Capitano di fregata chiede l'annullamento dell'esito del giudizio di avanzamento a capitano di vascello. Accolto.
Consiglio di Stato sez. IV
Data:
08/10/2013 ( ud. 02/07/2013 , dep.08/10/2013 )
Numero:
4930
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4472 del 2011, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Generale dello Stato, presso i cui uffici, ope legis, domicilia, in
Roma, via dei Portoghesi, n.12;
contro
La. Am., rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Modena, presso il
cui studio elettivamente domicilia, in Roma, via Monte delle Gioie,
n. 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZ. I BIS n. 1514/2011, resa
tra le parti, concernente giudizio di avanzamento a capitano di
vascello per l'anno 2006.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di La. Am.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Cons.
Nicola Russo e uditi per le parti l'Avvocato dello Stato De Giovanni
e l'Avv. Modena;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
Con ricorso r.g. n. 6618 del 2011 proposto avanti al Tar Lazio il Capitano di Fregata La. Am. chiedeva l'annullamento dell'esito del giudizio di avanzamento a Capitano di Vascello per l'anno 2006, di cui al provvedimento prot. n. MD/GMIL03II/4/1/200632790 del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare - II Reparto - 4^ Divisione - Stato Giuridico.
Detto provvedimento dichiarava l'Ufficiale idoneo all'avanzamento, collocandolo con un punteggio di 29,07 al 137° posto della graduatoria di merito, ma fuori del quadro di avanzamento.
Il Tar Lazio si pronunciava accogliendo il ricorso con sentenza n. 1514 del 2011 e condannando conseguentemente l'Amministrazione al pagamento di Euro 3.000,00 quale refusione delle spese processuali.
Invero, il giudice di prime cure riteneva fondata la tesi sostenuta dal ricorrente, relativa l'eccesso di potere dedotta nei confronti dei pari grado iscritti in quadro, in base ad una serie di requisiti, quali: la migliore tendenza di carriera; le qualità professionali di cui alla lettera b) dell'art. 26 della legge n. 1137/1955; le qualità culturali ed intellettuali di cui alla lettera c) dell'art. 26 della legge n. 1137/1955; la preminenza del ricorrente sui controinteressati, tenuto conto dei più brillanti risultati ottenuti nei corsi frequentati.
Con ricorso r.g. n. 4472 del 2011 proponeva appello il Ministero della Difesa, deducendo l'erroneità e l'ingiustizia della sentenza e chiedendone la riforma, con conseguente rigetto del ricorso di primo grado.
Sostiene, in particolare, l'appellante che il metodo seguito dal giudice di prime cure sarebbe erroneo, avendo estrapolato dal profilo professionale del ricorrente e dei controinteressati solamente alcuni aspetti ritenuti favorevoli all'Am., senza considerare il curriculum di servizio nel suo complesso, unitamente a quello di tutti e sei gli ufficiali in questione.
Resiste l'Am., che eccepisce, in primo luogo, l'inammissibilità del gravame per difetto di contraddittorio, a causa della mancata notifica dell'appello ai 28 colleghi del ricorrente iscritti in grado e promossi al grado superiore, ritenuti contraddittori necessari nel presente giudizio dalla sentenza impugnata; eccepisce, inoltre, l'inammissibilità dell'appello per mancata specifica impugnazione del capo di sentenza che ha ritenuto fondata la censura di eccesso di potere in senso relativo. Quanto al merito, eccepisce la infondatezza dei motivi addotti dall'amministrazione appellante, chiedendone il rigetto, con conseguente integrale conferma della sentenza impugnata.
La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 2 luglio 2013.
Diritto
Occorre, anzitutto, esaminare le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità sollevate dalla difesa dell'appellato.
Infondata si rivela l'eccezione di inammissibilità dell'appello, proposto dall'amministrazione, basata sul fatto che il gravame in questione non risulta essere stato notificato a tutte le parti del procedimento tenutosi in primo grado, in quanto la P.A. ha omesso di notificare il gravame ai colleghi dell'appellato iscritti in quadro e promossi al grado superiore, soggetti destinatari della notifica degli atti del procedimento di primo grado ai sensi della sentenza impugnata, che ha imposto all'allora ricorrente l'integrazione del contraddittorio, puntualmente e doverosamente effettuata.
Il ricorso in appello, proposto dalla parte pubblica alla quale si riferivano i provvedimenti contestati in primo grado, non deve invero essere notificato ad altri soggetti, i quali, in quanto controinteressati in primo grado, sono cointeressati dell'appellante.
