Maresciallo dei Carabinieri condannato per insubordinazione con ingiuria propone ricorso sottoscrivendolo e lo invia a mezzo raccomandata. Inammissibile.
assazione Penale
Estremi
Autorità
Cassazione penale sez. I
Data:
28/09/2012 ( ud. 28/09/2012 , dep.03/12/2012 )
Numero:
46666
Classificazione
CASSAZIONE PENALE - Ricorso - - ricorso dell'imputato, in genere -
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente -
Dott. VECCHIO Massimo - Consigliere -
Dott. ROMBOLA' Marcello - rel. Consigliere -
Dott. TARDIO Angela - Consigliere -
Dott. BONITO Francesco M.S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.S. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 13/2011 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
13/07/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/09/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCELLO ROMBOLA';
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Flamini Luigi
Maria, che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente
all'aggravante del numero presente;
Udito il difensore Avv. Truffa Edoardo che ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza 28/9/10 il Gup del Tribunale Militare di Roma, in esito a giudizio abbreviato, condannava C.S., maresciallo capo dell'Arma dei Carabinieri, alla pena (sospesa e senza menzione) di mesi 4 di reclusione militare per il reato continuato (per tre distinte frasi pronunciate) di insubordinazione con ingiuria (commesso in (OMISSIS)) in danno del superiore in grado luogotenente O.F., aggravato dalla presenza di altri militari (un superiore ufficiale e tre subordinati). Con le statuizioni in favore della costituita parte civile.
Con sentenza 13/7/11 la Corte Militare di Appello, in parziale riforma, escludeva (per l'unicità di contesto delle frasi pronunciate) la pluralità dei reati (già ritenuti in continuazione) e, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, riduceva la pena a mesi 2 di reclusione. Con conferma nel resto.
La vicenda si svolgeva nella stanza del tenente S.F., che aveva convocato presso il Comando Compagnia Carabinieri di (OMISSIS) il maresciallo C. e il luogotenente O. per ragioni di servizio. Insorgeva tra costoro un'accesa discussione in ordine all'attribuzione della competenza ad effettuare alcuni inserimenti dati nel sistema SDI, nel corso della quale il primo rivolgeva al secondo accuse di incompetenza e, alla reazione gestuale dell'interlocutore, gli intimava di togliergli le mani dalla faccia, minacciava di spezzargli il dito che quello gli agitava davanti e lo invitava anzi a ficcarselo nel culo. Seguivano altre frasi sprezzanti nei confronti del superiore. Di qui la denuncia e le sentenze di primo e secondo grado.
Ricorreva per cassazione l'imputato con atto a sua firma, deducendo:
1) inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità per non essere state integralmente accolte le condizioni poste dalla difesa alla scelta del rito abbreviato (era stato sentito il teste S., ma era stata rigettata la richiesta di produzione del verbale di intervista documentata ex artt. 391-bis e sgg. c.p.p. del dott. M.F., in quanto non prodotta in precedenza; era stata altresì limitata la possibilità di produzione di certificazione medica a quella richiedibile all'Ospedale Militare di (OMISSIS), escludendosi quella della relazione medico legale corredata da certificazione medica attestante la patologia di ipertensione arteriosa del C.) e ciò sulla base di una pretesa rinuncia desumibile da un (incomprensibile) verbale d'udienza del 28/9/10; 2) inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e mancata assunzione di una prova decisiva per la mancata rinnovazione, richiesta con l'appello, dell'esame del teste S. in ordine agli antefatti dell'episodio in giudizio (emersi dall'interrogatorio dell'imputato e già prima in sede d'indagini), rilevanti ai fini della provocazione e delle cause estranee al servizio e alla disciplina militare; 3) inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità per la ritenuta adeguatezza del quadro probatorio in ordine all'aggravante del numero delle persone che avrebbero assistito ai fatti (in realtà il solo tenente S.); 4) vizio di motivazione in ordine al bilanciamento delle circostanze, laddove le attenuanti generiche erano state date equivalenti e non prevalenti sulle aggravanti nonostante i numerosi elementi riconosciuti in favore dell'imputato (incensuratezza, carriera, capacità professionali e di tutela della sicurezza pubblica, stress del momento dovuto al sovraccarico di lavoro).
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG chiedeva l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente all'aggravante del numero dei presenti; il difensore di parte civile chiedeva dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trasmesso alla cancelleria di questa Corte (cui perveniva il 20/10/11) a mezzo di raccomandata A/R, è inammissibile, perchè proposto personalmente dall'imputato in assenza di qualsivoglia autenticazione della sua firma (nell'atto è specificato il difensore presso il quale l'imputato è domiciliato, ma è più volte sottolineata la provenienza del ricorso dall'imputato medesimo, il quale "personalmente" premette quanto avvenuto nel processo, "personalmente" dichiara di proporre impugnazione ed infine sottoscrive).
L'art. 583 c.p.p. (v. da ultimo Cass., 2, ord. n. 32668 del 20/9/06, rv, 235072) prevede al comma 1 la facoltà di presentare impugnazione con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria e al comma 3 che, in tal caso, la sottoscrizione deve essere autenticata dal difensore. Il successivo art. 591 c.p.p. dispone che l'inosservanza dell'art. 583 c.p.p. determina l'inammissibilità dell'impugnazione medesima. Ai sensi dell'art. 613 c.p.p. l'autenticazione deve, peraltro, essere eseguita da difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione.
Nei caso di specie, come si è avuto modo di notare, la sottoscrizione del C. è priva di qualunque autenticazione.
L'inammissibilità del ricorso preclude l'esame dei motivi.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento della spese del processo e al versamento di una adeguata somma alla Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile.
PQM
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in Euro 2.500, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 settembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2012
08-03-2013 23:53
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