Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Militare Trapani

Sentenza

Commerciante di armi espone in vendita al pubblico su un banco appositamente all...
Commerciante di armi espone in vendita al pubblico su un banco appositamente allestito diverse baionette, catalogabili come armi bianche, delle armi da sparo automatiche e semiautomatiche e un fucile MP44 di fabbricazione tedesca, che, alla vista degli agenti, tenta di occultare sotto il banco.
Cassazione penale  sez. I   
Data:
    14/06/2013 ( ud. 14/06/2013 , dep.06/09/2013 ) 
Numero:
    36648

Classificazione

    ARMI E MATERIE ESPLODENTI - Armi - - in genere

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. CHIEFFI    Severo        -  Presidente   -                     
    Dott. BONITO     Francesco M.S -  Consigliere  -                     
    Dott. CAPOZZI    Raffaele      -  Consigliere  -                     
    Dott. BONI       Monica   -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. SANTALUCIA Giuseppe      -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                F.M. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  la  sentenza  n.  1582/2010 CORTE APPELLO  di  TRIESTE,  del 
    12/12/2012; 
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
    udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 14/06/2013 la  relazione  fatta  dal 
    Consigliere Dott. MONICA BONI; 
    Udito  il  Procuratore Generale in persona del Dott. D'Ambrosio  Vito 
    che   ha  concluso  per  annullamento  senza  rinvio  della  sentenza 
    impugnata. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza resa il 12 dicembre 2012 la Corte di Appello di Trieste confermava la sentenza del Tribunale di Udine del 25 maggio 2010 che aveva ritenuto l'imputato F.M. responsabile dei reati di detenzione, porto e messa in vendita di un caricatore, relativo a un fucile d'assalto tedesco MP 44 matr. (OMISSIS), commessi il (OMISSIS), e, unificati detti reati per continuazione, concesse le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena, dichiarata interamente condonata, di anni due e mesi uno di reclusione ed Euro 420 di multa.

    1.1 In punto di fatto da entrambe le sentenze di merito, che avevano reso statuizioni conformi, era emerso che a seguito della verifica compiuta da personale della Questura di Udine nel corso della manifestazione fieristica, denominata (OMISSIS), tenutasi in (OMISSIS), il F., commerciante di armi, aveva esposto in vendita al pubblico su un banco appositamente allestito diverse baionette, catalogabili come armi bianche, delle armi da sparo automatiche e semiautomatiche e un fucile MP44 di fabbricazione tedesca, che, alla vista degli agenti, aveva tentato di occultare sotto il banco e che all'atto del controllo era risultato avere inserito un caricatore con dei proiettili all'interno, non saldato all'arma e perfettamente funzionante. Nonostante l'imputato avesse esibito un certificato di disattivazione dell'arma, rilasciato nel (OMISSIS), i giudici di merito ritenevano che il documento non fosse regolare perchè non rilasciato da armeria abilitata a disattivare un'arma da guerra, identificabile esclusivamente in un produttore di armi di quella tipologia. Sulla scorta di quanto emerso da perizia balistica effettuata nelle forme dell'incidente probatorio, si riteneva che, sebbene il fucile fosse disattivato, il caricatore, risultato perfettamente efficiente in tutti i suoi componenti, costituisse parte di arma, dotata di una propria autonomia funzionale, caricabile fino a 33 colpi, non inertizzata ed ancora in possesso del suo potenziale offensivo, quindi utilizzabile anche su diverso fucile di difficile, ma non impossibile reperimento, della cui illiceità anche l'imputato era stato consapevole, tanto da aver cercato di occultarne la presenza alla vista del personale di polizia.

