Forze armate. Indennità militare. Indennità di trasferimento ad altra sede. Spettanza. Persistente contrasto giurisprudenziale. Deferimento della questione all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Consiglio di Stato sez. IV Data: 01/07/2015 ( ud. 19/05/2015 , dep.01/07/2015 ) Numero: 3269
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
sul ricorso numero di registro generale 8728 del 2014, proposto da:
- Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
- Comando generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante pro-tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato e presso gli
uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via (omissis...);
contro
Lu. Gi., De. Do., Gi. Fi.;, Gi. Ci., Ga.
Ri., Nu. Ma., An. Ri., Ma. Co., tutti rappresentati e difesi
dall'avv. Al. Tr. e elettivamente domiciliati in Ro., alla via (omissis...),
presso l'avv. Fa. Ra., per mandato in calce al controricorso;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione I, n. 569 del
28 febbraio 2014, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo
grado n.r. 2646/2012, è stato accertato il diritto alla corresponsione
dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali,
con condanna al pagamento delle relative somme, e con compensazione delle spese
del giudizio di primo grado.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Lu. Gi., De. Do.,
Gi. Fi.;, Gi. Ci., Ga. Ri., Nu. Ma., An. Ri.
e di Ma. Co.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l'istanza proposta dagli appellati di deferimento del ricorso all'adunanza
plenaria;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2015 il Cons. Le. Sp.
e uditi per le parti gli avvocati Travi e l'avv. dello Stato Elefante;
Fatto
FATTO e DIRITTO
1.) Con determinazione del Comandante Generale della Guardia di Finanza n. 0178538/11 in data 15 giugno 2011, di "revisione dell'architettura organizzativa dei reparti territoriali del Corpo", è stata disposta, tra l'altro, la soppressione della Compagnia di Sesto Calende, e quindi della sottordinata Tenenza di Sesto Calende, con decorrenza dal 1º agosto 2011.
2.) Lu. Gi., De. Do., Gi. Fi.;, Gi. Ci., Ga. Ri., Nu. Ma., An. Ri., Ma. Co., tutti militari della Guardia di Finanza con gradi diversi (luogotenente, maresciallo aiutante, maresciallo capo, brigadiere, appuntato scelto, appuntato), già in servizio presso la Tenenza di Sesto Calende, hanno presentato autonome istanze (formalmente e testualmente strutturate come domande di trasferimento) presso sedi di gradimento in data 13 luglio 2011, alle quali sono stati quindi assegnati con distinti provvedimenti in data 21 luglio 2011 (Lu. Gi., De. Do., Gi. Fi.;, Gi. Ci., Ga. Ri., Nu. Ma., An. Ri. al Comando Compagnia di Gallarate, Ma. Co. al Gruppo di Malpensa), ubicate in comuni ovviamente diversi da quelli del reparto soppresso e distanti da questo 18 km.
3.) Con il ricorso in primo grado n.r. 2646/2012 gli interessati hanno quindi proposto cumulative domande di accertamento del diritto all'indennità di cui all'art. 1 della legge n. 86/2001 e di condanna dell'Amministrazione al pagamento delle somme spettanti, oltre interessi in misura del saggio legale dalla domanda e sino al soddisfo.
4.) A fondamento delle domande, e senza rubricazione di motivi, è stato richiamato l'art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, invocando la ricorrenza di entrambi i presupposti normativamente contemplati, ossia l'inquadramento del loro movimento quale trasferimento d'autorità e l'ubicazione della nuova sede in diverso comune e oltre la distanza di dieci chilometri dalla precedente, rilevando l'irrilevanza della qualificazione formale della istanza nei termini di un trasferimento a domanda, sia perché formulata su modulo predisposto dall'Amministrazione, sia perché la scelta di altra sede era necessitata dalla soppressione del reparto, connessa a esigenze funzionali organizzative esclusive del Corpo.
5.) Nel giudizio si è sono costituiti il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Comando generale della Guardia di Finanza, che a loro volta hanno dedotto l'infondatezza del ricorso sul duplice rilievo che non si verte in tema di trasferimento d'autorità da una sede ad altra, stante la soppressione del reparto, e che agli interessati è stata consentita l'indicazione di sedi preferenziali prescindendosi dalla considerazione delle effettive esigenze operative delle medesime, e anche in soprannumero, proprio allo scopo di contemplare e soddisfare l'interesse dei militari soggetti al movimento, così configurandosi un vero e proprio trasferimento a domanda.
