Modena. Sottufficiale dell'Esercito in servizio presso l'Accademia Militare viene ucciso con coltellate sferrate in parti vitali del corpo.
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-06-2016) 02-09-2016, n. 36608
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORTESE Arturo - Presidente -
Dott. BONITO Francesco - Consigliere -
Dott. TALERICO Palma - rel. Consigliere -
Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere -
Dott. CAIRO Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
O.B.R. N. IL (OMISSIS);
O.O.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 39/2014 CORTE ASSISE APPELLO di BOLOGNA, del 27 maggio 2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13 giugno 2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. TALERICO PALMA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per le parti civili l'Avv. Fiorillo Massimo;
udito il difensore Avv. Rotella Tommaso in sostituzione dell'Avv. Zaccaria Cosimo per gli imputati.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 27 maggio 2015, la Corte di Assise di appello di Bologna confermava la pronuncia del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Modena del 27.1.2014 con la quale O.B.R. e O.O.M. erano stati ritenuti responsabili dei reati, riuniti sotto il vincolo della continuazione, di omicidio volontario ai danni di S.S. e di rapina aggravata e, escluse le aggravanti dei motivi futili e della crudeltà, concesse circostanze attenuanti generiche, operata la riduzione per la scelta del rito, erano stati condannati alla pena di anni sedici di reclusione, ciascuno, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, e al pagamento di una provvisionale di complessivi Euro centomila.
Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, i fatti si erano svolti nel seguente modo.
Il (OMISSIS), S.S., sottoufficiale dell'Esercito in servizio presso l'Accademia Militare di (OMISSIS), veniva trovato morto all'interno della sua abitazione; le indagini avevano evidenziato sia la mancanza di segni di effrazione alla porta di ingresso dell'appartamento, sia la presenza di tracce di trascinamento del corpo; dall'analisi dei filmati di sorveglianza effettuati il (OMISSIS) per mezzo di una videocamera installata all'esterno di un forno sito nei pressi dello stabile in cui abitava la vittima, si coglieva la presenza di due individui maschi di colore che alle ore 23,40 stavano trasportando due borsoni e un televisore; inoltre, dalle dichiarazioni rese da una vicina di casa dello S., era risultato che quest'ultimo abitualmente riceveva in casa a tarda notte giovani extracomunitari e che la sera del (OMISSIS), verso le ore 23,00 la suddetta teste aveva sentito tre - cinque tonfi sordi, come di colpi dati contro il muro e, successivamente, dopo una decina di minuti, qualcuno scendere velocemente le scale e, infine, un vociare in lingua straniera fuori dal portone di ingresso; dall'esame dei tabulati relativi alle utenze telefoniche in uso allo S. era risultato che uno dei suoi telefoni veniva utilizzato con una scheda sim intestata a tale O.R.; costui la mattina del (OMISSIS) veniva individuato in (OMISSIS) di fronte all'ingresso della stazione ferroviaria e veniva trovato in possesso del telefonino della vittima; erano, intanto sopraggiunti il fratello dell' O., O.M., e T.M.D.V.; la perquisizione personale effettuata sui due fratelli dava esito positivo in quanto in possesso di costoro si rinvenivano taluni oggetti certamente riconducibili allo S. tra cui le carte di credito di quest'ultimo; la T. veniva sentita a sommarie informazioni testimoniali; quindi, si procedeva alla perquisizione nelle abitazioni dei due fratelli (in casa di R. venivano rinvenuti una busta contenente scarpe - tra cui un paio sportive marca Nike con tracce ematiche sulla suola e altro paio di colore marrone tipo Clarks con evidente tracce ematiche nella parte superiore e nella suola - un televisore, dei pantaloni grigi con tracce di probabile natura ematica, diversi trolley contenenti indumenti con aloni probabilmente riconducibili a sostanza ematica, due zaini; in casa di M. venivano rinvenuti un borsone contenente scontrini - emessi nella città natale dello S. - delle sim intestate allo S., un cardigan lungo marrone, un paio di jeans chiari e una camicia bianca e azzurra; indumenti tutti indicati dalla T. come indossati la sera del (OMISSIS) dagli imputati); veniva, inoltre, sequestrata una collana d'oro con il ciondolo a forma di chiave, appartenuta alla vittima, che era stata venduta a un gioielliere; nell'appartamento dello S. venivano rilevati frammenti di impronte riconducibili a O.M. (in particolare, su un dispositivo audio posizionato in soggiorno e su un bicchiere posto sul tavolo del soggiorno) e frammenti di impronte di O.R. (in particolare, su due buste contenenti calendari rinvenute nella stanza da letto e sul televisore ritrovato in casa dell'amico C.); gli imputati venivano interrogati e fornivano versioni diverse dei fatti e nel corso del giudizio abbreviato rendevano spontanee dichiarazioni difformi da quelle in precedenza rilasciate.