    2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del suo difensore, il quale si duole di:

    - erronea applicazione della penale in riferimento all'art. 2 cod. pen., comma 4, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204, che, nel dare attuazione nell'ordinamento italiano alla direttiva europea 2008/51/CE, ha modificato la disciplina previgente in materia di controllo sull'acquisizione e sulla detenzione delle armi, inserendo il testo del nuovo art. 1-bis nel D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 527, col quale ha dettato le nozioni di parte e di parte essenziale di arma senza includervi i caricatori, cosa che ha determinato la liberalizzazione del regime di detenzione e porto dei tali componenti con sostanziale "abolitio criminis" delle relative fattispecie penali, come del resto specificato anche dal Ministero dell'Interno con la propria circolare 557/Pas/10900(27)9, secondo la quale i caricatori sono esclusi dal concetto di parte di arma e quindi qualunque attività li riguardino non resta più soggetta all'obbligo della preventiva autorizzazione di polizia.

    -Inosservanza della legge penale in riferimento al combinato disposto dell'art. 129 cod. proc. pen. e art. 157 cod. pen.; il perito balistico aveva accertato che il fucile militare in contestazione era stato prodotto tra la metà del 1944 ed il maggio 1945 e che si trattava di un'arma piuttosto rara e di sensibile valore economico, avente mercato tra i collezionisti, dal munizionamento originale pressochè introvabile, sicchè non si trattava di dispositivo dotato di particolare offensività. Inoltre, era stato inserito nel catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, per cui non poteva considerarsi arma da guerra, ma "arma comune da sparo", ed il suo caricatore parte di arma comune da sparo, con il conseguente accertamento definitivo della sua qualità e l'estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti in seguito specificati.

    1 Col primo e principale motivo di gravame il ricorrente si duole del giudizio di responsabilità e, senza muovere alcuna contestazione alla ricostruzione in punto di fatto degli illeciti di detenzione, porto ed offerta in vendita del caricatore, facente parte del fucile MP44 in sequestro, ascrittigli nelle rispettive imputazioni, sostiene che, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204, che ha introdotto nell'ordinamento la nozione normativa di parte di arma e di parte essenziale di arma, il caricatore non rientrerebbe in tali definizioni con la conseguente depenalizzazione delle condotte aventi lo stesso quale oggetto materiale.

    1.1 La questione è stata già sollevata nel giudizio di appello e ha trovato soluzione negativa da parte della Corte territoriale, la cui motivazione esplicita il richiamo agli accertamenti ed alle valutazioni contenuti nella sentenza di primo grado e la finalità di formare con essa un "unico corpo argomentativo"; affrontando la tematica dell'individuazione delle disposizioni normative cui rapportare le condotte accertate a carico dell'imputato, ha richiamato le prescrizioni attuative e transitorie dettate dal D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204, art. 6 ed affermato che l'elencazione delle parti di arma da fuoco, contenuta nel D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 527, art. 1-bis come modificato dal D.Lgs. n. 204 del 2010 ha natura esemplificativa, ragione per la quale conserva perdurante validità l'orientamento interpretativo, espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale anche il caricatore è parte di arma da fuoco, perchè funzionale a renderla più efficiente e pericolosa per volume o rapidità di fuoco.

    2. E' noto che sino all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 204 del 2010 una precisa definizione normativa di parte di arma era assente nell'ordinamento giuridico, nonostante l'elencazione, contenuta nella L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 19 recante "Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi", in riferimento all'obbligo dell'avviso all'autorità di pubblica sicurezza, imposto in caso di "trasporto di singole parti di armi da guerra e tipo guerra, nonchè di canne, carcasse, carrelli, fusti, tamburi, bascule e caricatori di armi comuni".

