Capo sezione Combustibili della Marina Militare accusato di chiedere mazzette ai vari imprenditori che aspettavano mandati di pagamento. Confermata la misura cautelare in carcere.
Cassazione penale, sez. VI, 12/05/2015, (ud. 12/05/2015, dep.29/05/2015), n. 23304
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MILO Nicola - Presidente -
Dott. PAOLONI Giacomo - Consigliere -
Dott. VILLONI Orlando - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Angelo - rel. Consigliere -
Dott. BASSI Alessandra - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
V.A. N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 61/2015 TRIB. LIBERTA' di TARANTO, del
26/02/2015;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CAPOZZI ANGELO;
sentite le conclusioni del PG Dott. ANGELILLIS Ciro, che ha chiesto
il rigetto del ricorso.
Udito il difensore Avv. CARRARO Susanna e Avv. PAPALE Ciro che hanno
chiesto l'accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 26.2.2015 il Tribunale di Taranto - a seguito di istanza di riesame proposta nell'interesse dell'indagato V. A. avverso la ordinanza emessa il 16.2.2015 dal G.I.P. del locale Tribunale con la quale al predetto è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere - ha confermato detta ordinanza e la sussistenza a carico del V. di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui agli artt. 110, 81 e 317 c.p., perchè in concorso con altri appartenenti al 5^ Reparto Maricommi di Taranto, quale capo della 1^ Sezione Combustibili e lubrificanti dello Stato maggiore della MM - Reparto Logistica - 4 Ufficio di Roma (fino al 28.8.2013) abusando della loro qualità e dei loro poteri, con la minaccia di ostacolare la regolare emissione dei mandati di pagamento per la esecuzione dei lavori di manutenzione e forniture di servizi e materiali loro affidati per conto della MM, costringevano vari imprenditori a versare materialmente al L.G., in tempi diversi, più somme di denaro non dovute per importi variabili e altre utilità, per un valore complessivo comunque equivalente al 10% circa dei profitti derivanti dai servizi svolti, somme che il L. G. provvedeva successivamente a distribuire agli altri concorrenti in diverse parti percentuali, secondo gli accordi tra loro intervenuti.
2. Avverso la ordinanza propone ricorso per cassazione il V., a mezzo dei difensori, deducendo:
2.1. Violazione della legge penale e di norme processuali sanzionate a pena di nullità nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 273 c.p.p. e artt. 110 e 317 c.p..
La condotta del V. risulterebbe sganciata dai presunti fenomeni concussivi commessi a (OMISSIS) ai danni degli imprenditori e non sarebbe in alcun modo dimostrato il presunto "favoritismo" che il V. sarebbe stato in grado di realizzare, no avendo il V. alcun potere discrezionale rispetto alla procedura di assegnazione dei fondi alle sedi decentrate.
Cosicchè sarebbe escluso il concorso del ricorrente nelle condotte concussive degli altri indagati, risultando soltanto - dalle dichiarazioni del L.G. - che il predetto abbia ricevuto una somma di denaro a titolo di "ringraziamento" per la destinazione dei finanziamenti alla marina Militare di Taranto, senza alcun altro coinvolgimento nelle condotte ai danni degli imprenditori tarantini.
2.2. Violazione della legge penale e di norme processuali sanzionate a pena di nullità nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c) e artt. 110 e 317 c.p..
Il pericolo di recidivanza sarebbe solo apparentemente motivato da un generico contenuto che non attinge la persona del V. che - ove mai abbia commesso i fatti - non risulta coinvolto nel contesto in cui si sono sviluppate, risultando chiamato in causa dal solo L. G..
Inoltre, nell'arco temporale dal 12.3.2014, termine della contestazione, ad oggi, il ricorrente non risulta aver posto in essere alcuna condotta diretta alla commissione di reati della stessa specie, risultando "fuori ruolo" dal 16.6.2014 per stessa sua richiesta non collegata a motivi riferibili alla vicenda in esame.
Come risulta dall'attestato allegato al ricorso il ricorrente è stato svincolato dalle precedenti attribuzioni ed è stato impiegato per l'aggiornamento di alcune pubblicazioni logistiche ed illogicamente il Tribunale avrebbe svalutato la circostanza. Inoltre, il Tribunale avrebbe anche ignorato che dalla fine del 2013 i modelli C relativi ai capitoli di spesa di pertinenza del Reparto al quale apparteneva il V. non vengono emessi più da detto Reparto, ma dal altro organismo con il quale il V. non ha alcun contatto formale o di fatto.
2.3. Violazione della legge penale e di norme processuali sanzionate a pena di nullità nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 274 c.p.p., lett. a) e artt. 110 e 317 c.p..
