Carabiniere scelto imputato di simulazione di infermità aggravata. Assolto. Il fatto non sussiste.
Cassazione penale, sez. I, 09/05/2014, (ud. 09/05/2014, dep.05/09/2014), n. 37213
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina - Presidente -
Dott. CAVALLO Aldo - rel. Consigliere -
Dott. CASSANO Margherita - Consigliere -
Dott. LA POSTA Lucia - Consigliere -
Dott. ROCCHI Giacomo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI ROMA;
nei confronti di:
M.F. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 44/2013 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
24/09/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FLAMINI L.M. che
ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale militare di Verona, con sentenza deliberata il 15 gennaio 2013, assolveva il Carabiniere scelto M.F. dal reato di simulazione di infermità aggravata, perchè il fatto non sussiste.
Il Tribunale militare, premesso in fatto che il M. durante il periodo di congedo usufruito per motivi di salute dal (OMISSIS) risultava aver arbitrato una partita di calcio svoltasi a (OMISSIS) alle ore 15 del (OMISSIS), riteneva, in base alle risultanze processuali ed in particolare alle dichiarazioni testimoniali del medico curante del militare, che non sussistevano elementi per sostenere che il M. avesse simulato l'infermità certificata (virosi intestinale).
Ed invero, tenuto conto che il sanitario, che la mattina del (OMISSIS) aveva redatto il certificato medico che aveva indotto in errore i superiori del militare sulle reali condizioni di salute dello stesso, aveva sottoposto a visita medica l'imputato presso la sua abitazione e personalmente constato che il militare non era in condizione di intraprendere il servizio d'istituto per il quale era stato comandato quel giorno (attività di pattuglia dalle ore 01,00 alle ore 07,00) doveva valutarsi come probabile che l'imputato - che già il (OMISSIS) aveva contattato telefonicamente il medico, lamentato problemi di salute (diarrea) - fosse stato relativamente meglio già dal mattino successivo, in virtù dell'assunzione dei farmaci (fermenti lattici ed un medicinale antidiarroico) che gli erano stati prescritti telefonicamente.
2. Proposta tempestiva impugnazione avverso tale decisione dal Procuratore generale militare, la Corte militare di appello, con sentenza deliberata il 24 settembre 2013, dichiarava di non doversi procedere nei confronti del M. in ordine al delitto di "simulazione di infermità al fine di sottrarsi all'adempimento di alcuno dei doveri inerenti al servizio militare" (art. 161 c.p.m.p.), così modificata l'originaria qualificazione giuridica del fatto come "simulazione di infermità continuata" (art. 159 c.p.m.p.), perchè l'azione penale non doveva essere iniziata, per mancanza della richiesta di procedimento.
2.1 Secondo i giudici di appello, in estrema sintesi, l'avere il M. simulato un'infermità inesistente (almeno secondo l'accusa), mediante presentazione di certificazione medica consegnata al comando di appartenenza, non realizzava il reato di simulazione di infermità previsto dall'art. 159 c.p.m.p., prima parte che prevede che la condotta fraudolenta del militare sia commessa al fine di sottrarsi all'obbligo del servizio militare, finalità che di fatto non era stata perseguita dall'imputato. La condotta simulatoria addebitata al M. era più correttamente rìconducibile alla fattispecie criminosa di cui all'art. 161 c.p.m.p., per la cui realizzazione l'agente è mosso dall'intenzione di "sfuggire alla contingente prestazione di un particolare servizio (nello specifico l'attività di pattugliamento da svolgere la notte tra il sabato e la domenica) e non già la prestazione del servizio nella sua globalità".
3. Ricorre per cassazione il procuratore militare presso la Corte militare di appello, contestando, sotto il profilo dell'erronea applicazione della legge penale militare e di altre norme di cui occorre tener conto nell'applicazione della legge penale, che il fatto ascritto all'imputato potesse farsi rientrare nella più tenue fattispecie di cui all'art. 161 c.p.m.p..
3.1 Secondo il P.M. ricorrente una corretta qualificazione del fatto contestato prescinde del tutto dagli aspetti temporali che possono caratterizzare la vicenda, nel senso che non assume alcuna influenza la durata degli effetti della condotta simulatoria sulla prestazione del servizio militare ovvero sull'adempimento di alcuno dei doveri ad esso inerenti.
