Procedimento disciplinare militare: La mancata esibizione all'appellato della relazione conclusiva dell'ufficiale inquirente vizia il procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti e quindi la determinazione finale.-
Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd. Data:14/07/2014 ( ud. 07/05/2014 , dep.14/07/2014 ) Numero: 422
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 271 del 2013, proposto da:
Ministero Economia e Finanze, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi,
N. 81;
contro
Fi. Er., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe De Luca, con
domicilio eletto presso l'avv. Roberto D'Agostino in Palermo, via
Volturno, 6;
per la riforma
della sentenza del TAR SICILIA - PALERMO :Sezione I n. 02251/2012,
resa tra le parti, concernente irrogazione della sanzione della
perdita di grado
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fi. Er.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2014 il Cons.
Giuseppe Barone e uditi per le parti gli avvocati avv. di Stato La
Rocca e G. Giglio su delega di G. De Luca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
Con ricorso notificato in data 12.3.2010 e depositato il successivo 2 aprile, l'appellato ha impugnato il provvedimento dell'8.1.2010 con il quale il Comando Interregionale dell'Italia sud-occidentale della Guardia di Finanza, nella persona del comandante interregionale gen. c.a. Ma. Mi., ha disposto che "il maresciallo capo, sospeso precauzionalmente dall'impiego, Er. Fi. 82013 8W perde il grado per rimozione e sia è posto a disposizione del Centro documentale (già distretto militare) competente come semplice soldato, a decorrere da oggi; sotto pari data ha termine la sospensione precauzionale dall'impiego, a titolo discrezionale, adottata con determinazione di questo comando interregionale in data 08 maggio 2009".
A fondamento del suo ricorso ha posto le seguenti censure :
I) Mancata ostensione della relazione conclusiva dell'ufficiale inquirente;
II) Violazione di legge - Inadeguatezza del provvedimento di rimozione ed incompetenza dell'organo che lo ha pronunziato;
III) Carenza di istruttoria che ha portato l'emanazione del provvedimento impugnato;
IV) Non proporzionalità per eccessiva afflittività della sanzione.
Con la sentenza oggi appellata, il T.A.R. per la Sicilia, sez. I, ritenuta la competenza del Comandante Interregionale all'adozione del provvedimento impugnato (e disattendendo, quindi, l'eccezione d'incompetenza del ricorrente), ha dichiarato la fondatezza del primo motivo del ricorso, con il quale l'appellato ha rilevato l'illegittimità del provvedimento impugnato per non avergli l'amministrazione consentito l'esame della relazione conclusiva dell'ufficiale inquirente. Ha dichiarato assorbite le altre censure.
Il Tribunale è stato dell'avviso che, contrariamente a quanto ha asserito sul punto l'Avvocatura dello Stato, non può ritenersi che la concordanza tra le conclusioni di tale relazione e l'ordine di deferimento rendono superflua l'ostensione della relazione. Anzi, secondo il primo Giudice, proprio la circostanza che in caso di concordanza il Comandante non deve esternare particolari motivazioni a giustificazione della decisione adottata, rende più utile la conoscenza da parte dell'interessato della relazione, che costituisce l'unica effettiva motivazione del deferimento, indispensabile per garantire lo svolgimento di un'effettiva attività difensiva.
Pertanto in linea con il precedente del Consiglio di Stato (Cons. di Stato, sez. IV, 23 settembre 2008, n. 4630), ha ritenuto il Collegio di prime cure che la mancata esibizione all'appellato della relazione conclusiva dell'ufficiale inquirente vizi il procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti e quindi l'impugnata determinazione finale, pur rimanendo il potere dell'amministrazione di instaurare un nuovo procedimento disciplinare, ovviamente emendato dal vizio rilevato della mancata ostensione della relazione conclusiva dell'ufficiale inquirente.
Avverso la sentenza, che così aveva deciso, l'Amministrazione ha proposto appello.