    2.1 Tale omissione definitoria aveva indotto gli interpreti ad individuare le parti di arma in qualunque oggetto nel quale potesse suddividersi l'arma senza differenziazioni legate alla funzione propria di ciascun componente. La giurisprudenza di questa Corte, a fronte di una nozione indistinta ed onnicomprensiva, che produceva effetti irrazionali, sottoponendo a punizioni condotte, prive di reale offensività, perchè relative ad oggetti privi di rilevanza, aveva avvertito l'esigenza di introdurre un criterio di definizione più preciso, che giustificasse l'applicazione alle parti di arma del severo regime punitivo applicabile all'arma quale insieme completo. A tal fine aveva affermato che, per la configurabilità dei delitti di cui alla L. 2 ottobre 1967, n. 685, artt. 2 e 4 costituisce parte di arma da fuoco non solo ciò che è strettamente necessario a rendere lo strumento idoneo allo sparo, ma anche quanto contribuisce a renderlo concretamente più pericoloso, più efficace, oppure più insidioso per volume di fuoco, rapidità di sparo o precisione di tiro, con esclusione soltanto delle componenti di mera rifinitura, tali da agevolare l'utilizzo per la maggiore comodità assicurata, si pensi al treppiedi, ai contrappesi, al cannocchiale, oppure di ornamento dell'aspetto esteriore dell'arma senza comunque incidere, nemmeno indirettamente, sul funzionamento e sugli effetti prodotti dall'arma nel suo insieme.

    2.2 In tal modo si era fatto rientrare nella nozione di parte di arma non qualsiasi suo elemento costitutivo, compresi quelli del tutto secondari, non qualificanti per il meccanismo dello sparo e quindi ininfluenti sulla pericolosità dello strumento, come, ad esempio, viti o molle, ma soltanto quelli che, in sè considerati, fossero dotati di rilevante importanza strutturale, rivestissero una propria funzione autonoma e consentissero la rapida ed agevole ricostituzione di un'arma efficiente (Cass. sez. 1, n. 17105 del 22/9/1989, Piva, rv 182752; sez. I, n. 2542 del 15/11/1988, Libanori, rv 183449; sez. 1, n. 41704 del 24/10/2002, Frittelli, rv. 218080; sez. 1, n. 39740 del 22/9/2005, Brenna, rv. 232942); l'individuazione di tale concetto di parte di arma trovava avallo nella comune finalità, perseguita dalle diverse disposizioni normative incriminanti le condotte aventi ad oggetto "parti di armi" e consistente nel contrasto della possibilità di elusione dei divieti concernenti le armi integre mediante lo smembramento dei loro componenti, la loro ripartizione tra più soggetti, oppure la collocazione in luoghi diversi, con modalità tali da consentire comunque l'assemblaggio in un successivo momento e la ricostituzione dell'intero dispositivo vero e proprio.

    2.3 I medesimi concetti, nonostante le dissenzienti opinioni dottrinali, erano stati costantemente riferiti dalla giurisprudenza di legittimità anche al caricatore di arma da fuoco, nei casi in cui la condotta di detenzione, porto, trasporto o vendita avesse avuto ad oggetto solo tale componente disgiuntamente dall'arma cui ineriva o quando si fosse trattato di un caricatore aggiuntivo rispetto a quello in dotazione; si era ritenuto che il caricatore costituisse parte essenziale dell'arma, non un mero accessorio, anche quando si fosse trattato di un serbatoio di munizioni supplementare o di riserva, perchè "indispensabile al funzionamento dell'arma" (sez. 3, n. 5329 del 12/12/2007, Cagnin ed altro, rv. 238860; sez. 1, n. 5857 del 7/12/ 2000, Chiuppi, rv 218080; sez. 1, n. 6191 del 15/5/1997, Pagella, rv. 207935; sez. 1, n. 5162 del 29/11/1993, Pellicane, rv.

    198629; sez. 1, n. 701 del 14/3/1988, Uberti, rv. 180228; sez. 6, n. 2632 del 16/12/1986, Melidoni, rv. 175243; sez. 1, n. 10592 del 25/9/1985, Silvestro, rv. 171041).

    2.4 L'entrata in vigore della direttiva del Consiglio delle Comunità Europee n. 91/477/CEE, con la quale erano state introdotte norme volte al "controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi" non aveva indotto alcun mutamento nell'orientamento interpretativo sopra esposto.

