App. dei carabinieri abbandona in una camera di albergo, dove aveva alloggiato per un mese, alcuni capi del vestiario di ordinanza, disperdendoli volontariamente.
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-09-2017) 17-10-2017, n. 47853
Cassazione (ricorso)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefania - Presidente -
Dott. BONITO Francesco M. S. - Consigliere -
Dott. APRILE Stefano - Consigliere -
Dott. CENTONZE Alessandro - rel. Consigliere -
Dott. COCOMELLO Assunta - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) M.P., nato il (OMISSIS);
Avverso la sentenza n. 106/2016 emessa il 20/12/2016 dalla Corte di appello militare di Roma;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro;
Udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. RIVELLO Pier Paolo, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito per il ricorrente l'avv. BELLIGOLI Massimo.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello militare di Roma confermava la decisione emessa dal Tribunale militare di Verona l'01/07/2016, con cui M.P. era stato condannato alla pena di giorni quindici di reclusione, per il reato di cui all'art. 47 c.p.m.p., n. 2 e art. 147 c.p.m.p., commesso a (OMISSIS) il (OMISSIS).
Da tali decisioni emergeva che l'imputato, quale appuntato dei carabinieri, aveva abbandonato in una camera di albergo, dove aveva alloggiato per un mese, alcuni capi del vestiario di ordinanza, disperdendoli volontariamente.
2. Avverso tale sentenza l'imputato ricorreva per cassazione, deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione, conseguenti al fatto che la decisione impugnata non enucleava gli elementi probatori acquisiti, necessari alla configurazione dell'ipotesi di reato oggetto di contestazione, ai sensi dell'art. 47 c.p.m.p., n. 2 e art. 147 c.p.m.p..
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione, conseguenti al fatto che non erano state acquisite le dichiarazioni dei testi indicati dalla difesa di M. ex art. 507 cod. proc. pen., la cui originaria ammissione era stata revocata dal Tribunale militare di Verona senza alcuna ragione giustificativa.
Queste ragioni imponevano l'annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Occorre, innanzitutto, esaminare il primo motivo di ricorso, con cui si censurava la valutazione di merito del compendio probatorio.
Osserva, in proposito, il Collegio che gli elementi probatori acquisiti consentivano di attribuire con certezza i capi di vestiario abbandonati presso l'(OMISSIS) di (OMISSIS) a M.. Tale certezza derivava dalle dichiarazioni dei testi F. e D. - i gestori dell'albergo - che riferivano che M. aveva alloggiato presso la loro struttura per un mese e che, all'atto di lasciarla, si impegnava a ritornare, di lì a breve, per saldare il conto e ritirare i suoi effetti personali; l'imputato, però, non faceva fare fronte ai suoi impegni.
Persistendo l'inadempimento del ricorrente, i gestori dell'albergo facevano pervenire i suoi effetti personali - tra cui i capi del vestiario militare in contestazione - ai superiori gerarchici di M. che provvedevano a consegnarglieli. Tale passaggio deve ritenersi incontroverso, per effetto della testimonianza del maggiore Provvidenza che effettuava personalmente la consegna all'imputato, dandone atto nella nota n. 87/9-0/205 dell'01/06/2015.
A tali dirimenti considerazioni si aggiunga che, come evidenziato nelle pagine 3 e 4 della sentenza impugnata, le misure "riportate sul libretto vestiario di M. sono le stesse dei capi trovati nell'albergo, e il grado sulla maglia è quello dell'imputato".
Tali ragioni impongono di ritenere inammissibile la doglianza in esame.
3. Dall'inammissibilità del primo motivo di ricorso discende l'inammissibilità della residua doglianza, con cui si censurava la mancata acquisizione delle dichiarazioni dei testi indicati dalla difesa di M., ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., originariamente ammesse e successivamente revocate.
La revoca, invero, risulta conforme all'orientamento consolidato di questa Corte (Sez. 1, n. 29490 del 27/06/2013, Liu, Rv. 256116) e rispettoso delle emergenze processuali, dovendosi rilevare che, come affermato a pagina 4 della sentenza di primo grado, la convergenza delle fonti di prova acquisite nel corso del dibattimento - cui ci si è riferiti nel paragrafo precedente - rendeva superfluo l'esame ex art. 507 cod. proc. pen. dei testi Do. e A., alla luce "del paniere probatorio già acquisito".
Queste ragioni impongono di ribadire l'inammissibilità del secondo motivo di ricorso.
4. Per queste ragioni, il ricorso proposto da M.P. deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende, determinabile in 2.000,00 Euro, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 Euro alla Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017
24-10-2017 21:49
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