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Sentenza

Appuntato dei Carabinieri condannato per insubordinazione ai danni di un Brigadi...
Appuntato dei Carabinieri condannato per insubordinazione ai danni di un Brigadiere. Reazione del sottoposto dopo un rimprovero. Spinta contro un muro.
Cassazione Penale
Estremi

Autorità
    Cassazione penale  sez. I   
Data:
    30/01/2013 ( ud. 30/01/2013 , dep.12/02/2013 ) 
Numero:
    6835

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. GIORDANO    Umberto        -  Presidente   -                   
    Dott. MAZZEI      Antonella P.   -  Consigliere  -                   
    Dott. CAPRIOGLIO  Piera M.  -  rel. Consigliere  -                   
    Dott. ROCCHI      Giacomo        -  Consigliere  -                   
    Dott. SANTALUCIA  Giuseppe       -  Consigliere  -                   
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                M.V. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  la sentenza n. 92/2011 CORTE MILITARE APPELLO di  ROMA,  del 
    22/02/2012; 
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
    udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 30/01/2013 la  relazione  fatta  dal 
    Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO; 
    Udito  il  Procuratore Generale in persona del  Dott.  Flamini  Luigi 
    Maria che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza del 30.6.2011 il Tribunale militare di Verona condannava alla pena di mesi cinque di reclusione M.V., già appuntato dei carabinieri presso il comando della stazione di Colico, per un episodio di insubordinazione, con violenza e con ingiuria, occorso nel periodo (OMISSIS) in danno del superiore brigad. S.C. che, dopo aver rimproverato il sottoposto di essere stato fuori per un servizio per un tempo superiore a quello programmato, aveva dovuto subire la dura reazione del M. che gli aveva detto che non contava nulla in caserma e lo aveva spinto contro il muro. Detta condanna veniva confermata dalla Corte d'Appello Militare con sentenza del 22.2.2012. I giudici del merito ritenevano che il reato non era prescritto, come sostenuto dalla difesa, perchè il fatto risaliva al gennaio/febbraio 2005, il decreto di rinvio a giudizio era sì del 12.1.2011 (quindi in data successiva al decorso del termine di cinque anni di prescrizione), ma medio tempore l'imputato era stato rinviato a giudizio per la stessa vicenda avanti il Tribunale ordinario di Lecco con Decreto 22 ottobre 2007, cui seguì il 18.2.2010 la pronuncia sul difetto di giurisdizione. Secondo i giudici di merito il decreto di rinvio a giudizio dell'AG ordinaria, emesso prima della scadenza del termine aveva operato l'interruzione del corso della prescrizione. In proposito sono stati richiamati arresti di questa Corte secondo cui nè la nullità del decreto di citazione, nè l'incompetenza territoriale dell'autorità da cui proviene l'atto lo privano della sua efficacia interruttiva della prescrizione, proprio perchè quel che conta è la manifestazione della volontà dello stato di perseguire l'illecito penale.

    2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'Imputato per dedurre violazione degli artt. 20 e 129 cod. proc. pen., art. 157 cod. pen., art. 157 Cost.: non sarebbe corretto avere ritenuto valido atto interruttivo della prescrizione il decreto di citazione emesso dal giudice ordinario - gup Tribunale di Lecco- versandosi non in un'ipotesi di incompetenza , ma in un'ipotesi di difetto di giurisdizione che è violazione ben diversa e con effetti giuridici differenti rispetto a quelli derivanti da incompetenze interne alla medesima giurisdizione. Viene richiamato l'arresto delle Sez. Unite 25/1999 con cui l'atto spettante alla magistratura militare ma compiuto dalla magistratura ordinaria venne qualificato come inesistente e quindi inidoneo a produrre qualsivoglia effetto e per questo viene chiesto l'annullamento della sentenza.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

    Da una attenta lettura della sentenza delle Sezioni Unite richiamata dalla difesa è dato cogliere che l'inesistenza dell'atto del giudice ordinario può inferirsi solo a fronte di un'accettata usurpazione del potere di giurisdizione , quando cioè l'atto sia affetto da vizi così radicali da essere costituzionalmente inidoneo a produrre alcun effetto giuridico al di fuori del processo. Laddove invece il difetto di giurisdizione sia interno ai confini delineati dall'art. 1 cod. proc. pen. per la giurisdizione penale e sia riconducibile ai profili considerati dall'art. 20 cod. proc. pen. per l'ipotesi meno grave di violazione delle regole sulla giurisdizione da parte del giudice ordinario rispetto a quello speciale, quale quello militare, "si versa in un'esorbitazione dalle rispettive sfere pur sempre interna al perimetro della giurisdizione penale" , di talchè non può parlarsi di atto inesistente, relativamente al decreto interruttivo della prescrizione cui si ha riguardo. Il giudice ordinario penale ha correttamente rilevato il difetto di giurisdizione, attendendo la questione all'individuazione delle sfere di attribuzione del giudice ordinario e del giudice speciale, ma la sua attività non può essere considerata del tutto priva di rilievo, tanto da fare confluire i suoi atti nella categoria dell'inesistenza, poichè comunque essi sono dimostrativi dell'interesse dello Stato a perseguire la condotta illecita, sebbene inizialmente con l'adizione del giudice ordinario penale, in luogo di quello militare. Depone in favore di questo orientamento la considerazione che ai fini della interruzione del corso della prescrizione occorre riscontrare la concreta e specifica volontà dell'autorità giudiziaria - intesa in senso ampio - di procedere nei confronti di un soggetto per una determinata condotta.

    Dunque anche l'attività compiuta dal giudice ordinario, poi dichiaratosi carente di giurisdizione a favore dell'autorità giudiziaria militare, conserva la sua idoneità a fare escludere l'inerzia dello Stato. Tanto più se si considera che la giurisdizione militare è stata considerata dalla Corre Costituzionale (sent. 271/2000) come una giurisdizione eccezionale, in deroga alla giurisdizione ordinaria: è infatti stato ripetuto che l'orientamento consolidato nella giurisprudenza costituzionale che l'art. 103 Cost., comma 3, nel consentire una giurisdizione dei tribunali militari anche in tempo di pace non pone, in loro favore, una competenza inderogabile in confronto del giudice ordinario, poichè è invece quest'ultima che deve essere considerata,per il tempo di pace, la giurisdizione "normale". Infatti è stato sottolineato che l'avverbio "soltanto", utilizzato nell'art. 103, non identifica il carattere esclusivo di una riserva, ma sta ad esprimere l'esigenza che la giurisdizione militare in tempo di pace sia rigorosamente circoscritta entro limiti invalicabili, nel senso che essa riguarda solo i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate, non potendo valere l'inverso.

    Pertanto, l'atto interruttivo compiuto dal giudice ordinario che esercita la giurisdizione in via non eccezionale, non può non essere produttivo di effetti nell'ambito di una giurisdizione eccezionale e circoscritta. Corretta è stata quindi la decisione quanto alla non compiuta prescrizione al momento della pronuncia della sentenza di secondo grado.

    Il motivo di ricorso afferente solo all'intervenuta prescrizione - e non al meritum causae - è infondato e quindi il ricorso va rigettato.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

    Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2013
Avv. Antonino Sugamele

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