    2.4.1 La direttiva, in vista dell'instaurazione entro il 31/121992 del mercato unico ove assicurare la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali in uno spazio territoriale privo di frontiere interne e di controlli, aboliti anche a fini di rinvenimento di eventuali armi detenute dai cittadini in movimento, aveva dichiaratamente inteso rafforzare il controllo all'interno degli stati membri dell'acquisizione e della detenzione di armi da fuoco, nonchè del loro trasferimento in un altro stato membro, mediante la parziale armonizzazione delle singole legislazioni nazionali e l'introduzione della definizione di categorie di armi da fuoco, delle loro parti e munizioni, la cui acquisizione e detenzione da parte di privati doveva essere vietata in ogni caso, oppure subordinata ad autorizzazione o a dichiarazione, senza con ciò pregiudicare la facoltà degli stati aderenti di adottare normative anche più severe per prevenire il traffico illecito di armi.

    2.4.2 In particolare, l'allegato 1 della direttiva, dopo avere fornito la classificazione delle armi, delle parti e delle munizioni, aveva specificato: "Le parti essenziali delle suddette armi da fuoco:

    il meccanismo di chiusura, la camera e la canna delle armi da fuoco, in quanto oggetti distinti, rientrano nella categoria in cui è stata classificata l'arma da fuoco di cui fanno o sono destinati a fare parte", senza con ciò inserire nell'elenco i caricatori delle armi da fuoco. Al riguardo, del tutto fondatamente la Corte di Cassazione aveva rilevato come l'inclusione nel catalogo delle parti "essenziali" delle armi da fuoco soltanto di alcune componenti non aveva valore definitorio e carattere tassativo, tanto da poterne desumere che gli oggetti esclusi dall'elenco non costituissero parti di arma e quindi fossero oggetto di libera detenzione e commercio, ma era funzionale ad assoggettare le parti indicate, ovvero il meccanismo di chiusura, la camera e la canna delle armi da fuoco, alla stessa disciplina dell'arma di appartenenza secondo l'introdotta catalogazione nei quattro distinti gruppi delle armi vietate (categoria A), delle armi soggette ad autorizzazione (categoria B), delle armi soggette a dichiarazione (categoria C) e delle altre armi non rientranti nelle categorie precedenti e quindi estranee all'osservanza di alcun obbligo (categoria D) (Cass. sez. 3, n. 5329 del 12/12/2007, Cagnin ed altro, rv. 238860; sez. 1, n. 5857 del 7/12/ 2000, Chiuppi, rv 218080).

    2.4.3 La direttiva, che aveva inteso conciliare l'impegno a garantire una certa libertà di circolazione per alcune armi da fuoco nello spazio intracomunitario e l'esercizio dei diritti individuali pur nella garanzia della sicurezza pubblica, ha ricevuto attuazione nell'ordinamento italiano con la L. 19 dicembre 1992, n. 489, attributiva all'esecutivo della delega per l'emanazione di un decreto legislativo di recepimento dei criteri della disciplina comunitaria, cosa avvenuta con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 527, che ha introdotto modifiche alla L. n. 110 del 1975 e ha realizzato la carta europea d'arma da fuoco per agevolare la circolazione delle armi destinate all'attività venatoria ed a quella sportiva.

    2.5 In tale contesto normativo è intervenuta la successiva direttiva del Consiglio della Comunità europea 2008/51/CE, la quale ha operato la revisione mediante modifiche ed integrazioni della precedente del 1991, apprestando la disciplina fondamentale sulle armi in ambito comunitario in attuazione dell'adesione, avvenuta il 16/1/2002 da parte della Comunità europea, al protocollo del 15/11/2000 contro la fabbricazione ed il traffico illeciti di armi da fuoco, loro parti e componenti e munizioni, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata, allo scopo dichiarato di "garantire un'applicazione coerente, efficace e rapida degli impegni internazionali aventi incidenza su tale direttiva", di contrastare fenomeni criminosi in espansione nel territorio comunitario, connessi all'uso delle armi trasformate, da ricomprendere nelle categorie ridefinite di arma da fuoco e di fabbricazione e traffico illeciti di armi da fuoco, loro parti e munizioni, nonchè di dare attuazione concreta alla nozione di tracciabilità di tali dispositivi, introdotta dalla direttiva 91/477/CEE. La direttiva n. 51/20078 ha ricevuto attuazione da parte del governo italiano con il D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204 (pubblicato in Gazz.

