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Sentenza

Brigadiere della Guardia di Finanza sottoposto a procedimento penale per presunt...
Brigadiere della Guardia di Finanza sottoposto a procedimento penale per presunte frodi relative all'erogazione di contributi comunitari da parte dell'A.I.M.A. viene sottoposto a procedimento discplinare della perdita del grado e revoca trattamento di quiescenza.
Consiglio di Stato  sez. IV   
Data:
    13/12/2013 ( ud. 08/10/2013 , dep.13/12/2013 ) 
Numero:
    5992

 

    Intestazione

                             REPUBBLICA ITALIANA                         
                         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
                            Il Consiglio di Stato                        
    in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)                             
    ha pronunciato la presente                                           
                                   SENTENZA                              
    sul ricorso numero di registro generale 3930 del 2012, proposto da:  
    Ra.   Ve.,   rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Maurizio  Ricciardi
    Federico,  con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di
    Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;                             
                                    contro                               
    Ministero  dell'Economia  e  delle  Finanze,  Comando  Generale della
    Guardia  di  Finanza,  Comando Interregionale dell'Italia Meridionale
    della   Guardia   di   Finanza,   rappresentati  e  difesi  per legge
    dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato, domiciliata in Roma, via dei
    Portoghesi, 12; I.N.P.D.A.P. - Istituto Nazionale di Previdenza per i
    Dipendenti  dell'Amministrazione, I.N.P.S. - Istituto Nazionale della
    Previdenza Sociale, non costituiti;                                  
    per la riforma                                                       
    della   sentenza   del   T.A.R.   CAMPANIA  -  NAPOLI:  SEZIONE VI n.
    02152/2012, resa tra le parti, concernente irrogazione della sanzione
    disciplinare della perdita del grado.                                
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                   
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia
    e  delle  Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando
    Interregionale dell'Italia Meridionale della Guardia di Finanza      
    Viste le memorie difensive;                                          
    Visti tutti gli atti della causa;                                    
    Relatore  nell'udienza  pubblica  del  giorno 8 ottobre 2013 il Cons.
    Giuseppe  Castiglia  e  uditi  per  le parti l'Avv. Federico Maurizio
    Ricciardi e l'Avvocato dello Stato Paolo Grasso;                     
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              


    Fatto

    Il signor Ra. Ve., brigadiere della Guardia di finanza in congedo assoluto per infermità dal 7 ottobre 1999, è stato sottoposto a procedimento penale per presunte frodi relative all'erogazione di contributi comunitari da parte dell'A.I.M.A. Condannato in primo grado, è stato prosciolto in appello per intervenuta prescrizione.

    All'esito del procedimento disciplinare successivamente promosso dall'Amministrazione, gli è stata irrogata - con determinazione del 4 ottobre 2011 - la sanzione disciplinare della perdita del grado ed è stato avviato il procedimento di revoca del trattamento di quiescenza e ripetizione delle somme già corrisposte.

    Il signor Ve. ha impugnato gli atti ora indicati, insieme con quelli connessi, con ricorso che il T.A.R. della Campania, sez. VI, ha respinto con sentenza 10 maggio 2012, n. 2152.

    Contro la sentenza il signor Ve. ha interposto appello, chiedendone anche la sospensione dell'efficacia esecutiva.

    L'appellante deduce:

    1. l'intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare, per essere stato superato il termine di 180 giorni fra la data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza definitiva di proscioglimento (7 ottobre 2010) e quella della contestazione degli addebiti (7 aprile 2011) previsto dall'art. 97, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3; non sarebbe applicabile la disciplina sopravvenuta recata dall'art. 1392 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare - d'ora in poi: codice) entrato in vigore il 9 ottobre 2010, sia in base al principio "tempus regit actum", sia perché l'art. 1392 citato non rientrerebbe fra le disposizioni richiamate dal successivo art. 2136 dello stesso decreto legislativo ai fini dell'applicabilità agli appartenenti alla Guardia di finanza;

    2. il difetto dei presupposti per l'avvio dell'azione disciplinare: mancherebbe la condanna penale definitiva, cui l'art. 2149, comma 8, del decreto legislativo n. 66 del 2010 collegherebbe la sanzione della perdita del grado; all'epoca della cessazione dal servizio per infermità (7 ottobre 1999) non sarebbe risultato pendente alcun procedimento disciplinare a carico dell'appellante;

    3. la mancata considerazione di elementi, acquisiti solo successivamente alla sentenza di primo grado, che comproverebbero la totale estraneità dell'appellante agli addebiti a lui mossi;

    4. l'omessa replica dell'Amministrazione alle osservazioni prodotte in sede disciplinare, la mancata assegnazione di termini a difesa nel procedimento di revoca del trattamento pensionistico, la retroattività della sanzione su diritti economici ritenuti ormai definitivamente acquisiti;

    5. la sproporzione fra illecito contestato e sanzione inflitta, anche alla luce del fatto che, dopo la revoca di un'ordinanza cautelare, l'Amministrazione non avrebbe attivato il procedimento disciplinare come invece avrebbe potuto (l'appellante non era stato ancora rinviato a giudizio), limitandosi a disporne il trasferimento d'autorità; l'irragionevolezza apparirebbe anche con riguardo al curriculum del militare e ai riconoscimenti tributatigli.

