FORZE ARMATE - Sottoufficiali - stato - Dispensa dal servizio - Destituzione di diritto - Condanna penale - Pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici - Irrilevanza dei periodi di riammissione in servizio - Fattispecie.
T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna), sez. I, 30/03/2015, n. 334
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 89 del 2015, proposto da:
Al. Bi., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Piccolo, con
domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, Via A. Protti 2;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e
difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche
domiciliataria in Bologna, Via Guido Reni 4;
per l'annullamento
del provvedimento senza numero emesso da Direzione Generale per il
personale militare del 14.11.2014, notificato in data 26.11.2014 dal
Corpo di polizia penitenziaria della casa circondariale di Piacenza,
con il quale si decretava la perdita dello stato di militare e la
cessazione del rapporto di impiego.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 il dott.
Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori Vincenzo De Franco e
Andrea Cecchieri;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente impugnava il provvedimento indicato in epigrafe in virtù del quale aveva perso lo status di militare a seguito di una condanna che aveva comportato la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Il primo motivo di ricorso censura un difetto di motivazione poiché il provvedimento sarebbe carente di elementi essenziali.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 9 L. 19/1990 poiché il dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale, ma deve essere disposto un procedimento disciplinare all'esito del quale la misura può essere disposta. Inoltre viene denunziato un vizio della motivazione per aver l'atto affermato che la riammissione in servizio potrebbe turbare il regolare e corretto funzionamento delle attività istituzionali dell'ente, senza tener conto dei periodi in cui il ricorrente è stato riammesso in servizio dopo la sospensione obbligatoria.
Il Ministero della Difesa si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso è infondato.
Il provvedimento è ampiamente motivato e non presenta quei vizi cui fa riferimento il primo motivo di ricorso; appare chiaro che il problema si è verificato per le modalità di notificazione del provvedimento che non hanno permesso una completa riproduzione dell'atto che è stato, però, subito nuovamente notificato in modo corretto.
Non è pertinente il richiamo all'art. 9 L. 19/1990 esposto nel secondo motivo.
Il provvedimento è motivato sulla base di norme sopravvenute a quella suindicata e cioè l'art. 622 del codice militare che prevede la perdita dello status di militare per effetto della pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
La Corte Costituzionale nella sentenza 276/2013, che valutava la legittimità dell'art. 866 del codice militare attinente alla perdita del grado per interdizione temporanea dai pubblici uffici, afferma che non è pertinente il paragone con le norme previste per gli impiegati civili dello Stato cui si può ricondurre anche la L. 19/1990.
L'effetto si verifica ex lege e non ha alcuna rilevanza la condotta tenuta dal militare nei periodi di riammissione in servizio dovuti all'avvenuta scadenza del tempo massimo di sospensione obbligatoria dal servizio nel periodo in cui il processo era ancora pendente.
Ulteriore conseguenza della perdita dello status di militare è la cessazione del rapporto di impiego come previsto dall'art. 923 del codice militare che fa riferimento, tra le cause che comportano tale cessazione, anche alla perdita dello status di militare.
Il provvedimento è, pertanto, pienamente legittimo ed il ricorso deve essere respinto con condanna del ricorrente alle spese di giudizio nella misura indicata in dispositivo.
PQM
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in € 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Alberto Pasi, Consigliere
Ugo De Carlo, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 30 MAR. 2015.
05-06-2016 10:05
Richiedi una Consulenza