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Sentenza

Maresciallo, comandante dei Nas, punito per essersi recato fuori dei limiti del ...
Maresciallo, comandante dei Nas, punito per essersi recato fuori dei limiti del proprio territorio di giurisdizione senza informare il suo superiore diretto. Il Tar annulla la sanzione, ma il Consiglio di Stato la conferma.
Consiglio di Stato  sez. IV  25/11/2013 ( ud. 08/10/2013 , dep.25/11/2013 ) 
Numero: 5591
                             REPUBBLICA ITALIANA                         
                         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
                            Il Consiglio di Stato                        
    in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)                             
    ha pronunciato la presente                                           
                                   SENTENZA                              
    sul ricorso numero di registro generale 5905 del 2007, proposto da:  
    Ministero    Della    Difesa,   rappresentato   e   difeso  per legge
    dall'Avvocatura  Gen.Stato,  domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,
    12;                                                                  
                                    contro                               
    Sc. Gi., rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Zaza D'Aulisio, con
    domicilio  eletto  presso  Francesco  Cardarelli in Roma, via G.P. Da
    Palestrina, 47;                                                      
    per la riforma                                                       
    della  sentenza  del  T.A.R.  LAZIO  -  SEZ.  STACCATA  DI  LATINA n.
    00268/2007, resa tra le parti, concernente sanzione del rimprovero.  
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                   
    Viste le memorie difensive;                                          
    Visti tutti gli atti della causa;                                    
    Relatore  nell'udienza  pubblica  del  giorno 8 ottobre 2013 il Cons.
    Umberto  Realfonzo  e  uditi  per  le parti gli avvocati Alfredo Zaza
    D'Ausilio e l'avvocato dello Stato Paolo Grasso;                     
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              


    Fatto
    FATTO e DIRITTO

    Con il presente appello il Ministero della Difesa impugna la sentenza del TAR Lazio - Latina con cui sono stati annullati rispettivamente:

    - la sanzione disciplinare del "rimprovero" del 29 novembre 2004 inflitto al Primo Maresciallo Luogotenete dei Carabinieri Gi. Sc. perché il predetto sottufficiale in servizio presso il Comando Carabinieri Antisofisticazioni e Sanità -Comandante dei N.A.S. di Latina, "in due circostanze, pur se per esigenze di servizio, si recava fuori dei limiti del proprio territorio di giurisdizione senza informare il suo superiore diretto", e la successiva determinazione n. 439/7 del 07/03/2005 con la quale è stato respinto il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente avverso la predetta sanzione disciplinare;

    - il provvedimento conclusivo del 3 ottobre 2005 (n. 219/6), con il quale il Comandante Carabinieri per la Sanità, Gruppo Antisofisticazione e Sanità di Roma, infliggeva al militare una seconda sanzione disciplinare del "rimprovero" in quanto, avendo svolto i programmati controlli alle mense scolastiche quale Comandante del Gruppo N.A.S. di Latina, "...non informava, né preventivamente né successivamente, di vari servizi svolti dal reparto speciale nell'ambito dell'attività istituzionale, il Comandante Provinciale di Latina che ne veniva a conoscenza solo attraverso alcuni articoli di stampa".

    Quanto al primo "rimprovero" annullato il TAR, nella sentenza impugnata, afferma che.

    - vi sono in atti documenti conosciuti dall'Amministrazione comprovanti che l'interessato si sarebbe recato a Roma, presso l'Istituto Superiore di Sanità, per compiere atti delegatigli direttamente dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Latina, connessi ad indagini preliminari in corso e "per i quali gli era stato imposto il più rigoroso segreto";

    - l'Amministrazione non ha congruamente vagliato le ragioni giustificative dell'omessa preventiva comunicazione alla linea gerarchica superiore sotto il profilo esimente;

    - nell'occasione, sarebbe quindi stata indubbia la correttezza del Luogotenente Sc. il quale, avendo tenuto segreto il giorno ed il motivo della sua missione in Roma, avrebbe comunque informalmente avvertito (in data 25 ottobre 2004) il superiore Comandante della sua trasferta nella Capitale per indagini delegategli dalla Procura della Repubblica di Latina;

    - analogamente avrebbe fatto relativamente all'accesso presso il Generale Comandante dei Carabinieri della Sanità: la convocazione diretta ed informale del Maresciallo Diana, sarebbe stata accompagnata dal suggerimento di non dover previamente informare il Superiore Diretto. Non si sarebbero evidenziata una condotta riprovevole del ricorrente nei confronti del suo Comandante diretto il quale aveva partecipato direttamente all'incontro.

