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Sentenza

Militare condannato per minaccia aggravata ad inferiore chiede di essere rimesso...
Militare condannato per minaccia aggravata ad inferiore chiede di essere rimesso nel termine per l'impugnazione. Inammissibile.
Cassazione penale  sez. I   
Data:
    10/04/2013 ( ud. 10/04/2013 , dep.30/04/2013 ) 
Numero:
    18965

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. CHIEFFI    Severo        -  Presidente   -                     
    Dott. BARBARISI  Maurizio      -  Consigliere  -                     
    Dott. LOCATELLI  Giuseppe -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. CAPRIOGLIO Piera M. S.   -  Consigliere  -                     
    Dott. ROCCHI     Giacomo       -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                  T.R. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  la sentenza n. 24661/2011 CORTE DI CASSAZIONE di  ROMA,  del 
    07/02/2012; 
    sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI; 
    sentite  le  conclusioni del PG Dott. FLAMINI  Luigi  Maria,  che  ha 
    chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    Con sentenza del 7.2.2012 la Corte di Cassazione, Prima sezione penale, dichiarava inammissibile il ricorso di T.R. contro l'ordinanza 18.5.2011 della Corte militare di appello di Roma, che aveva rigettato l'incidente di esecuzione proposto per la declaratoria di non esecutività della sentenza 25.3.1998 della medesima Corte militare, che lo aveva condannato per il reato di minaccia aggravata ad inferiore, e subordinatamente, per la restituzione nel termine per l'impugnazione.

    Avverso la sentenza della Corte di Cassazione T.R. personalmente propone ricorso straordinario ai sensi dell'art. 625 bis c.p.p.: preliminarmente afferma l'ammissibilità della proposizione del ricorso straordinario avverso sentenze della Corte di cassazione emesse nell'ambito di incidenti di esecuzione, pur dando atto della giurisprudenza di legittimità di segno contrario;

    deduce l'esistenza di un errore sul fatto contenuto nella sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che il condannato non avesse dimostrato la data in cui aveva avuto conoscenza postuma del provvedimento ai fini dell'osservanza del termine previsto dall'art. 175 c.p.p., comma 2 bis; ad avviso del ricorrente la data di conoscenza del provvedimento corrispondeva alla data della missiva inviata il 23.2.2011 alla Corte di appello militare di Roma, con la quale T. riferiva di aver appreso della esistenza a suo carico della sentenza di condanna del 25.3.1998, e chiedeva se risultasse agli atti una elezione di domicilio nel luogo in cui era stata effettuata la notificazione dell'estratto contumaciale.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    Il ricorso è inammissibile.

    Il rimedio straordinario previsto dall'art. 625 bis cod. proc. pen., può avere ad oggetto esclusivamente i provvedimenti della Corte di cassazione che rendono definitiva una sentenza di condanna, e non anche le altre decisioni che intervengono in procedimenti incidentali o esecutivi; la disposizione in oggetto, in quanto introduce una eccezione al principio generale della intangibilità del giudicato, costituisce norma eccezionale per la quale vige il divieto di interpretazione analogica sancito dall'art. 14 preleggi.

    Conseguentemente deve ritenersi inammissibile il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto proposto avverso la decisione della Corte di cassazione in materia di incidente di esecuzione (in tal senso Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile P, Rv. 221281; Sez. 5, n. 48103 del 22/10/2009, Sarno, Rv. 245385; Sez. 5, n. 2727 del 12/11/2009 - dep. 21/01/2010, Baiguini, Rv. 245923).

    A norma dell'art.616 c.p.p. il ricorrente T.B. deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, sussistendo il presupposto soggettivo, al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille.
    PQM
    P.Q.M.

    Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

    Così deciso in Roma, il 10 aprile 2013.

    Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2013
Avv. Antonino Sugamele

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