Ad avviso del ricorrente, in altri termini, il fine perseguito dal M. non era quello di eludere semplicemente lo specifico (ed impegnativo) servizio notturno di pattuglia a cui era comandato - che costituirebbe un aspetto meramente accidentale della vicenda - ma era invece, precipuamente, quello di sottrarsi ad ogni tipo di impegno dai suoi obblighi militari che avrebbe potuto ostacolare lo svolgimento delle attività preventivamente programmate.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere quindi essere rigettato.
La decisione impugnata si è infatti correttamente uniformata alle linee interpretative che questa Corte ha fissato in alcuni suoi arresti.
In particolare con sentenza Sez. 1, n. 458 del 26/10/1993 - dep. 19/01/1994, P.M. in proc. Forte, Rv. 196315, è stato affermato che in tema di reati contro il servizio militare, nell'art. 159 c.p.m.p. - che punisce la simulazione di infermità - sono delineate due figure delittuose: per quanto concerne la prima parte di detto articolo, la simulazione d'infermità è diretta all'esenzione totale dal servizio militare, sicchè trattasi di reato a dolo specifico per il quale l'azione del reo deve intenzionalmente dirigersi a tale fine e non ad una temporanea sottrazione ai doveri connessi alle mansioni svolte dal militare. Mentre, per quanto riguarda la seconda parte del medesimo articolo, la simulazione è funzionale alla sottrazione a particolare servizio di corpo, arma o specialità, di guisa che il dolo specifico dell'agente è diretto alla temporanea sottrazione all'obbligo del servizio militare per evitare i rischi o gli inconvenienti connessi all'espletamento di mansioni particolari d'arma o di specialità di corpo (servizio sui sommergibili, conduzione di autovetture e non d'autocarri, servizio in speciali reparti dell'aeronautica, incursori aviotrasportati e non autotrasportati "et similia"). In entrambe le ipotesi, peraltro, si tratta di simulazione diretta a sottrarsi a servizi, temporaneamente o definitivamente, inerenti allo "status" ricoperto all'interno dell'organizzazione militare. Intendendosi per servizi le funzioni oggettive svolte da detta organizzazione a mezzo dei singoli militari. Allorquando invece l'agente è mosso dall'intenzione di sottrarsi, mediante simulazione di infermità, all'adempimento di alcuno dei doveri inerenti al proprio "status" di militare, trattasi di condotta costitutiva della diversa fattispecie criminosa di cui all'art. 161 c.p.m.p..
Tale lezione interpretativa, per altro, ha trovato sostanziale conferma, al di là dell'esito conclusivo delle specifiche vicende processuali, anche nella successiva giurisprudenza di questa Corte in argomento (Sez. 1, n. 5272 del 25/09/2000 - dep. 29/11/2000, Sisto, Rv. 217292).
Dunque l'incedere argomentativo sviluppato nella decisione impugnata deve ritenersi corretto, perchè frutto di adeguato recepimento dei dati di fatto, avendo in particolare i giudici di appello ritenuto, con plausibile e logica valutazione, che "l'intento di non prestare il servizio nella giornata di domenica fosse alla base della condotta simulatoria contestata, della quale costituiva la motivazione essenziale ed esclusiva".
La Corte militare escludeva in particolare che la mera indicazione di una prognosi di (soli) tre giorni sarebbe sufficiente a "ricondurre la condotta alla massima estensione dell'intento di sottrazione al servizio sul quale si impernia la previsione di cui all'art. 159 c.p.m.p. e non a quella più limitata, considerata dall'art. 161 c.p.m.p.".
In presenza di un percorso motivazionale, articolato, logico ed aderente alle risultanze processuali, solo sommariamente illustrato in questa sede, le argomentazioni sviluppate in ricorso, lungi dal segnalare un'effettiva violazione della legge penale, non superano la soglia della ricostruzione alternativa e meramente congetturale delle risultanze processuale.
2. Privo di mende è quindi il passaggio argomentativo secondo cui ricorrendo le ipotesi criminosa di cui all'art. 161 c.p.m.p., l'azione penale non era procedibile per difetto di richiesta, atteso che la condotta contestata, non integrava il reato di simulazione d'infermità di cui all'art. 191 c.p.m.p..
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2014
11-08-2016 14:16
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