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Sentenza

Maresciallo GDF assolto dal reato di falsa attestazione in foglio di servizio de...
Maresciallo GDF assolto dal reato di falsa attestazione in foglio di servizio del rinvenimento per strada di una mazza da baseball.
Autorità:  Cassazione penale  sez. V
Data udienza:  30 novembre 2012
Numero:  n. 1140
Intestazione

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE QUINTA PENALE                        
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. TERESI      Alfredo       -  Presidente   -                    
Dott. VESSICHELLI Maria         -  Consigliere  -                    
Dott. LAPALORCIA  Grazia        -  Consigliere  -                    
Dott. MICHELI     Paolo         -  Consigliere  -                    
Dott. DE MARZO    Giuseppe -  rel. Consigliere  -                    
ha pronunciato la seguente:                                          
                     sentenza                                        
sul ricorso proposto da: 
Procuratore  Generale presso la Corte d'appello  di  Trento,  sezione 
distaccata di Bolzano; 
avverso  la sentenza del 11/10/2011 della Corte d'appello di  Trento, 
sezione distaccata di Bolzano R.G. 267/2010; 
emessa nei confronti di: 
             F.A.L., nato a (OMISSIS); 
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; 
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA  la  relazione  svolta  dal  Consigliere 
Giuseppe De Marzo; 
udito  il  Pubblico  Ministero, in persona del Sostituto  Procuratore 
generale,  dott.  FODARONI  Maria  Giuseppina  che  ha  concluso  per 
l'annullamento con rinvio. 
                 

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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 11/10/2011, la Corte d'appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, in riforma della sentenza di primo grado, ha assolto F.A.L. dal reato ascrittogli, perchè il fatto non sussiste. L'imputato era chiamato a rispondere del delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 479, 48 e 479 cod. pen., per avere, quale maresciallo della Guardia di Finanza, in concorso con M.C.D., finanziere, formando nell'esercizio delle proprie funzioni il "foglio di servizio", il "processo verbale di rinvenimento" e la "relazione di servizio", atti tutti recanti la data del (OMISSIS), attestato falsamente - e con l'inganno fatto attestare anche al finanziere G.U., che aveva in buona fede sottoscritto i predetti atti - di avere rinvenuto intorno alle 10, lungo la corsia centrale dell'autostrada, una mazza di circa 50 cm di legno, quando tale mazza era stata indebitamente sottratta lo stesso giorno, intorno alle ore 8 - 8,30, nel corso di un controllo, dal medesimo maresciallo F. dall'interno di un'autovettura di proprietà e in uso a V.J..
2. La Corte territoriale, dopo avere ricordato che il giudice di primo grado aveva assolto il F. dal reato di concussione, perchè il fatto non sussiste, e che il coimputato nel reato di falso ideologico, ossia il finanziere M., giudicato separatamente, era stato assolto con decisione ormai irrevocabile, ha ridimensionato la valenza probatoria delle dichiarazioni del V., ossia dell'unica fonte di prova della responsabilità del F.. La Corte ha, infatti, ritenuto di dover rinunciare al contributo ritraibile dalle dichiarazioni della figlia dell'uomo, V. J., la quale, pur non avendo assistito all'episodio, si era recata per prima in caserma a denunciarlo e aveva poi fatto da interprete al padre, in tal modo realizzando un'inammissibile commistione di ruoli tra teste, teste de relato e interprete. Ciò posto, secondo la sentenza di secondo grado, il riconoscimento, sia fotografico che all'udienza, da parte del V. non era improntato a certezza assoluta; inoltre, mentre il teste aveva riferito che i militari che avevano proceduto al controllo erano due, tutti i militari, ascoltati come testimoni, aveva dichiarato di non avere partecipato ad alcun controllo insieme al maresciallo F., perchè impegnati in altre attività di servizio. Da ultimo, la Corte territoriale ha sottolineato l'assenza di un plausibile movente idoneo a giustificare il falso dell'imputato.
3. Il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e dagli atti del processo (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e)).
In particolare, si lamenta: a) che il teste V. era stato sentito a dibattimento con un'interprete professionale, la signora K., e che d'altra parte, la figlia del teste, la mattina del fatto, aveva riferito alla Guardia di Finanza di (OMISSIS) quello che il padre le aveva detto; b) che i giudici di appello non avevano considerato la deposizione del maresciallo della Guardia di Finanza, Ma.Lu., il quale aveva riferito che il V., dopo avere sfogliato il fascicolo fotografico, si era soffermato sulla foto del F. e l'aveva indicata con un dito, confermando al maresciallo che quella era la persona che gli aveva sottratto la mazza da baseball; c) che in ogni caso il F. era l'unico militare con la barba ed era colui che si era presentato dai colleghi con una mazza da baseball in mano; d) che, quanto alle modalità dei controlli, il fatto che nessuno dei militari avesse operato con il F., oltre ad essere smentito dalle dichiarazioni dell'appuntato N., era illogico, nel senso che non era verosimile che, nell'arco della mattinata, gli stessi non fossero stati insieme, per certi periodi, in attesa di fermare le auto, di scambiarsi le informazioni, di procedere a controlli congiunti; e) che il F. non avrebbe predisposto alcun verbale di rinvenimento se non fosse stato esplicitamente invitato, come riferito dal teste N., dal maggiore C. a farlo.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il certificato di malattia pervenuto all'udienza del 30/11/2012 appare di incerto significato e provenienza, con la conseguenza che la Corte non lo ritiene ostativo alla celebrazione dell'udienza.
2. Ciò posto, il ricorso è inammissibile.
Ripercorrendo per ordine le ragioni cui il ricorrente affida le proprie critiche alla sentenza impugnata, si rileva: a) il fatto che il teste V. sia stato sentito a dibattimento con un'interprete professionale, la signora K., e che d'altra parte, la figlia del teste, la mattina del fatto, aveva riferito alla Guardia di Finanza di Rovereto quello che il padre le aveva detto, non fa che confermare quanto la Corte territoriale sostanzialmente afferma, ossia che l'unica fonte di prova diretta dell'accaduto è costituita dalle dichiarazioni del V.; in definitiva, si tratta di censura priva di decisività; b) il richiamo alla deposizione del maresciallo della Guardia di Finanza, Ma.
L., trascura di considerare che anche la sentenza di primo grado aveva ritenuto che le critiche della difesa sul riconoscimento fotografico curato dal Ma. erano in qualche modo "non destituite di fondamento" e, in ogni caso, non si fa carico di criticare le incertezze manifestate a dibattimento dal V.;
c) che il F. fosse l'unico militare con la barba è una circostanza di fatto che il ricorrente non correla ad alcun atto processuale; quanto al fatto che egli fosse colui che si era presentato dai colleghi con una mazza da baseball in mano è un dato compatibile anche con il ritrovamento della stessa, talchè anche in questo caso, per ragioni diverse, le critiche appaiono manifestamente inidonee a scardinare la logicità dell'impianto motivazione della sentenza impugnata; d) che la critica sulle modalità dei controlli è fondata su una generale e non specifica affermazione del teste N. e su considerazioni di ordine logico, che non dimostrano un travisamento della prova, ma aspirano ad una rivisitazione del materiale probatorio, sulla base di criteri valutativi diversi da quelli seguiti dal giudice di merito; e) l'assenza di un reale movente del F. si correla nella motivazione della Corte territoriale a specifiche considerazioni riguardanti il valore commerciale pressochè nullo della mazza da baseball danneggiata che non vengono prese affatto in esame dal ricorso.
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2013
Avv. Antonino Sugamele

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