida successione, in modo da saldarsi in una unica sequenza di eventi (Sez. V, Sent., 23/02/2011, n. 7013).
Aggiungiamo che costituisce altrettanto principio ormai consolidato nella giurisprudenza, quello per il quale non integra il delitto di rissa la condotta di un gruppo di persone che assale altre persone e queste ultime si difendono; e tanto, in quanto si rende, infatti, necessario che, nella violenta contesa, si possa distinguere l'azione di almeno due gruppi confliggenti, con volontà vicendevole di attentare all'altrui incolumità personale giacché l'aggressione deve essere pur sempre reciproca (Sez. VI, 15/04/2020, n. 12200; Sez. V, 30/01/2019, n. 19962; Sez. VI, n. 24630 del 15/05/2012, Fiorillo).
Con la precisazione che, quando tutti i contendenti siano animati da un intento offensivo, è irrilevante accertare chi per primo sia passato alle vie di fatto (Sez. I, 07/05/2015, n. 18788).
Sotto quest'ultimo profilo, si pone, poi, la questione circa la compatibilità della scriminante della legittima difesa e il reato di rissa.
A tale riguardo, occorre distinguere il caso in cui uno o più soggetti, aggredendo altri, ne provochino la reazione difensiva, da quello in cui, nel corso di una rissa, affiori un momento di illiceità ulteriore da parte di uno o più dei corrissanti, che costituisce la ragione della reazione difensiva degli antagonisti.
Mentre nella prima ipotesi non v'è ragione alcuna di escludere la legittima difesa, poiché l'art. 52 c.p. vale in via generale, indipendentemente dal numero degli aggressori e degli aggrediti; nella seconda ipotesi la legittima difesa potrebbe apparire in contrasto con l'intento aggressivo e l'accettazione della situazione di pericolo che caratterizzano l'atteggiamento di chiunque partecipi a una rissa.
Senonché, mentre la volontaria causazione del pericolo non esclude la legittima difesa, la reazione assolutamente imprevedibile e sproporzionata di taluno, il quale, per esempio, estragga un'arma da fuoco minacciando il corrissante, giustifica la reazione difensiva, presentandosi come fatto autonomamente ingiusto.
Pertanto, all'affermazione generale secondo cui è inapplicabile al reato in questione la causa di giustificazione della legittima difesa, considerato che i corrissanti sono ordinariamente animati dall'intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si pongono, con la conseguenza che la loro difesa non può dirsi necessitata (Sez. 5, 16/11/2006, n. 7635), si ammette che la scriminante possa eccezionalmente essere riconosciuta quando, sussistendo tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata una reazione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia un'offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta (Sez. V, 14/05/2020, n. 15090; Sez. 5, 19/2/2015, n. 32381).
Peraltro, quando più persone aggrediscono un'altra, la quale reagisce difendendosi, non ricorrono gli elementi propriamente costitutivi del delitto di rissa, né nei confronti dell'aggredito, né nei confronti degli aggressori; infatti, poiché la legittima difesa esclude l'antigiuridicità del fatto, non rissa l'aggredito, in quanto egli agisce per difendere sé stesso dal pericolo attuale di una offesa ingiusta, non già allo scopo di attentare, con atti di violenza, all'altrui incolumità, né rissano, però, anche gli aggressori, non avendo costoro di fronte un corrissante, bensì un soggetto che si difende dalla loro violenza.
In siffatta ipotesi, dunque, mentre chi ha reagito versando in stato di legittima difesa non è punibile a sensi dell'art. 52 c.p., gli aggressori rispondono delle conseguenze penali degli atti di violenza posti in essere (Sez. V, 09/06/2022, n. 22587).
Anche la disposizione di cui all' 62, n. 2 c.p., di regola, viene ritenuta inapplicabile, poiché tra i corrissanti v'è reciprocità di atteggiamento provocatorio; nondimeno, l'attenuante può trovare eccezionalmente ingresso quando uno dei partecipanti alla rissa abbia ecceduto i limiti accettati e
prevedibili, realizzando in tal modo, con la propria reazione eccessiva, un nuovo e autonomo fatto ingiusto ovvero quando la contesa sia stata preceduta e determinata da una pretesa tracotante, eticamente e giuridicamente illecita, o da una gravissima offesa, proveniente esclusivamente dall'altro gruppo (Sez. V, 19/2/2013, n. 8020).
