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Sentenza

Aeroporti di Roma contro Ministero della difesa: servizio di riscaldamento dei l...
Aeroporti di Roma contro Ministero della difesa: servizio di riscaldamento dei locali occupati a Ciampino dall'Aeronautica militare.
Cassazione civile, sez. I, 09/05/2016, (ud. 23/03/2016, dep.09/05/2016),  n. 9333  

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE PRIMA CIVILE                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. SALVAGO   Salvatore                         -  Presidente   -  
Dott. CAMPANILE Pietro                            -  Consigliere  -  
Dott. SAMBITO   Maria Giovanna C.                 -  Consigliere  -  
Dott. DI MARZIO Mauro                             -  Consigliere  -  
Dott. TERRUSI   Francesco                    -  rel. Consigliere  -  
ha pronunciato la seguente:                                          
                     SENTENZA                                        
sul ricorso 6291/2010 proposto da: 
MINISTERO  DELLA  DIFESA,  in  persona  del  Ministro  pro   tempore, 
domiciliato  in  ROMA,  VIA DEI PORTOGHESI  12,  presso  l'AVVOCATURA 
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; 
                                                       - ricorrente - 
                               contro 
SOCIETA' AEROPORTI DI ROMA S.P.A., (C.F. (OMISSIS)), in persona 
del  legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata  in 
ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso l'avvocato LUCIO GHIA, 
che   la   rappresenta  e  difende,  giusta  procura  in   calce   al 
controricorso; 
                                                 - controricorrente - 
avverso  la  sentenza  n.  601/2009 della CORTE  D'APPELLO  di  ROMA, 
depositata il 09/02/2009; 
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 
23/03/2016 dal consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI; 
udito, per il ricorrente, l'Avvocato ROBERTA TORTORA che ha chiesto 
l'accoglimento del ricorso; 
udito,  per  la  controricorrente, l'Avvocato ANDREA  PIVANTI,  con 
delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso; 
udito  il  P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. 
SORRENTINO  Federico, che ha concluso per l'accoglimento del  ricorso 
per quanto di ragione. 
                 


Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.p.a. Aeroporti di Roma, concessionaria della gestione del sistema aeroportuale di Roma in base alla convenzione n. 2820 del 1974 (hinc cit. società), conveniva in giudizio il ministero della Difesa e, invocando l'art. 10 della convenzione suddetta, ne chiedeva la condanna al pagamento della somma di Euro 792.497,84 a titolo di rimborso delle spese di riscaldamento dei locali dell'aeroporto di ciampino occupati dall'Aeronautica militare.

Radicatosi il contraddittorio, il tribunale di Roma rigettava la domanda, perchè l'attrice non aveva provato nè il titolo della medesima, nè le somme pretese e il criterio di determinazione delle stesse.

La corte d'appello di Roma accoglieva invece l'appello della società.

Osservava che il problema al fondo della controversia, in ordine alla onerosità o meno del servizio di riscaldamento dei locali de quibus, era stato affrontato dalla sentenza di questa corte n. 15023-01, la quale aveva messo in evidenza che l'obbligo di svolgimento del servizio non ne comportava affatto la gratuità.

Affermava quindi la legittimità della pretesa dell'appellante di vedersi rimborsati i costi di riscaldamento dei locali in uso al ministero, rilevando che tale soluzione consentiva di "inquadra(re) meglio il problema, non correttamente impostato in prime cure", essendo evidente che non si trattava di indebito ma del corrispettivo del servizio prestato, senza attinenza col pur richiamato (dalla società) art. 16 della convenzione. A tal riguardo la corte d'appello negava che vi fosse stata una mutatio libelli in ordine al titolo della pretesa e, reputando provato il quantum debeatur alla luce della documentazione allegata alla memoria ex art. 184 c.p.c., condannava il ministero al pagamento della somma richiesta, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo.

Il ministero della Difesa ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza d'appello (depositata il 9-2-2009 e non notificata), deducendo dieci mezzi.

