Maresciallo dei Carabineri ex Comandante della sezione di PG di un Tribunale siciliano condannato per avere chiesto ad un imprenditore la somma di euro 5.000 per omettere atti del proprio ufficio dovrà risarcire il danno causato all'immagine dell'arma dei Carabinieri.
Corte dei Conti Sez. Giurisdizionale per la Regione Siciliana sentenza nr. 621 del 2016.-
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
Composta dai magistrati:
Dott. Luciana Savagnone Presidente
Dott. Igina Maio I referendario
Dott. Giuseppe Grasso I referendario relatore
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA n.621/2016
Nel giudizio di responsabilità, iscritto al n.62616 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di R.C., nato a ... il ...., rappresentato e difeso dagli avv. Franco Campo e Caterina Lo Piccolo ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Nicola Messina, in Palermo via Cuccia n.45.
Uditi nella pubblica udienza del 24 febbraio 2016, il relatore dott. Giuseppe Grasso, il Pubblico Ministero, nella persona del dottor. Gianluca Albo , e l'avv. Franco Campo per il convenuto.
FATTO
Con atto di citazione depositato il 27 luglio 2015, il Procuratore regionale ha chiamato in giudizio il signor R. C. n.q. di ex comandante della sezione di P.G. carabinieri presso la Procura della Repubblica del Tribunale di .... , chiedendone la condanna al risarcimento, a favore del Ministero della Difesa, del danno all'immagine pari ad una somma di € 25.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria, in relazione alla sentenza penale definitiva della Corte di Cassazione del 23/3/2015, con la quale il convenuto era stato condannato, per il reato di cui all'art.319 quater c.p., avendo, nell'ambito delle indagini nei confronti dell'imprenditore D. V., nella sua qualità di appartenente alla P.G., chiesto a quest'ultimo la somma di € 5.000,00 per omettere atti del proprio ufficio e comunque compiere atti contrari ai propri doveri d'ufficio.
Il PM ha evidenziato la gravità del fatto commesso e la sussistenza del “clamor fori” allegando articoli di stampa di quotidiani locali che riportavano la notizia.
Con memoria depositata il 4 febbraio 2016, il convenuto, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Campo e Caterina Lo Piccolo, si è costituito contestando la sussistenza del danno per il limitato rilievo dato dalla stampa alla vicenda, iniziata nel 2009, con notizie anteriori alla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado.
Ha eccepito, poi, la prescrizione quinquennale sostenendo che la decorrenza del termine dovrebbe farsi risalire al marzo 2009, data in cui furono pubblicate dai giornali le notizie dei fatti delittuosi accaduti.
Ha contestato, ancora, il criterio di quantificazione del danno conteggiato in violazione dell'art.1 comma 62 della legge 190/2012, che prevede la condanna al pagamento di una somma pari al doppio di quanto illecitamente percepito, non esistendo alcuna prova del percepimento di una somma superiore ad € 2.500,00.
Pertanto, conclude per il rigetto della domanda di parte attrice, chiedendo, in subordine, la riduzione della condanna ad € 5.000,00 e l'applicazione del potere riduttivo, in conseguenza della sopravvenuta espulsione del convenuto dall'Arma dei carabinieri .
All'udienza dibattimentale il P.M. ha confermato la richiesta di condanna.
L'avv. Franco Campo, per il convenuto, ha ribadito le difese già spiegate negli atti scritti.
DIRITTO
E' preliminare l'esame dell'eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto, il quale sostiene il decorso del termine quinquennale, considerato che la prima pubblicazione di notizie giornalistiche, da cui nasce il danno all'immagine, è avvenuta a marzo 2009, mentre l'invito a dedurre è stato notificato nel mese di giugno del 2015.
Rileva il Collegio che la decorrenza del termine prescrizionale, nella fattispecie di danno all'immagine, inizia nel momento in cui passa in giudicato la sentenza penale di condanna, in virtù del disposto dell'art. 17 comma 30 ter del d.l. n. 78/2009, conv. nella legge n. 102/2009, in cui si prevede che tale termine rimane sospeso sino al passaggio in giudicato della sentenza penale.
