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Sentenza

Maresciallo dei Carabinieri e funzionario del Comune di Rho condannati a risarci...
Maresciallo dei Carabinieri e funzionario del Comune di Rho condannati a risarcire danno erariale.
Sentenza n. 133/2015

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE

PER LA REGIONE LOMBARDIA

composta dai seguenti magistrati:

Claudio Galtieri                                                              Presidente

Eugenio Musumeci                                                      Componente

Massimiliano Atelli                                                       Componente relatore

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 28158 del registro di segreteria ad istanza della Procura regionale per la Lombardia contro:

•         I. M., nato a ... (..), il ..... residente in . in via ......, n. , CF , rappresentato e difeso dall'Avv. Elena Alessandra Fusetti, presso il cui studio in Milano, Corso Vercelli, n. 11, ha eletto domicilio;

•         Z. E. V., nata a ............, residente in ................, in via del .............................. elettivamente domiciliata in Milano, Galleria San Babila, n. 4/A, nello studio dall'Avv. Mario Viviani, dal quale è rappresentata e difesa.

VISTI il r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 26; il r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; il d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla l. 14 gennaio 1994, n. 19; la l. 14 gennaio 1994, n. 20; il d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito dalla l. 20 dicembre 1996, n. 639; il c.p.c., artt. 131, 132 e 133.

VISTO l'atto introduttivo.

LETTI gli atti e i documenti di causa.    

UDITI, nella pubblica udienza del 4.3.2015, il relatore Cons. Massimiliano Atelli, il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Barbara Pezzilli, l'Avv. Elena Alessandra Fusetti per il convenuto I. e l' Avv. Mario Viviani per la convenuta Z.

Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione depositato il 4.11.2014, la Procura Regionale della Corte dei Conti presso questa sezione regionale ha convenuto in giudizio il Maresciallo dei CC I. e la Dott.ssa Z. per ivi sentirli condannare al pagamento della complessiva somma di euro 197.100,00,  oltre agli interessi e alle spese di giustizia, a causa del danno erariale arrecato al Comune di Rho e al Ministero della Difesa/Arma dei carabinieri, in parti eguali, con condotte asseritamente dolose, nel caso del I. considerato responsabile in via principale, e gravemente colpose, nel caso della Z., considerata responsabile a titolo sussidiario.

Tale somma, è ritenuta dalla Procura attrice imputabile nei termini sopra detti agli odierni convenuti, quanto ad euro 65.700,00, relativamente alla posta rappresentata dal danno patrimoniale diretto, e soltanto al I..... quanto ad euro 131.400,00, in applicazione del criterio presuntivo al proposito previsto dalla l. n. 190/2012, relativamente alla posta di danno rappresentata dal danno all'immagine. Il tutto, al netto delle avvenute restituzioni.

In ordine ai fatti per cui è causa e ai comportamenti contestati,  l'organo requirente espone che attraverso la reiterata (e ammessa) falsificazione di note di segnalazione di soggetti bisognosi, inviate dal numero di fax della centrale operativa dei Carabinieri di Rho all'Ufficio ISEE dell'Area Servizi alla persona dello stesso Comune, del quale era all'epoca direttore la convenuta, il convenuto otteneva fraudolentemente dal Comune di Rho, per 55 posizioni diverse, l'erogazione di contributi economici di solidarietà, per complessivi 87.200,00 euro, che provvedeva a ritirare di persona senza poi consegnarli ai pretesi soggetti bisognosi segnalati. In tal modo poneva in essere una condotta dolosa in danno del Comune, tesa ad ottenere fraudolentamente da esso ingenti somme di denaro, e, attesa la sua qualità appartenente all'Arma e i correlati doveri di servizio, del Ministero della Difesa/Arma dei carabinieri.

Per i fatti, come sopra descritti, il procedimento penale instaurato a carico dello I. si è chiuso con sentenza di appello n. 2608/2012, divenuta irrevocabile in data 26.7.2012, che lo ha condannato ad anni uno e mesi dieci di reclusione.

Per il giudice penale, il convenuto I.  aveva con il suo operato indotto in errore la dott.ssa Z. in relazione all'effettiva presenza dei presupposti di fatto idonei all'adozione delle determinazioni con cui sono stati erogati i contributi illeciti, portandola così ad attestare falsamente la sussistenza di detti presupposti nelle motivazioni delle 55 determine oggetto di contestazione.