Nel riportarsi in parte alle argomentazioni già dedotte con la memoria di primo grado, da intendersi, in questa sede, integralmente riportate, la difesa erariale è, passata a ricostruire la vicenda secondo il susseguirsi delle varie circostanze, rilevando nel merito che:
1) la sanzione irrogata è sostanzialmente proporzionata alle condotte oggetto di valutazione disciplinare;
2) l'appellato aveva comunque conoscenza per relationem del rapporto finale dell'Ufficiale inquirente, che va considerato come un mero parere;
3) l'appellato aveva piena consapevolezza delle ragioni del procedimento disciplinare, per via della conoscenza del procedimento penale, che vi ha dato origine chiusosi col patteggiamento;
4) la relazione finale dell'Ufficiale inquirente contiene valutazioni, che debbono essere partecipate solo all'autorità che ha ordinato l'inchiesta, che può non condividerle con l'inquisito, il quale in sostanza non avrebbe nessun diritto a conoscerle, anche se poi, contraddicendosi, l'Avvocatura riconosce che l'inquisito avrebbe potuto chiederne l'ostensione ex art. 24, comma 7, L. n. 241/1990.
Si è costituito l'appellato proponendo appello incidentale. Ha sostenuto la fondatezza della sentenza di primo grado deducendo altresì, come motivi di appello incidentale, le censure già mosse in primo grado, ma non esaminate dal Tribunale, ovvero: a) carenza di istruttoria; b) sproporzione della sanzione per eccessiva afflittività. Ha eccepito ancora l'illegittimità costituzionale delle disposizioni contenute nella L. 599/1954, art. 63 e ss., nella parte in cui non prevedono la specifica garanzia di conoscenza da parte dell'incolpato della relazione finale redatta dall'Ufficiale inquirente, per violazione dell'art. 3 della Costituzione.
All'udienza del 7 maggio 2014 il ricorso è andato in decisione.
Diritto
1) L'appello è infondato e, come tale, va rigettato.
Appare meritevole di conferma la statuizione del giudice di prime cure, in linea con il precedente del Consiglio di Stato (Cons. di Stato, sez. IV, 23 settembre 2008, n. 4630), in merito al fatto che la mancata esibizione all'appellato della "relazione conclusiva dell'ufficiale inquirente" vizi il procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti e, quindi, l'impugnata determinazione finale, pur rimanendo il potere dell'amministrazione di instaurare un nuovo procedimento disciplinare, nei confronti dell'appellato, ovviamente emendato dal vizio rilevato della mancata ostensione della relazione conclusiva dell'ufficiale inquirente.
Non può dubitarsi infatti che, nella vicenda all'esame del Consiglio sia stato impedito all'incolpato, nella prima fase del procedimento per via della menzionata mancata ostensione delle conclusioni dell'Ufficiale inquirente, di incidere, con la sua partecipazione sul giudizio dell'autorità procedente, mentre tale giudizio è stato certamente condizionato proprio dalle suddette conclusioni, allorché si è deciso di deferire il ricorrente innanzi alla Commissione di disciplina.
Quanto sopra acquista importanza decisiva ove si osservi che in concreto il Comandante del Corpo ha ritenuto di deferire l'odierno appellato al giudizio della Commissione di disciplina dichiarando di condividere le considerazioni e le proposte esternate dall'Ufficiale inquirente nel più volte citato rapporto finale.
Le censure dell'appellante vengono ulteriormente contraddette anche dai principi pacifici in giurisprudenza di obbligo di valutazione autonoma da parte dell'Amministrazione di appartenenza dei fatti di rilievo disciplinare, per cui la conoscenza della relazione finale ha un suo valore autonomo rispetto alla conoscenza del procedimento penale, cui eventualmente il procedimento disciplinare si colleghi.
Le superiori considerazioni sono sufficienti per il Consiglio per confermare quanto deciso dal primo giudice.
2) Per quel che attiene all'appello incidentale con cui il ricorrente ha tra l'altro dedotto l'eccesso di potere, in cui sarebbe caduta l'Amministrazione per avere irrogato una sanzione sproporzionata al fatto contestato, censura peraltro non priva di ragionevolezza, essendo stato respinto il ricorso principale, esso deve dichiararsi improcedibile.
3) Infine, il Collegio si ritiene esentato dall'esaminare l'eccezione d'incostituzionalità degli artt. 63 e ss. della L. 599/1954 ,considerata la sua irrilevanza ai fini della decisione da adottare.
4) Conclusivamente, il Collegio dichiara il ricorso principale infondato e il ricorso incidentale improcedibile.
Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e vengono determinate come in dispositivo.
PQM
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando sul ricorso principale, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Dichiara improcedibile l'appello incidentale, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Condanna l'Amministrazione intimata al pagamento delle spese della presente fase di giudizio che liquida, in favore dell'appellato, in Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Raffaele Maria De Lipsis, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere
Alessandro Corbino, Consigliere
Giuseppe Barone, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 14 LUG. 2014.
30-08-2014 15:32
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