La penale responsabilità di entrambi gli imputati veniva ritenuta dai giudici di merito sulla base:
- degli esiti delle registrazioni video del sistema di sorveglianza situato nella zona antistante il palazzo dell'abitazione dello S. da cui si coglieva la presenza di due individui di colore che intorno alle ore 23,40 del (OMISSIS) stavano trasportando due borsoni e un televisore;
- del contenuto della testimonianza della vicina di casa dello S. che aveva riferito dei tonfi, del trambusto per le scale e del vociare in lingua straniera uditi la sera del (OMISSIS);
- del contenuto delle sommarie informazioni testimoniali rese dalla T. ritenute utilizzabili in quanto al momento in cui erano state rese non sussistevano indizi di reità a carico della stessa in ordine al delitto di ricettazione; la donna aveva raccontato che la sera del (OMISSIS), verso le ore 22,00, M. si era allontanato dall'abitazione con il fratello ritornando dopo circa tre ore con un televisore e due grossi sacchi di plastica; aveva aggiunto che M. le aveva spiegato che il fratello gli aveva chiesto di accompagnarlo a prendere dei soldi a casa di un amico, cosa che aveva fatto rimanendo ad attenderlo in strada e che, dopo circa trenta minuti, R. era sceso chiedendogli aiuto, sicchè era salito nell'appartamento e aveva visto un uomo riverso a terra che perdeva molto sangue e respirava a fatica; aveva, altresì, riferito che il M. le aveva raccontato che lui avrebbe voluto soccorrere l'uomo ma che il fratello gli aveva risposto che si sarebbe ripreso da solo e gli aveva chiesto di aiutarlo a spostare il corpo sotto il letto e di prendere il televisore e che il M. le aveva mostrato uno zainetto blu con dentro una corda e un coltello insanguinati, attorno ai quali i fratelli avevano in seguito avvolto del nastro isolante;
- della circostanza che sul corpo della vittima non erano state riscontrate ferite da difesa, il che dimostrava che entrambi i fratelli avevano aggredito lo S., il quale non aveva potuto difendersi (in particolare, R. aveva bloccato con la corda la vittima mentre il M. più altro dello S. lo aveva pugnalato);
- dell'accertato movente dell'azione delittuosa (i due fratelli si erano recati a casa dello S. con il preciso intento di procurarsi del denaro non escludendo di ricorrere a minaccia e violenza qualora non ci fossero riusciti altrimenti, tanto che - secondo le stesse dichiarazioni di entrambi gli imputati - avevano portato con sè la corda e il coltello (solo in sede di spontanee dichiarazioni, R. aveva affermato che il coltello apparteneva alla vittima);
- del contenuto delle dichiarazioni rese nel corso del primo interrogatorio da O.R. ritenute attendibili perchè supportate dal compendio delle risultanze probatorie (la successiva ritrattazione di costui, intesa a spiegare l'omicidio con l'intento di difendere il fratello, asseritamente vittima di una tentata violenza sessuale da parte dello S., non poteva, invece, reputarsi plausibile);
- della circostanza che il racconto del M. doveva ritenersi mendace in ragione degli altri elementi probatori raccolti.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione personalmente gli con due distinti atti di contenuto identico.
