Esercito. Reclutamento. Lavoratrici madri. Non puo' derivare per la lavoratrice madre alcuna conseguenza sfavorevole dal fatto di trovarsi nello stato di gravidanza nel caso di svolgimento di una procedura concorsuale per l’accesso ad un impiego pubblico.
T.A.R.
Lazio - Roma
Sezione I bis
Sentenza 25 ottobre 2011, n. 8213
N. 08213/2011 REG.PROV.COLL.
N. 11788/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11788 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Valentina F., rappresentata e difesa dagli avv. Giorgio Carta e Giovanni Carta, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Bruno Buozzi, 87;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del verbale degli accertamenti psico-fisici del 9.11.2010 con il quale la Direzione Generale per il Personale Militare ha dichiarato la ricorrente non idonea e l'ha esclusa dal concorso per l'immissione di 3392 unità nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell'Esercito.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 giugno 2011 il dott. Domenico Landi e uditi per le parti i difensori l'avv. Carta Giorgio e l'Avvocato dello Stato Marina Russo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto notificato il 10 dicembre 2010, depositato nei termini, la Sig.ra Valentina F., 1 Caporal Maggiore dell'Esercito Italiano, ha chiesto l'annullamento, previa sospensione, del verbale degli accertamenti psico-fisici del 9 novembre 2010 con il quale la stessa è stata dichiarata non idonea e, pertanto, esclusa dal concorso per l'immissione di 3.392 unità nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell'Esercito, del bando del predetto concorso, nella parte in cui impedisce la partecipazione della ricorrente giacchè in stato di gravidanza, e per quanto possa occorrere, del D.M. 4 aprile 2000, n. 144, se e nella parte in cui all'art. 3, comma 3, impone l'esclusione dal concorso della ricorrente giacchè in stato di gravidanza.
A sostegno del gravame la ricorrente deduce le seguenti censure:
1) Violazione degli artt. 3 e 51 della Costituzione che impongono che sia garantito all'uno e all'altro sesso un pari trattamento nell'accesso ai pubblici uffici. Si sostiene, pertanto, l'illegittimità del bando di concorso impugnato nella parte in cui, ponendo un limite ai rinvii temporali degli accertamenti sanitari, sostanzialmente impedisce la partecipazione delle concorrenti che versino in stato di gravidanza al momento dell'espletamento degli accertamenti sanitari.
2) Violazione dell'art. 3 del D.M. 4 aprile 2000, n. 114.
Considerato che il secondo comma della suddetta norma dispone che “lo stato di gravidanza costituisce temporaneo impedimento all'accertamento”, l'Amministrazione ha illegittimamente dichiarato “non idonea” la ricorrente giacchè versata in stato di gravidanza.
3) Errata applicazione dell'art.7, comma 10 del bando per difformità da quanto previsto dal terzo comma dell'art. 3 del sopracitato D.M. n. 114/2000 che dispone che l'accertamento dei requisiti è effettuato entro il termine stabilito dal bando di concorso in relazione ai tempi necessari per la definizione della graduatoria. Si sostiene che detta norma non può applicarsi all'ipotesi dello stato di gravidanza, atteso che, per effetto di tale interpretazione, perderebbe di significato la norma che invece stabilisce, senza deroghe, che “lo stato di gravidanza costituisce temporaneo impedimento all'accertamento”.
Si è costituita in giudizio l'Amministrazione intimata a mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha depositato idonea documentazione.
Alla Camera di Consiglio del 19 gennaio 2011 l'istanza incidentale di sospensione è stata accolta.
Con successivi motivi aggiunti notificati il 14 febbraio 2011, la ricorrente ha impugnato il decreto ministeriale n. 120 del 30 dicembre 2010 con il quale si è approvata la graduatoria di merito del concorso di cui è causa deducendone l'illegittimità derivata in conseguenza della illegittimità del giudizio di non idoneità impugnato con il ricorso introduttivo.
Alla pubblica udienza del 28 giugno 2011 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Con la presente impugnativa la ricorrente ha chiesto l'annullamento del provvedimento con il quale è stata dichiarata definitivamente non idonea sotto il profilo fisico a causa del suo persistente “stato di gravidanza (art. 3, comma 2, del decreto ministeriale 4 aprile 2000, n. 114)”; con il medesimo atto la ricorrente ha impugnato la norma del bando di concorso per l'immissione di 3392 unità nel ruolo dei volontari in servizio permanente nell'Esercito, nella parte in cui prevede l'esclusione dal concorso qualora ogni temporaneo impedimento, compreso lo stato di gravidanza, persista oltre la data stabilita per l'ultimazione degli accertamenti psico-fisici.
Il ricorso si appalesa fondato.
Va innanzitutto osservato che gli artt. 3 e 51 della Costituzione garantiscono a tutti i cittadini senza distinzione di sesso la possibilità di accesso agli uffici pubblici, e ciò in ragione del più generale principio di uguaglianza sancito dalla carta costituzionale. Anche sul piano della normativa comunitaria la direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto concerne l'accesso al lavoro, stabilisce, all'art. 3, n.1, che l'applicazione del suddetto principio comporta l'assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le condizioni di accesso, compresi i criteri di selezione, agli impieghi o posti di lavoro qualunque sia il settore o il ramo di attività. Sul piano nazionale, la tutela della maternità ha trovato la sua realizzazione nella legge 30 dicembre 1971 n. 1204 sulla tutela delle lavoratrici madri nonché nella legge 10 aprile 1991 n. 125 sulle pari opportunità.
Sulla base di tali principi di rango costituzionale che non ammettono deroghe alcune, va evidenziato come non possa derivare per la lavoratrice madre alcuna conseguenza sfavorevole dal fatto di trovarsi nello stato di gravidanza nel caso di svolgimento di una procedura concorsuale per l'accesso ad un impiego pubblico, come nella fattispecie.
Alla luce di quanto acclarato deve considerarsi illegittima la norma di bando impugnata nella parte in cui, fissando un limite ai rinvii temporali degli accertamenti sanitari allorchè una candidata versi nello stato di gravidanza, di fatto impedisce la partecipazione della stessa al concorso decretando la sua esclusione qualora il suddetto stato di gravidanza persista oltre la data stabilita per la ultimazione degli accertamenti stessi. Va da sé che una tale norma collide con i sopramenzionati principi costituzionali, determinando una inammissibile disparità di trattamento nei confronti di una concorrente che vede così pregiudicata la sua scelta in favore della maternità. Va, ancora, evidenziato come lo stato di gravidanza non possa essere considerato come una malattia o una imperfezione che mette in discussione l'idoneità psico-fisica della donna al suo eventuale reclutamento nell'Esercito, tanto che l'art. 3, secondo comma, del D.M. n. 114 del 2000 dispone soltanto che “lo stato di gravidanza costituisce temporaneo impedimento all'accertamento”. In altri termini, il suddetto stato di gravidanza esonera l'interessata dal sottoporsi temporaneamente all'accertamento, ma non può essere considerato di per sé come una causa di inidoneità come è avvenuto nella fattispecie sulla base della norma del bando di cui più sopra si è acclarato la sua illegittimità.
Conclusivamente il ricorso, integrato dai successivi motivi aggiunti, va accolto mentre le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, integrato dai successivi motivi aggiunti, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l'Amministrazione intimata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida nella misura di Euro 2.000,00 (duemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Domenico Landi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 25/10/2011
21-01-2012 00:00
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