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Sentenza

Maresciallo ordinario, in servizio permanente, perde il grado per rimozione, ed ...
Maresciallo ordinario, in servizio permanente, perde il grado per rimozione, ed è posto a disposizione del Centro Documentale come semplice soldato.
Cons. giust. amm. Sicilia  sez. giurisd.   05/02/2015 ( ud. 10/12/2014 , dep.05/02/2015 ) Numero:    104
                              REPUBBLICA ITALIANA                         
                         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
      Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA  
                           in sede giurisdizionale                       
    ha pronunciato la presente                                           
                                  SENTENZA                               
    sul ricorso numero di registro generale 891 del 2013, proposto da:   
    Fe. Ch., rappresentato e difeso dall'avv. Massimiliano  Mangano,  con
    domicilio eletto presso Massimiliano Mangano in Palermo,  Via  Nunzio
    Morello N. 40;                                                       
                                   contro                                
    Comando Interregionale dell'Italia Sud-Occidentale della  Guardia  di
    Finanza,  rappresentato  e  difeso    per    legge    dall'Avvocatura
    Distrettuale, domiciliata in Palermo, Via De Gasperi, N. 81;  Comando
    Generale della Guardia di Finanza, Ministero  dell'Economia  e  delle
    Finanze;                                                             
                               per la riforma                            
    della sentenza del CONSIGLIO GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA  REGIONE
    SICILIANA n. 00435/2013, resa tra  le  parti,  concernente  LAVORO  -
    REINTEGRAZIONE NEL GRADO DI MARESCIALLO ORDINARIO. OTTEMPERANZA      
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                   
    Visto l'atto di costituzione in giudizio  di  Comando  Interregionale
    dell'Italia Sud-Occidentale della Guardia di Finanza;                
    Viste le memorie difensive;                                          
    Visti tutti gli atti della causa;                                    
    Relatore nella camera di consiglio del giorno  10  dicembre  2014  il
    Cons. Alessandro Corbino e uditi per le parti gli avvocati Mangano  e
    Tutino;                                                              
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              


    Fatto

    Il ricorso è proposto per l'ottemperanza ex art. 112 ss. c.p.a. della decisione n. 435/2013 di questo CGA, passata in giudicato il 19 settembre 2013 e per il conseguente annullamento: a) della determinazione datata 26 giugno 2013 del Comando Interregionale della Guardia di Finanza, con cui è stato disposto che "il Maresciallo ordinario, in servizio permanente, Fe. Ch. "911120P" perde il grado per rimozione, ed è posto a disposizione del Centro Documentale (già Distretto Militare) competente come semplice soldato a decorrere dalla data odierna"; 2) ove occorra e possa il foglio n. 162015/13 datato 31 maggio 2013 del Comando Generale della Guardia di Finanza, citato nel sopraindicato provvedimento di rimozione, avente ad oggetto: "Sentenza n. 435/2013 emessa dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in data 07/03/ 2013 nell'ambito del ricorso giurisdizionale proposto dall'ex M.O. Fe. Ch. per l'annullamento della determinazione di perdita del grado per rimozione datata 05 agosto 2011", con cui "si sottolinea la necessità di ricorrere all'istituto della rinnovazione di cui all'art. 1373 del Dlgs. N. 66/2010".

    Con la decisione ricordata, questo CGA aveva invero parzialmente accolto il ricorso dell'interessato rivolto contro la decisione n. 1500/2012 del TAR per la Sicilia di Palermo, che aveva respinto il ricorso dell'allora appellante Ch. contro il provvedimento di perdita del grado per rimozione, e di messa a disposizione del medesimo del Centro Documentale (già Distretto Militare) competente come semplice soldato.

    Con la decisione in oggetto era stata in particolare accolta "la seconda censura sollevata, sotto il profilo della violazione dei principi di proporzionalità, gradualità, ragionevolezza ed equità sottostanti ai procedimenti disciplinari" ed era stata ritenuta pertanto inadeguata la motivazione della irrogazione della sanzione estrema, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, fatti salvi nuovi legittimi provvedimenti dell'Amministrazione. Ciò per non essersi tenuto conto - a giudizio del Collegio - di tutte le circostanze del fatto; in particolare: assenza di manifeste pressioni nei confronti del concusso, che aveva offerto volontariamente l'oggetto della dazione illecita; modesto valore economico del beneficio conseguito e suo consistere in beni di diretto consumo; assenza di precedenti di servizio sfavorevoli; conseguita sospensione condizionale, in sede penale, degli effetti della condanna.

    A seguito di tale decisione, l'Amministrazione - dopo avere reintegrato l'interessato nel grado ed averlo riammesso in servizio - ha rinnovato, ai sensi dell'art. 1373 del Codice dell'Ordinamento Militare (decr. leg.vo n. 66/2010), il procedimento disciplinare, emanando il provvedimento impugnato in questa sede, in quanto asseritamente adottato in violazione del giudicato formatosi sulla ricordata decisione n. 435/2013.

    Lamenta il ricorrente sia l'avvenuta mancata conformazione dell'Amministrazione al giudicato, sia la violazione della normativa sulla rinnovazione del procedimento disciplinare, sotto molteplici profili, sia infine la illegittimità comunque del provvedimento impugnato perché adottato in violazione del divieto di giungere ad una ricostruzione del fatto accertato (e delle relative circostanze) diversa da quella intervenuta in sede penale.
    Diritto

    Il ricorso è infondato.