Nel caso in esame, la sentenza definitiva di condanna per il delitto di cui all'art. 319 quater c.p. è stata emessa dalla Corte di Cassazione nel 2015, ed ad essa è seguito tempestivo invito a dedurre del PM, notificato il 4/6/2015, per cui nessun termine prescrizionale può ritenersi decorso.
Nel merito della domanda risarcitoria, ritiene il Collegio che il danno all'immagine deve ritenersi sussistente.
Come affermato dal Procuratore regionale nell'atto di citazione, nessun dubbio sussiste in astratto circa l'esistenza di un interesse costituzionalmente tutelato della P.A., nelle sue varie articolazioni, all'integrità della propria immagine, né che la lesione di questo diritto, per effetto del comportamento illecito di un soggetto legato all'Ente pubblico da rapporto di servizio, possa cagionare, di per sé, un nocumento valutabile.
Assumono rilievo in relazione all'an ed al quantum del danno all'immagine i seguenti elementi: l'attività dell'ente, organo, ufficio dell'autore del danno; la posizione funzionale dell'autore dell'illecito, che assume maggior gravità in caso di posizione di vertice; la sporadicità o la continuità o la reiterazione dei comportamenti illeciti; la necessità o meno di interventi sostitutivi o riparatori dell'attività illecitamente tenuta in ipotesi di tangenti, l'entità del denaro ricevuto; la negativa impressione nell'opinione pubblica, tale da suscitare sfiducia nei confronti dell'ente.
La norma di riferimento sui presupposti è l'art.17 comma 30 ter del d.l.n.78/2009 conv. nella legge n.102/2009.
Nel caso in questione è stata fornita la prova degli elementi per la sussistenza del danno all'immagine: vi è la sentenza penale di condanna passata in giudicato della Corte di Cassazione n.20121 del 23/3/2015, per il reato di cui all'art.319 quater c.p.; vi è il clamor fori, documentato dagli articoli pubblicati sui quotidiani La Sicilia del 11/3/2009 e 1/10/2011, Giornale di Sicilia del 11/3/2009, allegati agli atti del processo.
Circa la quantificazione del danno all'immagine, il PM ha chiesto una condanna pari ad € 25.000,00, contestata dal convenuto che ha richiesto l'applicazione dei criteri della legge 190/2012, in considerazione della circostanza che è stato provato in sede penale solo il percepimento di € 2.500,00.
In proposito, deve precisarsi che la valutazione del danno effettuata dal PM non si basa sull'applicazione di tale norma, entrata in vigore in epoca successiva ai fatti contestati, e ciò consente quindi di applicare un diverso criterio equitativo secondo quanto previsto dall'art.1226 c.c..
Dunque, sulla base della gravità dei fatti contestati la valutazione che si ritiene congrua deve ritenersi pari ad € 10.000,00 comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre al pagamento degli interessi legali decorrenti dalla data della pubblicazione della sentenza sino al soddisfo.
In virtù del principio della soccombenza, il convenuto deve, altresì, essere condannato al pagamento delle spese processuali, a favore dello Stato, che si liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando, in accoglimento della domanda del Procuratore regionale, dichiara la responsabilità del convenuto R. C. e lo condanna al pagamento della somma di € 10.000,00 comprensiva di rivalutazione monetaria e al pagamento degli interessi legali decorrenti dalla data della pubblicazione della sentenza sino al soddisfo, a favore del Ministero della difesa.
Condanna altresì il convenuto al pagamento delle spese processuali, a favore dello Stato, che si liquidano in € 157,76.
Cosi deciso nella camera di consiglio del 24 febbraio 2016.
L'Estensore ll Presidente
F.to Dott. Giuseppe Grasso F.to Dott. Luciana Savagnone
Depositata oggi in segreteria nei modi di legge.
Palermo, 02 agosto 2016
Il Funzionario di cancelleria
F.to Piera Maria Tiziana Ficalora
09-09-2016 22:08
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