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Sentenza

Generale, all'epoca dei fatti Capo di stato maggiore dell'aeronautica militare, ...
Generale, all'epoca dei fatti Capo di stato maggiore dell'aeronautica militare, avrebbe rivolto al brigadiere generale , responsabile dell'istituto di medicina aerospaziale ed al brigadiere generale dello stesso istituto, sia direttamente, sia mediante i suoi collaboratori, - un generale di divisione e capo dell'ufficio generale del Capo di stato maggiore dell'aeronautica, ed un colonnello e capo dell'ufficio generale consulenza ed affari giuridici del predetto Capo di stato maggiore, - al fine di costringerli ad esprimere un giudizio di non piena idoneità al pilotaggio nei riguardi di un generale, consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri, destinato ad assumere incarichi ancor più rilevanti.-
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-03-2017) 13-04-2017, n. 18607
 
UDIENZA PRELIMINARE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BONITO Francesco M. S. - Presidente -
Dott. SIANI Vincenzo - Consigliere -
Dott. VANNUCCI Marco - Consigliere -
Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe - Consigliere -
Dott. BONI Monica - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA;
nei confronti di:
M.G., nato il (OMISSIS);
D.L.A., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/06/2016 del GUP PRESSO TRIB. MILITARE  di ROMA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MONICA BONI;
sentite le conclusioni del PG Dr. FLAMINI Luigi Maria, che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

1.Con sentenza in data 15 giugno 2016 il G.u.p. del Tribunale  militare  di Roma, all'esito dell'udienza preliminare, pronunciava sentenza di non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste nei confronti degli imputati M.G. ed D.L.A. in ordine al delitto di concorso in minaccia continuata ad inferiore per costringerlo a commettere un atto contrario ai propri doveri.
L'addebito riguardava le minacce che il generale P.P., all'epoca dei fatti Capo di stato maggiore dell'aeronautica  militare , in seguito collocato in congedo per raggiunti limiti di età e sottoposto a separato giudizio a seguito di emissione del decreto di citazione, nel periodo tra il 2014 ed il 2015 aveva rivolto al brigadiere generale A.D., responsabile dell'istituto di medicina aerospaziale ed al brigadiere generale dello stesso istituto Mo.Cl., sia direttamente, sia mediante i suoi collaboratori, M. e D.L., - il primo generale di divisione e capo dell'ufficio generale del Capo di stato maggiore dell'aeronautica, il secondo colonnello e capo dell'ufficio generale consulenza ed affari giuridici del predetto Capo di stato maggiore -, al fine di costringerli ad esprimere un giudizio di non piena idoneità al pilotaggio nei riguardi del generale Ma.Ca., consigliere  militare  del Presidente del Consiglio dei Ministri e destinato ad assumere incarichi ancor più rilevanti, tra i quali quello di successore del P., già sottoposto nell'anno 1997 ad intervento chirurgico di valvuloplastica mitralica. L'accusa dunque postulava che la condotta intimidatoria fosse stata realizzata in tre fasi: la prima, con minacce dirette dal P. all' A. in prospettiva della visita che il Ma. avrebbe dovuto effettuare presso la struttura medica dell'aeronautica nel febbraio 2015; la seconda, realizzata tramite il M., il quale avrebbe rivolto al predetto A. l'intimazione esplicita a determinare l'estromissione del Ma. dalla Forza Armata in occasione delle visite mediche che questi stava per svolgere; la terza, consistita nelle minacce che il D.L. aveva indirizzato al generale medico Mo. per formulare uguale giudizio nella relazione che, a seguito della conferma della idoneità piena al pilotaggio ricevuta dal Ma. il 27/2/2015, costui era stato incaricato di redigere su incarico del capo del servizio sanitario, a sua volta comandato dai superiori. Dal preteso giudizio negativo avrebbe dovuto discendere che il Ma. aveva conseguito l'idoneità al volo in modo fraudolento e percepito indebitamente la relativa indennità. Il G.u.p. riteneva che gli atti di indagine svolti, non ulteriormente suscettibili di approfondimento in udienza preliminare o in dibattimento, non fossero idonei a dimostrare che le condotte attribuite agli imputati, anche se realmente avvenute, avevano pregiudicato la libertà di autodeterminazione dei due alti ufficiali del corpo sanitario aeronautico. Costoro, infatti, in quanto collaboratori del Capo di stato maggiore, avevano il dovere di dare pronta esecuzione alle decisioni del superiore gerarchico, senza la possibilità di agire autonomamente e di pregiudicare la carriera delle persone offese. Escludeva dunque fossero acquisiti o acquisibili elementi di prova atti a dimostrare che l' A. ed il Mo. avessero subito lesioni o limitazioni della loro libertà di autodeterminazione per effetto della condotta dei due imputati.