2.1. Con il primo motivo, i ricorrenti hanno denunciato l'inosservanza e/o l'erronea applicazione della legge penale, nonchè la mancanza e l'illogicità della motivazione in relazione all'art. 63 c.p.p., commi 1 e 2 e art. 197 c.p.p., comma 2, con riguardo alle dichiarazioni rese da T.M.D.V.: le dichiarazioni rese da costei sono inutilizzabili perchè al momento in cui rese le sommarie informazioni testimoniali la predetta risultava attinta da gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di ricettazione; inutilizzabili sono anche le dichiarazioni rese dalla T., ai sensi dell'art. 197 bis c.p.p., comma 2, al Giudice dell'udienza preliminare senza l'avvertimento di cui all'art. 64 c.p.p., comma 3, lett. c).
2.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti hanno denunciato l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale, nonchè la mancanza e l'illogicità della motivazione in relazione all'art. 199 c.p.p., comma 3, con riguardo alle dichiarazioni rese da T.M.D.V.: le dichiarazioni della predetta sia in sede di indagine che di giudizio sono inutilizzabili per omesso avviso alla stessa della facoltà di non rispondere in considerazione del legame di convivenza more uxorio con O.M. (la stessa trascorreva lunghi periodi presso l'abitazione di O.M. e proprio nei giorni in cui si consumò il tragico evento era in procinto di trasferirsi insieme al compagno in via (OMISSIS), tanto che nel verbale di s.i.t. aveva asserito di essere domiciliata di fatto in (OMISSIS) e quindi nel medesimo domicilio dell'imputato).
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha denunciato violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 530 c.p.p. e art. 52 c.p.: la ricostruzione dei fatti è del tutto illogica e scollegata dalle risultanze probatorie; la stessa è fondata su mere supposizioni; altamente carente appare l'indagine svolta laddove non approfondisce fondamentali aspetti, quali l'esame delle macchie ematiche suppostamente rinvenute sugli indumenti sequestrati agli imputati, l'analisi dei tabulati telefonici della vittima, il mancato sviluppo dei tamponi prelevati dal cadavere; O.M. non conosceva la vittima e il predetto ebbe modo di incontrarla solo quella sera quando venne invitato dal fratello ad accompagnarlo presso l'abitazione di un amico per bere qualcosa e fare due chiacchiere; dalle dichiarazioni degli imputati era risultato che lo S. aveva rivolto attenzioni sessuali nei confronti di uno di loro; non sono stati dissipati i dubbi relativi al fatto se il coltello era stato prelevato dalla casa della vittima piuttosto che portato dagli imputati; la ricostruzione dei fatti non era riuscita a spiegare perchè la vittima non aveva alcun segno di costrizione sul corpo dovuto alla corda di cui aveva parlato la T. mentre O.R. aveva riferito di avere usato i lacci delle scarpe; O.R. aveva agito esclusivamente per difendere il fratello.
2.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti hanno denunciato violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla qualificazione del fatto quale omicidio volontario piuttosto che preterintenzionale: la sequenza dei colpi suggerisce una serie di mosse fulminee e repentine dettate da uno stato d'ira cui la medesima vittima aveva contribuito a dare corso; la volontà dell'agente era diretta a annientare temporaneamente l'aggressore tant'è che non aveva ulteriormente infierito quando lo S. si era accasciato al suolo; gli imputati, inoltre, si erano allontanati dall'abitazione quando la vittima era ancora in vita.
2.5. Con il quinto motivo, i ricorrenti hanno denunciato violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all'esclusione dell'attenuante della provocazione: gli imputati avevano agito in uno stato d'ira, determinato dal fatto ingiusto dello S. (cioè il tentativo di violenza sessuale).