In particolare, il pericolo di inquinamento probatorio non potrebbe desumersi apoditticamente dal ruolo che l'indagato riveste in un'organizzazione pubblica, anche alla luce dell'attuale estraneità all'Ufficio Carburanti al quale non compete più l'emissione dei modelli C. Ancora, neanche tale esigenza potrebbe fondarsi sulla prospettiva di acquisire documentazione tracciabile, non risultando alcuna condotta del ricorrente - successivamente al noto arresto del L.G. - tesa ad occultare documentazione riservata. Infine, le ulteriori indagini in corso esulerebbero dai fatti ascritti al V., riguardando altri Reparti della Marina Militare.
2.4. Violazione della legge penale e di norme processuali sanzionate a pena di nullità nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 275 c.p.p..
Solo apparentemente sarebbe giustificato il giudizio di adeguatezza della custodia in carcere facendosi riferimento solo astrattamente al possibile utilizzo di strumenti telematici senza individuare il fine del loro utilizzo ed appuntandosi su una sola delle moltissime conversazioni con la convivente, dal banale contenuto.
2.5. Con memoria difensiva la difesa ha evidenziato - in relazione al ritenuto pericolo di recidivanza - la incidenza della novella legislativa introdotta con la L. 16 aprile 2015, n. 47 ed entrata in vigore in data 8.5.2015 che ha recepito i principi di legittimità già espressi dalla Corte regolatrice secondo i quali deve escludersi la sussistenza - nell'arco temporale considerato - di condotte dalle quali possa ragionevolmente presumersi il pericolo concreto ed attuale di commissione dei reati della stessa specie evidenziando una contraddizione esistente tra l'assunto contenuto nella ordinanza del 5.2.2015 in ordine alle esigenze cautelari e quella oggi impugnata.
Si evidenzia, ancora, la incidenza del provvedimento della Marina Militare del 15 febbraio 2015 che, trasferendo il ricorrente alla diretta dipendenza del Capo di Stato Maggiore presso COMLOG Napoli, lo esclude dal Reparto Beni e Servizi. Quanto al giudizio di adeguatezza della misura, si evidenzia l'erroneità del giudizio espresso dal Tribunale rispetto al provvedimento di sospensione cautelare secondo il disposto dell'art. 915 d.leg.vo 66/2010 che prevede la sospensione obbligatoria del militare in servizio rispetto a qualsiasi misura limitativa della libertà che impedisca la prestazione lavorativa. Infine, si censura la reiterazione della misura - dopo la sua precedente declaratoria di inefficacia - in relazione al nuovo disposto dell'art. 309 c.p.p., comma 10, secondo il quale, tale rinnovazione non è possibile "salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate", motivazione che, nella specie, difetta.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Il ripetuto riferimento operato dalla difesa alla novella in tema di misure cautelari personali introdotta dalla L. 16 aprile 2015, n. 47 impone di precisare che in relazione alla natura processuale del regime in materia vige il principio del "tempus regit actum" (Sez. U, n. 27919 del 31/03/2011, Ambrogio, Rv. 250195) secondo il quale l'atto si giustifica in rapporto alla norma vigente al momento della sua emanazione.
Cosicchè, nella specie, trattandosi di ordinanza genetica e di ordinanza del riesame emesse anteriormente all'entrata in vigore della richiamata novella, ad esse non possono applicarsi le norme sopravvenute e, segnatamente, il novellato art. 309 c.p.p., comma 10, in tema di rinnovazione della misura cautelare a seguito di pregressa declaratoria di inefficacia della ordinanza cautelare (come, nella specie, avvenuto per motivi procedurali).