6.) Con sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione I, n. 569 del 28 febbraio 2014 il ricorso è stato accolto: richiamata la novella cui al comma 1-bis della legge 86/2001 - che esclude il diritto alla corresponsione dell'indennità e di ogni altra indennità o rimborso nel caso di trasferimento ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni-, ed evidenziatane l'inapplicabilità ratione temporis, nonché esclusane la natura interpretativa, sulla scorta di invocato orientamento (Cons. Stato, Sez. IV., 6 agosto 2013, n. 4159), è stato ritenuto decisivo il rilievo che gli interessati non avrebbero potuto indicare altre sedi poste nel raggio di dieci chilometri perché l'unica sede rispondente a tale requisito era la Tenenza di Arona, pure soppressa, non avendo "... potuto optare per una sede di servizio più prossima alle proprie esigenze abitative e familiari di quelle, in effetti, prescelte" e con ciò ritenendosi "... non dirimente nel caso di specie la qualificazione - sulla quale le parti si sono a più riprese soffermate nei rispettivi scritti - del disposto trasferimento come "d'autorità" ovvero "a domanda"".
7.) Con ricorso in appello notificato il 13 ottobre 2014 e depositato il 29 ottobre 2014, l'Autorità statale ha impugnato la predetta sentenza, deducendo, in sintesi i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione della legge n. 86/2001 - Erronea valutazione degli atti di causa
Richiamata la disciplina dei trasferimenti di autorità e a domanda e la novella introdotta dall'art. 1 comma 163 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e convenendo con il suo carattere dispositivo e innovativo e non interpretativo, si nega che l'esclusione dell'indennità per i trasferimenti conseguenti a soppressione di reparti o articolazioni possa assumere valenza volta a costituire fondamento del riconoscimento, a contrario, della spettanza dell'indennità per il periodo precedente e secondo la disciplina antevigente.
2) Rilevanza della dichiarazione di gradimento nell'ipotesi di trasferimento conseguente alla soppressione del reparto
La presentazione di istanza, contenente comunque una opzione preferenziale di gradimento per una sede, esclude in radice, secondo orientamenti giurisprudenziali richiamati (Cons. Stato, Sez. IV., 28 giugno 2012, n. 3385, 27 ottobre 2011, n. 5767, 23 ottobre 2008, n. 5201, 27 aprile 2007, nn. 2558. 2559, 2560 e 2561 e altre), la configurabilità di un trasferimento di autorità.
8.) Nel giudizio si sono costituiti gli appellati, che con il controricorso, depositato il 3 novembre 2014, hanno dedotto, a loro volta, l'infondatezza dell'appello, insistendo sulla correlazione tra l'indicazione delle sedi preferenziali e la soppressione del reparto, come pure testualmente riportata nelle istanze, e a loro volta richiamando orientamenti giurisprudenziali di primo grado e d'appello, anche più recenti (tra tutti Cons. Stato, Sez. IV., 26 settembre 2013, n. 4806), che hanno riconosciuto la spettanza dell'indennità in caso di trasferimento per soppressione di reparto pur in presenza di dichiarazioni di gradimento.
9.) Con note d'udienza depositate in data 4 novembre 2014, l'Autorità statale appellante, insistendo nell'istanza incidentale cautelare, ha comunque evidenziato l'opportunità di deferire la questione all'Adunanza Plenaria, in relazione al contrasto giurisprudenziale relativo al riconoscimento dell'indennità in caso di soppressione del reparto con dichiarazione preferenziale dell'interessato in ordine alla sede di destinazione.
10.) A loro volta gli appellati, con note d'udienza depositate il 21 novembre 2014, hanno insistito per la reiezione dell'istanza cautelare, richiamando ulteriori sentenze del Consiglio di Stato (Sez. VI, 12 novembre 2014, n. 5533) e del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (C.g.a., 10 luglio 2014, da n. 333 a n. 367), di segno favorevole ai propri assunti difensivi, e escludendo quindi l'esigenza di rimessione all'Adunanza Plenaria.
