Appuntato Scelto dei Carabinieri in servizio all’Aliquota Radiomobile della Compagnia CC di T.avvalendosi indebitamente del proprio status, costringeva alcuni imprenditori agricoli a rinunciare alla coltivazione di aree agricole in loro uso, al fine di poterle acquisire in proprio e a favore dell’azienda agricola intestata alla coniuge per lo sfruttamento del terreno e la produzione di foraggio per animali.
REPUBBLICA ITALIANA sent.110/2017
In nome del Popolo italiano
La Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo
composta dai seguenti magistrati:
dott. Tommaso Miele, presidente,
dott. Federico Pepe, consigliere relatore,
dott. Gerardo de Marco, consigliere,
ha pronunciato
S E N T E N Z A
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 19251/R del registro di segreteria e promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale in intestazione nei confronti di:
F.D.N., nato a T........il.......e residente in C. via .....;
uditi, alla pubblica udienza in data 28 marzo 2017, il magistrato relatore, dott. Federico Pepe, ed il pubblico ministero, dott. Erika Guerri;
non rappresentato tecnicamente né comparso il convenuto;
con l'assistenza del segretario, dott. Antonella Lanzi;
esaminati gli atti ed i documenti della causa.
Rilevato in
F A T T O
Con atto di citazione depositato in data 18 dicembre 2015, il sostituto procuratore generale presso la Sezione giurisdizionale in intestazione chiamava in giudizio F.D.N., quale appuntato scelto nei Carabinieri, per ivi sentirsi condannare al pagamento in favore del Ministero dell'Interno della somma di € 3.000,00 pari al totale del danno da lesione all'immagine pubblica dell'Arma dei Carabinieri più il danno indiretto a titolo di disservizio pari ad € 2.500,00 o di quella diversa somma che risulterà in corso di causa, aumentata della rivalutazione monetaria, degli interessi legali e delle spese del giudizio fino al soddisfo, queste ultime in favore dello Stato.
I fatti contestati dal requirente erano i seguenti: la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per l'Abruzzo ha emesso l'invito a dedurre in data 6.10.2015, notificato in data 16.10.2015, nei confronti della seguente persona, nella sua qualità di Appuntato Scelto dei Carabinieri N.O.R. di Teramo (ora in congedo) - F.D.N. ........ L'attività istruttoria svolta dalla Procura regionale ha accertato i fatti che seguono. In data 23.3.2012, prot. n. 1514, questa Procura riceveva da parte della Corte d'appello dell'Aquila – Sezione penale – copia della sentenza n. 504/2011 emessa dalla medesima Corte in data 9.2.2011 nel procedimento penale a carico di F.D.N., divenuta irrevocabile il 16.2.2012, poiché la Suprema Corte di Cassazione, Sez. VII penale, dichiarava inammissibile il ricorso avverso la predetta pronuncia (ord. 13780/2012). Con tale sentenza, confermando la decisione resa dal GUP presso il Tribunale di T. in data 6.12.2005, il sig. D.N.a era condannato per i reati di tentata concussione continuata (capo a, artt. 81, 56, 317 c.p.), violata consegna (capo b art. 120 c.p.m.p.) nonché falso ideologico in concorso (capo c artt. 100, 81, 479 c.p.) ad anni uno, mesi quattro di reclusione e, in applicazione dell'art. 317-bis c.p. alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la stessa durata della pena principale e dichiarava condizionalmente sospesa la pena principale e quella accessoria. In particolare, la sentenza accertava che l'Appuntato Scelto dei Carabinieri F.D.N. , in servizio all'Aliquota Radiomobile della Compagnia CC di T. avvalendosi indebitamente del proprio status, costringeva alcuni imprenditori agricoli dalla zona di Colledara a rinunciare alla coltivazione di aree agricole in loro uso, al fine di poterle acquisire in