La società ha replicato con controricorso e successiva memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Il ministero ricorrente propone, avverso la sentenza d'appello, i motivi di seguito articolati:

(1) nullità della sentenza ai sensi degli artt. 324, 350 e 352 c.p.c. e art. 2909 c.c., per violazione del principio del contraddittorio con riferimento alla mancata assegnazione di un termine in esito al deposito della richiamata sentenza n. 15023-01 di questa corte, avvenuto in sede di precisazione delle conclusioni;

(2) insufficiente motivazione della sentenza d'appello per non aver chiarito se la decisione suddetta sia stata ritenuta con efficacia di giudicato esterno, ovvero sia stata richiamata solo per relationem;

(3) violazione dell'art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., sul rilievo che la citata sentenza di questa corte non era stata depositata in copia autentica, con conseguente erroneità dell'eventuale attribuzione alla medesima del valore di giudicato esterno;

(4v) nullità della sentenza ai sensi dell'art. 111 Cost., artt. 99, 112 e 342 c.p.c., avendo la corte d'appello evocato la citata decisione, sia eventualmente come giudicato esterno, sia in ogni caso per relationem, malgrado la preclusione verificatasi per difetto di appello sullo specifico punto;

(5) violazione degli artt. 820 c.p.c. e segg. e art. 2909 c.c., avendo la corte d'appello infranto il principio per cui la rilevabilità d'ufficio del giudicato esterno non si applica al lodo arbitrale, in riferimento al quale era stata adottata la più volte richiamata sentenza n. 15023-01 di questa corte;

(6) insufficiente motivazione quanto all'interpretazione della decisione suddetta, sia in ordine all'individuazione del dictum, sia in ordine all'oggetto del rapporto dedotto nel relativo giudizio;

(7) contraddittoria motivazione della sentenza in relazione al punto decisivo inerente l'individuazione del titolo della domanda e dell'obbligazione dedotta in giudizio;

(8) violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., in relazione al rigetto dell'eccezione di mutatio libelli;

(9) insufficiente motivazione della sentenza in relazione al punto decisivo inerente l'esame degli atti defensionali e della convenzione, onde rigettare l'eccezione detta;

(10) insufficiente motivazione della sentenza in ordine alla quantificazione del credito vantato dalla società. - Vanno esaminati per primi, in ordine logico, siccome involgenti profili processuali, i motivi da sette a nove, coi quali si lamenta, e come violazione di legge e come difetto di motivazione, che la corte d'appello abbia, da un lato, individuato con argomenti contraddittori il titolo della proposta domanda e, dall'altro, erroneamente disatteso l'eccezione di mutatio libelli.

La contraddittorietà della motivazione starebbe nell'avere la corte individuato il titolo dell'obbligazione qualificandola sia come "rimborso costi", sia come "pagamento di corrispettivi".

L'errore in procedendo, e la connessa deficienza motivazionale, starebbe nel fatto che, in citazione, la società aveva sorretto la pretesa in base all'art. 10 della convenzione, il quale prevedeva a suo carico la manutenzione, l'illuminazione e il condizionamento dei locali e l'erogazione dei relativi servizi - sicchè la postulazione iniziale era che la società aveva erogato il servizio di riscaldamento e addebitato all'aeronautica militare i relativi costi secondo i previsti criteri; mentre in appello era stato invocato il successivo art. 16 della convenzione, il quale prevedeva che tutte le entrate di pertinenza dello Stato fossero devolute alla concessionaria con relativo diritto di riscossione.

A dire dell'amministrazione ricorrente, quindi, la questione prospettata in appello - se l'obbligo di corrispondere la prestazione di cui all'art. 10, avesse base nell'art. 16, quale corrispettivo per l'uso dei beni aeroportuali - era diversa e nuova rispetto a quella della corretta interpretazione del rapporto disciplinato dall'art. 10, medesimo, anche appunto considerandosi che la società, in primo grado, aveva richiesto il pagamento a titolo di "costi", e non di "proventi" o "corrispettivi".

La ricorrente rammenta che si ha mutatio quando viene avanzata una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria per la oggettiva diversità o la maggiore ampiezza del petitum, ovvero per essere la causa petendi ancorata a una situazione giuridica costitutiva prima non prospettata.

3. - In rapporto alle surriferite doglianze il collegio osserva quanto segue.

4. - Il settimo motivo non ha fondamento.