    L'Amministrazione si è costituita in giudizio per resistere all'appello, richiamando le difese svolte in primo grado.

    Con ordinanza 26 giugno 2012, n. 2462, la Sezione ha dato atto della rinunzia alla domanda cautelare, resa dall'appellante in camera di consiglio.

    All'udienza pubblica dell'8 ottobre 2013, l'appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
    Diritto

    Nessuno dei motivi dell'appello è fondato.

    1. La prima censura fa leva sull'avvenuto superamento dei termini previsti dalla legge per il procedimento disciplinare, sul presupposto che alla vicenda fosse ancora applicabile il decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 e non il sopravvenuto codice dell'ordinamento militare.

    Come detto in narrativa, infatti, la sentenza irrevocabile di proscioglimento è divenuta irrevocabile il 7 ottobre 2010; solo il successivo 9 ottobre il codice è entrato in vigore.

    A sostegno della tesi, l'appello richiama giurisprudenza, che però attiene a fattispecie diverse (Cass. civ., ss. uu., 20 dicembre 2006, n. 27172, sancisce l'irrilevanza del mutamento di disciplina dell'impugnazione verificatosi successivamente all'emanazione della sentenza, ritenendo irrilevante la disciplina vigente alla data dell'impugnazione stessa sulla considerazione che la fattispecie generatrice del potere d'impugnazione sarebbe costituita dalla sentenza medesima, la cui forza giuridica sarebbe segnata dal momento in cui essa assume esistenza giuridica e resterebbe definitivamente fissata in tale momento, con la conseguenza che la facoltà d'impugnazione ed i modi ed i termini per esercitarla sarebbero insensibili a successivi interventi; T.R.G.A. di Bolzano, 19 aprile 2012, n. 150, ritiene che la misura della perdita del grado senza giudizio disciplinare, ex art. 866, comma 1, del codice, avrebbe natura di pena accessoria di carattere penale ex art. 20 c.p. e non potrebbe applicarsi, con efficacia retroattiva, a fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore della disposizione citata).

    In realtà, la soluzione al quesito della normativa applicabile discende direttamente dalla disciplina intertemporale dettata dallo stesso codice.

    Secondo l'art. 2187, "i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente codice e del regolamento rimangono disciplinati dalla previgente normativa". Se ne deduce, a contrario, che il nuovo regime vale per i procedimenti non ancora instaurati a quella data.

    Nel caso di specie, il procedimento disciplinare è stato avviato con la contestazione degli addebiti il 7 aprile 2011. E" dunque il codice sopraggiunto la fonte del regime relativo.

    Vale dunque l'art. 1392 del codice, secondo cui il procedimento disciplinare di stato, a seguito di giudizio penale, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato entro 90 giorni dalla data in cui l'Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione (comma 1) e deve concludersi entro 270 giorni dalla medesima data (comma 3).

    Diversamente da quanto sostiene l'appello, l'art. 1392 è senz'altro applicabile al personale della Guardia di finanza per testuale disposto di legge, essendo ricompreso nel libro IV, titolo VIII del codice stesso (cfr. 2136, comma 1, lett. ee).

    Ciò premesso, appare evidente che:

    l'Amministrazione ha avuto piena conoscenza della sentenza in data 1° febbraio 2011 (si veda il certificato rilasciato in pari data dalla Corte d'appello di Napoli, con riguardo alla determinazione del momento in cui la sentenza è divenuta irrevocabile);

    ha contestato gli addebiti il successivo 7 aprile, cioè 65 giorni dopo;

    ha adottato il provvedimento il 4 ottobre dello stesso anno, cioè dopo 245 giorni.

    I termini di legge sono, in definitiva, ampiamente rispettati.

    2. Quanto all'allegato difetto dei presupposti per l'esercizio dell'azione disciplinare, basti osservare che l'appellante, al momento in cui è stato collocato in congedo assoluto per infermità (7 ottobre 1999), era già sottoposto a procedimento penale, per essere stato rinviato a giudizio dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli con decreto del 22 luglio precedente.

    Si applica dunque l'art. 923, comma 5, del codice, secondo cui "il militare cessa dal servizio, nel momento in cui nei suoi riguardi si verifica una delle predette cause" (elencate al comma 1: fra di esse, l'infermità) "anche se si trova sottoposto a procedimento penale o disciplinare. Se detto procedimento si conclude successivamente con un provvedimento di perdita del grado, la cessazione dal servizio si considera avvenuta per tale causa".