proprio e a favore dell'azienda agricola “.........” intestata alla coniuge per lo sfruttamento del terreno e la produzione di foraggio per animali. Ciò attraverso minacce alle parti offese, perpetrate da parte di D.N. che aveva loro intimato espressamente o comunque inequivocabilmente fatto capire, direttamente o per mezzo di terzi, che se si fossero aggiudicati lo sfruttamento di terreni di interesse di D.N. , egli li avrebbe sottoposti sistematicamente a controlli stradali. Si tratta di una condotta che D.N. attuava altresì per favorire l'altra attività retributiva di sgombero neve che tutti (le parti offese e la coniuge) svolgevano per conto della Provincia di Teramo e del Comune di C.; in concorso con il capo equipaggio, durante l'orario di servizio e al fine di curare gli interessi imprenditoriali della propria famiglia, violava ripetutamente la consegna relativa agli itinerari previsti dagli ordini di servizio, recandosi invece in C,; in concorso con il capo equipaggio, certificava falsamente in diversi ordini di servizio di aver effettuato gli itinerari previsti e di aver controllato autovetture esistenti per numero di targa, ma inserendo dati anagrafici dei conducenti falsi ovvero di aver controllato obiettivi sensibili; ha strumentalizzato, a fini personalistici, la sua appartenenza all'Arma dei Carabinieri mettendosi al servizio dell'impresa agricola della moglie e non può essere accolta la tesi difensiva secondo cui egli sarebbe invece stato vittima di una “sorta di consorteria agricola” che mal tollerava i risultati ottenuti dall'azienda della moglie . Così, questa Procura riteneva sussistere, stante la definitività della sentenza penale di condanna, il danno all'immagine pubblica dell'Arma dei Carabinieri – Compagnia di T. così come configurato dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, conversione in legge, con modificazioni, del decreto – legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto - legge anticrisi n. 78 del 2009. Ebbene, come precisato anche dalla Corte costituzionale (sentenza 15 dicembre 2010, n. 355; ordinanze 4 luglio 2011, n. 219; 21 luglio 2011, nn. 220 e 221; 17 ottobre 2011, n. 286), ai fini della delimitazione dell'ambito applicativo dell'azione risarcitoria per la lesione all'immagine pubblica, è necessario fare riferimento ad una previa sentenza irrevocabile di condanna pronunciata dal Giudice penale, la quale si atteggia come condizione dell'azione perché evento estrinseco alla condotta illecita – e generante responsabilità amministrativa – e richiesto dalla norma per la perseguibilità del danno all'immagine. La sentenza penale irrevocabile di condanna costituisce elemento necessario per il perfezionamento dell'illecito essendo sufficiente la sua obiettiva esistenza per l'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativa (cfr. ex multis Corte dei conti, III Appello n. 364 del 4.6.2013). Pertanto, la lesione all'immagine, con conseguenze sociali fondate sulla negativa ripercussione suscitata nell'opinione pubblica dal fatto illecito, era favorita dal e dalla diffusione nei giorni successivi alla condanna sulle pagine delle principali testate cartacee dei quotidiani della zona (si veda l'articolo di stampa pubblicato su Il Messaggero del 7.12.2005 “Falsi controlli, carabinieri condannati – Itinerari diversi ed ispezioni con dati anagrafici di automobilisti inventati” – Uno dei due militari accusato anche di tentata concussione per aver costretto agricoltori a rinunciare alla coltivazione di alcune zone”, in All. 12 alla nota del Comando Legione Carabinieri “Abruzzo” del 18.6.2015 (prot. Procura Corte dei conti Abruzzo del 25.6.2015 n. 3701). Ciò ha sicuramente screditato l'immagine dell'Arma dei