2^ Reggimento Trasmissioni Alpino. Insubordinazione con ingiuria pluriaggravata. Sergente Maggiore si rivolge ad un Maresciallo che lo aveva multato all'interno della caserma per avere parcheggiato il veicolo fuori le strisce, con l'espressione .. ti ci puoi proprio pulire il c ...lo ...
Cassazione penale sez. I 09/05/2014 ( ud. 09/05/2014 , dep.05/09/2014 )
Numero: 37214
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina - Presidente -
Dott. CAVALLO Aldo - rel. Consigliere -
Dott. CASSANO Margherita - Consigliere -
Dott. LA POSTA Lucia - Consigliere -
Dott. ROCCHI Giacomo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
V.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 85/2013 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
19/11/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Flamini L.M. che
ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte Militare di Appello, con sentenza deliberata il 19 novembre 2013, decidendo sul gravame proposto da V.A. - sergente maggiore dell'Esercito, in servizio presso il 2^ Reggimento Trasmissioni Alpino in (OMISSIS) - avverso la sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale militare di Verona - che lo aveva dichiarato colpevole del reato di insubordinazione con ingiuria pluriaggravata (per avere offeso il prestigio e la dignità del superiore in grado Maresciallo Capo S.M., con l'aggravante del grado rivestito e di aver commesso il fatto alla presenza di militari riuniti per servizio, così modificata in dibattimento dal PM, l'accusa enunciata nel decreto che aveva disposto il giudizio, che faceva riferimento "alla presenza di numerosi militari"), ha confermato integralmente quella resa in primo grado.
1.1 Il fatto addebitato all'imputato - svoltosi all'interno del comprensorio sede del Reggimento Trasmissioni Alpino - veniva così ricostruito dai giudici di merito, in base alle dichiarazioni della persona offesa e dei numerosi testi, tra i quali il Maggiore D. G. ed il Maresciallo D.S.: tra le ore 11 e le 11,30 del (OMISSIS), mentre il maresciallo S. si trovava presso il corpo di guardia, insieme al maresciallo D.S. ed altri cinque o sei militari, tutti riuniti per servizio in quanto impegnati ad attivare un gruppo elettrogeno a servizio del corpo di guardia, era sopraggiunto il sergente maggiore V., a bordo della sua vettura.
Questi, sceso dall'auto, si era avvicinato al gruppo camminando regolarmente e aveva chiesto chi avesse messo il foglietto da lui trovato sul parabrezza (un biglietto di sanzione per aver parcheggiato in luogo non autorizzato).
Il maresciallo aveva risposto di essere stato lui e il V. dapprima aveva tentato di giustificarsi ma, in seguito, avendo il superiore aggiunto che il parcheggio era consentito solo nelle strisce gialle, aveva replicato affermando di avere strappato la contestazione.
Lo S., di rimando, aveva aggiunto che l'infrazione era stata annotata e quindi non rilevava che avesse distrutto il fogliettino ma il prevenuto, nel frangente, aveva esclamato la frase in contestazione, ovvero "ti ci puoi proprio pulire il culo" e, alla domanda dell'altro se stesse scherzando, aveva ripetuto, indicando il maggiore D.G., presente lì vicino: te lo sto dicendo davanti al maggiore D.G., "ti ci puoi pulire il culo", per poi tornare verso la sua vettura e andarsene.
2. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l'imputato, articolando quattro motivi d'impugnazione.
2.1 Con il primo motivo si deduce l'illegittimità della sentenza impugnata per illogicità della motivazione, con riferimento al mancato accoglimento del secondo motivo di appello, con il quale era stata eccepita la nullità della sentenza di primo grado per violazione dell'art. 516 cod. proc. pen., avendo il Tribunale incongruamente respinto la richiesta di concessione di un termine a difesa formulata a ragione della modificazione dell'imputazione, consistita nell'inserzione di una circostanza di fatto (riuniti per servizio) sulla quale la difesa non aveva potuto effettuare verifiche e che pure assumeva rilevanza ai fini del decidere L'art. 199 c.p.m.p. prevede una scriminante per il reato previsto dal precedente art. 196, costituita dall'essere il fatto "commesso per cause estranee al servizio e alla disciplina militare, fuori dalla presenza di militari riuniti per servizio, e da militare che non si trovi in servizio o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare o in luoghi militari".
