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Sentenza

Il capitano ordina al maresciallo di recarsi a frequentare il corso I.S.T.I. e l...
Il capitano ordina al maresciallo di recarsi a frequentare il corso I.S.T.I. e lui non obbedisce. Condannato a sei mesi di reclusione militare per disobbedienza aggravata.
Cassazione penale  sez. I   
Data:
    09/07/2013 ( ud. 09/07/2013 , dep.02/10/2013 ) 
Numero:
    40814

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. SIOTTO  Maria Cristina   -  Presidente   -                     
    Dott. TARDIO  Angela           -  Consigliere  -                     
    Dott. CAPOZZI Raffaele         -  Consigliere  -                     
    Dott. MAZZEI  Antonella   -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. MAGI    Raffaello        -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
              C.S., nato a (OMISSIS); 
    avverso  la  sentenza in data 12 giugno 2012 della Corte militare  di 
    appello di Roma nel proc. n. 30/2012. 
    Letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; 
    sentita,  nella  pubblica  udienza del 9 luglio  2013,  la  relazione 
    svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei; 
    udite le conclusioni del pubblico ministero, in persona del sostituto 
    procuratore generale militare, dott. FLAMINI Luigi Maria, il quale ha 
    chiesto il rigetto del ricorso; 
    udito  il  difensore dell'imputato, avvocato Campanelli Giuseppe,  in 
    sostituzione dell'avvocato Vincenzo De Gaetano del foro  di  Bologna, 
    il quale ha chiesto l'accoglimento dei motivi di ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. La Corte militare di appello, con sentenza del 12 giugno 2012, ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Verona in data 18 ottobre 2011, in forza della quale C.S., con le circostanze attenuanti generiche prevalenti, era stato condannato alla pena di mesi uno di reclusione militare per disobbedienza aggravata.

    Il C. è stato riconosciuto responsabile del reato previsto dall'art. 173 c.p.m.p. e art. 47 c.p.m.p., n. 2, per non aver obbedito all'ordine impartitogli dal capitano R.P., comandante della 1^ sezione del reparto operativo, di recarsi a (OMISSIS) per frequentare, dal (OMISSIS), il corso I.S.T.I. (Istituto superiore di tecniche investigative); con l'aggravante di essere militare (maresciallo capo dei carabinieri) rivestito di un grado.

    2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il C. tramite il difensore di fiducia, avvocato Vincenzo De Gaetano, il quale deduce i seguenti testuali motivi secondo l'ordine di presentazione adottato dallo stesso ricorrente.

    2.1. Violazione dell'art. 6, comma 3, lett. d), della Cedu (Convenzione Europea dei diritti dell'uomo), laddove si stabilisce il diritto di ogni accusato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e di ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico.

    2.2. Violazione dell'art. 111 Cost. ovvero del principio del "giusto processo" per mancata audizione dei testimoni della difesa.

    2.3. Violazione dei principi di terzietà del giudice, rispetto della parità fra accusa e difesa mediante esclusione (dell'obbligo:

    integrazione del redattore) di interrogare o far interrogare persone che possano discolpare l'imputato, omessa valutazione di elementi a discolpa pur forniti dai testimoni d'accusa, omessa od errata valutazione delle prove fornite a discarico, rifiuto di acquisizione di fonti di prova a discarico dell'imputato.

    2.4. Richiesta di rinvio alla Corte costituzionale per la verifica (della compatibilità: integrazione del redattore) tra la condizione di militari dei giudici della magistratura militare prevista dalla L. n. 180 del 1981 ed i principi del giusto processo, tra cui precipuamente il principio di terzietà del giudice ex art. 111 Cost..

    Il ricorrente sostiene, inoltre, che la disobbedienza per cui è stato condannato costituirebbe reazione al comportamento persecutorio e vessatorio da lui subito da parte del capitano R., il quale, discriminandolo rispetto ad altro militare nei confronti del quale, a parità di condizioni, aveva adottato una decisione diversa, lo aveva designato per la partecipazione al corso di specializzazione appena tre giorni dopo il suo rientro dalla licenza matrimoniale; aggiunge che solo un anno prima il colonnello G. e il maggiore Re., quest'ultimo esaminato come testimone in dibattimento, avevano escluso il C. dalla partecipazione ad analogo corso, annullando il relativo ordine di servizio; sottolinea che non essendo addetto ad attività investigative ma al servizio scorta e allo svolgimento di atti delegati, e avendo presentato domanda di trasferimento così da non garantire la permanenza nel reparto operativo per il tempo richiesto (tre anni), non aveva, neppure, titolo per essere selezionato quale partecipante al corso.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso è inammissibile.

    I primi tre motivi in diritto sono generici; la contestazione nel merito della sentenza impugnata, in cui si diffonde il ricorso, non è consentita nel giudizio di legittimità; la prospettata questione di incostituzionalità è manifestamente infondata.

    Questa Corte ha già affermato che: "la L. 7 maggio 1981, n. 180, artt. 2 e 3 che dettano la composizione dei tribunali militari e della corte militare d'appello manifestamente non si pongono in contrasto, con riguardo alla presenza, in detti organi, di militari aventi grado di ufficiale, con gli artt. 3 e 24 Cost., art. 101 Cost., comma 2, art. 106 Cost., comma 1, art. 108 Cost., comma 2, atteso che: quanto agli artt. 3 e 24, la loro ipotizzata violazione per la mancanza di un preventivo avviso ai difensori nella fase di formazione di ciascuno di detti organi appare insussistente, trovando la detta mancanza ragionevole giustificazione essenzialmente nel fatto che gli organi in questione, a differenza delle corti d'assise e di assise d'appello, non sono costituiti in vista di una sessione determinata; quanto alle altre richiamate disposizioni costituzionali, poste in vario modo a presidio dell'indipendenza dei giudici, la loro violazione, ipotizzata a cagione del rapporto di dipendenza esistente tra gli ufficiali investiti della funzione giudicante e l'Amministrazione militare, appare parimenti insussistente, dal momento che il detto rapporto non si differenzia, sostanzialmente, da quello che lega anche i magistrati ordinari all'Amministrazione dello Stato ed ai detti ufficiali sono, inoltre, applicabili, durante lo svolgimento delle loro funzioni, le disposizioni di legge in vigore per i magistrati ordinari" (Sez. 1, n. 461 del 06/11/2000, dep. 19/01/2001, Perrucci, Rv. 217818;

    conformi: n. 7523 del 1983 Rv. 160249 e n. 7523 del 1983 Rv. 160250).

    2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in Euro mille.
    PQM
    P.Q.M.

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

    Così deciso in Roma, il 9 luglio 2013.

    Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2013
Avv. Antonino Sugamele

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