Va aggiunto che già in data 14.1.2009 l'odierno convenuto e il Comune di Rho avevano raggiunto un accordo transattivo, che in sede penale ha motivato la concessione dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p., con versamento a titolo di risarcimento danni di euro 21.500,00 a favore del Comune anzidetto.

Alla convenuta Z. la Procura attrice contesta essenzialmente – nel presupposto, in accordo con le risultanze penali (chiusosi per quanto la concerne con l'archiviazione), che il suo agire non si sia dispiegato “in concorso” con la condotta fraudolenta dello I., mancando la prova della sua consapevolezza della falsità delle segnalazioni ricevute da quest'ultimo e della omessa effettiva erogazione ai presunti beneficiari – una consapevole violazioni dei più elementari obblighi di servizio gravanti sulla stessa nella sua specifica qualità di direttore dell'Area Servizi alla persona del Comune di Rho, e in particolare:

•         di aver non solo non istruito i procedimenti esitati nelle 55 determinazioni contestate in questa sede, quanto alla verifica dei presupposti richiesti dalla normativa di settore per consentire le relative erogazioni (al punto che da talune delle stesse sono persino prive dell'indicazione delle generalità del beneficiario), ma anche provveduto all'erogazione sulla base di richieste anticipate solo verbalmente dallo I. (con la motivazione di agevolare in questo modo, per così dire “più snello e rapido”, indagini in corso di svolgimento), e conseguente posteriorità della relativa richiesta di erogazione, via fax;

•         di aver derogato all'ordinario procedimento amministrativo-contabile previsto per la tipologia di procedimenti qui considerati (che prevede l'erogazione finale delle somme direttamente ai soggetti aventi titolo in quanto riconosciuti effettivamente bisognosi), procurandosi le somme in contanti e versandole personalmente allo I.

•          di aver omesso qualsivoglia controllo e verifica in ordine alla effettiva destinazione delle somme così erogati ai pretesi destinatari bisognosi.

Sostanzialmente, alla convenuta la Procura attrice imputa di aver, in tal modo, consentito il perpetrarsi della truffa dello I. ai danni dell'Amministrazione, che altrimenti non sarebbe stata attuabile.

Da ultimo, l'organo requirente fa presente che nei confronti della Z. il Comune ha avviato nell'agosto del 2008 un procedimento disciplinare non esitato in alcuna determinazione per trasferimento della stessa nei ruoli di altra Amministrazione, e che tanto nei confronti della stessa quanto dello I., oltre che di altri, il Comune di Rho ha provveduto, con atto del 15.11.2011, alla costituzione in mora per i fatti di che trattasi.

Con memoria del 12.2.2015 si costitutiva la convenuta Z., deducendo:

•         che ove la citazione non intendesse la pretesa responsabilità della dott.ssa Z. come limitata sia quanto alla  natura (sussidiaria rispetto a quella principale ascritta al Maresciallo I.) sia quanto al titolo (colpa grave anziché dolo) sia quanto all'importo richiesto (fino alla concorrenza massima di € 65.700,00 anziché € 197.100,00), sarebbe “assolutamente incerto” l'oggetto della domanda rivolta nei confronti della convenuta Zoppè, con la conseguente nullità della citazione ex artt.164 e 163, terzo comma, n. 3 c.p.c.;

•         l'insussistenza, in ogni caso, della pretesa responsabilità, ancorché “in via sussidiaria e a titolo di colpa grave”, “risultando indimostrata in atti la colpevole trasgressione dei propri obblighi di servizio, nella qualità di responsabile del settore” Area 2 “Servizi alla persona”, al fine di aderire alle richieste del Mar.I., essendo risultato accertato in modo incontrovertibile, all'esito del giudizio penale, che il Maesciallo I. con il suo operato ha, come del resto riconosciuto dallo stesso atto di citazione, indotto in errore la dott.ssa Z. in relazione all'effettiva presenza dei presupposti di fatto idonei all'adozione delle determinazioni con cui sono stati erogati i contributi illeciti, portandola così ad attestare falsamente la sussistenza di questi presupposti nelle motivazioni delle 55 determine oggetto di contestazione;