Infine, come ha correttamente rilevato la sentenza, quanto alla componente soggettiva, i partecipanti alla rissa debbono essere animati dalla reciproca volontà di sopraffazione, recando offesa agli avversari; di tal che, mancando detto elemento caratterizzante - come avviene nel caso in cui uno dei gruppi antagonisti si limita soltanto ad una difesa passiva - il delitto non sussiste né a carico degli aggrediti né a carico degli aggressori, i quali rispondono soltanto delle eventuali conseguenze della loro azione violenta in danno di coloro che si sono limitati ad difendersi (Sez. V, 16/4/2015, n. 48007).
Tribunale di Udine, Penale, Sentenza del 20-05-2024, n. 682
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di UDINE
SEZIONE PENALE - DIBATTIMENTO
Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona della
Dott.ssa Camilla Del Torre Giudice Monocratico,
alla pubblica udienza del 30/04/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei confronti di:
Gr.Da.
nato il (...) a T. (T.)
residente in via Ma. n.90 - U. (U.)
domicilio eletto presso il difensore
- libero, assente -
Difeso dall' avvocato di fiducia Vi.Gi. del foro di Udine
Ma.Si.
nato il (...) a Gr. (G.)
residente in piazza O. n.4 - Ro. del Ro. (U.)
domicilio eletto presso il difensore
- libero, assente -
Difeso dall'avvocato di fiducia Ta.An. del foro di Udine
IMPUTATI
(Ce.Pa. e Am.Ma. - posizione stralciata all'udienza del 30.04.2024 nel rg dib 266/2024)
1) Del reato p. e p. dall'art. 588 comma 1, 2 c.p., per avere, Gr.Da., Ma.Si., Ce.Pa. e Am.Ma., partecipato ad una rissa nella quale Gr.Da., Ce.Pa. e Am.Ma. riportavano lesioni personali.
In particolare:
- Gr.Da. riportava traumi contusivi multipli giudicati guaribili in gg. 7
- Ce.Pa. riportava spalla destra tumefatta e parestesie mano destra al fianco giudicati guaribili in gg. 7;
- Am.Ma. riportava ecchimosi sottorbitaria destra e avulsione parziale incisivo laterale superiore giudicati guaribili in gg. 7.
Udine. 10.08.2022
Gr.Da.
3) Del reato p. e p. dagli artt. 582 c.p., per avere, in concorso tra loro, cagionato a Ce.Pa. lesioni personali (spalla destra tumefatta e parestesie mano destra) giudicate guaribili in gg. 7.
In particolare Gr.Da., nel corso della colluttazione, dopo avere cercato di colpire Ce. con due pugni, che quest'ultimo schivava, storceva il braccio destro di Ce.Pa. provocandogli le lesioni sopra citate.
Udine. 10.08.2022
Gr.Da., Ma.Si.
4) Del reato p. e p. dagli artt. 110,582 c.p., per avere, in concorso tra loro, cagionato a Am.Ma. lesioni personali (ecchimosi sottorbitaria destra e avulsione parziale incisivo laterale superiore) giudicate guaribili in gg. 7.
In particolare Gr.Da. colpiva con un pugno al volto Am.Ma. mentre successivamente Ma.Si. colpiva Am. con uno spintone che lo faceva cadere a terra.
Udine. 10.08.2022
Con la recidiva art. 99 c. 4 seconda ipotesi c.p. (recidiva reiterata specifica) per Ma.Si.
Con la recidiva art. 99 c. 4 prima ipotesi c.p. (recidiva reiterata) per Gr.Da.
Con l'intervento del P.M. dott.ssa Ma.Ga. (delegata)
della parte civile Ce.Pa. e Am.Ma. assistite e difese dall'avvocato Be.Ca.
dei difensori degli imputati avvocati Vi.Gi. e Ta.An.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto di citazione a giudizio emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Udine, gli odierni imputati venivano citati a giudizio davanti a questo Tribunale per rispondere dei reati a loro ascritti in rubrica.
All'esito dell'udienza predibattimentale di data 29/1/24 il processo veniva rinviato per la prosecuzione ex art. 554 ter comma 3 c.p.p. davanti a questo giudice.
Il 27/2/24 veniva aperto il dibattimento e ammesse le prove richieste dalle parti.
