In carcere appuntato dei Carabinieri accusato di aver rivelato ad esponenti della malavita calabrese segreti di ufficio in relazione alla procedura di installazione di apparecchiature per intercettazioni ambientali e di aver avvisato un esponente di spicco di perquisizioni domiciliari da effettuarsi nei suoi confronti. Il riesame conferma e la Cassazione annulla.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza23 maggio – 18 settembre 2013, n. 38387
Presidente Zecca – Relatore Bruno
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 21/06/2012 il GIP del Tribunale di Catanzaro applicava a R..G. , appuntato scelto dei Carabinieri, la misura della custodia in carcere in ordine ai delitti di cui agli artt. 110 e 416 bis cod. pen. e 81 cpv. 110, 326 cod. pen. e 7 legge n. 203/1991, con le accuse: di aver rivelato ad esponenti di consorterie delinquenziali, ritenute affiliate alla cosca Giampà, operante in territorio di Lamezia Terme, segreti di ufficio riguardanti la procedura di installazione di apparecchiature di captazione ambientale presso il domicilio di C.R. ; di avere avvisato L..N. di perquisizioni domiciliari nei suoi confronti e di avere intrattenuto rapporti telefonici con Co.Ba..
2. Pronunciando sulla richiesta di riesame proposta dal difensore, il Tribunale di Catanzaro, con l'ordinanza indicata in epigrafe, confermava l'impugnato provvedimento.
3. Avverso l'anzidetta pronuncia il difensore dell'indagato, avv. Francesco Gambardella, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Considerato in diritto
1. Con unico motivo d'impugnazione parte ricorrente denuncia mancanza o manifesta illogicità della motivazione nonché erronea applicazione degli artt. 110 e 416 bis cod. pen.. Contesta, in particolare, l'esistenza di un compendio indiziario idoneo a sostenere l'ipotesi del reato di rivelazione di segreti di ufficio - funzionale, nella logica accusatoria, alla configurazione del reato di concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso - reputando, ad ogni modo, inidonei gli elementi investigativi in direzione di quest'ultima ipotesi delittuosa, con riferimento alle necessarie componenti soggettive ed oggettive.
2. Il ricorso è da ritenere fondato per quanto di ragione.
Ed invero, l'esame del provvedimento impugnato non consente, prima facie, di accedere all'impostazione difensiva che sostiene l'insussistenza di idonei elementi accusatori a sostegno dell'ipotesi di rivelazione di segreti d'ufficio, come presupposto logico-funzionale all'assunto dell'insussistanza anche del contestato concorso esterno.
Il provvedimento impugnato offre, infatti, puntuale indicazione di risultanze investigative motivatamente ritenute idonee ad integrare valida piattaforma indiziaria a fondamento dell'ipotizzata abusiva rivelazione. In particolare, il compendio istruttorio è fatto di plurime fonti dichiarative, comprese propalazioni di collaboratori di giustizia, prudentemente vagliate nella loro attendibilità sulla base dei criteri di lettura pacificamente scolpiti dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice.
3. Sennonché, la motivata configurazione di un quadro indiziario ritenuto valido in funzione dell'anzidetto reato non consente - se non a pena di inaccettabile salto logico - di ritenere, per ciò solo, configurabile anche la peculiare fattispecie di concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso.
Se è indubbio, infatti, che - in linea astratta - possa integrare una siffatta ipotesi delittuosa la condotta reiterata e continuativa di rivelazione a membri del sodalizio criminale di notizie relative ad indagini svolte nei loro confronti dall'autorità (cfr., in tal senso, Cass. Sez. 5, n. 22582 del 23/03/2012, Rv. 252789), è nondimeno necessario che una condotta siffatta possa, concretamente, porsi come univoco elemento sintomatico di concordato contributo - specifico, consapevole e volontario - capace di esplicare un'effettiva rilevanza causale in funzione della conservazione o rafforzamento delle capacità operative dell'associazione di stampo mafioso (secondo i dettami di Cass. Sez. Un. n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231671; e, da ultimo, Cass. Sez. 5 n. 15727 del 09/03/2012, Rv. 252329). Occorre, cioè, che possa ragionevolmente ritenersi - sia pure in via gravemente indiziaria, in termini, dunque, di apprezzabile probabilità di colpevolezza - che l'illecita attività di rivelazione di notizie riservate possa configurarsi come contributo reale ed efficiente in favore del sodalizio mafioso e non già a beneficio di singoli esponenti malavitosi.
A siffatto onere dimostrativo il giudice del riesame - sia pure nell'ambito di struttura argomentativa soverchia e ridondante - non ha certamente adempiuto, ricorrendo a formule giustificative meramente assertive volte a valorizzare il contenuto di risultanze di indagine - compresi esiti di captazioni telefoniche o ambientali - che, se significative in direzione dell'addebito di rivelazione di segreti d'ufficio, non appaiono - almeno alla stregua dell'impianto motivazionale offerto - univocamente emblematiche in funzione dell'ipotizzata fattispecie concorsuale.
3. La rilevata incongruenza inficia la struttura motivazionale del provvedimento impugnato, comportandone la nullità nei termini di cui in dispositivo, con conseguente rinvio al competente il giudice del merito, perché, in piena libertà di convincimento, proceda a nuovo esame delle risultanze investigative sulla base dei principi di diritto sopra evidenziati, rendendo in esito motivazione immune da vizi e lacune ora riscontrati.
P.Q.M.
Annulla l'impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo esame. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen..
19-09-2013 22:09
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