    Indipendentemente dalla diretta applicabilità o meno al personale della Guardia di finanza dell'art. 867 del codice, che l'appellante contesta, è indubbio che, per effetto della disposizione ora ricordata, a seguito del provvedimento disciplinare sopravvenuto muta il titolo, e non la data, della cessazione dal servizio.

    Per altro verso, la tesi del privato sulla inapplicabilità della sanzione della perdita del grado - in quanto non prevista dall'art. 2149, comma 8, del codice - non ha pregio, poiché tale disposizione, insieme con quella dell'art. 866, disciplina la perdita del grado per condanna penale, che tuttavia è solo una delle possibili cause di quella sanzione di stato e non esclude certo la rimozione all'esito di procedimento disciplinare (cfr. art. 861 del codice).

    Anche il secondo motivo dell'appello si mostra dunque infondato.

    3. Gli ulteriori motivi censurano, sotto diversi profili, il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato.

    Nessuno di tali motivi può essere condiviso.

    La sentenza della Corte d'appello, pur dichiarando l'improcedibilità dell'azione penale per intervenuta prescrizione, ha ritenuto che "la sussistenza delle condotte criminose contestate e la penale responsabilità da Ve. Ra. emergono in maniera univoca e certa dalle risultanze processuali esposte in maniera esauriente nella sentenza impugnata, e correttamente valutate dal giudice di prime cure con motivazione logica ed adeguata".

    L'appellante richiama materiale probatorio di cui sarebbe venuto in possesso solo dopo il giudizio di primo grado, conclusosi con la sua condanna. Evidentemente, il dato è irrilevante, poiché egli lo ha verosimilmente prodotto (o avrebbe potuto farlo) di fronte al giudice dell'appello penale, che invece si è espresso nei termini sopra ricordati.

    Dal suo canto, l'Amministrazione ha compiuto un'autonoma istruttoria in sede disciplinare, che si è conclusa con il provvedimento di perdita del grado. L'istruttoria appare immune da vizi, anche perché è da escludere che - diversamente da quanto sostiene l'appello - per l'Amministrazione procedente sussista l'obbligo di replicare punto per punto alle osservazioni del dipendente incolpato, essendo invece sufficiente che l'istruttoria si svolga, nel suo complesso, in aderenza alla legge e alla necessità di acquisire in modo autonomo e completo gli elementi di conoscenza necessari per giungere alla determinazione finale. Ciò che, nel caso di specie, è avvenuto.

    Quanto poi alla supposta irragionevolezza e non proporzionalità della sanzione della perdita del grado per rimozione, va richiamato il consolidato orientamento - al quale il Collegio ritiene di aderire in assenza di particolari ragioni di segno contrario - secondo cui è incontestabile l'ampia discrezionalità che connota le valutazioni dell'Amministrazione in ordine alla sanzione disciplinare da infliggere a fronte delle condotte accertate (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1452, ove riferimenti ulteriori, ai quali adde almeno sez. IV, 31 ottobre 2012, n. 5582, e sez. IV, 19 dicembre 2012, n. 6540).

    Su tale premessa, non è né illogica né irragionevole la scelta di irrogare una sanzione destitutoria al militare della Guardia di finanza che, nel partecipare attivamente - nell'esercizio delle sue funzioni istituzionali - a una frode ai danni dell'A.I.M.A., sia posto in consapevole e immediato contrasto con gli obblighi assunti con il giuramento prestato. Come più volte detto dal Consiglio di Stato, questa circostanza rende del tutto irrilevante qualunque considerazione di precedenti condotte dell'Amministrazione (nella specie: la mancata attivazione del procedimento disciplinare subito dopo la scarcerazione) ovvero dello stato di servizio del militare e dei riconoscimenti (peraltro, nella specie, non particolarmente significativi) da questi ricevuti in precedenza.

    4. Una volta inflitta la sanzione destitutoria, i provvedimenti di sospensione e revoca del trattamento di quiescenza e di recupero delle somme già corrisposte erano atti dovuti.

    In disparte la questione del Giudice titolare della giurisdizione, che nessuno ha sollevato, alla data del collocamento a riposo, mutato il titolo di questo, il signor Ve. - come rileva la nota della Guardia di finanza n. 368/RE del 2 novembre 2011- non aveva i requisiti oggettivi per averne diritto. La mancata assegnazione di termini, di cui l'appellante si duole, non ha potuto in alcun modo pregiudicarlo, anche perché proprio con la nota appena ricordata gli è stato comunicato l'avvio del procedimento per la revoca della pensione e il recupero delle somme già corrisposte.

    5. Dalle considerazioni che precedono, discende che l'appello è infondato e va perciò respinto.

    Conformemente alla legge, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
    PQM
    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

    Condanna la parte soccombente alle spese, che liquida nell'importo di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

    Giorgio Giaccardi, Presidente

    Sergio De Felice, Consigliere

    Fabio Taormina, Consigliere

    Diego Sabatino, Consigliere

    Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 13 DIC. 2013
Avv. Antonino Sugamele

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