Il 12/3/24 si dava corso all'esame di Be.Gr., Am.Ma., Ce.Pa. e M.D. previa acquisizione del verbale di s.i.t. di quest'ultima. Con il consenso delle parti venivano acquisite le s.i.t. di Si.Sa. e di Ni.Pe. con rinuncia delle parti all'esame di tali testi. Il 9/4/24 si dava corso all'esame di Mo.Ro.. Indi, dichiarato chiuso il dibattimento, il Pm e il difensore delle parti civili concludevano come da verbale.
All'odierna udienza i difensori degli imputati concludevano come da verbale ed il Tribunale pronunciava sentenza come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Dovrà essere pronunciata sentenza di condanna degli odierni imputati in ordine ai reati a loro ascritti.
Am.Ma. ha dichiarato che la sera del 10 agosto 2022 si trovava assieme alla compagna Mo.Ro., ai due figli minori della coppia e a Ce.Pa., figlio di Ro., all'esterno del locale Ma. di Viale (...) a Udine, dove all'epoca lavorava la fidanzata di Ce. (Si.Sa.). Mentre stavano attendendo all'esterno del locale, un uomo (che in seguito aveva saputo essere Be.Gr.), il quale era seduto nei tavolini all'esterno del bar in compagnia di un altro uomo e di una donna, aveva consegnato un oggetto a Ma.Am., uno dei due minori. Il teste ha spiegato che la compagna Ro. si era subito arrabbiata con l'uomo, il quale si era scusato ma aveva continuato a tenere un atteggiamento canzonatorio nei loro confronti. Poco dopo i tre si erano alzati e, mentre si stavano allontanando, Be.Gr. aveva fatto un sorrisino beffardo, dicendo "ciao". A quel punto Ce. aveva risposto "ciao il cazzo". Be.Gr. si era allora avvicinato a Ce. chiedendogli di ripetere quello che aveva detto e Ce. gli aveva risposto di non avvicinarsi più al fratello piccolo. L'uomo aveva cercato di colpire con due pugni Ce., il quale era riuscito a schivarli; Be.Gr. aveva allora cercato di aggredire Ro. e aveva colpito con un pugno sotto l'occhio destro Am., che nel frattempo si era avvicinato per dividerli. A quel punto anche Ma., che lino a quel momento aveva cercato di calmare gli animi, aveva colpito con un pugno Am., facendolo cadere a terra sbattendo la testa. Il teste ha riferito che all'esito dei fatti descritti aveva riportato le lesioni di cui al certificato medico agli atti.
Il teste ha spiegato che solo in seguito era venuto a conoscenza dei nomi degli imputati in quanto erano soggetti conosciuti a Si.Sa..
Ce.Pa. ha riferito che la sera del 10 agosto, mentre era all'esterno del bar Ma. dove stava lavorando la sua fidanzata Si.Sa., aveva visto che un uomo (che poi aveva saputo essere Be.Gr.) che era seduto nei tavolini all'esterno del bar in compagnia di un altro uomo e di una donna aveva consegnato un pezzo di fumo al fratellino di soli otto anni. Quando il trio poco dopo si stava allontanando e Be.Gr. aveva rivolto un saluto alle persone offese. Ce. aveva risposto dicendogli "ciao il cazzo, non ti avvicinare più a mio fratello"; dopo che Ce. aveva ripetuto la frase una seconda volta. Be.Gr. gli si era avvicinato e aveva cercato di colpirlo con un pugno; Am. si era subito avvicinato ai due e aveva spinto via Be.Gr., facendolo cadere a terra. Be.Gr. si era rialzato e aveva colpito con un pugno A.; a quel punto Ma., che fin lì aveva cercato di dividere le parti, aveva dapprima rincorso Ce., il quale aveva cercato di scappare, e poi aveva preso parte all'aggressione ai danni di Ce. e A.. Il teste ha spiegato che nel corso della lite aveva riportato tumefazioni alla spalla destra, quando Be.Gr. gli aveva storto il braccio.
M.D., convivente di S.M., nel verbale di s.i.t. acquisito con il consenso delle parti ha spiegato che la sera del 10 agosto 2022 era in compagnia del fidanzato e di Be.Gr.. Mentre i tre stavano giocando al tavolo con un accendino, Be.Gr. per gioco aveva consegnato un pezzo di esso ad un bambino che stava andando su e giù davanti a loro. Poco dopo Be.Gr. si era ripreso l'accendino. Quando i tre se ne stavano andando dal locale, Be.Gr. si era scusato con i genitori del bambino per il fatto dell'accendino e Ce. gli aveva risposto "scusa un cazzo"-. i due si erano subito affrontati faccia a faccia e poi Ce. aveva colpito Be.Gr. il quale aveva a sua volta reagito. D. si era subito allontanata a e da lontano aveva visto sia Am. sia Ce. aggredire Be.Gr.; Ma. era intervenuto ed aveva allontanato Ce., rincorrendolo.
