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Sentenza

Capo di 1^ Classe NP in servizio all'Ufficio Circondariale Marittimo di Riposto ...
Capo di 1^ Classe NP in servizio all'Ufficio Circondariale Marittimo di Riposto imputato di disobbedienza in quanto si rifiutava ed ometteva dei controlli presso le pescherie su ordine del Comandante Circondariale.
SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE MILITARE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI nei confronti di: D. M.L., n. il ......; avverso la sentenza n. 104/2015 GUP PRESSO TRIB. MILITARE di NAPOLI, del ../../......; udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito; udite le conclusioni del Procuratore generale militare, in persona del dott. Luigi Maria Flamini, che chiedeva disporsi l'annullamento senza rinvio della sentenza im- pugnata; udito per l'imputato l'avv. Raffaella Scudieri, in sostituzione dell'avv. Espedito Iasevoli, che chiedeva il rigetto del ricorso;RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 24/11/2015 il G.U.P. del Tribunale Militare di Napoli dichiarava non luogo a procedere nei confronti dell'imputato i in ordine al reato di disobbedienza continuata di cui agli artt. 173, 47 n. 2 c.p.m.p. e 81 cpv cod. pen.) (in R. il 31/05/2014 dalle ore 11.00 alle ore 13.00 - con l'aggravante del gra- do rivestito). Il D.M. era imputato di detto reato perché, in qualità di Capo di 1^ Classe NP in servizio all'Ufficio Circondariale Marittimo di Riposto, comandato di servizio come conduttore di mezzo nautico, prima rifiutava e poi ometteva di obbedire all'ordine attinente al servizio ed alla disciplina impartitogli dal suo superiore diret- to, il Tenente di Vascello P. Ma.., comandante dell'ufficio Circondariale di R., di effettuare controlli di P.G. presso le pescherie site nell'ambito portuale. Il fatto era ricostruito in sentenza nei termini seguenti. Nella prima mattinata del 31/05/2014, il D.M. era incaricato di effettuare una notifica al capo barca di un motopeschereccio insieme ai subordinati C. G. e R. B.. Nel frangente, egli e i suoi colleghi erano verbalmente aggrediti da circa quindici pescatori, tra cui tale L. S., poi condannato per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Il P.i comandava al predetto e al suo equipaggio (composto dal R. e dal C.) di svolgere nella medesima mattinata controlli di polizia giudiziaria presso le pescherie site nell'ambito portuale di Riposto, come prescritto sul foglio dei "servizi di guardia" giornaliero emesso dal Comando dell'Ufficio circondariale marittimo della Marina militare. Il P. dichiarava che intorno alle 8.30 era stato chiamato al telefono dall'imputato, il quale gli aveva narrato dell'aggressione avvenuta poco prima e di essere "agitato" per tale ragione - così come i colleghi - per cui non intendeva procedere ai controlli di polizia giudiziaria programmati. In effetti, delegava l'incombenza al R. e al C., affermando di non sentirsi nelle condizioni psicofisiche idonee a svolgerla. Il R. gli proponeva di valutare la possibilità di farsi sostituire nell'incarico di capo equipaggio, ma questi gli rispose negativamente, asserendo che non era opportuno creare disservizi. Il C.i sottolineava la particolare rilevanza dell'episodio di aggressione e il costante rispetto di ordini e disposizioni da parte del D.M. nel corso dei numerosi servizi svolti insieme a lui [...]". In effetti, il D.M. riportava sempre il giudizio di "eccellente" nelle note caratteristiche. Il Tribunale riteneva dimostrata la violazione delle disposizioni impartite di procedere ai controlli di polizia giudiziaria ed escludeva che lo stato di agitazione impe- disse al D.M.di partecipare all'incombente comandato.Riteneva però lo stato di alterazione valutabile nella serie causale di atti sopra evidenziati, al fine valutarne la minima offensività della condotta e ia particolare tenuità del fatto. 