    Quanto invece al secondo "rimprovero" annullato, relativo alla mancata informativa di iniziative assunte in assenza di disposizioni da parte del Comando Gruppo A.S. di Roma, il TAR nella sentenza impugnata:

    - ha giudicato immune da censure disciplinari, l'operato del ricorrente concernente ordinari controlli agli esercizi di ristorazione collettiva e di mensa scolastica del mese di febbraio 2005 che egli avrebbe avuto la facoltà di disporre l'esecuzione di propria iniziativa;

    - ha affermato che il Luogotenente avrebbe fatto riferimento al piano dei controlli della "strategia mensile" del precedente anno 2004, dato che per il 2005, la programmazione strategica mensile sarebbe divenuta operativa solo a far data dal 05/05/2005;

    - ha affermato non risulta alcuna prova che egli non avesse preventivamente informato -a mezzo telefono - Ufficiali e Sottufficiali in servizio, rispettivamente, presso i Comandi provinciali di Latina e Frosinone, oltre che le competenti Stazioni territoriali dell'Arma;

    - ha altresì rilevato che il servizio di vigilanza e controllo svolto -al di là delle comunicazioni di stampa- non avrebbe accertato situazioni particolarmente gravi e rilevanti in grado di turbare l'ordine pubblico; di talché gli operatori di servizio si sono attenuti alla procedura "ordinaria", inserendo gli esiti dell'attività nel sistema informativo D.A.N.T.E..

    L'appello del Ministero è affidato alla denuncia da un lato dell'erroneità, in punto di fatto, della decisione e dall'altro della sua non corretta impostazione logica.

    Si è costituito in giudizio l'appellato che,oltre a versare gli atti del procedimento, con memoria per la discussione ha riepilogato le sue argomentazioni, fatte proprie dal Tar, ed ha insistito per il rigetto del ricorso.

    Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

    L'appello è fondato.

    Con il primo motivo il Ministero afferma che erroneamente il Tar avrebbe ritenuto insussistente uno specifico obbligo di informazione nei confronti della scala gerarchica. Tale obbligo, al contrario, sarebbe stabilito dall'art. 40 del Regolamento Generale dell'Arma dei Carabinieri che, al 2º capoverso recita: "... Per trasferirsi oltre i limiti del proprio territorio, occorre invece l'autorizzazione superiore".

    Urgenti e gravi motivi di servizio possono comportare una deroga al regime della preventiva autorizzazione, ma non possono mai elidere il dovere di informazione, anche considerando il fatto che i comandanti dei NAS hanno a disposizione ben due apparecchi cellulari.

    Le ragioni giustificative addotte dal Maresciallo Luogotenente sarebbero state tenute in debito conto dalla scala gerarchica. Anche il riserbo imposto dall'Autorità Giudiziaria sui contenuti degli accertamenti delegati appare inconferente, rispetto al dovere di informazione in ordine alle missioni svolte fuori della propria area di competenza.

    Le conclusioni a cui perviene il Tar sul secondo episodio oggetto di contestazione sarebbero erroneamente basate sulla circostanza esimente secondo cui il Maresciallo Luogotenente Diana Giuseppe, addetto alla Sezione Personale del Comando dei Carabinieri per la Tutela della Salute, avrebbe consigliato all'appellato di non dover previamente informare il suo superiore. Il predetto militare, che tra l'altro risulta essere meno anziano dell'appellato, non avrebbe avuto alcun titolo per impartire disposizioni all'interessato e, peraltro, avrebbe smentito con fermezza l'episodio.

    Il Tar, senza compiere alcun accertamento al riguardo, avrebbe frettolosamente accettato le tesi del ricorrente

    Sotto altro profilo il Ministero contesta anche l'affermazione del Tar per cui non sarebbe emersa con chiarezza la prova del fatto che egli non avesse preventivamente informato i suoi superiori. Per tale via:

    - si sarebbe pretesa una prova "negativa" quindi impossibile; -- si sarebbe invertito il principio dell'onere della prova; -- si sarebbe ammessa una deduzione generica di un fatto il cui accertamento si sarebbe dovuto effettuare mediante incombenti da addossare a carico dell'Amministrazione.

    L'assunto è complessivamente fondato.

    In primo luogo si deve annotare come, ratione temporis, il rapporto tra i Nuclei speciali dell'Arma dei Carabinieri e l'articolazione del Corpo sul territorio era disciplinato dall'allora vigente D.Lgs. 5102000 n. 297 (peraltro oggi abrogato dall'art. 2268, comma 1, n. 981 D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66), che, all'art.15 II co. prevedeva espressamente che "L'organizzazione territoriale, quale struttura essenziale per il controllo del territorio, costituisce riferimento per i reparti delle altre organizzazioni dell'Arma nell'espletamento delle attività di rispettiva competenza".

    La norma quindi prefigurava, in linea di principio, un'immediata e diretta supremazia dell'organizzazione territoriale rispetto alle altre strutture dell'Arma, sia di carattere gerarchico che propriamente funzionale. Ciò al fine di assicurare più alti livelli di efficienza e di efficacia dell'attività dell'Arma, ed altresì di evitare l'esecuzione di iniziative personali estemporanee, pletoriche, inutili o comunque anche solo la possibilità di duplicazione di attività dell'Arma.