•         che la sentenza penale di condanna, seppur emessa nei confronti del Maresciallo I., non può non avere efficacia di giudicato (art.661 c.p.p.) nel giudizio contabile quanto “all'accertamento della sussistenza del fatto” in tutte le sue componenti, ivi compresa la posizione della convenuta Z., atteso che, come precisa detta sentenza, la sua posizione è stata valutata ed ha formato oggetto di un provvedimento di archiviazione”, non essendosi ravvisato alcun fondato elemento a suo carico ed essendosi, al contrario, accertato che la stessa è stata addirittura soggetto passivo di un comportamento fraudolento caratterizzato dall'uso di atti artefatti che avrebbero tratto in inganno “chiunque” in ordine alla loro autenticità;

•         che detto accertamento dei fatti operato dalla ridetta sentenza non può non valere nel presente giudizio ad escludere non solo la consapevolezza della stessa in ordine agli atti fraudolenti posti in essere dal Maresciallo ma anche qualsiasi colpevole violazione da parte della dott.ssa Z. medesima dei propri doveri d'ufficio delineati, per queste peculiari fattispecie, in particolare dall'art.22 del Regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 37 del 30.5.2005, la quale, per persone di passaggio nel Comune, ammette che l'intervento di sostegno sia deciso con procedura contraddistinta da immediatezza concentrando la fase decisionale in capo al Dirigente di settore;

•         che ad escludere una deroga colpevole da parte della convenuta alla normale procedura amministrativo-contabile, sta anche la circostanza che, nel quadro di una situazione di costante positiva collaborazione con l'Arma dei Carabinieri, di fronte alle richieste ufficiali pervenute dalla Stazione dei Carabineri e sottoscritte dal Tenente, superiore del Maresciallo I., la Z. non aveva ragioni per non considerare (tenuto conto altresì della modesta entità degli importi) come assolutamente esistenti i presupposti necessari (tanto economici quanto di riservatezza), in relazione ai “casi particolari” da questi segnalati, per l'assistenza nella forma speciale e con l'“immediatezza” previste dall'art.22 del Regolamento comunale, prescindendo quindi “dall'istruttoria formale … e dall'accertamento dei requisiti economici”;

•         ad escludere vieppiù l'elemento soggettivo necessario alla configurabilità della responsabilità amministrativa starebbe anche la circostanza che, per il Settore diretto dalla convenuta, la stessa ha formato ed emanato, nei quattro esercizi (2005, 2006, 2007 e 2008) considerati, ben (542+580+557+466=) 2.145 determinazioni, indicativi della gran mole di lavoro gravante sulla Z., che ne determinava un impegno costante, una tensione notevole e la necessità di tenere contemporaneamente sotto controllo atti ed attività così numerosi e diversi, tali da rendere possibile un qualche errore specie in presenza di consolidate ragioni di affidamento sulle quali chiunque fa ragionevole conto;

•         riguardo alla quantificazione del danno diverso da quell'immagine (non contestatole in citazione), che non è stato indicato alcun elemento idoneo a sostenere la pretesa risarcitoria in misura pari addirittura all'intero importo residuo ascritto allo I. (€ 67.000,00), e, nella denegata ipotesi di mancata totale esclusione della responsabilità della convenuta, che quanto in atti deve condurre alla quantificazione (sempre in via sussidiaria) in un importo assolutamente inferiore rispetto alla somma prospettata come danno patrimoniale dalla Procura Regionale;

•         che l'azione erariale sarebbe nella specie comunque prescritta, atteso che i fatti oggetto di contestazione risalgono al periodo dal giugno 2005 al giugno 2008, la Procura ha avuto notizia degli stessi il 4.9.2008, l'invito a dedurre è stato notificato il 3.3.2014 e l'atto di citazione appena il 27.11.2014, e la sintetica lettera 15.11.2011 del Segretario Generale del Comune indirizzata al Maresciallo I., e a cinque dipendenti del Comune, ivi compresa la convenuta, non conterrebbe la necessaria intimazione a pagare di cui all'art. 1219 c.c.

Chiedeva, infine, ammettersi prova per testi, riguardo ad un ufficiale ed un sottufficiale dell'Arma già in servizio presso la Compagnia di Rho, articolandola in domande inerenti comunque il se l'Ufficio Servizi Sociali del Comune di Rho, al tempo diretto dalla Z., fosse stato contattato da quanti, nella Compagnia di Rho, si fossero trovati per ragioni di servizio ad affrontare situazioni di disagio sociale, emerse in seguito alla commissione di reati, e se essi, rivolgendosi all'ufficio della Z., avessero trovato la fattiva collaborazione richiesta al fine di individuare soluzioni di sostegno a situazioni umane di disagio sociale e di emarginazione che determinavano un effettivo ed imminente pericolo grave.