2. Il primo motivo sulla gravità indiziaria è inammissibile.
2.1. La ordinanza impugnata, nel richiamare le acquisizioni della indagine e considerando le posizioni difensive dell'indagato sin dopo la emissione della prima ordinanza - poi dichiarata inefficace -, ha giustificato la gravità indiziaria a carico del ricorrente sulla base delle dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie del L.G. sulla prassi illecita vigente presso il 5^ Reparto di riscossione di tangenti dagli imprenditori e successiva ripartizione tra gli Ufficiali. Dette dichiarazioni, di cui è stata verificata la credibilità, risultano fornite di molteplici riscontri esterni individualizzanti, anche in relazione al ricorrente. In particolare, il racconto del L.G. che coinvolge direttamente- tra gli altri - il V., trova specifico riscontro dalla verificata consegna a questi, nel giugno 2013, della consueta quota tangentizia da parte del L.G. -che la ricorda - attraverso una inusuale modalità di consegna; inoltre, trova riscontro nel ruolo rivestito nella vicenda dallo stesso V. in seno allo Stato Maggiore della Marina, facendosi leva sulle sue stesse dichiarazioni relative alla influenza esercitata sull'avanzamento delle pratiche di finanziamento destinate ai vari reparti italiani, così riscontrando le dichiarazioni del L. G. che ha attribuito una funzione rilevantissima al V. nella gestione di dette pratiche, al punto che era necessario, onde consentire alla prassi illecita instaurata di girare a pieno regime, erogargli a titolo di "ringraziamento" una percentuale delle tangenti riscosse; ancora, la diretta cointeressenza del ricorrente emerge, ancora una volta, dalle sue stesse parole allorquando si perita di fare pressioni nel corso di una ispezione al 5^ Reparto facendo presente che il settore combustibili era "gestito" da lui; infine, dal rinvenimento - nella cassaforte del L.G. - delle cinque buste di denaro (complessivamente contenenti 36.000 Euro facenti parti della "raccolta periodica" delle tangenti) avvolte da appunti manoscritti indicanti sia l'elenco dei lavori e/o ditte con affianco cifre, sia le sigle dei soggetti ai quali le somme erano destinate , tra i quali quello riportante la lett. "V" e la quota percentuale del 2% (v. pg. 4) attribuiti dallo stesso L.G., autore delle annotazioni, al V. che risulta essere stato destinatario di una percentuale pari al 2% su quello complessivo del 10% preteso sull'importo dei profitti delle imprese. Questo articolato complesso indiziario documenta - secondo il provvedimento impugnato la partecipazione di questi alla spartizione sistematica dei profitti illeciti provenienti dalla diffusa prassi concussiva descritta nella provvisoria imputazione tenuta ai danni degli imprenditori che effettuavano lavori per il V Reparto della Base Navale della Marina Militare di Tarante 2.2. Ebbene, rispetto alla motivazione resa dal Tribunale - escluse senz'altro le cumulative censure in tema di violazione di norme processuali sanzionate a pena di nullità per manifesta infondatezza -generica ed in fatto è la prospettata esclusione della natura concorsuale della condotta del ricorrente, poggiata - da un lato - su elementi formali e - dall'altro - su una parcellizzata considerazione di quello che, invece, è ricostruito del tutto ineccepibilmente come un consolidato fenomeno illecito unitario rispetto al quale è individuato l'apporto sinergico dato dal ricorrente con l'influente esercizio delle funzioni presso l'Ufficio dello Stato Maggiore, decisivo per la realizzazione delle condotte materialmente realizzate nel reparto tarantino a seguito delle quali, secondo il previo accordo criminoso, il ricorrente conseguiva il lucro illecito.
3. Il secondo motivo sulle esigenze cautelari correlate alla recidivanza è infondato.
3.1.Secondo costante orientamento, in tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione del pericolo che l'imputato commetta delitti della stessa specie, il requisito della concretezza non si identifica con quello dell'attualità, derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, ma con quello dell'esistenza di elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l'imputato possa commettere delitti della stessa specie di quello per cui si procede, e cioè che offendano lo stesso bene giuridico (Sez. 6^, n. 28618 del 05/04/2013 Rv. 255857 Vignali) ed il tempo trascorso dalla commissione del reato non esclude automaticamente l'attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione, che può essere desunto dai criteri stabiliti dall'art. 133 c.p., tra i quali le modalità e la gravità del fatto, sicchè deve essere considerato, non il tipo di reato o la sua ipotetica gravità, ma situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità dell'indagato (Sez. 2^, n. 49453 del 08/10/2013, Scortechini e altro, Rv. 257974). Ancora, ai fini della configurabilità dell'esigenza cautelare di cui all'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), il concreto pericolo di reiterazione dell'attività criminosa può essere desunto anche dalla molteplicità dei fatti contestati, in quanto essa, considerata alla luce delle modalità della condotta concretamente tenuta, può essere indice sintomatico di una personalità proclive al delitto, indipendentemente dall'attualità di detta condotta e quindi anche nel caso in cui essa sia risalente nel tempo (Sez. 5^, n. 45950 del 16/11/2005, Salucci, Rv. 233222). In particolare, ai fini dell'applicazione di misure cautelari personali inerenti a reati contro la P.A., la prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell'indagato non è di per sè impedita dalla circostanza che egli abbia dismesso la carica o esaurito l'ufficio nell'esercizio del quale aveva posto in essere la condotta addebitata, purchè sussista il rischio concreto che ulteriori reati dello stesso tipo siano resi probabili da una posizione soggettiva che consenta all'agente di mantenere, pur nell'ambito di funzioni o incarichi pubblici diversi, condotte antigiuridiche dotate dello stesso rilievo ed offensive della medesima categoria di beni (Sez. 6^, n. 6566 del 13/12/2011, Gambarino, Rv. 252037).