Carabinieri, ponendo in particolare gli appartenenti alla Compagnia di T.in uno stato di oggettiva difficoltà, operativa e personale, determinando anche un turbamento palese nel senso di affidamento ed appartenenza alle istituzioni, che, invece, la realtà operativa della stessa Compagnia aveva sempre curato. In proposito, questa Procura osservava che ciò è tanto più vero ove si consideri che la Compagnia svolge eminentemente attività sul territorio provinciale ed è da sempre un punto di riferimento per i cittadini teramani. Inoltre, questa Procura riteneva con riguardo all'addebitabilità del danno, di essere in presenza di un comportamento doloso del sig. D.N., sanzionato con la sentenza penale indicata in narrativa, cui segue l'ascrizione della responsabilità economica quantificata come segue. I danni conseguenti alla lesione della dignità e del prestigio pubblico sono danni ascrivibili alla categoria del danno patrimoniale (cfr. Corte dei conti Sez. I 14 luglio 2011 n. 323, Sez. II 22 novembre 2011 n. 615 e Sez. III 12 dicembre 2011 n. 850). Conseguentemente, questa Procura quantificava il danno all'immagine in misura equitativa e, alla luce degli accertati benefici economici avutisi a favore dell'azienda agricola di famiglia in conseguenza delle condotte del sig. D.N., nel caso di specie riteneva che non potesse essere inferiore a € 3.000,00 (cfr. All. 1 alla nota del Comando Legione Carabinieri “Abruzzo” del 18.6.2015 (prot. Procura Corte dei conti Abruzzo del 25.6.2015 n. 3701). A giudizio di questa Procura Regionale sussisteva un ulteriore pregiudizio per il Ministero dell'Interno a titolo di danno da disservizio, corrispondente a quella somma da addebitare all'intimato sia per non aver prestato, ma piuttosto tralasciato i servizi di cui era stato incaricato nella sua veste di Carabiniere , sia per aver utilizzato per fini personali l'automobile di servizio recandosi ripetutamente a C, (TE), nonché per tutte le ulteriori attività che il Comando Carabinieri ha eseguito allo scopo di accertare le condotte trasgressive del sig. D.N. (sul punto, cfr. All. 1 e 6 alla nota del Comando Legione Carabinieri “Abruzzo” del 18.6.2015 (prot. Procura Corte dei conti Abruzzo del 25.6.2015 n. 3701)). Questa Procura quantificava il danno da disservizio perlomeno nella misura di € 2.500,00 o nella diversa somma da accertarsi in corso di causa. Il sig. D.N. non presentava memorie difensive.
Con lo stesso atto, il pubblico ministero aggiungeva le proprie valutazioni di diritto in ordine al danno all'immagine, agli elementi di responsabilità e al danno da disservizio, richiamando consolidata giurisprudenza.
In relazione a tali accadimenti, la Procura regionale instaurava il contraddittorio preliminare, ex art. 5, comma 1, del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge 14 gennaio 1994, n. 19, invitando il presunto responsabile del danno a depositare le proprie deduzioni e gli eventuali documenti che riterrà utili alla propria difesa (invito a dedurre in data 23 settembre 2015).
L'intimato non presentava deduzioni né chiedeva di essere ascoltato
personalmente.
Seguiva, come descritto in premessa, l'emissione, in data 18 dicembre 2015, dell'atto di citazione in giudizio.
In occasione della pubblica udienza in data 28 marzo 2017, il pubblico ministero insisteva per la condanna del convenuto.
Considerato in
D I R I T T O
L'ordine di esame delle questioni è rimesso al prudente apprezzamento del giudice (Corte dei conti, Sezioni riunite, n. 727 del 1991).
In primis, il collegio rileva che il convenuto non si costituiva in giudizio, astenendosi – al pari di quanto accaduto nella fase preprocessuale - da qualsiasi attività difensiva e non sollevando, di conseguenza, alcuna eccezione.