11.) Con ordinanza n. 5407 del 26 novembre 2014 è stata accolta l'istanza incidentale di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza gravata con la seguente motivazione:
"Considerato che l'appello richiede definizione nel merito con approfondita rimeditazione della problematica, e che a tal fine sarà fissata, con decreto presidenziale, udienza di discussione nel tempo ragionevolmente più congruo;
Considerata l'opportunità che, nelle more della definizione di merito, la res litigiosa permanga adhuc integra".
12.) Con memoria depositata il 15 aprile 2015, in vista dell'udienza pubblica di discussione, gli appellati hanno insistito nelle proprie deduzioni, richiamando ulteriore giurisprudenza di primo grado, nonché ulteriori sentenze (Sez. IV., 4 marzo 2014, n. 1017, 6 agosto 2013, n. 4159), oltre a quelle già indicate nei precedenti scritti difensivi.
13.) Con istanza depositata il 28 aprile 2015 gli appellati, dichiarando di aver avuto notizia della pubblicazione di ordinanze cautelari sospensive di analoghe sentenze di TT.AA.RR., motivate c. 1 richiamo all'ordinanza cautelare n. 5407/2014, e quindi l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale, hanno chiesto, a loro volta, il deferimento della questione all'Adunanza Plenaria.
14.) All'udienza pubblica del 19 maggio 2015, l'appello è stato discusso e riservato per la decisione.
15.) Il Collegio reputa di dover rimettere all'Adunanza Plenaria la questione relativa al riconoscimento dell'indennità di cui all'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 al personale ivi contemplato, e nel caso di specie a militari e sottufficiali della Guardia di Finanza, che, in relazione alla soppressione (o dislocamento) del reparto o articolazione organizzativa in cui prestavano servizio, abbiano espresso, comunque, una indicazione preferenziale di gradimento relativa a una sede distante oltre dieci chilometri da quella a quo, cui sia stato dato seguito dall'Amministrazione.
La questione riguarda i soli movimenti disposti in epoca antecedente all'entrata in vigore della novella di cui art. 1 comma 163 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che con l'introduzione del comma 1-bis al suddetto articolo 1 ha positivamente escluso la corresponsione dell'indennità nei predetti casi "...al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri".
16.) E' opportuna una sia pure sintetica delineazione del quadro di riferimento normativo.
L'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 (recante " Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ") dispone testualmente che:
"Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi".
Al secondo comma, va aggiunto per completezza, è prevista la riduzione dell'indennità in misura pari al 20% per il personale che nella nuova sede fruisce di alloggio di servizio, mentre al terzo comma, per il personale senza alloggio di servizio è consentito di optare tra l'indennità di cui al primo comma, e il rimborso del 90% del canone mensile di locazione per alloggio privato sino alla concorrenza massima già di Lit.. 1.000.000 mensili ora corrispondenti a € 516,43, e per il periodo massimo di trentasei mesi.
Ai sensi del successivo art. 13 la disposizione trova applicazione ai trasferimenti effettuati con decorrenza dal 1º gennaio 2001, laddove quelli antecedenti continuava(no) a essere regolati dalla legge 10 marzo 1987, n. 100.
L'art. 1 della legge 10 marzo 1987, n, 100 (recante " Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare "), a sua volta dispone(va) al primo comma che:
"A decorrere dal 1º gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27".
Il secondo comma prevede(va) riduzioni del trattamento in misura pari, rispettivamente, alla metà e a un terzo, secondo che il trasferimento fosse stato disposto dopo un periodo di permanenza superiore a quattro anni ma inferiore a otto, oppure superiore a otto anni.
La disposizione, quindi, individuava il trattamento economico per i trasferimenti di autorità mediante la tecnica del rinvio ricettizio all'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
L'art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, interamente sostituito dall'art. 6 della legge n. 27/1981, a sua volta stabilisce che:
"Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, si applicano agli uditori giudiziari destinati ad esercitare le funzioni giudiziarie.
L'indennità di cui al primo comma è corrisposta, con decorrenza dal 1º luglio 1980, con le modalità di cui all'art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, ai magistrati trasferiti d'ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all'art. 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno".
