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Sentenza

Sentenze tribunali militari I guerra mondiale. Soldato del 139° fanteria, condan...
Sentenze tribunali militari I guerra mondiale. Soldato del 139° fanteria, condannato alla fucilazione nel petto per abbandono di posto in faccia al nemico.
Avanzata a colpi di moschetto

C. F., della provincia di Arezzo, anni 26, contadino, celibe, incensurato, soldato nel 139° fanteria; condannato alla fucilazione nel petto per abbandono di posto in faccia al nemico. Sentenza eseguita il 28 luglio 1916. Tribunale militare di guerra del XX corpo d'armata. Bassano, 26 luglio 1916.

Il giorno 11 luglio 1916, il soldato C. F., trovavasi in una trincea da poco occupata, nella prima linea di fronte alle posizioni nemiche, nascosto dietro sacchetti di terra, in compagnia dei soldati C. C. e L. G. Scoppiata una granata nemica, il C. F. dicendo che un sasso proiettato dallo scoppio della granata stessa lo aveva colpito alla spalla, senza alcun permesso si allontanava dal suo posto di trincea per recarsi al luogo di medicazione: e durante il percorso sparandosi un colpo del prorpio fucile all'indice della mano sinistra, si produceva una ferita per aver in tal modo caginone ad essere accettato al posto di medicazione in località Malga Bosco Secco, e quindi sottrarsi alle ulteriori operazioni imminenti di guerra.
Il C. F., infatti trovavasi in trincea pronto per combattimento: senza giustificato motivo non poteva allontanarsi dal proprio posto; ed egli allora a tale scopo accampava la scusa del dolore alla spalla a causa dello scoppio della granata. Siccome, però, egli stesso era conscio non essere valido tale specioso motivo, volle colla lesione procuratasi acquisire le condizioni necessarie ad essere ricoverato al posto di medicazione, e facendo quindi mancare la possibile difesa allora richiesta.
Inoltre, è chiaro il dolo specifico dell'accusato, poiché pensatamente e consciamente si produceva la lesione allo scopo di abbandonare il posto di combattimento; e in considerazione, appunto, di tale determinata volontarietà e dei precedenti del C. F. stesso, che, come risulta dai rapporti dei superiori, fu sempre un cattivo e codardo soldato, tanto da “essere altre volte costretto all'avanzata con colpi di moschetto”, non si crede sia il caso di usare a suo riguardo alcuna clemenza; anche per le supreme 
necessità di disciplina ed esemplarità che nelle attuali circostanze maggiormente si impongono. Pertanto, rimasta pienamente affermata laresponsabilità del giudicabile in ordine all'accusa a lui ascritta, la pena per il reato commesso è quella di morte con fucilazione nel petto.

(E. Forcella-A. Monticone, Plotone d'esecuzione. I processi della prima guerra mondiale, Bari 1968, p.95-96)
Avv. Antonino Sugamele

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