2. La Procura militare della repubblica di Napoli proponeva ricorso per Cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione. Il P.M. rilevava che il Giudice, avrebbe dovuto disporre il rinvio a giudizio, apparendo la fase dibattimentale la più appropriata, per valutare l'attendibilità delle versioni fornite delle parti, gli altri elementi probatori acquisiti agli atti e, in caso di ne- cessità, ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., l'assunzione di eventuali ulteriori mez- zi di prova. Dovevano ritenersi integrati elementi probatori di tale rilevanza e gravità, da in- durre a rinviare l'imputato al giudizio del competente Tribunale Militare, al fine di sottoporre la prospettazione accusatoria al più approfondito vaglio dibattimentale. Il criterio di valutazione del G.U.P. non doveva consistere nell'innocenza dell'imputa- to, ma nell'inutilità del dibattimento, anche in presenza di elementi contraddittori o insufficienti. La condotta posta in essere dall'imputato non sembrava inquadrabile in una va- lutazione di particolare tenuità del fatto, ma connotata da una rilevante intensità del dolo in quanto, in un primo momento, rifiutava esplicitamente di obbedire ad un ordine, impartitogli dal P.; successivamente, ometteva di obbedire all'ordine impartitogli. Sotto il profilo delle modalità dell'azione e della gravità del danno, l'atteggiamento del D.M. esprimeva totale mancanza di rispetto verso il supe- riore gerarchico e sembrava altamente lesivo dei beni protetti dalla norma, ossia l'efficienza del servizio ed il corretto espletamento dei rapporti gerarchici. Altro aspetto non trascurabile consisteva nell'effetto dirompente di siffatta con- dotta sulla disciplina militare dell'ambiente in cui era attuata. L'imputato per la pro- pria qualifica era destinatario di pregnanti doveri di rispetto dei valori morali e di- sciplinari del Corpo di appartenenza. Per la sua qualifica, avrebbe dovuto sentire il dovere di fungere da esempio nei confronti dei sottoposti ed attenersi a modalità comportamentali di assoluto rigore, rispetto e disciplina. Egli, invece, venendo me- no ai menzionati doveri, comprometteva irrimediabilmente la sua immagine e la sua credibilità, agli occhi dei sottoposti, con devastanti conseguenze sulla disciplina mi- litare e sul corretto espletamento dei rapporti gerarchici. Dall'esame degli atti emergeva la pervicacia e la costanza, del comportamento dell'imputato contrastante con l'ordine impartitogli dal superiore, atteso che egli non solo rifiutava espressamente di obbedire all'ordine ma ometteva di effettuare i dovuti controlli di P.G. affidatigli, ragion per cui doveva ritenersi sussistente una particolare gravità dell'azione e del danno cagionato, di entità tale da indurre a rite- nere non giustificato il giudizio di particolare tenuità del fatto. Il D. M., stante la sua qualità non solo di militare, ma anche di Ufficiale di Polizia Giudiziaria, aveva il dovere di procedere all'esecuzione dei prescritti controlli, anche a fronte di eventuali rischi attinenti alla sua sicurezza personale, conseguenti alle minacce da lui addotte, le quali, quindi, non potevano giustificare la sua man- cata attivazione al riguardo. Ne conseguiva l'impossibilità di inquadrare il fatto alla luce dei criteri di tenuità di cui all'art. 131 bis cod. pen.. 3. Con memoria depositata 1'11/07/2016, il D. M., a mezzo del proprio di- fensore, chiedeva il rigetto del ricorso. Nell'atto di impugnazione era evidenziato che con la modifica di cui alla L. n. 479 del 1999 la sentenza di non luogo a procedere doveva essere emessa anche in presenza di elementi contraddittori o insufficienti. La motivazione della sentenza si basava su plurime dichiarazioni e non era pos- sibile determinare un mutamento del quadro probatorio raccolto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato. 2. La sentenza impugnata, è stata pronunziata