Appuntato dei carabinieri assente dal lavoro per lombalgia trovato a giocare a rugby: imputato di diserzione pluriaggravata, truffa militare pluriaggravata continuata, allontanamento illecito aggravato: 7 mesi di reclusione militare, ma la Cassazione lo assolve per la diserzione e riduce la pena.
Cassazione penale sez. I 02/12/2014 ( ud. 02/12/2014 , dep.12/03/2015 ) Numero: 10600
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. NOVIK Adet Ton - rel. Consigliere -
Dott. DI TOMASSI Mariastefania - Consigliere -
Dott. MAZZEI Antonella P. - Consigliere -
Dott. CAPRIOGLIO Piera M.S. - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 185/2013 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
09/04/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Flamini L.M., che
ha concluso per l'annullamento senza rinvio della condanna per
diserzione e la rideterminazione della pena per la truffa in mesi 6
di reclusione.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 25 giugno 2013 il Tribunale Militare di Verona che procedeva nei confronti di B.M., Appuntato scelto dei Carabinieri, per plurimi episodi di diserzione pluriaggravata, truffa militare pluriaggravata continuata, allontanamento illecito aggravato, dichiarava il medesimo colpevole dei reati di truffa militare pluriaggravata e diserzione pluriaggravata relativamente al periodo dalla (OMISSIS), unificati sotto il vincolo della continuazione lo condannava alla pena di mesi sette di reclusione militare, concedendo i benefici di legge. Assolveva l'imputato dai medesimi reati relativi a periodi diversi, nonchè da quello di diserzione, perchè il fatto non sussiste.
2. Riteneva provato che l'imputato era stato assente dal servizio nei periodi contestatigli sulla base di certificati medici che attestavano una patologia invalidante, non strumentalmente accertata, ma desunta dalla sintomatologia riferita dal paziente al medico curante. Nei periodi per cui egli era stato condannato, l'assenza dal reparto era stata giustificata da lombalgia o sindrome influenzale e, tuttavia, egli era stato convocato per giocare in partite del campionato di rugby per la società per cui era tesserato, il cui allenatore aveva confermato l'impiego in partita. Il Tribunale rilevava che l'imputato aveva giocato il (OMISSIS) (quando risultava assente per sindrome influenzale rispettivamente dal 23/2/2008 e dal 16 gennaio 2009), ed aveva partecipato a cinque gare dal 29 settembre al 2 novembre 2008, quando era affetto da lombosciatalgia, nonchè ad altre tre partite dall'3 novembre al 3 dicembre 2009 (recte, 2008), periodo in cui era a disposizione del Dipartimento di medicina legale.
3. Il Tribunale militare rilevava che il medico curante aveva rilasciato i certificati di malattia, avendo accertato l'esistenza di una discopatia "non gravissima ma comunque di discreta gravità", ma aveva sollecitato il paziente a sottoporsi a visite specialistiche di neurochirurgia. Lo stesso medico aveva rinnovato i certificati medici sino a quando, in assenza del referto specialistico richiestogli, si era rifiutato di rilasciarne di ulteriori. La sussistenza della discopatia non costituiva in modo definitivo e permanente causa di oggettiva impossibilità a fare rientro al reparto, dovendosi valutare in modo diverso il periodo di riacutizzazione del dolore rispetto a quelli in cui lo stato infiammatorio ridotto non impediva lo svolgimento dell'ordinaria occupazione. Non era pertanto giustificata l'assenza del reparto nel periodi dal 14/10/2008 al 2/11/2008, in conseguenza delle accertate partecipazione a gare sportive. Detti fatti integravano i reati di diserzione pluriaggravata e di truffa militare pluriaggravata per aver B. indotto in errore l'amministrazione militare producendo una falsa certificazione medica ed ottenendo la corresponsione della retribuzione.
4. A fronte dell'impugnazione del difensore del condannato, la Corte Militare di appello confermava integralmente la decisione di primo grado. Prendendo in esame il primo motivo di appello che censurava il ritenuto concorso tra il reato di truffa e quello di diserzione, richiamando alcune decisioni di questa Corte di legittimità, la corte territoriale riteneva non influente le invocate decisioni, in quanto riferibili a situazioni in cui il militare era stato dispensato dal servizio, mentre nel caso in esame l'imputato era sempre stato ritenuto e mantenuto idoneo alla prestazione del servizio, aggiungendo, con un argomentare di non chiara comprensione, "ed allorquando trattasi di certificazione medica non rilasciata da una struttura pubblica o da un sanitario del servizio sanitario nazionale o che comunque risulti aver dato anche titolo ad uno specifico quanto espresso titolo di dispensa, pur se soltanto temporanea, dal relativo servizio retribuito da parte dell'autorità militare". Nel merito, la corte militare riteneva sussistenti i reati contestati, in concorso tra loro, avendo l'imputato inviato il certificato medico 13/10/2008, attestante la necessità di fruire di 20 giorni ulteriori di riposo per "lombosciatalgia sx in discopatia lombo-sacrale", che non aveva valore impeditivo della prestazione lavorativa per aver l'imputato preso parte alle partite del (OMISSIS) del campionato nazionale di rugby e percepito la retribuzione. Precisava che mentre il reato di diserzione offendeva l'interesse dell'amministrazione ad avere la presenza fisica del militare in servizio, la truffa era un reato contro il patrimonio. Rilevava ancora, rispondendo alle doglianze della parte, che non era rilevante che l'assenza dal servizio dell'imputato avesse trovato formale copertura nel certificato medico, in quanto a prescindere dalla specifica patologia presupposta, la dizione letterale del medesimo, che indicava la necessità di "ulteriore riposo", non escludeva che l'imputato potesse essere presente in servizio a (OMISSIS), dove era permanentemente alloggiato, avendo titolo ad essere esonerato dai soli normali turni dei servizi istituzionali armati esterni. Era così irrilevante il convincimento del primo giudice che l'imputato avesse tratto in inganno il proprio medico, in quanto ciò che rilevava era che B., invece di stare a riposo, aveva partecipato a partite di campionato nel periodo di assenza, ciò significando che egli era stato idoneo alla pratica sportiva e tale idoneità aveva mantenuto non solo per prendere parte agli incontri che si erano tenuti a ridosso dei periodi di assenza, ma anche negli anni successivi.
5. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione B.M., per mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di ricorso, qui sinteticamente enunciati, chiedendo l'annullamento della sentenza.
5.1. Con il primo il ricorrente deduce violazione di legge in relazione all'art. 148 c.p.m.p., n. 2, art. 234 e art. 81 c.p..
L'imputato doveva rispondere del reato di diserzione impropria, consistente nella mancata presentazione senza giusto motivo nei cinque giorni successivi a quello prefisso per il rientro del militare che in servizio alle armi si trovi legittimamente assente.
Plurime sentenze della Corte di Cassazione, e la stessa Corte Militare di Appello, avevano ritenuto legittima l'assenza dal servizio e non configurabile il reato di diserzione ove avente titolo in un'autorizzazione dell'autorità militare, pur se carpita con dolo. In altre decisioni, allegate al ricorso, la corte di appello militare aveva ritenuto che il fatto in questione integrava il reato di simulata infermità e aveva annullato d'ufficio la decisione di condanna, avendo ritenuto una connessione talmente forte tra i due reati da rendere impossibile una trattazione disgiunta, in quanto la declaratoria di nullità della diserzione si riverberava necessariamente anche sul reato di truffa.
5.2. Con il secondo motivo, il difensore deduce l'erronea valutazione ed interpretazione delle prove; violazione di legge con riferimento all'applicazione degli artt. 234, 147 c.p.m.p.; l'utilizzo della scienza propria nella valutazione delle prove in relazione alla violazione di cui all'art. 220; irragionevolezza di valutazioni contrapposte in situazioni analoghe, carenza motivazionale per illogicità e carenza, motivazione apparente. In particolare, il ricorrente contesta l'argomentazione contenuta in sentenza secondo cui l'imputato avrebbe potuto essere adibito a compiti interni, dal momento che per l'Arma dei Carabinieri la prestazione di servizio richiede la totale idoneità fisica. Era illogica anche la considerazione svolta secondo cui, l'aver B. ottenuto il certificato di idoneità all'attività agonistica per il 2008 comportava che egli non potesse aver avuto la malattia diagnosticata dal medico curante. Così come illogicamente era stato valutato negativamente che l'imputato avesse svolto attività fisica il giorno prima o nei giorni immediatamente precedenti il rilascio dei certificati medici. Rileva parte ricorrente che nell'atto d'appello aveva posto l'accento anche sulla necessità di applicazione dell'art. 535 (recte, art. 526) del codice di rito che impone al giudice di giungere alla condanna solo se è possibile escludere ogni altra ipotesi alternativa dotata di razionalità e plausibilità. La sentenza non aveva infine motivato sull'elemento soggettivo del reato, non avendo dato risposta alla doglianza mossa nell'atto di appello: accertata la esistenza della patologia non si poteva escludere che da parte dell'imputato vi fosse una incolpevole rappresentazione e che, avendo ottenuto un certificato dalla struttura sanitaria, non vi fosse, quanto meno sotto il profilo della scriminante putativa, la volontà di commettere la truffa.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto. Le premesse logiche e giuridiche della pronuncia di condanna per il reato di diserzione non possono essere condivise. L'art. 148 c.p.m.p. descrive due tipi di diserzione che hanno in comune il rifiuto del servizio alle armi, ma si distinguono in diserzione propria (comma 1) e diserzione impropria (comma 2) sotto il profilo della condotta:
l'assenza arbitraria del militare dal servizio alle armi per cinque giorni consecutivi-costituente l'elemento materiale comune ad entrambe le ipotesi di reato-dipende, nell'ipotesi propria della diserzione, dall'allontanamento dal servizio senza autorizzazione e, in quella impropria, dalla mancata presentazione al servizio senza giusto motivo da parte del militare legittimamente assente. Secondo il costante indirizzo di questa Corte di legittimità, "il reato militare di diserzione (art. 148 c.p.m.p., n. 1) non si configura nei casi in cui l'assenza dal servizio militare trovi titolo in un'autorizzazione dell'autorità militare, pur se carpita con dolo" (Cass., Sez. 1, 14 luglio 2006, n. 29105, Musa, n. Rv. 235272 Sez. 1, 2 maggio 2006, n. 18450, Di Felice, n. 234465; cui adde: Sez. 1, 6 marzo 2001, n. 15566, Ambrosio, n. 218915), come appunto, nel caso in termini, espressamente scrutinato, della licenza di convalescenza, ottenuta "attraverso l'espediente della simulazione di infermità".