D., sentita in dibattimento, ha spiegato che la diatriba era nata in quanto Be.Gr., per scherzo, aveva consegnato una parte di accendino ad un bambino, venendo subito rimproverato dalla madre. Quando D., Be.Gr. e Ma. se ne stavano andando dal locale, si erano nuovamente scusati per la questione dell'accendino e lì era nata la discussione. La teste ha riferito che Be.Gr., Ma., Am. e Ce. avevano "iniziato a darsi tutti addosso". La teste ha spiegato che tutto era iniziato tra Be.Gr. e Ce. e inizialmente Am. e Gr. sembravano voler dividere gli altri due che si stavano azzuffando, ma poi erano rimasti tutti coinvolti nel parapiglia.
L'ag. Scelto Be.Gr. ha dichiarato di avere effettuato un intervento il giorno 10 agosto 2022 alle ore 22.30 circa presso il bar Ma. sito in Viale (...) a Udine in quanto era giunta alla Centrale Operativa la segnalazione di una rissa. Sul posto erano stati identificati Am.Ma., la sua compagna Mo.Ro., il figlio di quest'ultima Ce.Pa., nonché i due figli gemelli di Am. e Ro., P. e M.T.. Dal momento che Ce. e Am. lamentavano dei dolori era stato richiesto l'intervento del 118.
Ni.Pe., nel verbale di s.i.t. acquisito con il consenso delle parti, ha riferito che la sera del 10 agosto 2022 era al lavoro presso il bar Ma. di Viale (...) a Udine assieme alla collega S.. Ha dichiarato che dopo le ore 22 aveva sentito dall'esterno del locale delle urla e la collega, dopo essere uscita a vedere, le aveva chiesto di chiamare la Polizia. P. ha riferito che dopo aver fatto la telefonata si era affacciata e aveva visto "quattro uomini che si stavano picchiando, con calci e pugni tra loro"; gli uomini erano il fidanzato di S. ed il padre, un cliente di nome D. e l'altro di nome S..
Si.Sa., nel verbale di s.i.t. acquisito con il consenso delle parti, ha confermato che all'esterno del bar Ma. la sera del 10 agosto 2022, mentre lei stava lavorando, era nata una discussione tra Be.Gr. e Am., ragione per cui Ro. aveva chiesto a S. di accompagnare i due bambini piccoli, presenti ai fatti, all'interno del locale. S., appena uscita nuovamente, aveva visto Ma. imprecare verso R.; S. allora aveva provato a parlare con lui. Poco dopo Ma. aveva preso ad inseguire Ce. mentre Be.Gr. aveva spintonato Am., facendolo cadere a terra. Am. aveva a sua volta reagito spintonando Be.Gr.. Si erano riavvicinati Ce. e Ma. e la lite era terminata.
Mo.Ro. ha spiegato che la sera del 10 agosto 2022 si trovava assieme ai suoi familiari all'esterno del bar Ma. in attesa che S., la ex compagna di suo figlio Ce., terminasse il turno di lavoro. La teste ha spiegato che mentre erano all'esterno del bar un avventore del locale, seduto nei tavolini esterni in compagnia di altre persone, aveva consegnato a suo figlio di otto anni un oggetto che appariva un pezzo di fumo. Ro. si era avvicinata all'uomo e gli aveva detto di non dare più cose del genere a suo figlio. Quando l'uomo si stava allontanando dal locale, li aveva salutati con fare canzonatorio; Ce. allora aveva risposto dicendo "ciao un cazzo". A quel punto l'uomo si era avvicinato con fare aggressivo alla Ro. e allora Ce. e Am. l'avevano spinto via, facendolo cadere a terra. L'uomo, rialzatosi, aveva colpito con un pugno in faccia Am., il quale era precipitato a terra ed aveva sbattuto la testa. Ro. ha poi descritto gli attimi concitati che erano seguiti, nei quali lei aveva cercato di mettere in sicurezza i due figli più piccoli, aveva urlato chiedendo aiuto e aveva cercato di verificare le condizioni del compagno.
