Centro meteorologia. Maresciallo di II classe condannato per non avere ubbidito ad un ordine del suo comandante di raggiungerlo nella sua stanza per discutere della licenza.
Cassazione penale sez. I 09/07/2013 ( ud. 09/07/2013 , dep.02/10/2013 )
Numero: 40813
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina - Presidente -
Dott. TARDIO Angela - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Raffaele - Consigliere -
Dott. MAZZEI Antonella - rel. Consigliere -
Dott. MAGI Raffaello - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE MILITARE della REPUBBLICA presso la CORTE
MILITARE di APPELLO;
avverso la sentenza in data 9 maggio 2012 della Corte militare di
appello nel proc. n. 14/2012;
nei confronti di:
D.C., nato a (OMISSIS).
Letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita, nella pubblica udienza del 9 luglio 2013, la relazione
svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udite le conclusioni del pubblico ministero, in persona del sostituto
procuratore generale militare, dott. FLAMINI Luigi Maria, il quale ha
chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
rilevato che il difensore dell'imputato non è comparso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte militare di appello, con sentenza del 9 maggio 2012, rigettando sia l'appello proposto dall'imputato sia quello presentato dal pubblico ministero, ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Roma in data 13 ottobre 2011, in forza della quale D.C., maresciallo di seconda classe dell'aeronautica militare, in servizio presso il centro di meteorologia in (OMISSIS), era stato condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e con la diminuente per il prescelto rito abbreviato, alla pena di mesi due di reclusione militare per il delitto di disobbedienza aggravata (capo A); mentre era stato assolto dal reato di insubordinazione con ingiuria (capo B), perchè il fatto non sussiste; fatti commessi, a termini di contestazione, il (OMISSIS).
Il D. è stato riconosciuto responsabile di non avere ottemperato all'ordine, attinente al servizio e alla disciplina, impartitogli dal superiore, tenente colonnello M. G., di raggiungerlo nella sua stanza per discutere della concessione di una licenza per motivi di salute, da lui richiesta;
mentre è stato assolto dall'insubordinazione con ingiuria continuata per aver detto al M., recatosi nell'ufficio dell'imputato per ordinargli di portarsi nella sua stanza, le parole: "Adesso te ne devi andare ... Stai zitto", accompagnate da eloquenti gesti della mano, e ciò nell'ambito della discussione tra i due militari pertinente alla richiesta della suddetta licenza.
La pronuncia assolutoria, che rileva in questa sede, è stata confermata dalla Corte di appello, facendo proprio il rilievo del Tribunale secondo cui le parole pronunciate dal D. e la mimica che le accompagnò non avevano leso il patrimonio morale del M..
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale militare della Repubblica, il quale, con unico motivo, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), deduce l'inosservanza della legge penale e, segnatamente, dell'art. 189 c.p.m.p., comma 2.
Osserva il ricorrente che risulta pienamente accertata la condotta del D., il quale, comandato di portarsi nell'ufficio del superiore gerarchico per discutere della sua richiesta di licenza, non solo non ottemperò all'ordine, ma si rivoltò contro il superiore dal quale fu raggiunto, intimandogli di uscire dalla sua stanza e di stare zitto.
Tale comportamento, essendo strettamente attinente all'espletamento dei poteri/doveri d'istituto esercitati nel medesimo frangente dal superiore gerarchico, fu senz'altro lesivo, secondo il ricorrente, del prestigio, dell'onore e della dignità del superiore, in sua presenza, e, perciò, integra il contestato delitto di insubordinazione con ingiuria continuata, nella forma mista di offesa verbale e gestuale, ai sensi dell'art. 189 c.p.m.p., comma 2, erroneamente ritenuto insussistente dai giudici militari di merito.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
I giudici militari del doppio grado del processo di merito, con motivazione adeguata e coerente, hanno spiegato che la condotta tenuta dal D., maresciallo di secondo grado, consistita nelle parole: "adesso te ne devi andare... stai zitto", rivolte al M., tenente colonnello, accompagnate da un gesto della mano avente il significato di invito a lasciare la stanza dove l'imputato era stato raggiunto dal suo superiore, non costituisce un'offesa arrecata dal D. al patrimonio morale del M., bensì un comportamento irriguardoso, certamente rilevante sul piano disciplinare anche per l'uso della seconda persona singolare anzichè della terza nella frase pronunciata, innescato dal contrasto insorto tra i due militari sulla concessione di una licenza richiesta dal D. e osteggiata dal M..
Si tratta di una qualificazione nel merito della condotta contestata, che non viola la disposizione di cui all'art. 189 c.p.m.p., comma 2, la quale postula la pronuncia di parole ovvero il compimento di gesti di univoco significato offensivo, univocità che è stata esclusa nel caso di specie con le adeguate argomentazioni esposte nelle conformi sentenze di merito.
2. Segue il rigetto del ricorso proposto dal pubblico ministero, che non comporta condanna alle spese.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2013
20-10-2013 19:51
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