Deve però rammentarsi, per completezza, che nella sua formulazione originaria la disposizione riguardava i soli uditori giudiziari in prima assegnazione di funzioni (e quindi sede) e i soli magistrati trasferiti d'ufficio (sempre con esclusione dei trasferimenti ex art. 2 del r.d.l. n. 511/1946), e che l'inciso "o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità" è stato introdotto dall'art. 4 comma 4 della legge 4 maggio 1998, n. 133, con conseguente ampliamento della platea dei trasferimenti beneficiati dal riconoscimento dell'indennità, ancorché poi, con la disposizione dichiaratamente interpretativa di cui all'art. 1 comma 209 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sia stato chiarito che "ai fini del mutamento di sede la domanda o la disponibilità o il consenso comunque manifestato dai magistrati per il cambiamento della località sede di servizio è da considerare, ai fini del riconoscimento del beneficio economico previsto dalla citata disposizione, come domanda di trasferimento di sede".
L'art. 1 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, cui rinvia l'art. 13 della legge n. 97/1979 - che ex se disciplinava la sola indennità dovuta "ai magistrati promossi al grado terzo destinati ad altra sede"- individua a sua volta il trattamento economico mediante ulteriore rinvio alle disposizioni del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 gennaio 1947, n. 7 (recante " Trattamento economico per le missioni o per i trasferimenti dei dipendenti statali ").
Quest'ultimo disciplinava il trattamento di missione spettante "Al personale delle Amministrazioni dello Stato anche con ordinamento autonomo che sia comandato in missione e agli appartenenti alle Forze armate e ai Corpi organizzati militarmente comandati in missione o in trasferta per servizio isolato fuori dell'ordinaria sede di servizio" a condizione che la località di svolgimento della missione fosse superiore alle distanze di cui al successivo art. 15 e che la durata della missione fosse almeno pari a 24 ore di assenza dalla residenza "incluso il tempo trascorso in viaggio", costituito da una diaria e dal supplemento di pernottazione.
Il limite minimo di distanza, da calcolarsi "... per la via ferrata od ordinaria più breve... dal perimetro del centro urbano o rurale ove il dipendente ha la sede dell'ufficio, scuola, impianto, comando, caserma, ecc", era fissato in misura pari a quindici chilometri nei comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti, 12 per quelli con popolazione superiore ai 200.000 abitanti e 8 chilometri in tutti gli altri comuni.
In effetti tali limiti di distanza e i criteri della sua determinazione avevano perso (almeno parzialmente) validità per effetto della disposizione di cui all'art. 1 della legge 26 luglio 1978, n. 417 (recante " Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali "), secondo il cui disposto, per quanto qui interessa:
"A decorrere dal 1º dicembre 1977 le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 chilometri, sono stabilite come segue...(comma primo);
Per sede di servizio si intende il centro abitato o la località isolata in cui hanno sede l'ufficio o l'impianto presso il quale il dipendente presta abitualmente servizio" (comma secondo).
In sostanza, agli originari limiti differenziati per classi demografiche dei comuni sede dell'ufficio è stato sostituito l'unico limite minimo di dieci chilometri, riferito al centro abitato (quindi anche frazione comunale) o località isolata (sia pure ovviamente ricadente nell'ambito territoriale di un comune) di allocazione dell'ufficio o impianto.
17.) Nel quadro normativo delineato, e con specifico riferimento al riconoscimento dell'indennità in oggetto nel caso di trasferimento per il quale sia stato comunque espresso il gradimento e quindi una opzione preferenziale dell'interessato, si fronteggiano due opposti orientamenti interpretativi.
17.1) Secondo una prima opzione ermeneutica, fissata con magistrale brevitas e chiarezza nella decisione della IV. Se. n. 5201 del 23 ottobre 2008:
"...la dichiarazione di gradimento e cioè la dichiarazione di accettazione del trasferimento a domanda impedisce la configurabilità di un trasferimento d'ufficio, in quanto non si è in presenza di una mera dichiarazione di disponibilità al trasferimento; né ha alcun autonomo rilievo la circostanza che con il predetto trasferimento l'Amministrazione ha perseguito un interesse proprio: attivando le procedure di reperimento del personale con la richiesta di espressa disponibilità al trasferimento a domanda, essa ha inteso far coincidere, nel pieno rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità che devono guidare l'azione amministrativa, l'interesse privato con quello pubblico, senza che quest'ultimo in concreto possa considerarsi prevalente".