ex art. 425 cod. proc. pen. all'e- sito dell'udienza preliminare. In tale ipotesi, secondo giurisprudenza consolidata, non è applicabile la regola di giudizio dell'art. 530 cod. proc. pen. e neppure "un canone, sia pure prognostico, di colpevolezza o di innocenza". Nonostante le modifiche recate all'impianto originario del codice e la maggiore solidità della base cognitiva in conseguenza della rafforzata tendenziale completezza delle indagini, la delibazione di tipo prognostico affidata al Giudice dell'udienza preliminare resta rivolta esclusivamente alla sostenibilità dell'accusa in giudizio e, con essa, all'effettiva, potenziale, utilità del dibattimento in ordine alla regiudicanda (Sez. U, 30/10/2002 n. 39915, Vottari, Rv. 222602). In ta- le contesto, anche la previsione per cui il giudice dell'udienza preliminare debba emettere sentenza di non luogo a procedere "quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori" è qualificata dall'ultima parte del comma 3, che impone un simile esito quando detti elementi siano "comunque non idonei a sostenere l'ac- cusa in giudizio" (cfr. Sez. 6, 16/11/2001 n. 45275, Acampora, Rv. 221303). La sentenza di non luogo a procedere è in altri termini ammessa solo quando la carenza (o la contraddittorietà) degli elementi di prova raccolti nel corso della istru- zione può plausibilmente considerarsi davvero "definitiva", rendendo del tutto inuti- le il passaggio alla fase dibattimentale. 3. Tali essendo i principi applicabili, riguardo al caso in esame, va rilevato che il Giudice dell'udienza preliminare ha nella sostanza ritenuto provati l'inosservanza da parte del D. M. delle disposizioni impartite di procedere ai controlli di polizia giudiziaria presso il porto dalle ore 11.00 alle ore 13.00 e lo stato di forte agitazione conseguente all'aggressione subita. Ha evidenziato altresì che il predetto aveva co- munque informato tempestivamente il superiore P. del suo stato psicofisico, aveva garantito il servizio di controllo di polizia giudiziaria, inviando i sottoposti R. e C. e si era trattenuto in Ufficio senza farsi sostituire per garantire la con- tinuità del servizio in un giorno semifestivo. Secondo l'organo giudicante, lo stato di alterazione non doveva impedire al D.M. di partecipare all'incombente comandato; ciò si evinceva dalla mancanza di problemi dei due sottoposti, sebbene aggrediti, a svolgere i controlli. Tuttavia, ad avviso del G.U.P. pur non valendo come esimente, esso poteva essere utilmente valutato nella serie causale di atti sopra evidenziati, all'esito della quale il D. M. si è prodigato per attutire le conseguenze della sua disobbedienza: egli ha avvisato il superiore P.i, è rimasto in servizio (tra l'altro, redigendo la comunicazione di notizia di reato per l'aggressione subita) e ha provveduto all'espletamento del con- trollo di polizia giudiziaria. 4. Come dedotto dalla Procura ricorrente e dalla Procura generale militare pres- so questa Corte nella requisitoria orale, dinanzi ad una valutazione di sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato in questione, con motivazione incon- grua ed illogica, il G.U.P. ha emesso una sentenza di proscioglimento una basata su di una non consentita complessa ed approfondita disamina del merito del materiale probatorio, senza svolgere una prognosi di inutilità del dibattimento relativa all'evoluzione, in senso favorevole all'accusa, del materiale probatorio raccolto (Sez. 2, 07/04/2016 n. 15942, I., Rv. 266443; Sez. 5, 15/05/2009 n. 22864, Giacomin, Rv. 244202). 5. La sentenza impugnata deve di conseguenza essere annullata senza rinvio, con restituzione degli atti al Giudice dell'udienza preliminare per l'ulteriore corso. P. Q. M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al G.U.P. del Tribunale militare di Napoli. Così deciso in Roma
Avv. Antonino Sugamele

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