2.6. Con il sesto motivo, i ricorrenti hanno denunciato violazione di legge, nonchè difetto di motivazione in relazione alla qualificazione del fatto di cui al capo b) come rapina piuttosto che come furto.
3. in data 26 maggio 2016, nell'interesse degli imputati è stata depositata una memoria difensiva, nella quale sono state ribadite le censure già mosse in merito all'erronea applicazione delle nome di cui all'art. 63 c.p.p., commi 1 e 2, art. 197 bis c.p.p. e art. 64 c.p.p., comma 3, lett. c), in relazione alle dichiarazioni rese dalla T., nonchè all'erronea applicazione del disposto di cui agli artt. 624 e 628 c.p.; con riguardo a quest'ultimo profilo, è stato, altresì, evidenziato che è stata stravolta la contestazione della condotta descritta al capo b) della rubrica con conseguente violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato per le ragioni di seguito esplicitate.
Quanto al primo motivo, occorre rilevare (e l'osservazione è preminente e assorbente rispetto al secondo profilo di violazione di legge e di difetto di motivazione denunciato) che, come precisato dalla giurisprudenza di questa con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 63 c.p.p., comma 2, (Sez. U, n. 23868 del 23 aprile 2009, Fruci, Rv. 243417), anche con riguardo all'ipotesi di cui all'art. cit., comma 1 deve affermarsi il principio secondo il quale la sanzione di inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto successivamente al momento in cui l'esame doveva essere interrotto essendo emersi indizi di reità a suo carico, postula che si tratti di indizi non equivoci di reità, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti o intuizioni personali dell'interrogante e non potendosi far derivare la posizione di indagato automaticamente dal solo fatto che il dichiarante possa essere stato in qualche modo coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formazione di addebiti penali a suo carico.
Ebbene, la sentenza impugnata ha spiegato - nel replicare all'analoga doglianza a suo tempo formulata con l'appello, con motivazione congrua e logicamente ineccepibile, dunque non censurabile in sede di legittimità - la ragione per cui nel momento in cui la T. ha reso le dichiarazioni di cui al presente processo gli indizi di reità a suo carico in ordine al reato di ricettazione fossero equivoci; in particolare, è stato evidenziato che il possibile coinvolgimento della T. era emerso soltanto nella parte finale delle sue dichiarazioni laddove la stessa ebbe a riferire della vendita della catenina d'oro e che, tuttavia, il ruolo assunto dalla predetta nella vicenda andava opportunamente verificato, cosa che era avvenuta solo in un momento successivo all'assunzione delle sommarie informazioni allorchè venne visionato in data (OMISSIS) il filmato che la riprendeva insieme al M. nel negozio dell'orafo al quale era stata ceduta il suddetto monile (cfr. in tal senso Sez. 6, n. 29535 del 2 luglio 2013, Rv. 256151; Sez. 6, n. 4987 del 28 gennaio 2010, Rv. 246091).
2. Destituito di fondamento è anche il secondo motivo di ricorso.
Giova premettere che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'accertamento di una situazione di famiglia di fatto e perciò di convivenza more uxorio, ai fini di riconoscere a un soggetto non coniuge dell'imputato la facoltà di astenersi dal deporre e il diritto di essere avvisato di tale facoltà, si risolve in una questione di fatto, sottratta al sindacato di legittimità se motivata secondo logici criteri (Sez. 6, n. 8887 del 23 marzo 1995, Rv. 202604).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto che T. non era convivente del M. facendo riferimento al contenuto delle dichiarazioni rese da costei, la quale aveva riferito di risiedere a Bergamo dai genitori e che spesso si recava a (OMISSIS) per trovare il suo fidanzato per periodi anche di due settimane.