A tale prospettiva esegetica, che pur non disconoscendo l'inerenza del trasferimento alle esigenze organizzative dell'amministrazione valorizza la sostanziale consensualizzazione del movimento, nel senso dell'indicazione di una sede gradita, è riconducibile anche la sentenza della IV. Se. n. 5767 del 27 ottobre 2011, nella quale, proprio muovendo dalla procedimentalizzazione dei movimenti, con invito ai militari interessati (nella specie appartenenti alla Guardia di Finanza) a indicare " una nuova destinazione compatibile con le proprie esigenze personali", si perviene alla conclusione che "...la volontà del personale non è stata forzata, poiché - ferma ovviamente restando la necessità di lasciare la sede di servizio destinata alla soppressione - in via reciprocamente collaborativa tra la stessa Amministrazione e il personale che ha aderito all'invito è stata comunque garantita una scelta agli interessati nel massimo del possibile...(mentre)... aderendo all'invito, il personale che è stato trasferito nella sede richiesta si è per certo trovato a sopportare un disagio quanto mai contenuto e in alcun modo omologabile rispetto a quello subito da coloro che, non aderendo all'invito anzidetto, hanno consapevolmente assunto il rischio del trasferimento d'autorità in sedi meno gradite, scelte comunque in via meramente autoritativa dall'Amministrazione con conseguente titolo alla remunerazione del disagio medesimo...".
Nello stesso senso, secondo il quale "...la consentita opzione per la nuova sede di servizio, esercitata dai dipendenti all'interno di un procedimento che permette questa scelta e sotto la disciplina di una normativa interna dei trasferimenti a domanda (circolare n. 238000 dell'1.7.1997, premessa di tutte le istanze), determina un mutamento del titolo del trasferimento, il quale non può più essere considerato autoritativo", si è espressa la sentenza sempre della IV. Se. n. 3835 del 28 giugno 2012.
Considerazione affatto diversa, non potendosi propriamente individuare come variante di tale orientamento, va fatta per il parere su ricorso straordinario della Sezione II, n. 4407 del 25 ottobre 2013, che individua nella dichiarazione di gradimento il valore di "...manifestazione formale di acquiescenza, da parte dell'interessato, con tutte le relative conseguenze anche di carattere economico, ad un provvedimento, che diventa così inattaccabile in sede ricorsuale da parte dello stesso, che ha dimostrato, attraverso il suo comportamento attivo, di aderire all'operato dell'Amministrazione, motivato da esigenze di riorganizzazione, e di rinunciare così alle posizioni giuridiche attive, connesse ad ogni possibile diversa qualificazione del movimento de quo".
E ancora diversa chiave ermeneutica è quella seguita nel parere su ricorso straordinario della Sezione I n. 1290 del 14 marzo 2013, che nega possa parlarsi di trasferimento in caso di "...soppressione di un ufficio sostituito con un altro, ubicato nelle immediate vicinanze dello stesso, onde appare evidente che si è trattato di una riorganizzazione necessitata più che di un trasferimento di autorità, il quale, per essere tale abbisogna in ogni caso che ci sia un ufficio di provenienza (che continua a permanere) e un ufficio di destinazione".
17.2) L'opposto orientamento esegetico trova ferma e costante enunciazione nelle sentenze del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, e in alcune più recenti sentenze della VI e della IV. Se. di questo Consiglio.
In un primo gruppo di pronunce di identico contenuto (C.g.a., 14 aprile 2010, da n. 512 a n. 520), e richiamando decisione ancora precedente del 2007, si assegna rilievo preminente alla considerazione che il militare trasferito non ha manifestato "... con autonoma iniziativa, l'interesse a trasferirsi in altra sede (di tal che) una dichiarazione di gradimento per un trasferimento ad una determinata sede non modifica la natura autoritativa del provvedimento, che non può considerarsi di trasferimento a domanda".