La corte d'appello si è limitata ad accogliere una domanda "di rimborso delle spese di riscaldamento dei locali dell'aeroporto (..) occupati dall'aeronautica militare".

Tale domanda è stata qualificata come avente a oggetto il corrispettivo del servizio, anzichè come ripetizione di indebito, in quanto si è detto basata su convenzione previdente, in capo alla concessionaria, l'obbligo di assicurare anche il servizio di riscaldamento dei locali, non gratuitamente, sebbene previo rimborso, appunto, del costo.

Nessuna contraddizione è ravvisabile in tale interpretazione dal momento che può rientrare nella nozione di "corrispettivo" anche il compenso relativo a prestazioni accessorie, come è - rispetto alla messa a disposizione di locali quella afferente il servizio di riscaldamento.

5. - Il nono motivo è inammissibile avendo a oggetto una questione giuridica, inerente il dedotto mutamento della domanda.

6. - L'ottavo motivo, che attinge la detta questione dal punto di vista di una inesatta valutazione in iure, è infondato.

come la più recente giurisprudenza di questa corte ha chiarito, la questione relativa alla novità o meno di una domanda giudiziale è correlata all'individuazione del bene della vita in relazione al quale la tutela è richiesta.

ciò risponde a una linea di tendenza nettamente tracciata dalle sezioni unite sia in tema di impugnative negoziali (v. Sez. un. n. 26242-14), sia in tema di ius variandi ex art. 1453 c.c., comma 2 (v.

Sez. un. n. 8510-14).

E' appena il caso di precisare che una eguale visione prospettica è stata da ultimo ribadita in relazione al tema della modificazione della domanda ex art. 183 c.p.c., la quale si è detto poter riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali (v. Sez. un. n. 12310-15, quanto al rapporto tra la domanda di esecuzione in forma specifica e la domanda di accertamento del trasferimento definitivo della proprietà).

ciò fermo stante, non può discorrersi di mutamento della domanda ove si sia in presenza di un mero ipotetico (in base alla postulazione) concorso di norme (anche solo convenzionali) a presidio dell'unico diritto azionato.

Invero il mutamento della domanda suppone il mutamento del corrispondente diritto, non della sua mera qualificazione in iure. Se l'attore abbia a invocare, a fondamento della propria domanda, un presidio normativo pur ulteriore rispetto a quello originariamente richiamato, fermi i fatti che ne costituiscono il fondamento, la ipotetica variazione non determina mutatio, in quanto il diritto soggettivo, per cui la tutela è richiesta, rimane lo stesso.

Nella fattispecie la corte d'appello ha correttamente osservato che la domanda afferiva pur sempre al corrispettivo per spese di riscaldamento, in base alla convenzione richiamata a fondamento del rapporto. E ciò è d'altronde riconosciuto, con certo qual grado di contraddizione, anche dalla ricorrente, giacchè la trascrizione della specifica parte dell'atto di appello della società, da essa ricorrente riportata, rende chiaro che il pagamento delle spese per l'erogazione dei servizi era stato ivi richiesto "ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 10 e 16 della convenzione"; essendo la concessionaria "tenuta a garantire una serie di servizi" ma con "facoltà di richiedere (..) il pagamento delle spese sostenute per l'erogazione dei detti servizi".

7. - All'esame dei motivi da uno a sei, i quali attengono, invece, al riferimento operato dalla corte d'appello alla sentenza n. 15023-01 di questa corte onde decidere il punto qualificante della lite in ordine alla gratuità o meno dell'erogazione del servizio, è necessario anteporre una premessa.

La corte d'appello di Roma non ha ritenuto sussistere tra le parti un giudicato esterno rinveniente nella citata decisione.

Ha richiamato la decisione suddetta alla stregua di precedente giurisprudenziale, di cui ha affermato di condividere il principio che poi ha messo al fondo dell'interpretazione del titolo convenzionale inter partes.