    Uff. n. 288 del 10 dicembre 2010), che ha dato esecuzione alla delega attribuitagli dalla L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 36 entrato in vigore a far data dal 1 luglio 2011.

    2.5.1 Per quanto rileva ai fini del presente giudizio, va detto che il nuovo testo normativo, dopo avere dettato la nozione di arma da fuoco, all'art. 2 ha introdotto nel D.Lgs. n. 527 del 1992, l'art. 1- bis, il quale alla lett. b) ha testualmente stabilito la seguente definizione di parte di arma: "qualsiasi componente o elemento di ricambio specificamente progettato per un'arma da fuoco e indispensabile al suo funzionamento, in particolare la canna, il fusto o la carcassa, il carrello o il tamburo, l'otturatore o il blocco di culatta, nonchè ogni dispositivo progettato o adattato per attenuare il rumore causato da uno sparo di arma da fuoco", mentre alla successiva lett. c) ha dettato l'ulteriore nozione di "parte essenziale" di arma, intendendo per tale "il meccanismo di chiusura, la camera e la canna di armi da fuoco che, in quanto oggetti distinti, rientrano nella categoria in cui è stata classificata l'arma da fuoco di cui fanno parte o sono destinati a farne parte".

    2.5.2 E' dunque testuale la previsione contenuta nell'art. 1-bis della necessaria sussistenza di due requisiti per considerare un componente parte di arma da fuoco, ossia la progettazione specifica per essere inserito in detta arma e l'essere indispensabile al suo funzionamento; la norma contiene subito dopo un'elencazione di elementi, ritenuti costituire "in particolare" parti di arma da fuoco, ossia "la canna; il fusto; la carcassa; il carrello; il tamburo; l'otturatore; il blocco di culatta", senza menzionare il caricatore.

    2.5.3 I primi interventi interpretativi si sono espressi per l'avvenuto declassamento del caricatore, da parte indispensabile a mero accessorio dell'arma da sparo e quindi per la liberalizzazione delle condotte che lo riguardino, non più soggette all'obbligo di denunzia quanto all'acquisizione del possesso, di giustificazione della cessazione della disponibilità, di avviso per il trasporto. In tal senso milita la Circolare del Ministero dell'Interno del 24/6/2011 n. 557/AS/10900(27)9, la quale ha esplicitamente affermato come il caricatore, alla stregua delle nuove definizioni fornite dall'art. 1-bis, non sia più considerato parte d'arma, per cui a far data dal 1 luglio 2011 "qualunque attività concernente i caricatori, compresa la mera detenzione dei medesimi, non sarà più subordinata alle autorizzazioni di polizia sinora rilasciate ai sensi della normativa vigente" e si è espressa anche la sentenza, resa da questa sezione della Corte di Cassazione n. 4050 del 17/10/2012, Canovari, rv. 254190, secondo la quale tale oggetto, così come disposto per il cannocchiale, i variatori di strozzatura, il freno di bocca, i contrappesi, i visori notturni, non è più sottoposto ad alcuna limitazione dalla vigente normativa sulle armi, per cui "conformemente alla normativa sulla successione di leggi penali di cui all'art. 2 cod. pen., secondo la quale la modifica di un elemento normativo di natura extrapenale assume effetto retroattivo se il medesimo integri la fattispecie penale, in tal modo venendo a partecipare della natura di questa (Sez. U, n. 2451 del 27/09/2007, dep. 16/01/2008, Magera, Rv. 238197; Sez. 3, n. 15481 del 11/01/2011, dep. 18/04/2011, Guttà, Rv. 250119), deve affermarsi che la detenzione di caricatori di arma da fuoco non è più prevista come reato".

    2.6 A tale soluzione, seppur autorevolmente propugnata, questo Collegio non ritiene di poter aderire.

    2.6.1 In primo luogo, l'interpretazione testuale dell'art. 1-bis, lett. b) richiede alcune riflessioni, che non pare siano state oggetto di considerazione tanto nella Circolare n. 557/AS/10900(27)9, quanto nella precedente decisione sopra citata.