E ha affermato che non è dunque possibile configurare una vera e propria convivenza - vale a dire una coabitazione caratterizzata da legami affettivi fra i patners e da una stabile organizzazione comune - ma solo una normale relazione tra due giovani nella quale, per motivi dovuti alla lontananza, la ragazza veniva saltuariamente ospitata dal fidanzato.
Ebbene, detto argomentare è, a giudizio del Collegio, del tutto logico, oltre che congruo rispetto all'interpretazione che in sede di legittimità è stata costantemente attribuita alla norma in parola.
Conseguentemente, non ricorrono i denunciati vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione.
Con i rilievi svolti, infatti, i ricorrenti non criticano in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del giudizio ma sostanzialmente chiedono un riesame nel merito delle circostanze che sono state logicamente valutate al fine di escludere il rapporto di convivenza tra l'imputato O.M. e la T..
3. Parimenti infondato è il terzo motivo di ricorso.
I giudici di merito hanno ricostruito la vicenda delittuosa nei seguenti termini: i due giovani, quella sera, era attesi dallo S. che aprì loro la porta di ingresso posto che questa non presentava alcun segno di effrazione e una volta entrati si accomodarono a bere una birra, come emerso dalla presenza dei bicchieri sul tavolo con le impronte di M. su uno di questi; i due giunsero presso l'abitazione della vittima verso le ore 22,30, preannunciando il loro arrivo con una telefonata come riferito da entrambi gli imputati; secondo le dichiarazioni della fidanzata del M., inoltre, quest'ultimo si era allontanato dalla propria abitazione verso le ore 22,00 dopo avere ricevuto una telefonata del fratello R.; l'aggressione venne compiuta verso le ore 23,00 allorquando la vicina di casa dello S. udì i tonfi sordi provenire dall'appartamento di fronte al suo; tali rumori costituirono lo sviluppo di una aggressiva richiesta di soldi, verbalmente respinta, e poi sfociata nella violenza e nell'accoltellamento, cui seguirono momenti concitati come rilevati dai passi affrettati lungo le scale a distanza di una decina di minuti dai tonfi riferiti dalla vicina di casa della vittima; la vittima venne aggredita da entrambi i fratelli O., uno dei quali la teneva immobilizzata con una corda mentre l'altro sferrava le coltellate non potendo attribuirsi a un solo agente entrambi le manovre.
Inoltre, i giudici di merito hanno evidenziato, nelle due decisioni sintoniche e integrate, che il mancato ritrovamento di alcuni oggetti (uno dei due borsoni sottratti alla vittima, il coltello e la corda) supportava il coinvolgimento di entrambi gli imputati; che la corda era stata menzionata da tutti e due gli imputati e R. l'aveva descritta come l'insieme dei lacci delle sue scarpe ma ciò all'evidente scopo di fare intendere una sua pretesa reazione estemporanea e repentina per salvare il fratello dall'asserito tentativo di violenza sessuale posto in essere dallo S.; che la presenza della corda era stata indicata, invece, dalla T., che l'aveva vista insieme al coltello - allorchè il fidanzato subito dopo il suo rientro a casa, le aveva raccontato quanto successo e le aveva mostrato il contenuto di uno zainetto che aveva con sè; che la predetta T. aveva descritto sia la corda che il coltello sporchi di sangue; che quest'ultimo proveniva dalla casa di C., amico degli imputati, come riferito inizialmente da questi ultimi; che anche il M. aveva riferito di una corda tenuta in mano dal fratello quando lui lasciò l'appartamento, secondo la sua versione, e vi risalì cinque minuti dopo trovando lo S. a terra; che i due fratelli avevano bisogno di soldi, stante la difficile situazione economica e che R. aveva dichiarato che lo S. gli aveva promesso del denaro; che costui, poco convinto di potere riuscire da solo a farsi dare o prendere soldi dallo S., aveva pensato fosse il caso di farsi accompagnare dal M.; che dopo le prime