In particolare in ricorso, con riferimento al primo argomento addotto dalla Corte per rigettare tale motivo di appello (la modifica riguarderebbe una circostanza fattuale già contemplata nell'originario capo d'imputazione e non avrebbe comportato alcuna effettiva violazione del contraddittorio), si deduce che "la presenza di numerosi militari" costituisce una circostanza in fatto obiettivamente diversa e non omologabile a quella (modificata), relativa alla presenza di militari "riuniti per servizio".
Quanto al secondo argomento addotto (la modifica sarebbe irrilevante, ricollegandosi l'insubordinazione con ingiuria ad una violazione della disciplina della sosta delle auto all'interno della caserma ed essendo stato il fatto commesso in un luogo militare), da parte del ricorrente si sostiene che la connessione tra la contestazione per sosta vietata e i motivi di servizio e di disciplina non è affatto pacifica e che l'ingiuria sarebbe avvenuta in un cortile interno, nei pressi di un gruppo elettrogeno.
2.2 Con il secondo motivo si deduce l'illegittimità della sentenza impugnata per illogicità della motivazione, con riferimento al mancato accoglimento del primo motivo di appello, con il quale si censurava la decisione del Tribunale di revocare l'ammissione delle prove richieste dalla difese, incongruamente ritenute superflue, perchè asseritamente non idonee a contrastare gli elementi di prova a carico dell'imputato ed in particolare le risultanze del registro avvisi parcheggi irregolari.
In particolare, avuto riguardo alla linea di difesa prospettata dall'imputato - quella di non essersi recato in caserma il 23 febbraio 2013, avendo subito una distorsione alla caviglia (fasciata) che gli impediva di camminare normalmente senza l'ausilio di una stampella - la mancata assunzione dei mezzi di prova richiesti dalla difesa, volti a dimostrare l'impossibilità di una presenza dell'imputato in caserma nel giorno indicato nel capo d'imputazione, integrava una violazione del diritto di difesa, specie in presenza di una motivazione che ricollega la superfluità di tale prova alle risultanze dell'annotazione su di un solo registro, senza considerare che la stessa poteva in tesi essere frutto di un errore.
2.3 Con il terzo motivo si deduce ancora l'illegittimità della sentenza impugnata per illogicità della motivazione, con riferimento al mancato accoglimento del terzo motivo di appello, con il quale si denunziava l'errata qualificazione del fatto come in subordinanzione, essendo configurabile, a tutto concedere, il reato di ingiuria (art. 226 c.p.m.p.), difettando l'elemento specializzante della causa di servizio, risultando in particolare incongruo, secondo il ricorrente, il collegamento tra il reato contestato ed il regolamento sul parcheggio interno alla caserma, che si assume violato dall'imputato.
2.4 Con il quarto motivo si deduce, infine, l'illegittimità della sentenza impugnata per illogicità e contraddittorietà della motivazione, con riferimento al mancato accoglimento del quarto motivo di appello, con il quale, in via subordinata, si censurava la decisione del primo giudice, relativamente al mancato riconoscimento dell'attenuante della provocazione.
La Corte territoriale non aveva adeguatamente valutato il tono derisorio assunto dallo S. nei confronti dell'imputato il cui comportamento è stato incongruamente valutato come non sconveniente e inidoneo a configurare un fatto ingiusto.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L'impugnazione proposta nell'interesse di V.A. è basata su motivi infondati, e va quindi rigettata.
1.1 Quanto al primo motivo d'impugnazione, nessun profilo di illegittimità è ravvisabile nella decisione impugnata con riferimento al mancato accoglimento della richiesta di concessione di un termine a difesa.
La Corte territorio nel disattendere tale richiesta della difesa si è infatti correttamente uniformata a principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte (in termini, ex multis, Sez. 4, n. 41663 del 25/10/2005 - dep. 21/11/2005, Cannizzo ed altro, Rv.