    Nessuna delle censure del ricorrente può trovare accoglimento.

    Non è fondata, per cominciare, l'asserita mancata conformazione dell'Amministrazione al decisum intervenuto.

    Con la decisione n. 435/2013, questo Consiglio aveva rilevato una inadeguatezza di motivazione del provvedimento impugnato, indicando i fatti rispetto ai quali il Collegio non ravvisava in esso una considerazione degli stessi (e dunque una argomentata rilevanza dei medesimi) sufficiente a giustificare - sotto il profilo della proporzionalità - il provvedimento di rimozione dal grado.

    Il Giudice non ha detto - né avrebbe potuto dire - che i fatti indicati non potessero assumere rilevanza (ai fini della sanzione adottata). Ha solo detto che tale rilevanza non appariva adeguatamente motivata.

    Non può perciò accogliersi la censura secondo la quale l'Amministrazione si sarebbe sottratta al proprio dovere conformativo, avendo riprovveduto con nuova motivazione. Quello che le era stato imposto non era una "determinata" valutazione di quei fatti, ma una (eventuale) riconsiderazione dei medesimi, al fine di evidenziarne la loro rilevanza nel senso ritenuto. Il dovere imposto all'Amministrazione era di (eventuale) nuova motivazione su quegli stessi fatti, idonea a rimuovere la precedente (ritenuta non attenta) valutazione dei medesimi, che facevano apparire come incoerente la sanzione adottata.

    A tale dovere l'Amministrazione ha dato osservanza, adottando un nuovo provvedimento (rimotivato negli aspetti contestati) e che - sotto il profilo in discussione - appare perciò espressione legittima della propria potestà di riedizione del potere disciplinare, espressamente fatto salvo nella decisione ora in discussione.

    Ogni altra considerazione deve considerarsi estranea a questo giudizio.

    Risultano pertanto inammissibili gli ulteriori motivi di ricorso, in quanto attinenti al merito del nuovo provvedimento adottato, del quale può essere valutata, in questa sede, la legittimità solo con riferimento ai profili relativi ai limiti dell'attività conformativa che derivavano all'Amministrazione dalla decisione n. 435/2013 di questo Consiglio e che, nella specie, riguardavano la coerenza tra la motivazione e la sanzione irrogata. Circostanza che, in ragione della intervenuta riconsiderazione analitica dei fatti e della conseguente nuova motivazione adottata, sottrae il provvedimento contestato alle censure proposte sotto il profilo della violazione dei doveri di conformazione al giudicato formatosi.

    L'Amministrazione non si è infatti limitata a ribadire le proprie precedenti conclusioni, ma ha, piuttosto, ripreso l'iter argomentativo precedente, rinnovando, con più approfondita considerazione degli elementi di fatto emersi nella vicenda, le proprie valutazioni.

    Nel nuovo provvedimento, appaiono, in particolare, esposte le ragioni per le quali, secondo la valutazione dell'Amministrazione procedente, non possa negarsi nella vicenda una gravità dei fatti contestati tale da giustificare le conclusioni raggiunte. E ciò in ragione delle seguenti (nuove) argomentazioni : a) l'asserita "spontaneità" dell'offerta è del tutto contraddetta da quanto accertato in sede penale, dove - sia davanti al Giudice di primo grado, sia davanti alla Corte d'Appello - risulta chiarito per contro (come da testuali riferimenti incorporati nel nuovo provvedimento ora impugnato) che "la reale iniziativa sia stata assunta dal Ch.", del quale la Corte sottolinea il "subdolo" comportamento, caratterizzato dalla evidente volontà di determinare il metus reverentialis "verso l'inesperto allevatore" (elemento sottolineato anche dalla Corte di Cassazione) indotto alla dazione; b) la "irrisorietà" del vantaggio va valutata, in conformità con il giudizio esplicitato in proposito dalla Corte d'Appello, come elemento che colora "ancor più negativamente" la condotta dell'imputato, "in quanto inversamente proporzionale alla violazione dei doveri d'ufficio", che avrebbero dovuto caratterizzarne la condotta "specie di fronte ai terzi"; e la "irrisorietà" della dazione non elimina la gravità dell'animus deliquendi dell'agente, che resta quello tipico della concussione e dunque di gravità estrema, in relazione ai doveri dello status; c) i precedenti favorevoli non possono controbilanciare la gravità della condotta contestata; d) l'intervenuta comminazione al reo della interdizione dai pubblici uffici sottolinea la considerazione che i fatti hanno espressamente ricevuto in sede penale e la conseguente valutazione di essi, da parte del medesimo giudice, come meritevoli del massimo rigore della sanzione.

    Per tali premesse, il ricorso deve ritenersi in parte infondato e in parte inammissibile e non può pertanto essere accolto. .

    Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

    Sussistono giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio
    PQM
    P.Q.M.

    Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

    Raffaele Maria De Lipsis, Presidente

    Antonino Anastasi, Consigliere

    Ermanno de Francisco, Consigliere

    Giuseppe Mineo, Consigliere

    Alessandro Corbino, Consigliere, Estensore

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 05 FEB. 2015.
Avv. Antonino Sugamele

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