due coltellate alla zona sottomentoiera e alla zona sottomandibolare, la vittima era stata colpita al polso sinistro e ciò a dimostrazione dell'estremo atto di difesa passiva posto in essere dalla vittima nel tentativo di proteggersi ovvero, come affermato dallo stesso R., di cercare di allontanare da sè la corda; che la coltellata all'emidorso sinistro si spiegava con la premessa costituita dalla ferita alla giugulare, ferita che aveva cagionato un'ulteriore importante riduzione delle capacità di reazione della vittima, la quale si era girata o piegata su sè stessa venendo colpita alla schiena; che gli ultimi colpi erano stati inferti in regione toracico - addominale; che non era condivisibile la prospettazione della consulenza della difesa che sostiene che il primo colpo fu quello alla schiena perchè se ciò fosse vero si sarebbero subito verificate l'emorragia interna e l'insufficienza respiratoria acuta dovuta al pneumatorace, che avrebbero causato una rapida cessazione di qualsiasi reazione da parte della vittima; che se veramente l'accoltellamento fosse avvenuto sul letto, la biancheria e il materasso si sarebbero macchiati di sangue; che non era credibile il racconto del M., secondo cui egli era sdegnato per le attenzioni sessuali rivolte dalla vittima; che non era neppure credibile il R. allorchè aveva cercato di giustificare il delitto con la necessità di difendere il fratello minore da abusi sessuali da parte dello S. e ciò in quanto il medesimo R. aveva dichiarato che portò M. a casa dello S. perchè costui gli aveva chiesto di andare con un ragazzo disponibile a rapporti sessuali e che in cambio gli avrebbe dato 300,00 Euro, sicchè, se l'occasione della visita era anche quella di procacciare allo S. un giovane, non si comprendeva per quale motivo poi lo stesso R. avrebbe dovuto andare in difesa del fratello; che lo stesso comportamento post delictum induce a corroborare tale ricostruzione; infatti, una volta crollato a terra lo S., i due fratelli non chiamarono i soccorsi, nè tantomeno se ne andarono scioccati, come avrebbero presumibilmente fatto a seguito di una legittima difesa a fronte di una tentata violenza sessuale, ma al contrario raccolsero lucidamente tutti gli oggetti di qualche valore che poterono trovare nell'abitazione della vittima, al fine di rivenderli.
Ebbene, non sembra che le argomentazioni su riferite possano dirsi manifestamente illogiche; e anzi, il Collegio osserva che i giudici di merito si sono puntualmente attenuti a un coerente, ordinato e conseguente modo di disporre i fatti, le idee e le nozioni necessari a giustificare la loro decisione; questa, perciò, resiste alle censure del ricorrente, che si risolvono, sostanzialmente, in censure di fatto che comportano per il loro accoglimento o un diversa lettura dei dati processuali ovvero una diversa interpretazione delle prove, entrambe non consentite al giudice di legittimità.
Anche le censure riguardanti il giudizio di attendibilità delle prime dichiarazioni rese da O.R. rispetto alle successive è una questione di fatto, che ha la sua chiave di lettura nell'insieme di una motivazione logica - non rivalutabile in sede di legittimità.
4. Destituito di fondamento è il quarto motivo di ricorso relativo alla qualificazione giuridica del fatto quale omicidio preterintenzionale.
E in vero, una volta ricostruiti da parte dei giudici di merito gli accadimenti così come in precedenza evidenziato, non ricorrono i denunciati vizi.
E' stato, infatti, evidenziato che i due imputati avevano agito congiuntamente; che la vittima era stata aggredita da entrambi i fratelli, uno dei quali, il R., la teneva immobilizzata con la corda e l'altro, il M., sferrava le coltellate e che tale dinamica risultava supportata dagli esiti della consulenza medico legale che aveva rilevato che, per la direzione cranio - caudale dei primi due colpi, gli stessi dovevano essere stati inferti da un soggetto più alto rispetto alla vittima.
E' stato, altresì osservato che il numero di colpi, la sede delle coltellate (quattro delle quali in zone vitali), la violenza delle stesse, l'assenza di resipiscenza dopo il fatto e, anzi, l'immediata razzia compiuta lasciando a terra la vittima, comprovano al di là di ogni ragionevole dubbio la volontà di uccidere, laddove il ricorso alla violenza al fine di procurarsi il denaro, ancorchè non in termini di omicidio premeditato, era stato quantomeno accettato dai fratelli fin dall'inizio; che diversamente da quanto prospettato dalle difese, la sequenza dei colpi non suggerisce affatto una serie di mosse fulmine e repentine, come dire convulse e disordinate; Tutt'altro: oltre ai colpi al mento e al polso sinistro - meri errori, dovuti soltanto a una iniziale/residua capacità di difesa passiva da parte della vittima - tutti gli altri furono mirati con decisione e con successo verso bersagli grossi; l'intenzione di ferire e basta essendo, quindi, assolutamente estranea alla realtà delle cose; che R. e/o M. non si diedero a verificare se lo S., una volta stramazzato sul pavimento, desse ancora, oppure no, segni di vita; non ve ne era bisogno; il numero e l'importanza della gran parte delle coltellate garantivano il risultato letale.
Alla stregua di tale accertamento fattuale - insindacabile in questa sede - la decisione impugnata risulta fondata sull'applicazione della norma di cui all'art. 575 c.p. in relazione a quella di cui all'art. 584 c.p. come correttamente interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha costantemente affermato il principio che il criterio distintivo tra l'omicidio volontario e l'omicidio preterintenzionale risiede nell'elemento psicologico, nel senso che nell'ipotesi della preterintenzione la volontà dell'agente è diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell'evento morte, mentre nell'omicidio volontario la volontà dell'agente è costituita dal'animus necandi, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o eventuale, il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta (Cass. Sez. 1, n. 25369 del 4 luglio 2007, Rv. 27685; Cass. Sez. 1, n. 25239 del 20 maggio 2001, Rv. 219433).
5. Parimenti infondato è il quinto motivo di ricorso.
Si è già detto che i giudici di merito hanno escluso - con motivazione logica - che ci fosse stata da parte dello S. un tentativo di violenza sessuale nei confronti del M..
Occorre qui evidenziare che, altrettanto logicamente, i suddetti giudici hanno ritenuto l'insussistenza del preteso stato d'ira che avrebbe connotato l'agire omicidiario una volta accertata l'infondatezza della ricostruzione dei fatti accreditata dalla difesa.
6. Infine, destituito di fondamento è anche l'ultimo motivo di ricorso.
E ciò alla stregua dell'accertato movente che ebbe a spingere gli imputati a recarsi presso l'abitazione dello S. già armati di coltello allo specifico scopo di ottenere del denaro, nonchè di tutto lo sviluppo degli accadimenti come ricostruito dai giudici di merito, i quali hanno messo in evidenza che la violenza - essendo stata adoperata prima della sottrazione e in vista di quest'ultima - valeva a escludere sia l'ipotesi della rapina impropria che quella del furto, non rilevando evidentemente che lo S. fosse già morto allorchè ebbe inizio la razzia.
Tale logico argomentare è assolutamente congruo rispetto alla norma incriminatrice come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, oltre che in piena correlazione con l'oggetto della contestazione.
7. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè, in solido, alla rifusione, nei confronti delle parti costituite parti civili, delle spese dalle stesse sostenute nel presente giudizio che vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè in solido a rimborsare alle costituite parti civili, S.O., S.M., Sp.Or., S.A., S.N. e Sp.Ma., le spese sostenute in questo giudizio che liquida cumulativamente in complessivi Euro 7.000,00, oltre spese generali (Euro 1.050,00), IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 13 giugno 2016.
28-09-2016 21:52
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