232423) secondo cui le norme che disciplinano le nuove contestazioni, la modifica dell'imputazione e la correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza (art. 516 e 522 cod. proc. pen.), avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell'accusa e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell'imputato, "vanno interpretate con riferimento alle finalità alle quali sono dirette, cosicchè non possono ritenersi violate da qualsiasi modificazione rispetto all'accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui la modificazione dell'imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato", e richiedono altresì, per la loro applicabilità, che la modificazione incida sugli aspetti fondamentali dell'imputazione; eventualità motivatamente esclusa nel caso di specie in cui la modificazione si è risolta nell'aggiunta delle parole "riuniti per servizio", alla originaria contestazione "di aver commesso il fatto alla presenza di numerosi militari". La modifica, in altri termini, non ha riguardato gli elementi costituitivi del reato e neppure la contestazione di un'ulteriore aggravante ma solo una precisazione fattuale già presente nell'accusa originaria, rilevante esclusivamente sul piano della configurabilità di una condizione di procedibilità, per altro comunque integrata dalla circostanza, in fatto, che la condotta antigiuridica ascritta all'imputato si ricollega a "motivi di servizio", ovvero alla regolamentazione della sosta delle auto all'interno di un luogo militare.
1.2 Infondato deve ritenersi anche il secondo motivo d'impugnazione.
Il giudice di primo grado revocò motivatamente - e sul punto la Corte di appello militare ha fornito ulteriori adeguate spiegazioni per rigettare la deduzione d'appellante - talune prove testimoniali già ammesse (l'audizione dei testi F. ed A., che non avevano assistito direttamente ai fatti contestati, ed avrebbero dovuto deporre sulla possibilità dell'imputato di deambulare "normalmente" in caso di immobilizzazione della caviglia ovvero sulle modalità di accesso delle autovetture e sulle relative annotazioni degli ingressi in appositi registri), risultate superflue all'esito dell'istruttoria fino a quel momento già espletata.
Il giudice del dibattimento esercitò quindi un suo preciso potere/dovere, ben più ampio di quello riconosciuto dall'art. 190 cod. proc. pen., all'inizio del dibattimento, proprio in forza del maturo grado di conoscenza raggiunto nel corso del dibattimento. Il ricorrente ha peraltro sostenuto il livello di decisività delle prove testimoniali che il giudice ritenne superflue, finendo così con il formulare una deduzione avente il carattere delle genericità, non bastando a integrare la specificità richiesta dall'art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c) l'apodittica affermazione che la testimonianza "revocata" sarebbe stata "potenzialmente contrastante" con quelle già assunte.
1.3 Del tutto infondato è anche il terzo motivo d'impugnazione, avendo i giudici di appello ritenuto del tutto corretta la qualificazione giuridica del fatto contestato al ricorrente come insubordinazione con ingiuria, in base ad una più che adeguata valutazione delle risultanze processuali, da cui emergeva che la condotta posta in essere dal V. era stata originata dal ritrovamento, da parte dello stesso, di un biglietto sul parabrezza della sua vettura, con il quale gli si dava avviso che aveva parcheggiato in violazione del relativo regolamento e sull'ulteriore rilievo, secondo cui "la regolamentazione della sosta delle vetture dei militari in un sito militare integra senza alcun dubbio una fattispecie rilevante per il servizio e la disciplina".
In presenza di un percorso motivazionale, articolato, logico ed aderente alle risultanze processuali, le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso, lungi dal segnalare effettivi vizi motivazionali, si risolvono in deduzioni in fatto che non superano la soglia della ricostruzione alternativa e meramente confutativa rispetto a quella svolta dai giudici di merito.
1.4 Infondato risulta infine anche l'ultimo motivo d'impugnazione relativo al mancato riconoscimento dell'attenuante della provocazione, in quanto, a prescindere dalla dubbia conciliabilità di una siffatta richiesta difensiva con la complessiva linea difensiva adottata dall'imputato di non essersi mai recato in caserma il (OMISSIS), la concessione dell'attenuante presuppone il rigoroso accertamento di un fatto ingiusto altrui, nella specie motivamente escluso dai giudici di appello, i quali, sul punto, hanno correttamente evidenziato che la frase pronunciata dal Maresciallo S. e ritenuta dall'imputato di evidente contenuto derisorio - non ti ho chiesto di trattenerlo (il biglietto di contestazione) come un quadro - non poteva, intanto, ritenersi effettivamente integrare un comportamento sconveniente del superiore e costituiva, comunque, una replica e una precisazione ad una frase del tutto inopportuna utilizzata dall'inferiore, che nel contestare l'infrazione aveva dichiarato di aver strappato l'avviso, sicchè nella specie difettava in definita la sussistenza di un pur necessario nesso tra fatto ingiusto e condotta offensiva dell'autore del reato.
2. Al rigetto del ricorso, infocato in ogni sua progettazione, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2014
25-10-2014 16:16
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