    2.6.1.1 Invero, la formulazione letterale e sintattica della norma, l'utilizzo della locuzione "in particolare" a seguire la definizione generale non autorizza a ritenere che l'elencazione di elementi, indicati quali parti di arma, sia tassativa, nè la conseguenza che quanto in essa non incluso debba ritenersi estraneo al concetto di parte di arma da fuoco. Proprio l'aver menzionato quella serie di componenti dopo la definizione generale, collocata nella prima parte del paragrafo lett. b), dimostra la sua insufficienza ad esaurire la nozione dettata o comunque la sua non esaustività, perchè viceversa detta precisazione sarebbe inutile; inoltre, la collocazione dell'espressione "in particolare" al principio dell'elencazione, secondo il senso comune ed una lettura razionale del testo, dimostra l'intento di introdurre a scopo esemplificativo l'indicazione di elementi determinati a specificazione di un concetto più generale, non già di menzionare un numero limitato di oggetti per esaurire la relativa categoria. Del resto, quando il legislatore ha inteso fornire una nozione generale mediante una previsione tassativa, non ulteriormente ampliabile, l'ha fatto mediante l'enunciazione dei soli elementi rientranti nella nozione stessa, non preceduti da alcuna definizione, così come avvenuto nel paragrafo lett. c) dello stesso art. 1-bis per le parti essenziali di arma.

    2.6.1.2 Sotto il profilo della coerenza definitoria desta perplessità anche la scelta di annoverare tra le parti di arma i silenziatori, ossia quegli elementi progettati o adattati per attutire il rumore prodotto dallo sparo, dal momento che, seppur caratterizzati dall'essere stati predisposti esclusivamente per essere montati su un'arma, sono privi del carattere di indispensabilità per il suo funzionamento, rappresentando il solo vantaggio di rendere acusticamente non percepibile lo sparo; tale rilievo autorizza l'opinione secondo la quale anche la ricorrenza di uno solo dei due requisiti generali è già sufficiente ad identificare la parte di arma da fuoco e le componenti oggetto di specifica menzione vanno intese comunque quali parti di un'arma da fuoco, seppur non strettamente indispensabili al suo meccanismo operativo, senza con ciò escludere che siano tali anche altri elementi costituitivi dell'arma, non elencati, ma altrettanto funzionali.

    2.6.1.3 Ciò però renderebbe del tutto illogico ed irrazionale escludere dallo stesso novero il caricatore, analogamente progettato per essere destinato soltanto a specifiche armi, ma la cui rilevanza ed utilità per il loro funzionamento in termini di potenziamento della capacità di fuoco è di gran lunga maggiore rispetto al silenziatore.

    2.6.1.4 Inoltre, non può trarre in inganno nemmeno la previsione distinta della nozione di parte di arma e di parte essenziale della stessa, che pare essere funzionale soltanto all'effettuazione degli adempimenti per la marcatura dell'arma all'atto della fabbricazione, operazione che, secondo quanto previsto dal nuovo testo dell'art. 4 della direttiva 91/477/CEE, va condotta sulle parti essenziali la cui distruzione renderebbe l'arma inutilizzabile, con rinvio alla nozione fornita dal punto 3^ dell'allegato 1 della stessa direttiva.

    2.6.2 A ben vedere anche i due requisiti generali dell'apposita progettazione per l'inserimento nell'arma da fuoco e dell'indispensabilità per il suo funzionamento sono riferibili tanto alla canna, al fusto ed agli altri componenti menzionati, quanto al caricatore. Trattasi, infatti, di serbatoio mobile di munizioni che viene progettato e realizzato soltanto quale dotazione di uno specifico tipo di arma a ripetizione, alla quale fornisce l'alimentazione, contenendo e provvedendo all'incameramento delle cartucce, per contribuire in tal modo, unitamente alle altre parti, a produrre l'effetto offensivo che è proprio dell'arma integra e completa. In particolare, la funzione del caricatore ed il suo rapporto rispetto ad arma di possesso consentito ai privati, previa regolare denuncia, si apprezza con evidenza nel caso delle armi da fuoco semiautomatiche, il cui tipico meccanismo operativo, la cui efficacia e capacità di cogliere il bersaglio risiede nella possibilità di sparare un elevato numero di colpi in stretta sequenza o a raffica, quindi nella rapidità del caricamento e dell'espulsione dei proiettili, non richiedente l'inserimento manuale ad una ad una delle munizioni nell'otturatore.

