Poliziotto indagato per usura: legittima la sospensione dal servizio, anche se non è stata data comunicazione di avvio del procedimento.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 24 maggio - 5 luglio 2013, n. 3581
Presidente Lodi – Estensore Puliatti
Fatto
1. Con ricorso notificato il 16 aprile 2004, l'agente di pubblica sicurezza Donato Francesco ha impugnato, dinanzi al TAR Toscana, il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio emesso dal direttore Generale della pubblica sicurezza in data 24 febbraio 2004, sul presupposto della pendenza nei suoi confronti di procedimento penale per il reato di usura.
Attesa la particolare gravità dei reati contestati, l'Amministrazione riteneva sussistente l'urgenza di provvedere ed ometteva, pertanto, la comunicazione di avvio del procedimento.
Con motivi aggiunti il sig. Donato impugnava, altresì, documenti successivamente depositati dall'Amministrazione.
2. Il TAR accoglieva il ricorso, osservando che sussisteva l'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento e di motivare il provvedimento anche in relazione alla sussistenza delle particolari ragioni di urgenza.
3. Con l'appello in esame si deduce l'erroneità della sentenza per violazione degli artt. 7 e ss. della l. 241/1990 e l'ingiustizia della ritenuta insufficiente motivazione del provvedimento impugnato.
4. All'udienza del 24 maggio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.
Diritto
1. L'appello è fondato.
1.1. Il TAR ha annullato il provvedimento impugnato esclusivamente per la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, ritenendo anche violato l'obbligo di motivare in relazione alle ragioni di urgenza che hanno impedito la partecipazione.
Ha escluso, tra l'altro, che il rinvio a giudizio emesso dal G.U.P. rilevi ai fini della legittimità del provvedimento impugnato, affermando che potrà essere valutato dall'Amministrazione in sede di eventuale rinnovazione del procedimento.
1.2. Fondato è il motivo di appello con cui il Ministero lamenta la violazione degli artt. 7 e ss. della l. 241/1990.
Ad avviso del Collegio, correttamente l'Amministrazione non ha comunicato l'avvio del procedimento, come consente l'art. 7 della l. 241/90 in presenza di “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità”.
Difatti, la cogenza dell'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento recede rispetto alle opposte esigenze di celerità, laddove sussistano ragioni di impedimento che richiedano, in concreto, l'immediata adozione della determinazione amministrativa, o qualora il contributo partecipativo del privato non sarebbe stato comunque idoneo a determinare un esito diverso. (Consiglio Stato, sez. V, 10 gennaio 2013, n. 9121 e 9 giugno 2007, n. 3431; sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 564).
Nel caso in esame, l'urgenza di provvedere è stata ravvisata dall'Amministrazione, come si legge nel provvedimento impugnato, nella “necessità, per la particolare gravità della condotta criminosa, di allontanare urgentemente dal servizio il dipendente”, a causa della “natura particolarmente grave dei fatti-reato a suo carico” e del “grave pregiudizio per l'Amministrazione di P.S. derivante dalla vicenda penale de qua”.
Per dimostrare la gravità dei fatti, il provvedimento richiama le circostanze risultanti dal capo di imputazione penale, ovvero che il dipendente, agente di P.S. in servizio presso la Questura di Prato, rinviato a giudizio per il delitto di cui agli artt. 110, 644, I, III, IV e V comma, nn. 3 e 4 c.p., in concorso con altra persona, dava in prestito denaro ad un imprenditore che si trovava in stato di bisogno, ottenendo, da questi, la restituzione con interessi usurari.
Tale enunciazione appare al Collegio espressione idonea a giustificare la valutazione discrezionale compiuta circa l'urgenza di provvedere alla sospensione dal servizio, in deroga all'obbligo di avviso sancito dall'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Il grado di urgenza necessario, che consente di omettere le garanzie partecipative, va valutato, di volta in volta, discrezionalmente in relazione alle circostanze ed alla conoscenza da parte dell'autorità amministrativa dei fatti, che risultino obiettivamente di tale gravità ed evidenza da non procrastinare ulteriormente l'adozione del provvedimento o da non richiedere l'apporto collaborativo dell'interessato, essendo, in concreto, preminente il fine di prevenire ulteriori conseguenze dannose.
Occorre tener conto che nel caso di specie ha trovato applicazione la misura cautelare di cui all'art. 9, comma 2, del DPR 25 ottobre 1981, n. 737, che consente, fuori dai casi di sospensione obbligatoria di cui al primo comma dello stesso articolo, la sospensione facoltativa dal servizio dell'“appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza sottoposto a procedimento penale, quando la natura del reato sia particolarmente grave”, su rapporto motivato del capo dell'ufficio dal quale dipende; trattasi, come è evidente, di previsione che persegue la finalità principale di fronteggiare il discredito derivante dalla presenza in servizio del dipendente sottoposto a procedimento penale.
Anche il tasso di discrezionalità di cui l'Amministrazione dispone nel valutare la “gravità” del reato deve ritenersi particolarmente elevato, poiché il giudizio riguarda, in definitiva, la conflittualità tra il comportamento tenuto dal dipendente e lo stesso bene pubblico affidato alle cure dell'Amministrazione.
In conclusione, deve, pertanto, ritenersi che l'Amministrazione abbia assolto all'obbligo di motivazione circa le “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento” di cui all'art. 7 l. 241/90, che le consentono la deroga all'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento, affermando la gravità dell'imputazione per il reato di usura, richiamando il capo di imputazione e la descrizione del fatto, gli estremi della comunicazione di rinvio a giudizio e la richiesta di applicazione della misura cautelare da parte del Questore di Prato, senza necessità di ulteriori analitiche specificazioni.
2. Per le considerazioni già svolte, va dichiarata la fondatezza anche del secondo motivo di appello, con cui si denuncia l'erroneità e ingiustizia della sentenza per aver affermato l'insufficiente motivazione del provvedimento impugnato, anche in relazione alle ragioni di urgenza.
Va ribadito, infatti, che il provvedimento fa esplicito riferimento ai presupposti per l'applicazione della misura cautelare di cui all'art. 9, comma 2, DPR 25 ottobre 1981, n. 737, alla proposta del Questore di Prato, di cui alla nota del 17.2.2004, alla pendenza del procedimento penale per il reato di usura, comunicata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Prato, alla particolare gravità del fatto-reato, descritto sinteticamente, e al grave pregiudizio per l'Amministrazione, con ciò assolvendo sufficientemente all'obbligo di esporre le ragioni in fatto e diritto che hanno determinato l'adozione con urgenza del provvedimento.
3. In conclusione, l'appello va accolto.
4. Le spese si possono compensare tra le parti, tenuto conto delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
17-07-2013 15:26
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