Infatti, anche nel quadro normativo antecedente all'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo si riteneva che, quando in primo grado il ricorrente sia risultato vincitore ed uno dei soccombenti (sia esso l'Amministrazione od uno dei controinteressati) proponga appello, gli altri soccombenti in primo grado non sono parti necessarie del giudizio di appello e nei loro confronti non va disposta l'integrazione del contraddittorio (cfr. Cons. St., ad. plen., 24 marzo 2004, n. 7; Cons. St., VI, 9 febbraio 2007, n. 531; Cons. St., IV, 26 gennaio 2009, n. 415).
Basti all'uopo richiamare quanto enunciato dalla citata decisione dell'Adunanza Plenaria, secondo cui la non necessarietà della partecipazione dei controinteressati al giudizio di appello promosso dall'Amministrazione deriva dal fatto che essi non possono integrare il thema decidendum una volta che siano decorsi i termini per proporre autonomo gravame, sì che la notificazione dell'appello anche ai controinteressati soccombenti in primo grado avrebbe il mero significato di una litis denuntiatio.
Del resto, nel giudizio amministrativo, la causa è identificata dall'atto amministrativo, sulla base del quale sono appunto identificati i controinteressati, solo in primo grado, laddove, invece, il giudizio di appello ha ad oggetto la sentenza pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale, con identica e paritaria posizione processuale di tutte le parti, nei confronti delle quali essa è stata pronunciata.
Il vigente c.p.a. all'art. 95, comma 1, prevede che l'impugnazione deve essere notificata, nelle cause inscindibili, a tutte le parti in causa e, negli altri casi, alle "parti che hanno interesse a contraddire"; pertanto, in caso di appello proposto dall'amministrazione soccombente in primo grado i controinteressati, avendo ovviamente una posizione coincidente con essa, sono privi di interesse a contraddire e non devono, quindi, essere evocati in giudizio (cfr. C.G.A., 1 giugno 2012, n. 509),
sì da rendere del tutto superflua nel caso all'esame un'eventuale integrazione, che comporterebbe solo un inutile differimento della soluzione della lite (cfr. Cons. St., IV, 10 dicembre 2010, n. 8731).
La Sezione osserva ancora, per finire sul punto, che la questione della individuabilità o meno di controinteressati nel giudizio inerente all'avanzamento a scelta degli Ufficiali delle Forze Armate (per la soluzione della quale l'appellato medesimo chiede il deferimento all'adunanza plenaria) è priva di rilevanza nel presente giudizio, nel quale, come del resto puntualmente risulta dagli atti di causa, non si discute affatto dell'integrità del contraddittorio in primo grado, che, assicurata dal T.A.R. con l'ordine di integrazione del contraddittorio, non è stata contestata dall'originario ricorrente con l'unico strumento processuale a sua disposizione e cioè con l'appello incidentale (eventualmente susseguente a formale riserva di appello della citata decisione interlocutoria).
Con ulteriore eccezione parte appellata lamenta la non specificità dell'appello, in quanto non contenente alcuna censura in ordine al capo decisivo, relativo all'accoglimento del motivo concernete l'eccesso di potere relativo.
L'eccezione è infondata.
Nella specie, invero, le censure sollevate dal Ministero appellante, pur non articolate formalmente in distinti motivi di impugnazione, consistono nella puntuale contestazione della soluzione giuridica adottata dal Tribunale amministrativo regionale (secondo cui, come s'è visto, sussisterebbe il denunciato vizio di eccesso di potere relativo nella valutazione del ricorrente rispetto a quella riguardante altri Ufficiali iscritti in quadro), introducendo esse nel giudizio di appello questioni di fatto e di diritto intese a dimostrare la erroneità della decisione del giudice di primo grado e, dunque, a suscitare, in maniera sicuramente appropriata e, quindi, ammissibile, l'obbligo di questo giudice dell'impugnazione di pronunciare in ordine alle questioni medesime, nella misura in cui esse rilevano in relazione alle statuizioni della sentenza impugnata.
Diversamente, pertanto, da quanto eccepito dall'appellato, l'unico articolato motivo di impugnazione, seppure formulato in termini "discorsivi", appare comunque tale da consentire di individuare le statuizioni concretamente impugnate e le ragioni, correlate con la motivazione della sentenza impugnata ed esposte con sufficiente grado di specificità, sulle quali si fonda il gravame (cfr. Cons. St., V, 14 aprile 2008, n. 1660 e, da ultimo, Cons. St., V, 22 febbraio 2010, n. 1029).
Passando ora ad esaminare il merito del proposto appello, lo stesso risulta fondato, sì che la gravata sentenza va riformata.
Risulta - per giurisprudenza concorde e costante - che nelle valutazioni in questione non è consentito isolare uno o più singoli episodi nella carriera, sia propria che degli ufficiali assunti come termine di confronto, allo scopo di dedurre l'illegittimità del giudizio della commissione superiore di avanzamento (C.S.A.), essendo le valutazioni riferite all'intera carriera degli scrutinandi e facendo riferimento nella loro globalità alla personalità ed alla carriera di costoro.