La soluzione deve essere condivisa, in quanto trova base giustificativa nella struttura del reato di diserzione. Invero, premesso che all'imputato è stato contestato il fatto di aver omesso senza giusto motivo di fare rientro al reparto, rimanendo assente per cinque giorni consecutivi, deve sottolinearsi che egli aveva ottenuto la licenza di convalescenza, sia pure attraverso l'espediente della presentazione di certificati medici ritenuti falsi (capo b), onde è da escludere che nel caso di specie sussistano gli estremi costitutivi del reato di diserzione, non potendo l'interprete ampliare la portata della norma incriminatrice rispetto all'ambito rigorosamente determinato dalla previsione normativa della condotta punita con sanzione penale. Deve pronunciarsi quindi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di diserzione aggravata perchè il fatto non sussiste e deve eliminarsi la relativa pena.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato e va respinto. Ritiene questa Corte che la gravata sentenza abbia fornito una congrua e adeguata giustificazione sia della sussistenza dei dati probatori utilizzati, sia del loro grado di affidabilità e valore agli effetti della conferma della penale responsabilità del ricorrente per il reato di truffa, la quale, pertanto, su di essi congruamente basata, non risulta invalidata dai rilievi critici dell'impugnazione. Tali dedotti elementi infatti, non sono idonei ad alterare e compromettere, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, in quanto privi di efficacia al fine di creare - in concreto - profili di radicale "incompatibilità" all'interno dell'impianto argomentativo della sentenza impugnata. Invero il ricorso, che fa riferimento a "illogicità" e "carenze" motivazionali, "erroneo procedimento di formazione del convincimento del giudice" sembra dimenticare il complesso e strutturato quadro probatorio (anche logico) a carico dell'imputato, quale risulta valorizzato dalla sentenza di primo e secondo grado e, sotto il profilo di vizi di legittimità, propone una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito. Al giudice di legittimità resta infatti preclusa - in sede di controllo sulla motivazione - la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli assunti dal giudice del merito perchè ritenuti maggiormente e plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.
I giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione logica ed adeguata, che le patologie riportate nei certificati medici, per cui B. si trovava in convalescenza, erano incompatibili con la partecipazione ad incontri di rugby. Questa considerazione, diversamente da quanto ritiene il ricorrente, non dà corpo ad un utilizzo di scienza privata del giudice, ma è l'espressione di una valutazione di buon senso, rientrante nel patrimonio comune di conoscenze, secondo cui un soggetto affetto da lombosciatalgia non può partecipare ad un gioco rude e violento come il rugby, in cui il contatto fisico è predominante. Consequenzialmente, in relazione alle date in cui gli incontri erano stati disputati, e tenendo presente anche la deposizione del medico curante, la Corte di secondo grado è giunta alla conclusione logica che, come contestato, la patologia non era realmente sofferta. In questa constatazione si trova anche la risposta alla doglianza relativa all'elemento soggettivo del reato, cui la stessa Corte ha dato sintetica, ma precisa risposta, integrando la motivazione del primo giudice con il richiamo all'evidente coscienza e volontà degli anzidetti comportamenti posti in essere dal Suo assistito e della malizia con cui il medesimo perseguì l'ingiusto profitto consistito nell'avere corrispondentemente ottenuto il mantenimento della retribuzione spettante di come militare dell'Arma dei carabinieri anche nello stesso periodo in cui se ne rendeva, con piena consapevolezza e pervicace determinazione, assente senza giusto motivo così da poter disputare con la squadra di rugby di appartenenza le anzidette più volte già richiamate quattro distinte gare persino a livello nazionale di tale specifica disciplina sportiva". Come affermato da un condivisibile orientamento di legittimità, infatti, il giudice di appello, in caso di conferma della sentenza di condanna di primo grado, ne può integrare la motivazione, perchè il difetto di motivazione della sentenza non rientra tra i casi, tassativamente previsti dall'art. 604 c.p.p., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado; ne consegue che lo stesso deve provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante perchè le sentenzè di primo e di secondo grado, ai fini del controllo di congruità della motivazione si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile (cfr. Cass., sez. 2, 10/01/2007, n. 5606, rv. 236181).
PQM
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di diserzione di cui al capo a) perchè il fatto non sussiste e ridetermina la pena per il residuo reato di truffa militare di cui al capo b) in mesi sei di reclusione militare.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2015
02-05-2015 14:14
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