Tanto premesso, il giudicante osserva che la giurisprudenza sul danno all'immagine è costante:
la lesione all'immagine rileva come riflesso negativo del comportamento antidoveroso (e doloso) del soggetto incardinato nella struttura pubblica, condotta che deteriora ed offusca l'immagine dell'amministrazione la quale, per definizione, deve possedere, diffondere e difendere valori di onestà, correttezza, trasparenza, legalità ed affidabilità (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 37 del 2014; Sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, n. 675 del 2012);
a seguito della definitiva consacrazione normativa del danno all'immagine, tale lesione è limitata ai soli casi in cui i pubblici dipendenti siano stati condannati con sentenza irrevocabile (Corte dei conti, Sezione
giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 68 del 2014);
il danno all'immagine consiste nell'alterazione del prestigio e della personalità dello Stato - Amministrazione oppure di altra Pubblica Amministrazione, a seguito di un comportamento tenuto in violazione dell'art. 97 Cost. ossia in dispregio delle funzioni e delle responsabilità dei funzionari pubblici (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, n. 989 del 2008);
la lesione del bene giuridico consistente nel buon andamento della Pubblica Amministrazione che, a causa della condotta illecita dei suoi dipendenti, perde credibilità ed affidabilità all'esterno, ingenera la convinzione che tale comportamento patologico sia una caratteristica usuale dell'attività dell'Ente pubblico (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, n. 433 del 2008);
il diritto delle amministrazioni pubbliche ad organizzarsi ed agire secondo i criteri dettati dall'art. 97 della Costituzione è l'elemento caratterizzante della loro immagine e della loro identità; trattandosi di un interesse costituzionalmente garantito, ogni azione del pubblico dipendente che lo leda si traduce in un'alterazione dell'identità della pubblica amministrazione e, più ancora, nell'apparire di una sua immagine negativa, in quanto struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata (Corte dei conti: Sezione II giurisdizionale centrale, n. 289 del 2006; Sezioni riunite, n. 10/QM del 2003);
si configura responsabilità per danno all'immagine in presenza di comportamenti, relativi a vicende di ampio risalto sugli organi di informazione, che abbiano leso il prestigio dell'ente locale, intaccando la convinzione dei cittadini di poter fare affidamento sulla credibilità ed efficienza dell'amministrazione (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, n. 1970 del 2006);
i comportamenti idonei a pregiudicare l'immagine esterna dell'amministrazione intaccano la fiducia della collettività nell'imparzialità e correttezza dei pubblici funzionari, pregiudizio aggravato dalla diffusione a mezzo stampa della notizia (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Trentino Alto Adige, n. 50 del 2006);
il danno all'immagine si concreta nel momento in cui vengono portati a conoscenza del pubblico comportamenti pregiudizievoli per il prestigio dell'amministrazione tenuti da soggetto in rapporto di servizio con la stessa (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia, n. 228 del 2006).
Autorevole dottrina non è da meno e sottolinea che il danno in disamina deriva dalla necessità di rinnovare nella sua interezza il prestigio della pubblica amministrazione, scosso dal discredito provocato da vicende generalmente enfatizzate dalla stampa, collegato ai comportamenti illeciti del responsabile.
Evidente, in fattispecie, la denunciata lesione all'immagine, anche per effetto del diffuso e dettagliato risalto delle specifiche vicende (in atti di causa), oggetto del giudicato penale.
Nel caso concreto, ricorre altresì la specifica ipotesi originariamente contemplata dall'art. 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Corte dei conti: Sezione III giurisdizionale centrale, n. 113 del 2013; Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, n. 185 del 2013 e pertinente giurisprudenza
richiamata).
L'art. 17, comma 30 ter, del d.l. n. 78 del 2009, convertito con modificazioni in legge n. 102 del 3 agosto 2009, a sua volta modificato dal d.l. 3 agosto 2009, n. 103, convertito con modificazioni in legge 2 ottobre 2009, n. 141, precisa che l'azione di responsabilità amministrativa per il danno all' immagine possa esperirsi esclusivamente per condotte integranti taluni, tassativi reati, accertati con sentenza penale passata in giudicato, consistenti nei seguenti delitti contro la pubblica amministrazione: - peculato (artt. 314 e 316); malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis); indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter); concussione (art. 317); corruzione per l'esercizio di una funzione (art. 318); corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319); corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter); induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater); corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320); istigazione alla corruzione (art. 322); peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322-bis); abuso d'ufficio (art. 323); utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragioni di ufficio (art. 325); rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio (art. 326); rifiuto di atti d'ufficio; omissione (art. 328); rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica (art. 329); interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità (art. 331); sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa (art. 334); violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa (art. 335) (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Marche, n. 21 del 2014).
Non rileva, inoltre, la legge 6 novembre 2012, n. 190 (art. 1, comma 62; l'entità del danno all'immagine derivante da giudicato penale di condanna si presume pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente).