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale  militare  di Roma, il quale ne ha chiesto l'annullamento per erronea applicazione della legge penale e mancanza o comunque l'illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, il G.u.p.  militare  non si è limitato a formulare una diagnosi negativa quanto alla sostenibilità dell'accusa alla stregua del materiale probatorio raccolto, ma ha travalicato i limiti e parametri valutativi di cui all'art. 425 c.p.p. e fatto uso delle regole di giudizio proprie del dibattimento. Ha fondato la decisione sul duplice rilievo dell'assenza del movente in capo agli imputati e dell'assenza di altri testimoni nel momento in cui l' A. ed il Mo. avrebbero subito le minacce, ma si tratta di rilievi inconsistenti, che tralasciano le dichiarazioni rilasciate dal gen. Ma. sulle rivelazioni fattegli dall' A. circa le pressioni ricevute dai superiori affinchè egli non rilasciasse il parere di idoneità al pilotaggio, se non con la limitazione del doppio comando, quelle dell' A. contenute in quattro verbali diversi, indicative delle richieste ricevute dal P. e dal M. in un periodo nel quale egli era prossimo alla valutazione per l'avanzamento in carriera quale generale ispettore, affinchè il giudizio medico-legale sul Ma. non fosse formulato in termini di piena idoneità al pilotaggio perchè fosse escluso dalla possibile assegnazione di incarichi di vertice, fra cui quella di nuovo Capo di stato maggiore dell'aeronautica, e del fatto che, una volta rilasciato il predetto giudizio in termini di idoneità, egli era stato trasferito immediatamente a due uffici diversi per disposizione del M.. Tanto prova che costui ed il P. avevano operato sullo stesso piano e con identità di intenti per condizionare l'ufficiale sanitario. Anche il D.L. si era inserito in questo progetto criminoso. Come emerge dalla deposizione del Mo., il D.L., per dare peso e riscontro ad un esposto anonimo contro il gen. Ma., aveva preteso fosse rivisto il giudizio medico legale sull'idoneità al volo dell'ufficiale, quanto meno per la conduzione di velivoli ad alte prestazioni, cosa che gli era stata rappresentata come impossibile, al che egli aveva preteso l'introduzione nella relazione del teste della frase, - che non rispecchiava il suo giudizio tecnico, ma che questi aveva accettato perchè intimorito e condizionato dal fatto che tale pretesa proveniva da soggetto operante nello staff del Capo di stato maggiore -, per cui "l'idoneità al volo è rinnovabile purchè non ricorrano le suddette condizioni", ossia quelle illustrate come presenti nel Ma.. Gli accertamenti informatici condotti sul personal computer in uso al D.L. provano che egli (OMISSIS) aveva inoltrato copia dell'esposto anonimo alle Procure della Repubblica di Roma, ordinaria e  militare , nonchè al gen. S., richiedendo una relazione urgente sulle circostanze ivi rappresentate, quindi il (OMISSIS) aveva operato l'ultimo salvataggio della relazione del Mo., modificata nei termini da questi riferiti, della lettera di trasmissione al Comandante logistico ed alle predette Procure e di una relazione inviata al gen. P. con l'analisi giuridica del caso, rappresentando la doverosità della trasmissione dell'esposto e degli accertamenti espletati all'autorità giudiziaria. Tanto dimostra che egli aveva con sorprendente rapidità formato atti che non gli competevano, aveva completato, alterandone il significato, la relazione del brig. gen. Mo., aveva interpretato tale relazione che aveva manipolato e redatto la nota di trasmissione alle Procure prima ancora che la propria nota tecnica fosse inviata al Capo di stato maggiore, al quale in tal modo aveva offerto un contributo essenziale per realizzare il suo progetto denigratorio in danno del Ma..
Tali risultanze sono state in parte ignorate, in parte travisate dal G.u.p. che ha ritenuto contraddittoriamente legittimi per le posizioni degli imputati gli ordini impartiti dal P., mediante i quali si era realizzata indirettamente la sua condotta criminosa, ragione della ritenuta sussistenza dei presupposti per disporne il rinvio a giudizio. Pertanto, solo una valutazione illogica ed incomprensibile può negare al materiale probatorio acquisito l'idoneità ragionevole a supportare l'accusa in giudizio. 