3.2. Ponendosi nell'alveo di legittimità ricordato, la ordinanza ha riconosciuto sussistenti le esigenze cautelari relative al pericolo di recidiva, definite concrete ed attuali, giustificandole - da un lato - con la gravità del contributo concorsuale in base al ruolo decisivo e propedeutico alle condotte "tarantine", nell'ambito di un sistema radicato e programmato in modo capillare; dall'altro, con i connotati negativi della personalità del ricorrente desunti anche dal suo coinvolgimento in altra grave vicenda delittuosa caratterizzata - anche questa - dall'esercizio deviato delle funzioni svolte. Rispetto a tali emergenze sono state ritenute inincidenti sia la sospensione cautelare, in ragione del relativo regime che la correla alla vigenza della misura cautelare personale, come pure il dedotto mutamento di incarico già prima del suo arresto, risultando - da un lato - in concreto operante nell'ambito del medesimo Ufficio in cui ha realizzato la condotta contestata ed ininfluente la circostanza della formale diversa posizione soggettiva e - dall'altro - tale posizione sostanzialmente dipendente da sue scelte, pertanto pur sempre revocabili.
3.3. Rispetto a tale motivazione, in particolare, la deduzione difensiva è generica ed in fatto allorquando prospetta l'estraneità del ricorrente al contesto criminoso ed alla sua permanenza nello stesso contesto lavorativo; come pure generica quella - pure ripresa dalla memoria -che fa leva sulla natura obbligatoria della sospensione essendo questa opposta non già in tema di giudizio di adeguatezza della misura ma in relazione al radicale profilo della esistenza delle esigenze cautelari.
4. Il terzo motivo sulle esigenze cautelari correlate al pericolo di inquinamento probatorio è parimenti infondato.
4.1.In tema di misure cautelari personali, il pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, richiesto dall'art. 274 c.p.p., lett. a), per l'applicazione delle stesse, deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell'id quod plerumque accidit", che l'indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti. Per evitare che il requisito richiesto del "concreto pericolo" perda il suo significato e si trasformi in semplice clausola di stile, è necessario che il giudice indichi, con riferimento all'indagato, le specifiche circostanze di fatto dalle quali esso è desunto e fornisca sul punto adeguata e logica motivazione. (Sez. 6^, n. 1460 del 19/04/1995, Papa, Rv. 202984).
4.2. Anche in questo caso, senza vizi logici e giuridici, la ordinanza ha desunto tale periculum libertatis dalla posizione verticistica ricoperta dal V. nell'ambito della prassi illecita instauratasi al Maricommi di Taranto riscontrata anche dalla percentuale a lui riconosciuta sulle somme estorte agli imprenditori e dalla influenza sullo stesso contesto documentata dalla interferenza sulla ispezione in corso presso il reparto tarantino.
Inoltre, dalla diretta disponibilità di documentazione riservata e dal correlato interesse ad occultare elementi a suo carico. Infine, dalla peculiare personalità palesata dall'indagato in relazione alla sua documentata condotta nel corso di una attività di perquisizione svolta nell'ambito della già citata indagine del P.M. di Roma attraverso i contatti criptici con altro coindagato nonchè con quelli immediatamente dopo tenuti con la compagna N. M. con la quale si preoccupa dell'occultamento di documentazione e, infine, attraverso i contati tenuti due settimane dopo quella attività perquisitiva con lo stesso coindagato tesa ad assicurare urgenti comunicazioni "protette".
4.3. Anche in relazione alla motivazione resa al riguardo di tale periculum libertatis, le cumulative deduzioni difensive si palesano, quando non palesemente infondate con particolare riferimento alle violazioni di norme sanzionate a pena di nullità, generiche ed in fatto allorquando, in particolare, fanno leva sull'inincidenza della posizione lavorativa del ricorrente e sull'assenza di condotte di inquinamento successive all'arresto del L.G..
5. Il quarto motivo sulla scelta della misura inframuraria è inammissibile.
5.1. La ordinanza ha espresso il giudizio di adeguatezza della massima misura custodiale sulla base dello spessore delle ritenute esigenze e della dimostrata inadeguatezza di una minore misura autocustodiale in ragione delle condotte già prima evidenziate volte ad ostacolare le indagini.
5.2. Anche sul punto le analoghe cumulative doglianze difensive sono, quando non manifestamente infondate, anche in questo caso in relazione alla dedotta violazione di norme sanzionate a pena di nullità, generiche ed in fatto quando limitano la censura all'utilizzo degli strumenti telematici ed accampano una diversa interpretazione del compendio intercettivo considerato, improponibile in questa sede di legittimità.
6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
7. Devono disporsi gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2015.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2015
25-04-2016 17:22
Richiedi una Consulenza