Sempre nel senso dell'irrilevanza della dichiarazione di gradimento, perché "il connotato autoritativo del trasferimento non scolora per l'effetto della domanda (o dichiarazione di gradimento) presentata dal militare, in quanto questi risulta coinvolto in una procedura di mobilità non per scelta sua personale ma in esclusiva conseguenza delle opzioni organizzative valorizzate dall'amministrazione", si è espresso ancora il Consiglio di Giustizia Amministrativa in altro gruppo di sentenze seriali, più recenti, del 18 giugno 2014 (dalla n. 333 alla n. 366).
La IV. Se., con la sentenza n. 4806 del 29 settembre 2013, nonché con quella n. 4159 del 6 agosto 2013, ha invece introdotto un argomento ermeneutico del tutto diverso e nuovo, fondato sulla considerazione dell'introduzione del comma 1-bis all'art. 1 della legge n. 86/2001.
Muovendo dal rilievo che "...nella nuova disposizione, non vi è alcun carattere che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e dunque naturalmente dotata di efficacia retroattiva...", e quindi affermata la efficacia novativa della medesima, quel Collegio ha ritenuto "...argomentando a contrario, che, prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, l'indennità connessa al trasferimento di autorità spettasse - nella sussistenza di tutti i necessari requisiti di legge, a partire dalla distanza superiore ai dieci chilometri fra la sede di provenienza e quella di destinazione (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 16 dicembre 2011, n. 23) - quando il trasferimento facesse seguito alla soppressione del reparto di appartenenza".
Non si è occupata del tema, poiché la difesa erariale nel caso di specie si era attestata sul rilievo dell'insussistenza del limite di distanza calcolato "in linea d'aria" anziché secondo il percorso stradale, la sentenza della IV. Se. n. 1017 del 4 marzo 2014, invocata dagli appellati, ancorché abbia ribadito la natura novativa e non interpretativa della disposizione del comma 1-bis, considerata come "...disposizione superveniens, soppressiva (rectius: a determinate condizioni limitativa) del suddetto beneficio, che in quanto tale, ratione temporis non può applicarsi alla fattispecie per cui è causa, che resta integralmente regolata dall'antevigente disposizione".
È invece concettualmente sovrapponibile al già citato orientamento espresso nella sentenza n. 4806/2013 la sentenza della VI Sezione n. 5533 del 12 novembre 2014, nella quale pure si valorizza quale argomento a contrario, favorevole al riconoscimento dell'indennità in caso di trasferimento per soppressione di reparto a sede indicata come gradita dall'interessato, la natura novativa della disposizione del comma 1-bis, richiamando l'irrilevanza del gradimento "...in quanto inidoneo ad immutare l'elemento causale tipico connotante siffatto tipo di trasferimento".
18.) Il Collegio, nel deferire la questione all'Adunanza Plenaria, ritiene di dover esplicitare le ragioni che lo inducono a sostenere l'inesistenza dei presupposti per il riconoscimento del beneficio nell'ipotesi di trasferimento per soppressione del reparto a sede indicata in modo preferenziale dall'interessato.
La suddetta indennità, secondo quanto si evince anche dal quadro di riferimento normativo delineato sub 16.), rinviene, da sempre, la sua ratio nella posizione di assoluta soggezione dell'interessato in ordine all'individuazione della sede di servizio correlata al trasferimento d'autorità, e nel conseguente apprezzamento dell'interesse, meritevole di tutela, a sovvenire il destinatario del trasferimento dai disagi connessi, mediante il riconoscimento di un beneficio economico ancorché limitato nella sua estensione temporale, beninteso se lo spostamento di sede si colloca in un ambito spaziale superiore al limite di dieci chilometri (sulla rilevanza del limite anche in relazione alla disciplina recata dall'art. 1 della legge n. 86/2001 si rinvia alla nota Ad. Plen. 14 dicembre 2011, n. 23).