Con memoria del 12.2.2015 si costitutiva il convenuto I., deducendo:

•         che l'invito a fornire le relative deduzioni, depositato il 21.02.2014, notificato al convenuto in data 3.03.2014, sarebbe tardivo rispetto al termine di prescrizione quinquennale, dal che la richiesta di declaratoria della nullità dell'azione erariale esperita;

•         che, avendo la Procura erariale contestato alla Dott.ssa Z., quale organo deputato a verificare il procedimento  seguito per l'erogazione dei contributi di solidarietà, di essere perfettamente conscia di attuare con la sua condotta  dolosa  una procedura diversa rispetto all'iter amministrativo previsto dallo specifico regolamento, e soprattutto, dalle norme di contabilità dell'ente, atteso che l'erogazione del contributo avveniva ancor prima della segnalazione dei soggetti  bisognosi, non è dato comprendere quale sia la condotta del convenuto I. che avrebbe indotto in errore l'autrice dell'erogazione patrimoniale;

•         che il convenuto I. ha già provveduto al risarcimento (come da atto di transazione in atti)  dei danni patrimoniali e non patrimoniali, derivanti al Comune di Rho nella misura di Euro 21.500,00;

•         che per aversi danno risarcibile, secondo la giurisprudenza prevalente, il comportamento illegittimo deve realizzare una aggressione tale da superare la cd. “soglia minima” della lesione del bene tutelato; in caso contrario si rischierebbe di risarcire la mera violazione dei soli doveri di servizio, non assistita da alcuna deminutio patrimonii;

•         che nessuna prova è stata fornita dalla Procura in relazione al clamor fori, ovvero alla ripercussione esterna della vicenda, da considerarsi quale elemento necessario ai fini della realizzazione della fattispecie dannosa in quanto è solo con la conoscenza del comportamento illecito riprovevole che si può deteriorare il rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l'istituzione pubblica;

•         che, per conseguenza, dalla condotta, sia pure censurabile, del convenuto, in assenza di elementi probatori idonei a comprovare la diffusione “esterna” della vicenda, non si è ingenerato, nell'ambiente sociale circostante, alcun diffuso e negativo convincimento che l'Ente pubblico si sia soggettivamente caratterizzato quanto ad imputazione (rectius: provenienza) dell'illecito, il che porta ad escludere la sussistenza, nella specie, nonostante la rilevanza penale dei sottostanti fatti, del pregiudizio all'immagine della P.A. a titolo doloso  prefigurato nell'atto introduttivo del presente giudizio e a chiedere la riduzione dell'addebito nella massima estensione anche in considerazione dell'entità del danno e della somma dal solo convenuto I. già risarcita.

All'udienza del 4.3.2015, la Procura attrice insisteva nella propria prospettazione accusatoria, contestando in particolare l'eccezione di prescrizione (avuto riguardo alla idonea costituzione in mora operata dal Comune nei confronti della Z., e, più in generale, alla giurisprudenza di questa Corte, anche della Sezione: sent. n. 250/2012), quella inerente il preteso mancato raggiungimento della soglia minima di disvalore dei comportamenti contestati (ai fini del danno all'immagine, imputato con chiarezza al solo I., sicché è da escludere qualsivoglia indeterminatezza della citazione sul punto), nonché quella attinente il clamor fori (facendo notare, al riguardo, che il fascicolo è stato aperto anche sulla scorta dell'attenzione dei media alla vicenda), e opponendosi alla concessione del potere riduttivo e alle richieste di prove testimoniali, perché ravvisate irrilevanti ed ininfluenti. Nel merito, il PM di udienza osservava come entrambe le difese tendessero ad addossare la responsabilità l'una all'assistito dell'altra, aggiungendo che:

•         nel presupposto della distinzione fra “segnalazione” (della situazione di bisogno) e “richieste” (dei singoli contributi), l'errore indotto dallo I. sarebbe solo sulla prima, non sulle seconde, sicché siamo a tutti gli effetti di fronte ad un concorso di colpa fra i convenuti;

•         anche nei casi di cui all'art. 22 del Regolamento comunale, la richiesta del contributo deve precedere l'erogazione (la differenza con gli altri casi è che in quelli di cui all'art. 22 l'istruttoria non la curano i Servizi sociali, bensì direttamente il Direttore del Settore servizi alla persona, nel caso di specie, appunto, la Z.);