Al riguardo, sebbene in modo sintetico, ha reso in sequenza tre affermazioni: (1) che nella sentenza di cassazione era stato messo in evidenza un principio, vale a dire quello secondo cui "l'obbligo di svolgere il servizio non comporta affatto che la prestazione debba essere effettuata gratuitamente"; (2) che tale principio aveva come conseguenza dalla corte d'appello evidenziata con l'impiego dell'avverbio "donde" - "la legittimità della pretesa dell'appellante di vedersi rimborsati i costi di riscaldamento dei locali aeroportuali in uso al ministero della Difesa"; (3) che una simile soluzione "inquadra(va) meglio il problema, invero non correttamente impostato in prime cure", non essendosi trattato di indebito "ma solo di corrispettivi di servizi prestati, senza (..) attinenza col pure richiamato art. 16 della convenzione che in sostanza "gira" direttamente a favore della concessionaria quanto i terzi fruitori (..) dei servizi aeroportuali avessero dovuto corrispondere alla pubblica amministrazione concedente".

Essendosi trattato di rinvio a un criterio di valutazione dedotto dall'esame del precedente giurisprudenziale, nettamente desumibile da quanto l'impugnata sentenza ha evidenziato sol che la motivazione sia letta nella coordinazione effettiva della singole frasi, non ha fondamento discorrere di presunte deficienze del tessuto argomentativo destinate a celare se sia stato poi ritenuto esistente un giudicato esterno preclusivo in punto di an debeatur.

8. - Da tale premessa discende che il primo motivo è manifestamente infondato, trattandosi di censura finalizzata ad affermare la nullità della sentenza per aver fatto riferimento a un precedente di legittimità il cui testo, "consistente in un documento cartaceo proveniente dal sito web (OMISSIS)", era stato depositato soltanto in sede di precisazione delle conclusioni, senza assegnazione di congruo termine alle parti per il deposito di eventuali osservazioni.

Può osservarsi, invece, che nessuna nullità sussiste, in quanto è da tempo principio pacifico che la precisazione delle conclusioni ha sì la precipua funzione di determinare in modo definitivo il tema della controversia che il giudice si accinge a esaminare ai fini della decisione, ma preclude unicamente la possibilità di estendere il dibattito a questioni non precedentemente dedotte (v. Sez. 1^ n. 6858-04, Sez. 3^ 5478-06).

Di contro, nei limiti delle questioni dedotte, le parti sia in udienza, sia con le successive difese scritte possono illustrare -

anche con nuovi argomenti e nuovi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali - le domande e le eccezioni già ritualmente acquisite al processo. Ed è assolutamente irrilevante che i riferimenti siano assistiti o meno da documentazione rappresentativa del precedente, tratta che sia da riviste, da siti internet o da altro tipo di supporto.

9. - Il secondo motivo è infondato, in quanto teso a denunziare una presunta, ma in verità inesistente, incomprensibilità della sentenza sul profilo dianzi indicato in premessa.

10. - Il terzo motivo è inammissibile, in quanto basato sull'erroneo presupposto di avere la corte d'appello deciso la causa sulla base di un giudicato esterno, correlato a sentenza (di questa corte) non prodotta in copia autentica.

11. - Il quarto motivo è inammissibile per la medesima ragione inerente l'erroneità del presupposto, essendosi inteso eccepire nella sostanza un'ultrapetizione per avere la corte d'appello deciso la causa in difetto di uno specifico motivo di gravame della società, volto a eccepire il giudicato esterno o a far valere la rilevanza della sentenza detta.

E' ovvio invece che nessuna ultrapetizione vi è stata, avendo la corte territoriale deciso sulla pretesa azionata, sebbene aderendo a quanto affermato, in diritto, da questa corte nella ripetuta sentenza n. 15023-01.

12. - Il quinto motivo è inammissibile per analoga ragione, non essendo stata posta a fondamento della decisione d'appello l'esistenza di un giudicato esterno. E' quindi vano eccepire che, secondo parte della giurisprudenza, il principio di rilevabilità d'ufficio del giudicato esterno non può operare laddove il giudicato si sia formato su un lodo arbitrale.

13. - Il sesto motivo è inammissibile, essendo stato dedotto il vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) per avere la corte d'appello "malamente esaminato il punto decisivo costituito dal testo della sentenza della corte di cassazione n. 15023-01 (..)".

L'amministrazione sostiene che ciò che si rinviene nel testo della sentenza non si risolverebbe in una statuizione e nemmeno consentirebbe, in concreto, di individuare l'oggetto dell'obbligazione.