Invero, i singoli requisiti e titoli devono essere considerati complessivamente nel loro insieme e non singolarmente, per cui la mancanza di uno o più titoli da parte di un valutando può essere ben supplita, nei confronti di altri valutandi, dall'entità di titoli diversi, apprezzati come equivalenti o di maggior valore nell'ambito di un giudizio complessivo ed indivisibile.
Tenuto conto dei precedenti di carriera del ricorrente e dei suddetti parigrado iscritti in quadro (Scarpetta, Olivieri, Alias, Longhi e Pupillo), la pronuncia di primo grado risulta aver sottostimato i titoli posseduti dai parigrado, non dando adeguata considerazione agli elementi presenti nel curriculum.
Lo Scarpetta, l'Olivieri, l'Alias, il Longhi ed il Pupillo hanno svolto incarichi di grande prestigio ed elevato impegno - ricoprendo il grado di capitano di fregata, rivestito all'atto dello scrutinio - il cui conferimento è sintomatico di un costante ed elevato grado di affidamento da parte dell'amministrazione.
Il significato e la valenza concreti da attribuire a tali risultanze non possano prescindere dal livello degli incarichi svolti, secondo quanto affermato da costante giurisprudenza di questa sezione (cfr. Cons. St., sez. IV, nn. 2643/2007; 2641/2007; 3573/2000; 1124/1998; 890/1998; 260/1998; 829/1997; 628/1997; 624/1997;256/1997 e 112/1997).
D'altronde, la valutazione dell'importanza degli incarichi costituisce l'espressione di una indagine di merito riservata alla C.S.A..
La mancanza di uno o più titoli da parte di un valutando può essere largamente supplita, nei confronti di un pari grado, dall'entità di titoli diversi, apprezzati come equivalenti o plusvalenti, nell'ambito di un giudizio complessivo ed indivisibile.
Occorre al riguardo rammentare come la C.S.A., trattandosi nel caso di specie di avanzamento finalizzato a regolare l'accesso alla dirigenza militare, gode di un'amplissima discrezionalità, essendo chiamata ad apprezzamenti di particolare ampiezza ed intensità - diretti a stabilire se negli scrutinandi sussistano le qualità necessarie per l'espletamento delle funzioni proprie dell'elevato grado superiore - i quali investono l'intera personalità degli stessi, tutti, d'altro canto, ufficiali dotati di eccellenti precedenti di carriera e le cui doti, quindi, sono definibili non mediante una ponderazione aritmetica del numero e della qualità dei titoli posseduti, bensì solo attraverso analisi di merito.
In definitiva, l'intero complesso dei titoli posseduti dal ricorrente e dai parigrado Scarpetta, Olivieri, Alias, Longhi e Pupillo potrebbe configurare al più un quadro di mera equivalenza, che, però, per consolidata giurisprudenza, è addirittura preclusiva di qualsiasi sindacato di legittimità.
Risulta, invero, poco plausibile un eventuale errore di valutazione da parte del C.S.A. tale da collocare il ricorrente al 137° posto della graduatoria di merito, cioè di seguito ad altri 108 pari grado anch'essi non iscritti in quadro.
Da ultimo, non si può prescindere dal richiamare la giurisprudenza, in base alla quale "... la mera circostanza che un ufficiale, meritevole non più di altri colleghi non promossi di conseguire il grado superiore, sia stato egualmente iscritto in quadro di avanzamento, non può comportare l'automatica promozione, "ope iudicis", di qualsiasi altro ufficiale giudicato idoneo, ma non iscritto in quadro, il quale assuma di essere professionalmente eguale o migliore del collega promosso, tranne che non si tratti del primo o di uno fra i primi ufficiali collocati in graduatoria e tuttavia non iscritti al quadro di avanzamento. Diversamente opinando, si darebbe luogo ad una distorta applicazione della normativa, per effetto della quale il vizio di una promozione darebbe luogo, anziché al suo annullamento, ad una serie di ulteriori promozioni, parimenti o anche vieppiù illegittime; con l'assurdo risultato della promozione di tutti o di parte degli idonei, in insanabile contrasto con la strutturazione necessariamente piramidale della carriera militare" (cfr. Cons. St., sez. IV, nn. 2869/2007; 2868/2007; 7608/2006; 7604/2006, 6253/2006; 7444/2005; 7442/2005; 1516/2005; 440/2005; 4236/2003; 4233/2003; 7240/2002; 4074/2002; 3251/2002; 1681/2001; 3271/2000; 2714/2000; 2642/2000; 2353/2000).
Ciò premesso, ne consegue che il presente appello deve essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l'integrale compensazione fra le parti delle spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio.
PQM
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere, Estensore
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 08 OTT. 2013
16-10-2013 16:11
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