•         la Z. deve essere considerata pienamente consapevole che quei fondi avrebbero in realtà remunerato gli “informatori” dello I. (del resto, lo stesso giudice penale, nell'archiviazione della relativa posizione, ha precisato che tuttavia nella di lei condotta deve ravvisarsi un comportamento gravemente colposo);

•         l'assenza di elementi istruttori agli atti del Comune, riguardo alle determine qui in contestazione, ha di certo portato ad una quantificazione al buio dei contributi, e comunque al di fuori dei tetti fissati dal Regolamento;

•         dal danno diretto contestato come da citazione alla sola Z. va detratto quanto già versato dallo I.. 

Le difese, di contro, insistevano nelle conclusioni rassegnate nei propri atti difensivi.

In particolare, la difesa dello I. precisava:

•         che la citazione deve ritenersi tardiva per intervenuto decorso del termine di 30 gg. di cui all'art. 7 della l. n. 97/2001;

•         che al convenuto non si può contestare la violazione del Regolamento comunale e delle procedure ivi previste, ai fini che qui interessano;

•         che le determinazioni contestate non sono inficiate da falsità, come dimostrerebbe in particolare la n. 2497 del 11.7.2008;

•         che la responsabilità è imputabile per intero alla Z., e a titolo di dolo, perché ella solamente poteva sapere che così agendo venivano violate le regole procedimentali poste a presidio del principio di legalità dell'azione amministrativa;

•         che il convenuto è stato protagonista in positivo della famosa operazione nota come “Fiori della notte di S. Vito”, inchiesta condotta dallo stesso per conto del pm Boccassini della Procura di Milano, che fa dello stesso persona notoriamente attiva nel ricorso agli “informatori”, peraltro in una situazione difficile di vuoto normativo, al riguardo;

•         è comunque mancato qualsivoglia clamor fori, tanto esterno quanto interno, tanto che non v'è un solo articolo di stampa al riguardo.

Quanto alla difesa della Z., nel prendere atto della precisazione operata dal PM di udienza riguardo al fatto che, nel caso della convenuta, il petitum è circoscritto al solo danno diretto, e solo in via sussidiaria, puntualizzava che:

•         l'atto di costituzione in mora del Comune del 15.11.2011 deve ritenersi inidoneo allo scopo, non solo per l'ampiezza dell'elenco dei destinatari, ma anche per difetto della necessaria intimazione e della indicazione della somma da pagare (inoltre, ben 22 delle determine in contestazione hanno riguardo ad un nucleo familiare, il che vale a smentire l'assunto che le stesse sarebbero ad incertam personam);

•         effettivamente, il convenuto I. ha una storia professionale, e una considerazione, anche presso l'autorità giurisdizionale, che rendeva credibile ciò che la Z. si sentiva dire da lui al telefono, ponendola quasi in posizione di soggezione; 

•         nei casi di cui all'art. 22 del Regolamento la valutazione richiesta da parte dell'Ufficio deve avere comunque carattere di “immediatezza”, il che richiede una pronta decisione sulla base degli elementi disponibili;

•         per operazioni su informatori (che sul piano delle somme allo scopo impiegate rappresentano “una briciola” rispetto al totale dei 7 mln di euro di spesa per il sociale da parte del Comune di che trattasi), si giustificano senz'altro le esigenze di riservatezza invocate dallo I.;

•         deve comunque essere considerata, in favore della Z., l'archiviazione della sua posizione disposta in sede penale;

•         si sarebbe comunque dovuto evocare a giudizio anche il tesoriere comunale, tanto più considerando che esso pure era stato costituito in mora con la citata nota del 15.11.2011.

In replica, il PM di udienza precisava che la dicitura “nucleo familiare” bisognoso lascia di per sé comunque indeterminata l'identità degli appartenenti al nucleo, mentre per ciò che attiene alla mancata evocazione del tesoriere osserva che per questi era impossibile avere cognizione che le somme che era richiesto di pagare sarebbero finite a soggetti diversi dai formali destinatari. Da ultimo, aggiunge che la violazione della prescritte regole procedurali si è nella specie tradotta nell'eludere la “lista di attesa dei bisognosi”, violando così elementari doveri di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost.