Orbene, se appare davvero arduo sostenere che la soppressione del reparto e la conseguente assegnazione ad altro plesso organizzativo non sia inquadrabile nell'ambito concettuale del trasferimento (secondo quanto pure sostenuto nel richiamato parere della Sezione I n. 1290 del 14 marzo 2013), e ciò sia perché il trasferimento va riguardato nella doverosa contemplazione della prospettiva del destinatario con riferimento allo spostamento ad altro ufficio, quale che ne sia la ragione organizzativa, e sopratutto perché ancora il dato testuale del comma 1-bis nell'ipotesi di soppressione o dislocazione di reparti e relative articolazioni si riferisce in modo inequivoco "al personale trasferito"; e se del pari alla formulazione di una indicazione preferenziale nel quadro di un movimento procedimentalizzato non può riconoscersi il valore di una affatto libera e inequivoca manifestazione di volontà quale presupposta dall'istituto dell'acquiescenza, dovendosi dunque recisamente dissentire dall'altra opzione ermeneutica espressa citato parere della Sezione II n. 4407 del 25 ottobre 2013; nondimeno non può sostenersi, all'opposto, che la dichiarazione di una sede preferenziale da parte dell'interessato, e del conseguente trasferimento alla precipua sede richiesta, sia affatto irrilevante e non incida sulla natura del trasferimento, a questo punto non riconducibile stricto sensu e jure al tipico trasferimento d'autorità che costituisce il presupposto del riconoscimento del beneficio.
Collegandosi alle incisive argomentazioni della decisione n. 5201 del 23 ottobre 2008, risulta, ad avviso di questo Collegio, assai difficile negare la sostanziale consensualizzazione del movimento, e che questo quindi non giunga, per dir così "a sorpresa", sebbene in un quadro in cui all'interessato è stato offerto di poter valutare la soluzione preferibile nell'ambito delle sedi viciniori disponibili, e di poter calibrare la sua indicazione in funzione delle sue esigenze di vita, familiare e relazionale.
Non ritiene, invece, il Collegio che possa annettersi alcun rilievo esegetico alla disciplina novativa di cui al comma 1-bis, poiché l'argomento a contrario, in senso proprio e stretto, e quello che equivale al criterio esegetico " ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit ", laddove non pare che una norma sopravvenuta che disciplina in modo precipuo una fattispecie, e in quella disciplina esaurisce la sua portata e i suoi effetti, possa avere valore interpretativo retroattivo della fattispecie medesima.
In altri termini, la circostanza che i trasferimenti per soppressione di reparto siano ora collocati fuori dall'ambito applicativo entro il quale opera il riconoscimento del beneficio, non può condurre a sostenere, che invece, per il passato, vi ricadessero, o quantomeno a riconoscere valore risolutivo della questione esegetica, trascurando peraltro la circostanza che la nuova disciplina prescinde affatto da qualsiasi consensualizzazione del movimento.
E d'altro canto, laddove la legge ha inteso escludere ogni incidenza di una manifestazione di gradimento in ordine ad un trasferimento, ai fini del diritto alla corresponsione dell'indennità, ciò ha fatto espressamente, come nella disposizione dell'art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, nella quale, con l'inserimento dell'inciso "ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità" ha ricondotto al trasferimento d'ufficio (o all'assegnazione di sede non richiesta) i trasferimenti dei magistrati ordinari che abbiano comunque formulato una forma di consenso, ancorché poi sia stata dettata una disposizione dichiaratamente interpretativa (art. 1 comma 209 della legge 23 dicembre 2005, n. 266), intesa a ricondurre anche questi ai trasferimenti a domanda.
19.) In conclusione, il Collegio rimette all'Adunanza Plenaria la questione, invitandola a esprimersi sul seguente principio di diritto:
"Se debba riconoscersi l'indennità di cui all'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 al personale ivi contemplato, e nel caso di specie a militari e sottufficiali della Guardia di Finanza, che, in relazione alla soppressione (o dislocamento) del reparto o articolazione organizzativa in cui prestavano servizio, abbiano espresso, comunque, una indicazione preferenziale di gradimento relativa a una sede distante oltre dieci chilometri da quella a quo, cui sia stato dato seguito dall'Amministrazione". Il tutto per le ipotesi non ricadenti sotto la vigenza dell'art. 1 comma 163 L. 24.12.2012 n. 228.
PQM
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'adunanza plenaria.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 01/07/2015
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
06-08-2015 14:55
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