Ma in contrario è sufficiente osservare che la motivazione della sentenza d'appello, per quanto sinteticamente, ha chiaramente evidenziato a cosa l'obbligazione era da riferire e quale ne era la fonte, sicchè quello indicato dalla ricorrente non poteva considerarsi il punto decisivo della controversia quanto piuttosto un corredo argomentativo in diritto a sostegno della tesi circa la non gratuità del servizio.

Come già altrove questa corte ha chiarito, ai fini dell'art. 360 c.p.c., n. 5, il riferimento al "fatto controverso e decisivo per il giudizio" è da correlare a un preciso accadimento o a una precisa risultanza in senso storico che abbia ad assumere connotati di decisività in ordine al merito, non invece a una questione o a un'argomentazione (cfr. Sez. 5^ n. 21152-14).

14. - Resta da esaminare il decimo motivo, che attiene al quantum debeatur.

L'amministrazione denunzia che, nel motivare la decisione, la corte d'appello avrebbe trascurato l'esame di documenti decisivi, e segnatamente delle fatture depositate, della produzione epistolare allegata alla memoria ex art. 184 c.p.c. e dei documenti da cui sarebbe risultata la specifica approvazione dei criteri di calcolo da parte del ministero.

La ricorrente sostiene che tali documenti, tenuti presente dal tribunale nel rigettare la domanda, sarebbero stati trascurati dalla corte d'appello, la quale non avrebbe esplicitato "le fonti del convincimento in ordine al decisivo punto della quantità del riscaldamento erogato e dei relativi costi".

A fronte di ciò, la statuizione secondo cui la lettera 12-12-1996 del comandante della regione aerea di stanza all'aeroporto di (OMISSIS) aveva avuto "efficacia indiziaria" andrebbe ritenuta "priva di qualsiasi attitudine motivazionale".

Il motivo è in parte inammissibile, per genericità e mancanza di autosufficienza, e in parte infondato.

Per esser conforme a quanto disposto dall'art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo di ricorso deve precisare qual è il "fatto", perchè è controverso e perchè è decisivo per il giudizio; deve inoltre precisare quale tipo di vizio di motivazione viene denunziato e, ove si tratti - come nella specie - di insufficienza, quale ne sia la ragione. Nel caso di specie, alla corte d'appello viene addebitato di aver trascurato la documentazione suddetta, nella valutazione della quale il tribunale era pervenuto a un giudizio opposto.

Ma è risolutivo osservare che la ricorrente non ha riportato il contenuto di tale documentazione e che, diversamente, la corte d'appello, mentovandola a supporto della rilevazione di dettagliati conteggi e di corrispondenti tariffe mensili per mc. fissate anno per anno, ha mostrato di averla considerata.

consegue che la censura di insufficienza motivazionale, nella sua genericità, si risolve in una mera sollecitazione a rivedere l'esito della valutazione probatoria, giacchè le fonti del convincimento sono state dalla corte d'appello esplicitate.

La censura è invece infondata, ove non inammissibile per difetto di rilevanza, nella parte afferente la presunta inattitudine motivazionale del riferimento della corte d'appello alla lettera 12/12/1996.

Per quel che risulta, con essa il comandante di area aveva espressamente riconosciuto che il debito per il riscaldamento era al momento già pervenuto alla rilevante cifra di Lire 1.326.710.002.

La corte capitolina ha richiamato la valenza indiziaria di tale lettera per superare 1' obiezione del ministero circa la carenza di potere del funzionario sottoscrivente a impegnare l'amministrazione.

Tale obiezione la corte d'appello ha ritenuto condivisibile ma irrilevante, giacchè non potevasi "negare comunque una efficacia indiziaria" al documento, in combinazione, evidentemente, con gli altri elementi di prova appena sopra richiamati. E non è vero che la statuizione sia priva di "qualsiasi attitudine motivazionale", essendo riservata al giudice del merito la valutazione della prova e dunque anche la valutazione circa la rilevanza indiziaria dei documenti, con l'unico limite, qui non travalicato, della manifesta illogicità.

15. - Il ricorso è rigettato.

Le spese processuali seguono la soccombenza.
PQM
P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 13.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2016
Avv. Antonino Sugamele

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