    2.6.3 Ciò sta a significare che sul piano pratico, in assenza di caricatore, detti dispositivi possono o non essere in assoluto in grado di espellere il proiettile o comunque funzionare sempre come armi da fuoco, ma non con le modalità tipiche della categoria cui appartengono, ma soltanto come congegno monocolpo, oppure con esplosione di singoli colpi ripetuti, ma previo arretramento manuale del carrello ed inserimento altrettanto manuale del proiettile nell'otturatore, manovra che, oltre ad essere in sè materialmente difficoltosa e talvolta pericolosa, rallenta l'attività di sparo ed ostacola in assoluto la possibilità di una rapida e continuativa ripetizione dei colpi. In altri termini, privato del caricatore, quell'oggetto, pur potendo continuare ad operare quale arma da fuoco, perde irreversibilmente le sue caratteristiche progettuali e costruttive, previste dal fabbricante, e la tipica potenzialità offensiva propria dell'arma dotata di meccanismi in parte automatizzati. In altri termini l'assenza del caricatore ne pregiudica il funzionamento quale arma semiautomatica e dovrebbe determinarne una diversa classificazione.

    2.6.4 Pertanto, se certamente il caricatore non può definirsi parte essenziale dell'arma, che in linea generale potrebbe sparare anche senza il suo inserimento, non è altrettanto corretto considerarlo un accessorio, un componente secondario ed eventuale, in grado di arrecare vantaggi nell'uso dell'arma in termini di mera comodità o di abbellimento estetico; il suo rilievo è piuttosto funzionale e determinante per la rapidità ed il volume di fuoco.

    2.6.5 Non può non rilevarsi che le contrarie indicazioni offerte dalla circolare del Ministero dell'Interno, per la sua natura di atto amministrativo, pur di autorevole provenienza, non sono affatto vincolanti in sede giudiziale, anche perchè prive di una penetrante disamina del dato testuale e teleologia) delle disposizioni del D.Lgs. n. 204 del 2010 e della direttiva comunitaria presupposta.

    2.6.6 Infine, la tesi che pretende i caricatori sottratti al regime limitativo valevole per le parti di arma e le armi stesse comporta delle conseguenze concrete in senso antitetico alle finalità perseguite dalla direttiva n. 51/2008: è sufficiente considerare che la conseguente liberalizzazione dell'attività di fabbricazione, del porto, della cessione, del trasporto dei caricatori consentirebbe di realizzare tali condotte al di fuori del controllo delle autorità di pubblica sicurezza e porrebbe impunemente a disposizione della criminalità comune e di quella organizzata un numero anche illimitato di dispositivi, in grado di potenziare notevolmente l'offensività delle armi con le quali realizzare imprese delinquenziali, in contrasto con la "ratio" dell'intervento novellatore, diretto a contrastare la circolazione illegale di armi, loro componenti e munizioni ed a garantirne la tracciabilità, ossia, secondo la definizione dettata dal nuovo paragrafo 1-quinquies della direttiva 91/477/CEE, "il controllo sistematico del percorso delle armi da fuoco e, ove possibile, delle loro parti e munizioni, dal fabbricante all'acquirente, con l'intento di assistere le autorità degli Stati membri a individuare, indagare e analizzare la fabbricazione e il traffico illeciti".