Così ricostruito il quadro probatorio di riferimento, ritiene il Tribunale che esso restituisca in modo certo la prova della penale responsabilità degli odierni imputati in ordine ai reati a loro ascritti.
Va preliminarmente detto che tutti i testi sentiti in dibattimento sono parsi sinceri e genuini, in particolar modo le persone offese le quali, anche se costituitesi parti civili nel presente procedimento, hanno ricostruito i fatti in modo oggettivo e lineare (chiaramente considerando la difficoltà di poter ricostruire nel dettaglio i singoli istanti), senza enfatizzazioni e senza dar mostra di ragioni di particolare astio nei confronti degli imputati. Non sonò emersi in alcun modo intenti calunniatori, anche considerando che le stesse persone offese hanno dato atto anche di circostanze a sé sfavorevoli.
Peraltro, le loro deposizioni hanno trovato riscontro nella ricostruzione dei fatti operata dagli altri testi (salvo comprensibili ed inevitabili piccole discrepanze), dalle risultanze ricavabili dai certificati medici agli atti e da quanto riscontrato dall'ag. Sorelli intervenuto sui luoghi degli accadimenti.
Innanzitutto va osservato che nessun dubbio vi è sulla identificazione degli odierni imputati quali autori dei fatti in contestazione. La loro identificazione è certa non solo alla luce del fatto che era stata Si.Sa. a fornire le loro generalità conoscendoli in quanto avventori abituali del bar presso il quale la stessa lavorava, ma anche in considerazione del fatto che anche la teste M.D., convivente di Ma., ha spiegato esattamente le condotte tenute dal suo compagno e da Be.Gr., con i quali la stessa si trovava la sera dei fatti in questione.
Ciò detto, dunque, sul fatto che sia Be.Gr. sia Ma. hanno partecipato alla rissa nessun dubbio può nutrirsi, essendo stati visti mentre lo facevano dai testi oculari, in particolare dalla teste D. che ha espressamente dichiarato di avere visto tutti "darsi addosso" e P. che aveva visto quattro uomini che si stavano picchiando; peraltro, i testi di p.g. intervenuti dopo la chiamata della P. avevano potuto constatare che le persone offese lamentavano dolori dopo la zuffa.
Che poi si era trattato di una rissa in senso proprio anche è indubitabile, sempre le persone offese e i testi oculari avendo ben delineato due centri di aggressione con volontà vicendevole di attentare all'altrui incolumità personale: come emerso dall'istruttoria, infatti, da un lato vi erano Am. e Ce. e d'altro lato gli odierni imputati. Quello che è emerso dall'istruttoria è che in un primo momento vi era stato un confronto verbale tra Be.Gr. e Ce., passato in breve tempo alle mani: Am. e Ce. avevano spinto Be.Gr., il quale aveva reagito colpendo A.; ne era seguito un parapiglia, nel corso del quale per un attimo Ce. e Ma. si erano allontanati rincorrendosi, salvo poi fare ritorno vicino ai compagni dove si era poi conclusa la zuffa.
È dunque comprovato il reato in contestazione, la cui condotta tipica consiste nel compimento di atti di violenza fisica diretti principalmente a offendere (e, secondariamente o eventualmente, anche a difendersi contro) altri soggetti, i quali, contestualmente, pongano in essere un analogo contegno nei confronti dei primi. L'elemento qualificante, in altri termini, risiede proprio in quella reciproca aggressione, con pari intento offensivo, chiaramente descritta nelle espressioni della teste D., e che vale a integrare tanto la componente obiettiva quanto quella psicologica della fattispecie (cfr. Cass. sez. V, 25 febbraio 1988, Ce., secondo cui, in tema di rissa, il reato è integrato quando si verifichi una violenta contesa, con vie di fatto e con il proposito di ledersi reciprocamente, tra tre o più persone, contesa che, anche per la possibilità che altre persone intervengano a prendere le parti dei contendenti, costituisce di per sé un pericolo per l'incolumità pubblica. Pertanto, non è richiesto ne' il verificarsi di un turbamento per l'incolumità pubblica, posto che non necessita, per la punibilità del detto reato, che la colluttazione avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico, potendo essa accadere anche in una privata dimora, ne' che qualcuno dei partecipanti incorra in pericolo di vita, essendo sufficiente la prova di un semplice pericolo per la incolumità personale).