Nella replica, la difesa dello I. contesta che esistano “liste di attesa di bisognosi”, e insiste nel richiedere al PM di udienza una chiarificazione ultimativa in ordine all'elemento soggettivo in contestazione alla Z..

Terminata l'udienza, la causa veniva trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va prioritariamente esaminata la dedotta eccezione di prescrizione dell'azione erariale.

Osserva al riguardo il Collegio che, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza della Corte di Cassazione, gli atti extragiudiziali interruttivi della prescrizione, sebbene non debbano consistere in formule particolari, devono però possedere un contenuto minimo dato dall'intimazione al debitore di adempiere alla prestazione (ex multis, sent. n. 1618 del 12/03/1982, n. 5681 del 15/03/2006 e n. 3371 del 12/02/2010), e anche la giurisprudenza di questa Corte è per vero orientata nel medesimo senso (si vedano, ex multis, le sentenze nn. 251 e 474 del 2012 e 685 e 726 del 2011, di questa Sezione).

La logica, convergente, di tutte queste decisioni è lineare: se a fondamento dell'istituto della prescrizione vi è, almeno secondo l'opinione più accreditata, l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, sulla quale il decorso del tempo incide in senso negativo, solo la manifestazione inequivoca, da parte del creditore (nel senso e nei termini enunciati dalla riportata giurisprudenza), del persistente interesse alla realizzazione del credito è idonea a contrastare, in funzione di quell'esigenza, l'effetto opposto indotto dal trascorrere del tempo.

Tutto ciò detto, occorre peraltro puntualizzare che, riguardo a detta inequivoca manifestazione, mentre non esistono formule tipizzate “in positivo”, la giurisprudenza esclude invece che possano essere ritenuti sufficienti la sollecitazione (anche scritta, ma) priva del carattere di intimazione vero e proprio, in quanto si limita a contenere semplici manifestazioni di giudizio (Cassazione civile, sez. I, 19/01/1995, n. 561), la mera produzione di documenti, pur se idonea a dimostrare l'avvenuta interruzione, senza specificazione dell'intento monitorio (Cassazione civile, sez. II, 30/03/2001, n. 4704), le trattative per comporre bonariamente la vertenza, salvo, in quest'ultimo caso, che dal comportamento del debitore risulti il riconoscimento dell'esistenza del diritto di credito ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2944 c.c. (Cassazione civile, sez. III, 13/11/2003, n. 17134), etc. In tutte queste ipotesi, infatti, per la Cassazione ci si trova di fronte a “semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e di espressa richiesta formale al debitore”, sicché quest'ultimo non può essere ritenuto costituito efficacemente in mora ai sensi degli artt. 2943 e 1219 c.c.

Da questo punto di vista, il Collegio ritiene che la lettera inviata dal Segretario generale del Comune di Rho anche agli odierni convenuti in data 15.11.2011 sia in effetti sufficiente ad interrompere l'eccepita prescrizione. E ciò non solo perché la stessa fa espresso riferimento alla “formale costituzione in mora delle SS.LL. ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1219 e 2943, quarto comma, del Codice civile”, contenendo così – ancorché per relationem - una chiara richiesta di adempimento della obbligazione risarcitoria conseguente all'acclaramento dei fatti contestati in sede penale, ma anche perché la stessa non è affatto rappresentata in termini puramente ipotetici. Quest'ultima considerazione vale, in particolar modo, proprio per gli odierni convenuti, atteso che – alla data del 15.11.2011 – il Comune di Rho aveva, da tempo, raggiunto un accordo transattivo (datato 14.1.2009) con lo I. e contestato alla Z. (con nota del 30.7.2008, nella quale espressamente si fa riferimento, fra l'altro, alla causazione attraverso le contestate condotte di un “danno molto serio” all'amministrazione comunale) gli addebiti disciplinari afferenti i fatti per cui è causa.

Ritiene di conseguenza il Collegio che la citata nota di costituzione in mora del 15.11.2011, sovrapponendosi a dette iniziative già intraprese dal Comune di Rho proprio nei confronti degli odierni convenuti, si saldi ad esse colorandosi di un significato (per i controinteressati) ulteriormente chiaro e di immediata percezione, nella direzione che qui rileva, che, quantomeno nei loro riguardi, vale ad escludere senz'altro la possibilità di considerare detta nota alla stregua di una mera sollecitazione priva del carattere di intimazione e di espressa richiesta formale al debitore, o
Avv. Antonino Sugamele

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