    2.6.7 Nè in senso contrario vale obiettare, come sostenuto da opinione dottrinale, l'assenza di logica nel pretendere la denunzia di una parte non identificabile, in quanto sprovvista di marchi e numeri, perchè la loro mancanza riguarda, allo stato della legislazione vigente, sia il caricatore, che altri componenti, elencati dall'art. 1-bis come parti di arma da fuoco, seppur non costituenti sue parti essenziali e quindi non soggetti all'apposizione di marcatura, ad esempio il silenziatore. Inoltre, usualmente i produttori realizzano uno specifico ed apposito caricatore per ciascuna tipologia di arma cui inerisce, il che comporta, in assenza di adattamenti, l'impossibilità di un suo utilizzo su arma di diversa struttura e categoria.

    2.7 Deve dunque concludersi per la correttezza del giudizio di responsabilità formulato con la sentenza impugnata, dal momento che le condotte di detenzione, porto e offerta in vendita, aventi ad oggetto il caricatore del fucile MP/44, non coinvolto nel procedimento di inertizzazione, condotto sul solo fucile, ma rimasto perfettamente integro ed efficiente e quindi suscettibile di essere inserito in altro congegno dello stesso modello non disattivato, continuano a costituire reato ai sensi delle disposizioni di legge indicate nell'imputazione. Del resto, correttamente la Corte territoriale ha rilevato come, della perdurante illiceità di tali comportamenti era stato consapevole anche l'imputato, il quale aveva posto in essere il tentativo di occultare il fucile al di sotto del bancone di vendita quando si era accorto della presenza delle forze dell'ordine e dell'imminente controllo.

    2.7.1 Va soltanto operata un'unica precisazione rispetto alle statuizioni contenute nelle due conformi sentenze di merito: poichè l'arma ha subito l'intervento di disattivazione e risulta essere stata registrata nel Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo al n. (OMISSIS) con conseguenti effetti costitutivi circa la sua appartenenza alla relativa categoria, anche il relativo caricatore che ne è parte deve condividere la medesima catalogazione, il che comporta la riqualificazione d'ufficio delle condotte come aventi ad oggetto parte di arma comune da sparo.

    3. Piuttosto, deve rilevarsi che, in conseguenza della diversa e meno grave qualificazione giuridica dei fatti, al momento attuale è interamente decorso il termine massimo di prescrizione, - da individuarsi in anni sette e mezzo ai sensi dell'attuale formulazione dell'art. 157 cod. pen., norma applicabile anche a fatti anteriori alla sua entrata in vigore perchè più favorevole -, del delitto di detenzione illecita di cui al capo A), che va dichiarato estinto. A diverse conclusioni deve pervenirsi per i restanti reati di cui ai capi B) e C), per i quali il termine di prescrizione, pari rispettivamente ad anni otto e mesi quattro e ad anni dieci, calcolati secondo la disciplina vigente, in questo caso più favorevole all'imputato, non è ancora venuto a scadenza in ragione dei più elevati limiti edittali di pena previsti dalle relative norme incriminatrici.

    Per le considerazioni svolte la sentenza impugnata deve essere parzialmente annullata senza rinvio con la declaratoria di estinzione del delitto di cui al capo A) e con la rideterminazione, ai sensi dell'art. 620 cod. proc. pen., comma 1, lett. l) ed in conformità ai passaggi del procedimento di calcolo esposto nella sentenza di primo grado, confermata da quella di appello, della pena per i residui reati in anni uno, mesi quattro e giorni dieci di reclusione ed Euro 247,00 di multa (p.b. per il più grave delitto di cui al capo C):

    anni due di reclusione ed Euro 320,00 di multa, ridotta ex art. 62- bis cod. pen ad anno uno, mesi quattro di reclusione ed Euro 213,00 di multa, aumentata per continuazione col delitto di cui al capo B) nella misura finale predetta); nel resto il ricorso va respinto.
    PQM
    P.Q.M.

    Qualificati i reati come vendita, detenzione e porto illegali di parte di arma comune da sparo, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla detenzione perchè il reato è estinto per prescrizione. Ridetermina la pena per i residui reati in anni uno, mesi quattro e giorni dieci di reclusione ed Euro 247,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

    Così deciso in Roma, il 14 giugno 2013.

    Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2013
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza