Tenente dell'Aeronautica lascia a garanzia della promessa di pagamento delle spese dell'albergo in cui aveva pernottato la patente militare e quella civile. Poi si rende irreperibile. Inquisita di dispersione di cosa mobile appartenente all'amministrazione militare viene condannata in primo e secondo grado. La Cassazione annulla: il fatto non sussiste.
Cassazione penale, sez. I, 08/07/2015, (ud. 08/07/2015, dep.15/09/2015), n. 37298
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. TARDIO Angela - Consigliere -
Dott. CASSANO Margherita - rel. Consigliere -
Dott. MAZZEI Antonella P. - Consigliere -
Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.R.S., nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/02/2015 della Corte militare di appello;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale militare, FLAMINI Luigi Maria che ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso;
udito il difensore dell'imputata, avvocato Brionne Gianluca, che ha
concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. D.R.S., tenente dell'Aeronautica militare, in servizio presso il Comando Prima Regione Aerea di Milano, è stata condannata, all'esito conforme del doppio grado del giudizio di merito, alla pena di sei mesi di reclusione militare, con i doppi benefici di legge, per appropriazione indebita della patente militare di guida, rilasciata dal Ministero della difesa il (OMISSIS), da lei consegnata, insieme alla patente civile di guida, al titolare dell'albergo (OMISSIS), sig. H.H.O. O., dove aveva pernottato dal (OMISSIS), a garanzia della promessa di pagamento, non avendo saldato il conto di Euro 3.400 al termine del soggiorno alberghiero in data (OMISSIS); con le circostanze aggravanti del grado rivestito e dell'aver commesso il fatto su cosa mobile appartenente all'amministrazione militare.
Successivamente alla consegna delle due patenti la D.R. si era resa irreperibile per l'albergatore, il quale aveva sporto denuncia- querela nei suoi confronti presso la Questura di Milano il 5 febbraio 2012, consegnando alla stesso ufficio le predette patenti, ricevute a suo dire spontaneamente dalla D.R. con l'assicurazione che sarebbe tornata per effettuare il pagamento, in realtà non adempiuto.
Qualche tempo dopo, il (OMISSIS), la D.R. aveva falsamente denunciato lo smarrimento della sola patente civile.
I giudici di merito hanno ritenuto attendibili le dichiarazioni del direttore dell'albergo, H., circa la consegna volontaria di entrambe le patenti di guida da parte della D.R. a garanzia dell'adempimento del suo debito; mentre non hanno ritenuto credibile la versione difensiva dell'imputata di aver subito la consegna dei documenti a lei imposta dall'albergatore e, neppure, di aver lasciato per errore anche la patente militare di guida nella concitazione del momento, dopo aver estratto diversi documenti dalla borsa e tentato inutilmente di pagare con un assegno bancario, rifiutato dall'interlocutore.
Quanto alla qualificazione giuridica del fatto, inizialmente inquadrato nella fattispecie prevista dall'art. 169 c.p.m.p. come dispersione di cosa mobile appartenente all'amministrazione militare, così ritenuta la patente militare di guida, esso è stato riqualificato come appropriazione indebita del medesimo documento, a norma dell'art. 235 c.p.m.p., comma 2, avendone l'imputata disposto, con la volontaria consegna all'albergatore, come se fosse cosa propria con interversione, quindi, del possesso in dominio.
I giudici di merito hanno ritenuto provati entrambi gli elementi (oggettivo e soggettivo) del reato di appropriazione indebita, ravvisati nella disposizione della patente militare di guida "uti domina", per la volontaria consegna di essa all'albergatore, e nella coscienza e volontà di agire senza averne diritto, in violazione del divieto assoluto di cessione del documento ad altri, allo scopo di trarre per sè una illegittima utilità, consistita nel mancato adempimento dell'obbligazione verso l'albergatore.
2.1. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la D.R. personalmente, la quale, con un primo motivo, deduce violazione e falsa applicazione della legge penale, in relazione all'ipotesi criminosa di cui all'art. 235 c.p.m.p., comma 2, e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di ritenuta appropriazione e di interpretazione della nozione di bene mobile appartenente all'amministrazione militare.
2.1.1. L'interversione del possesso del documento da parte dell'imputata discenderebbe, secondo i giudici di merito, dalla mera violazione del divieto di cessione ad altri per nessun motivo della patente militare di guida, divieto peraltro contenuto nelle "avvertenze" di cui all'allegato A del Ministero della Difesa, Direzione generale degli armamenti terrestri, TER-G-020, contenente le norme relative al rilascio, rinnovo, sospensione, revoca e ritiro della patente militare di guida.
Il mancato rispetto del predetto divieto non costituisce prova, secondo la ricorrente, di disposizione uti dominus del documento incedibile e, neppure, violazione di legge penale, bensì semplice inosservanza di norma comportamentale, sanzionabile, al più, in sede disciplinare.
2.1.2. La Corte di merito, in ogni caso, sarebbe incorsa in palese contraddizione per avere, da un lato, ravvisato il reato di appropriazione indebita nella destinazione incompatibile col titolo di possesso che l'imputata avrebbe dato alla patente militare consegnandola all'albergatore a garanzia del suo debito, e, dall'altro, per avere escluso la derubricazione del fatto nel più lieve reato previsto dall'art. 165 c.p.m.p., essendosi l'imputata limitata a distrarre, ossia a dare una destinazione diversa e incompatibile con quella stabilita, ad un oggetto (la patente militare) fornitole dall'amministrazione.
2.1.3. Mancherebbe altresì l'elemento psicologico dell'appropriazione indebita, non essendo stata dimostrata la volontà dell'imputata di cedere definitivamente il documento, in realtà consegnato al solo fine di rafforzare il suo impegno di adempiere il debito contratto; nè risulta che tale debito sia rimasto insoluto, non avendo avuto seguito la denuncia-querela sporta dall'albergatore nei confronti della D.R., ad ulteriore riprova della buona fede dell'imputata.
2.1.4. La falsa denuncia di smarrimento della patente civile sarebbe circostanza indifferente rispetto alla prova della supposta appropriazione indebita della patente militare, trattandosi di documenti diversi e avendo la denuncia interessato la sola patente civile.
2.1.5. Erroneamente i giudici di merito avrebbero considerato la patente militare di guida come cosa appartenente all'Amministrazione militare, facendo discendere tale attribuzione dal divieto di cessione ad altri e dal ritiro di essa a cura del Comando interessato all'atto del congedo, licenziamento o cessazione del servizio del titolare, con la conservazione della patente militare insieme ai documenti matricolari dell'interessato.
Come si evince dalla stessa normativa regolamentare richiamata in sentenza (Allegato A Ter-G-020 del Ministero della difesa, già citato), la titolarità della patente militare di guida è del militare in servizio, da essa abilitato alla guida dei veicoli militari e non dell'Amministrazione; e il ritiro del documento, a servizio cessato, non presuppone l'appartenenza della patente all'Amministrazione militare, rispondendo a mere esigenze di conservazione e archiviazione di tutta la documentazione relativa alla persona dell'ex militare.
Mancherebbe, quindi, il presupposto basilare per la configurazione del delitto di appropriazione indebita ossia l'altruità del documento da ritenersi invece di pertinenza del militare in servizio che ne è il titolare, e non dell'Amministrazione della difesa.
2.1.6. Il reato de quo sarebbe escluso anche dall'irrilevanza economica del suo oggetto costituito da un documento privo di alcun valore commerciale.
2.1.7. La sentenza impugnata, infine, non avrebbe spiegato la consistenza dell'ingiusto profitto necessario ad integrare il ritenuto delitto di appropriazione indebita.
2.2. Con un secondo motivo la ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale relativamente all'inquadramento giuridico del fatto nell'ipotesi di cui all'art. 235 c.p.m.p., anzichè in quella di cui all'art. 165 c.p.m.p..
La patente militare di guida non sarebbe un bene dell'Amministrazione, bensì un bene fornito al militare dall'Amministrazione facente parte della sua dotazione.
Essa rientrerebbe nella nozione di equipaggiamento militare ossia di bene ricevuto in consegna personale per esigenze di servizio.
Nel caso di specie, la patente militare sarebbe stata solo distratta, ossia impiegata per uno scopo diverso da quello previsto e consentito, ricorrendo pertanto l'ipotesi criminosa prevista dall'art. 165 c.p.m.p., punibile solo su richiesta del comandante del corpo, nel caso in esame insussistente.
Il reato inizialmente ipotizzato dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 169 c.p.m.p. è ipotesi sussidiaria, secondo la ricorrente, rispetto ai reati previsti dagli artt. 164 e 165 c.p.m.p., poichè postula la dispersione di beni che non sono in dotazione del militare per esigenze di servizio, com'è invece la patente di guida.
Per tutte le suddette ragioni l'imputata ha chiesto, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La patente di guida militare non costituisce un bene proprio dell'Amministrazione della Difesa che la rilascia, bensì un'abilitazione alla guida di veicoli in dotazione alle Forze Armate che appartiene al militare in servizio cui è riconosciuta tale idoneità, non rilevando in senso contrario l'obbligo di restituire la patente all'Amministrazione militare, una volta cessato il servizio, considerata la specificità della sua destinazione alla guida di soli veicoli militari.
Le norme relative al rilascio, rinnovo, sospensione, revoca e ritiro della patente militare di guida di cui al regolamento TER-G-020 del Ministero della Difesa, direzione generale degli armamenti terrestri, approvato nel 2006, disegnano uno statuto di essa simile a quello della patente civile, seppure connotato dalla specificità del servizio militare cui è funzionale.
E, come il documento che abilita alla guida la persona non soggetta a disciplina militare si iscrive nella categoria delle autorizzazioni amministrative di cui è titolare il solo abilitato e non altri, sulla base dell'accertata sua idoneità alla guida di veicoli a tutela della sicurezza pubblica, analogamente la patente di guida militare è un'autorizzazione, qualificata dal servizio cui è funzionale, alla conduzione di veicoli militari che appartiene alla persona che l'ha conseguita e non all'Amministrazione della Difesa.
In altri termini, come non può dirsi che la patente civile di guida appartenga al Ministero dell'interno che la rilascia e non a chi sia riconosciuto abile alla guida e non si trovi in condizioni ostative, analogamente la patente di guida militare non costituisce proprietà del Ministero della difesa che la rilascia ma appartiene al militare in servizio che abbia superato le prove richieste per ottenerla;
fermo restando, nell'uno e nell'altro caso, il potere dell'Autorità emittente di sospendere, revocare o ritirare la patente di guida in presenza delle condizioni previste dall'apposita normativa.
Esclusa, allora, l'altruità della patente militare di guida rispetto alla persona del militare che ne è titolare, viene a mancare un elemento costitutivo del contestato e ritenuto delitto di appropriazione indebita di cosa appartenente all'Amministrazione militare, di cui all'art. 235 c.p.m.p., comma 2, per avere la D. R., consegnando in pegno la sua patente militare al gestore dell'albergo di cui non aveva pagato il conto, invertito il titolo di detenzione del documento comportandosi come proprietaria di esso.
Nè il fatto, come sopra accertato e descritto, può essere derubricato, secondo quanto già correttamente ritenuto dai giudici di merito, al delitto di distruzione o alienazione di oggetto di equipaggiamento militare, a norma dell'art. 165 c.p.m.p., essendo palesemente erronea l'assimilazione della patente militare di guida, ossia di una abilitazione tecnico-attitudinale che suppone specifici requisiti personali, ad un mero elemento materiale di corredo militare, fornito a ciascun militare come tale, significativamente previsto come autonomo oggetto di un'ipotesi attenuata di appropriazione indebita dallo stesso art. 235 c.p.m.p., comma 3.
2. Alla luce delle osservazioni che precedono, le quali assorbono ogni altro rilievo, si impone dunque l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste.
PQM
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2015.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2015
10-08-2016 23:45
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