Infatti, la giurisprudenza intervenuta dopo l'entrata in vigore (28 novembre 2012) della citata legge afferma che la peculiare disposizione introduce una quantificazione minima legale, salvo prova contraria, del danno all'immagine arrecato dal convenuto condannato per reati contro la P.A. (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, n. 201 del 2014; Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 9 del 2014) e presenta natura sostanziale, non processuale e retroattiva (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 68 del 2014; Sezione giurisdizionale per la Regione Campania, n. 31 del 2014; Sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, n. 196 del 2014; Sezione giurisdizionale per la Regione Marche, nn. 21 e 16 del 2014; Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, n. 395 del 2014; Sezione appello Regione Sicilia, n. 132 del 2013).
Poiché le condotte contestate al convenuto risultano anteriori all'entrata in vigore della legge n. 190 del 2012, la disciplina dalla stessa recata non trova applicazione in fattispecie, non avendo natura processuale (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 26 del 2015).
In controversia, quindi, vengono in rilievo esclusivamente i criteri già indicati dalle Sezioni Riunite di questa Corte nella sentenza n. 10/QM del 2003 e dalla successiva giurisprudenza contabile nonché quelli individuati postea dalla Corte di cassazione, Sezioni unite, nella sentenza n. 15208 del 2010 e, in particolare: la qualifica posseduta dal convenuto al momento del commesso illecito; il notevole disvalore sociale connesso alla oggettiva gravità del commesso delitto e la diffusione mediatica della vicenda, elementi tutti che ingenerano grave sfiducia nelle istituzioni da parte della cittadinanza (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 68 del 2014).
Più analiticamente, con riferimento al quantum del danno, deve essere precisato che la medesima quantificazione, in considerazione della natura essenzialmente immateriale del bene leso, non può che avvenire sulla base del criterio equitativo di cui all'art. 1226 c.c..
Nondimeno, al fine precipuo di evitare discordi soluzioni, la giurisprudenza pressoché univoca della Corte dei conti, richiede che la predetta quantificazione si basi sull'analisi in concreto delle singole fattispecie di comportamento illecito e si fondi su una serie di ragionevoli indicatori:
di natura oggettiva, inerenti alla natura del fatto, alle modalità di perpetrazione dell'evento pregiudizievole, alla eventuale reiterazione dello stesso, all'entità dell'eventuale arricchimento;
di natura soggettiva, legati al ruolo rivestito dal pubblico dipendente nell'ambito dell'amministrazione;
di natura sociale, legati alla negativa impressione suscitata nell'opinione pubblica ed anche all'interno della stessa amministrazione, all'eventuale clamor fori e alla diffusione ed amplificazione del fatto operata dai mass-media, la quale diffusione non integra, dunque, la lesione del bene tutelato, indicandone semplicemente la dimensione (Corte dei conti,. Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, n. 40 del 2017).
Il convenuto, nel caso concreto, piegava (e degradava) l'appartenenza a prestigiosa e centenaria Arma militare ai propri spregevoli interessi, utilizzando precise qualifiche – il graduato è agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza - per finalità marcatamente delittuose ed ampiamente descritte dal requirente.
Alla natura dell'illecito principale – concussione o tentata concussione – si riconnettono, peraltro, frequenti casi di responsabilità per lesione all'immagine della pubblica amministrazione (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, n. 85 del 2016; Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, nn. 105 e 214 del 2013; Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, nn. 792 del 2008 e 104 del 2007; Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, n. 2464 del 2002).
Si può, dunque, agevolmente cogliere il profondo vulnus che l'amministrazione d'appartenenza subiva al proprio decoro ed alla propria credibilità, sia esterna che interna (di fronte alla comunità amministrata ed agli altri dipendenti militari, questi ultimi certamente colpiti da grave sconcerto), quale conseguenza della predette, reiterate condotte.
Si tratta di comportamenti certamente detestabili, in quanto imputabili ad individuo le cui attività d'istituto rientrano in complesso ed esteso settore e sono altresì espressamente contemplate dall'art. 55 c.p.p., il quale attribuisce, ai soggetti elencati nel successivo art. 57, le delicate e rigorose funzioni di polizia giudiziaria (acquisire la notitia criminis, impedire che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale), comportamenti già censurati in precedente, analogo giudizio (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 60 del 2016).