    I reiterati comportamenti dell'appellato si ponevano in immediato contrasto con il ricordato art. 15 e, di conseguenza, integravano una diretta violazione dell'art. 4. II co. della L. 11 luglio 1978, n. 382, per cui "Il militare osserva con senso di responsabilità e consapevole partecipazione tutte le norme attinenti alla disciplina ed ai rapporti gerarchici."

    Il Regolamento Generale dell'Arma impone ai Comandanti di dare semplicemente notizia al Comandante Provinciale - senza che ciò implichi o richieda l'ostensione degli atti di p.g. compiuti.

    Il dovere di riferire al superiore diretto costituisce infatti un'esigenza ed una necessità di tutte le Forze di polizia, la cui violazione legittima la sanzione disciplinare irrogata ad un maresciallo dei Carabinieri (cfr. Consiglio Stato, sez. IV 11 aprile 2007 n. 1603).

    Ciò posto in linea generale, si deve osservare nel caso in esame che le giustificazioni dei comportamenti dell'appellato non appaiono comunque convincenti, se si tiene conto che l'informativa al superiore richiesta è limitata alla sola comunicazione dell'allontanamento dell'interessato dal territorio di propria competenza, ovvero alla mera notizia circa l'espletamento delle attività programmate, per cui di norma non vi può mai essere alcuna messa in pericolo dei contenuti sostanziali protetti dal segreto di cui all'art. 329 c.p.p..

    In tale ottica, da un lato, resta del tutto inconferente la successiva nota del Procuratore della Repubblica di Latina che, a richiesta dell'interessato, dichiarava che gli "era stato imposto il più rigoroso segreto": anche gli Ufficiali superiori sono infatti obbligati al rispetto del segreto di cui al richiamato art. 329 c.p.p..

    Nello specifico, appare dunque fondamentale il rilievo della Difesa Erariale della circostanza per cui, in nessuno dei casi concretamente esaminati, le indagini e le attività del M.llo Lgt. Sc. avrebbero potuto essere messe in pericolo dalle prescritte comunicazioni ai superiori, dato che queste non concernevano i contenuti dell'indagine in corso, ma il semplice fatto che egli si sarebbe recato fuori del suo territorio.

    Dall'altro canto, con riferimento ai controlli delle mense sul territorio, non si capisce per quale ragione egli non avesse adempiuto al proprio dovere d'informativa solo perché questi erano già stati in precedenza previsti nella programmazione.

    La comunicazione della loro effettuazione in una certa data costituiva comunque un ordinario debito d'ufficio.

    Del tutto esattamente dunque l'Amministrazione ha sanzionato ripetutamente le reiterate omissioni delle prescritte comunicazioni alla linea gerarchica superiore.

    Anzi, nel particolare caso in esame, deve essere sottolineato negativamente l'atteggiamento dell'appellato il quale -- come se comandasse una struttura autonoma del tutto estranea al Corpo dei Carabinieri -- aveva ripetutamente ignorato il primo rimprovero ed i successivi, reiterando del tutto ingiustificatamente i suoi doveri di informativa, preventiva o comunque successiva, dei vari servizi svolti fuori e sul territorio di propria competenza, senza che fosse nemmeno ravvisabile alcuna reale ragione a giustificazione di un comportamento che costituiva diretta violazione del rapporto gerarchico.

    Appare dunque rilevante l'errore metodologico del TAR che, esaminando in maniera disgiunta e frammentata la sequenza complessiva degli avvenimenti che hanno dato origine alle sanzioni disciplinari per cui è causa, ha pedissequamente aderito all'impostazione del ricorrente in primo grado.

    I predetti episodi, se riguardati complessivamente, lasciano in definitiva supporre che la violazione del dovere di informare il superiore territoriale sulle modalità di prestazione del proprio servizio costituiva probabilmente la manifestazione di un comportamento intenzionalmente diretto ad allentare la ricordata subordinazione gerarchica.

    In definitiva, contrariamente a quanto mostra di ritenere l'appellato, appare incontestabile la rilevanza disciplinare dell continuato e ricorrente mancato rispetto di un dovere -- che rientrava normativamente nei propri compiti di istituto - quale quello di informativa del superiore territoriale sia dell'effettuazione di missioni al di fuori del proprio territorio, e sia nel caso di attività di routine (ed a maggior ragione, quando poi di tali attività si dia risalto sulla stampa).

    In conclusione l'appello è fondato e deve essere accolto e per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, tutti i ricorsi di primo grado devono essere respinti.

    Le spese tuttavia, in ragione dell'assoluta novità della questione, possono essere integralmente compensate tra le parti.
    PQM
    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

    1. accoglie l'appello, come in epigrafe proposto e per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, respinge tutti i ricorsi di primo grado.

    - 2. Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

    Giorgio Giaccardi, Presidente

    Sergio De Felice, Consigliere

    Fabio Taormina, Consigliere

    Diego Sabatino, Consigliere

    Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 25 NOV. 2013
Avv. Antonino Sugamele

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