La limpidezza delle condotte poste in essere (mediante pugni e calci) illumina l'elemento soggettivo del reato, che risulta aggravato, atteso che dalla rissa sono derivate direttamente le lesioni personali di cui ai capi 3) e 4).
Ed, infatti, come riferito dalle persone offese e come risulta dai certificati medici agli atti, Am. aveva riportato "ecchimosi sottorbitaria destra" e "avulsione parziale incisivo laterale superiore destro" con prognosi di giorni sette, mentre Ce. aveva riportato tumefazioni alla spalla destra e parestesie alla mano destra, con prognosi di giorni sette.
Venendo alla pena cui condannare gli imputati, va innanzitutto osservato che possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche in favore di S.M., dal momento che dall'istruttoria è emerso che lo stesso, in un primo momento, aveva cercato di calmare gli animi e separare le parti, salvo poi avere anche lui preso parte alla zuffa. Non possono essere, invece, concesse le generiche in favore di D.Be.Gr., non essendoci nei suoi confronti alcun elemento da poter valorizzare ex art. 62 bis c.p.
Può essere esclusa per entrambi gli imputati la recidiva contestata, considerando che i precedenti penali sono risalenti (l'ultimo precedente per Be.Gr. risale al 2014 e per Ma. al 2015, laddove i fatti qui in contestazione sono del 2022) e, dunque, l'episodio qui in esame non pare denotare una maggiore pericolosità sociale di Be.Gr. e M..
Alla luce dei criteri guida di cui all'art. 133 c.p., quindi, uniti per ciascuno degli imputati i fatti nel vincolo della continuazione, ritenendoli espressione di un medesimo disegno criminoso, si stima equo condannare D.Be.Gr. alla pena di mesi dieci di reclusione (considerato più grave il reato di cui al capo 1) alla luce della cornice edittale di cui all'art. 588 comma 2 c.p., pena base mesi nove e giorni dieci di reclusione, non determinata nel minimo edittale in considerazione della concreta gravità dei fatti, scaturiti per motivi futili e su iniziativa dell'imputato, aumentata di giorni dieci per ciascuno dei due ulteriori capi 3) e 4) alla pena di mesi dieci di reclusione) e Ma.Si. alla pena di mesi otto di reclusione (considerato più grave il reato di cui al capo 4) alla luce della concessione delle attenuanti e della natura di aggravante di cui all'art. 588 comma 2 c.p., pena base mesi nove di reclusione, così determinata alla luce dei precedenti penali dell'imputato, anche specifici, ridotta per le generiche alla pena di mesi sette e giorni quindici di reclusione, aumentata per la continuazione con il capo 1 ) alla pena di mesi otto di reclusione).
Segue ex art. 535 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali.
Esaminati i casellari degli imputati, non sono a loro concedibili i benefici di legge, anche nell'impossibilità di compiere un giudizio prognostico favorevole nei loro confronti.
Gli imputati dovranno essere condannati in solido tra loro al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili costituite, che vengono liquidati equitativamente in Euro 500,00 per ciascuna delle due parti in considerazione dell'entità delle conseguenze riportate ed in assenza di comprova di danni patrimoniali ulteriori. Gli imputati devono essere, altresì, condannati al pagamento delle spese processuali in favore delle predette parti civili, che appare congruo liquidare in complessivi Euro 2.336,10 (Euro 1.797,00, aumentato ex art. 12 comma 2 D.M. n. 55 del 2014), oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge.
La motivazione è riservata ex art. 544 comma 3 c.p.p. nel termine di giorni 30, avuto riguardo alla natura delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale di Udine in composizione monocratica, visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,
DICHIARA
Gr.Da. e Ma.Si. responsabili dei reati a loro ascritti e, concesse le attenuanti generiche a Ma.Si., esclusa per entrambi la recidiva e uniti i fatti nel vincolo della continuazione,
CONDANNA
Gr.Da. alla pena di mesi dieci di reclusione e Ma.Si. alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;
visti gli artt. 538 e ss. c.p.p.,
CONDANNA
gli imputati in solido tra loro al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, che liquida equitativamente in Euro 500.00 in favore di ciascuna delle due persone offese, nonché al rimborso delle spese processuali dalle stesse sostenute, che liquida in complessivi Euro 2.336,10, oltre ad I.V.A., C.P.A. e rimborso spese forfettarie, come per legge;
motivazione riservata ex art. 544 co. 3 c.p.p. in giorni 30.
Così deciso in Udine il 30 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2024.
21-01-2025 19:36
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