Alla luce delle risultanze di causa e dei parametri sopra indicati, il collegio ritiene equo determinare il danno all'immagine in € 3.000,00 (tremila/00), importo ampiamente giustificato dal ruolo e dalle funzioni rivestite dal responsabile, dall'oggettiva ed intrinseca gravità dei fatti al medesimo contestati, numerosi e di rilievo penale, nonché dalla rilevanza e risonanza che le vicende de quibus avevano sugli organi di informazione, uniti al clamore comunque connesso alla instaurazione, celebrazione e conclusione del processo penale.
Inoltre, risulta del tutto condivisibile quanto dedotto e dimostrato dal pubblico ministero – impostazione non avversata da alcun argomento di segno contrario - in ordine alla sussistenza ed alla quantificazione della seconda posta di danno, pari ad € 2.500,00 (pag. 10 e seguenti del libello introduttivo del giudizio).
La gravità dei fatti non consente di ricorrere al potere riduttivo dell'addebito (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 105 del 2010; Sezione I giurisdizionale centrale, n. 117 del 2008).
Peraltro, il mancato ricorso a tale potere (articoli 1, comma 1 bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, 19, comma 2, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, 52, comma 2, del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e 83, comma 1, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) non comporta alcun obbligo di motivazione, obbligo sussistente solo quando si faccia uso in positivo del medesimo potere (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, n. 68 del 2009; Sezioni riunite, n. 563 del 1987).
Ritenuti configurabili tutti gli elementi per l'affermazione della responsabilità oggetto della domanda di parte attrice, come sostenuti dall'esame complessivo e congiunto degli atti e dei documenti di causa, F.D.N. deve essere condannato al risarcimento, in favore del Ministero dell'interno, della somma complessiva di € 5.500,00 (cinquemilacinquecento/00), importo da ritenersi comprensivo di rivalutazione monetaria fino alla data di deposito della presente sentenza.
Sono invece dovuti gli interessi legali dalla predetta data sino all'effettiva ed intera soddisfazione del credito.
Le spese di giudizio, in favore dello Stato e liquidate con separata nota, seguono la soccombenza.
Nec plus ultra.
P. Q. M.
definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione, accoglie la domanda attrice e, per l'effetto
C O N D A N N A
F.D.N. ..nato a T. il ...... al risarcimento, in favore del Ministero dell'interno, di € 5.500,00 (cinquemilacinquecento/00), somma da ritenersi comprensiva di rivalutazione monetaria fino alla data di deposito della presente sentenza;
sono invece dovuti gli interessi legali dalla predetta data sino all'effettiva ed intera soddisfazione del credito;
le spese del giudizio, liquidate con separata nota a cura della segreteria della Sezione giurisdizionale, seguono la soccombenza;
manda alla predetta segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in L'Aquila, nella camera di consiglio in data 28 marzo 2017.
L'estensore Il presidente
F.to Federico Pepe F.to Tommaso Miele
Depositata in segreteria il 28/09/2017
Il direttore della segreteria
F.to dott.ssa Antonella Lanzi
Corte dei Conti
Sezione giurisdizionale per la regione Abruzzo
Giudizio N. 19251/R.
Nota delle spese liquidate ai sensi del “Codice della giustizia contabile”, art. 31, comma 5, con nota a margine della sentenza di condanna del 28/03/2017 pronunziata dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Abruzzo nel giudizio promosso dal Procuratore regionale, contro : Fernando Di Nicola.
Fogli Importo
Originale Atto di citazione 4 64,00
N. 2 copie atto predetto ad uso notifica 8 128,00
- Diritti di cancelleria ( copie ed autentica ) 30,76
- Spese di notifica 13,61
- Originale sentenza di condanna 4 64,00
Totale 300,37
(Diconsi euro trecento/37) posti a carico del soccombente:
Fernando Di Nicola.
L'Aquila li, 28/09/2017
Il Direttore della Segreteria
f.to dott.ssa Antonella Lanzi
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NOTA: Da intendersi riferiti ai testi attualmente vigenti
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24-12-2017 19:46
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