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Sentenza

Teste in un processo dinanzi al Tribunale militare nega di essere stato sottopos...
Teste in un processo dinanzi al Tribunale militare nega di essere stato sottoposto a vessazioni e maltrattamenti da parte di un sottufficiale.
Autorità:  Cassazione penale  sez. VI
Data udienza:  08 novembre 2012
Numero:  n. 45692
Intestazione

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE SESTA PENALE                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. AGRO'            Antonio    -  Presidente   -                  
Dott. SERPICO          F.    -  rel. Consigliere  -                  
Dott. CORTESE          Arturo     -  Consigliere  -                  
Dott. CAPOZZI          R.         -  Consigliere  -                  
Dott. PATERNO' RADDUSA Benedetto  -  Consigliere  -                  
ha pronunciato la seguente:                                          
                     sentenza                                        
sul ricorso proposto da: 
1)          C.S. N. IL (OMISSIS); 
avverso  la  sentenza  n.  559/2004 CORTE  APPELLO  di  VENEZIA,  del 
30/03/2011; 
visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 08/11/2012 la  relazione  fatta  dal 
Consigliere Dott. FRANCESCO SERPICO; 
Udito  il  Procuratore Generale in persona del Dott. F. M.  ICOVIELLO 
che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; 
                 

(Torna su   ) Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Sull'appello proposto da C.S. avverso la sentenza del tribunale monocratico di Padova in data 18-12-2003 che lo aveva dichiarato colpevole del reato di falsa testimonianza ex art. 372 c.p., per avere, in qualità di teste innanzi al Tribunale militare di Padova, contrariamente al vero negato di essere stato sottoposto a vessazioni e maltrattamenti da parte di un sottufficiale nel tempo del suo servizio di leva (in (OMISSIS)) e, con la concessione delle attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, con revoca di precedente pena sospesala Corte di Appello di Venezia, con sentenza in data 30- 03-011 confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo la comprovata responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli, consapevolmente e volontariamente posto in essere con la deliberata negazione di quanto in precedenza aveva riferito all'AG procedente nel procedimento 31 carico del sottufficiale B., ferma restando l'inapplicabilità, nella specie, della invocata causa estintiva della prescrizione ex art. 157 c.p., non potendosi configurare, secondo la legge vigente, l'invocata causa di sospensione del processo in (attesa della decisione della Consulta in tema di L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3. Avverso tale sentenza il C. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, a mezzo del proprio difensore:
1) Eccezione di legittimità costituzionale L. n. 87 del 1953, ex art. 23, in relazione alla L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3 perchè in contrasto con l'art. 117 Cost. trattandosi di questione non manifestamente infondata e rilevante per il principio del"favor rei" in tema di intervenuta causa, estintiva del reato per prescrizione;
2) Violazione di legge per errata applicazione dell'art. 372 c.p., in relazione all'art. 192 c.p.p., per omessa valutazione delle risultanze istruttorie e difetto di motivazione in punto di comprovata sussistenza del dolo nella condotta del ricorrente, anche avuto riguardo alle condizioni soggettive del predetto al momento del fatto.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti. Consegue la condanna del ricorreste al pagamento delle spese processuali e, della somma equitativamente determinata in Euro MILLE/00= alla cassa delle ammende.
Ed invero, il pur apprezzabile sforzo difensive nel riproporre, con il motivo sub 1), l'eccezione di legittimità costituzionale del L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3, in relazione all'art. 117 Cost., trova un insuperabile ostacolo argomentative, logico e di diritte, nelle considarazioni ineccepibilmente svolte, da ultime, dalla Consulta il 19-7-2010 (cfr, sentenza n. 0236/011) a manifesta infondatezza di tale eccezione che, in questa sedo, si ritiene di integralmente condividere.
Al riguardosa ribadito senz'altro il principio di "eguaglianza" che costituisce non solo il fondamento ma anche il limite dell'applicabilità retroattiva della lex mitior, proprio perchè, come anche riconosciuto in sede di diritto Internazionale e comunitario, mentre il principio di irretroattività della norma penale sfavorevole costituisce un valore assoluto ed inderogabile, quello di retroattività in mitius è "suscettibile di limitazioni e deroghe legittime sul plano costituzionale, ove corrette da giustificazioni ragionevoli e, in particolare, dalla necessità di preservare interessi, ad esso contrapposti, di analogo rilievo", come testualmente segnala la cennata decisione della Consulta (cfr. fol. 2 relativa sentenza).
Sul punto, come sottolineato in tale decisione, tenuto conto dei limiti fissati dalla CEDU all'ambite di applicazione dell'art. 7 par.fo 1 della Convenzione, il cennate principio di retroattività della lex mitior, come in generale "le norme in materia di retroattività contenute nell'art. 7 cit." concerne, secondo la Corte, le solo "disposizioni che definiscono i reati e le peno che li reprimono" (cfr.decisione 27-4-010, Morabito o/o Italia; idem sentenza 17-9-09 Scoppola c/o Italia)e quindi, non può riguardare le norme sopravvenute che modificano, in senso favorevole al reo, la disciplina della prescrizione, con la riduzione del tempo occorrente perchè si produca l'effetto estintivo del reato.
In conclusione, deve ritenersi che la L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3 nella parte in cui esclude l'applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più brevi, nei processi pendenti in appello o davanti alla Corte di Cassazione, non si pone in contrasto con l'art. 7 della CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo e quindi non viola l'art. 117 Cost. comma 1, ferme restando la pronuncia di parziale Illegittimità costituzionale dello art. 10 cit. alla stregua della sentenza della Consulta n. 393/06 e di quella n. 72/08 per la parte residua della stessa norma.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, va, dunque, ritenuta la manifesta infondatezza dell'eccezione di legittimità costituzionale prosposta con il motivo sub i) del ricorso in osano, apparendo esaustivamento smentite le controdeduzioni difensive, nei segnalati termini illustrati dalla cennata decisione della Corte Costituzionale n. 0236/011.
Ne consegue che, operando correttamente la legge previgente in tema di prescrizione, il reato contestato, stante il tempo di sua accertata consumazione e l'epoca di emissione della sentenza di condanna di 1^ grado (18-12-03), non risulta affatto prescritto, allo stato, in forza del combinato disposto dell'art. 157 c.p. con la L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3.
Il motivo sub 2) è manifestamente infondato, a tacere da non isolati riferimenti in punto di mero fatto. La comprovata sussistenza del reato contestato e la sua altrettanto comprovata attribuibilità alla consapevole e volontaria condotta del C. ha trovato corretta, logica ed esauriente risposta nella sentenza impugnata (cfr. foll. 5- 6), avuto riguardo all'inequivoco contributo accusatorio offerto dalla prova specifica (testimonianze B. e T.), nei termini altrettanto inequivocamente tracciati dal giudice di 1^ grado (cfr. foll. 1-2 sentenza Trib. mon. Padova 18-12-03), confermati con la sentenza in esame.
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P.Q.M.
DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di EURO MILLE/00= in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2012
Avv. Antonino Sugamele

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