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento.
1.La sentenza impugnata ha ritenuto di dover assumere la decisione contestata a ragione della ritenuta inconcludenza dimostrativa dell'attività istruttoria da compiere nella sede dibattimentale e ha fondato tale valutazione su una pluralità di considerazioni fattuali, tutte adeguatamente poste in discussione e confutate con l'iniziativa impugnatoria del Procuratore della Repubblica.
2. Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte e la dottrina hanno da tempo affermato che l'udienza preliminare nell'economia del processo di primo grado ha natura processuale, perchè non è destinata alla verifica circa l'acquisizione, all'esito delle indagini preliminari o nel corso del suo svolgimento, di elementi probatori in grado di dimostrare la fondatezza o meno della "notitia criminis", l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato, verdetto esprimibile mediante l'esercizio dei poteri cognitivi e valutativi propri del giudizio. Ad essa spetta soltanto formulare la prognosi circa i risultati conseguibili con il dibattimento sulla base di quel materiale probatorio e circa la concreta possibilità di sviluppi istruttori che diano luogo alla sua modificazione in termini di arricchimento o di chiarimento, conducendo a risultati differenti. Il giudice dell'udienza preliminare non deve valutare nel merito il quadro probatorio, quasi ad anticipare la decisione conclusiva del processo, ma pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato solo in presenza di prove positive di innocenza secondo le formule conclusive di cui all'art. 425 c.p.p., comma 1, oppure di una palese inconsistenza dimostrativa delle prove di colpevolezza, tali da non essere suscettibili di modificazioni al dibattimento con l'acquisizione di nuovi elementi conoscitivi, oppure con la diversa valutazione di quelli raccolti per effetto di una loro più chiara emersione e del completamento, prodotto dall'escussione in contraddittorio, e da rendere superflui il passaggio del procedimento alla fase giudiziale con l'espletamento della relativa istruttoria.
In senso confermativo la disposizione di cui all'art. 425 c.p.p., comma 1 va letta unitamente alla previsione del suo comma 3, che impone la pronuncia di non luogo a procedere se "gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio", ossia se l'incertezza e la non univocità dei risultati probatori conseguiti non si prestino a modificazioni o a soluzioni che consentano di supportare l'accusa nella sede giudiziale nell'ottica del suo accoglimento. Nel condurre tali verifiche il g.u.p. si atterrà alla regola di giudizio, per cui l'accusa deve avere acquisito elementi probatori che dimostrino allo stato un livello di fondatezza degli addebiti, definibile in termini di serietà così da far ritenere probabile la condanna.
2.1 E' altrettanto pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il sindacato conducibile nel giudizio di cassazione sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere non investe gli elementi probatori di colpevolezza acquisiti dal pubblico ministero, la loro capacità rappresentativa e la loro concludenza, che restano demandati al solo giudice di merito, ma riguarda unicamente il percorso giustificativo esposto in riferimento alla loro disamina e, quindi, la ragionevolezza, la coerenza e logicità del giudizio prognostico di sostenibilità o meno dell'accusa in giudizio, adottato nella valutazione del materiale probatorio acquisito o acquisibile. In particolare, nel caso la prognosi sull'utilità della fase dibattimentale sia negativa e sia sorretta da puntuale e logica giustificazione, in sede di legittimità la verifica deve attenere alla logicità della considerazione degli elementi disponibili in funzione della pronuncia di proscioglimento senza potersi addentrare nella rilettura dei dati informativi acquisiti durante le indagini per approdare a soluzioni diverse (Cass. sez. 5, n. 54957 del 14/09/2016, P.M. in proc. Fernandez, rv. 268629; sez. 2, n. 15942 del 07/04/2016, P.G. in proc. I e altro, rv. 266443; sez. 6, n. 35668 del 28/03/2013, Abbamonte e altri, rv. 256605; sez. 6, n. 20207 del 26/04/2012, P.C. in proc. Broccio e altri, rv. 252719; sez. 2, n. 3180 del 06/11/2012, P.M. in proc. Furlan e altro, rv. 254465; sez. 2, n. 28743 del 14/05/2010, Orsini, rv. 247860; sez. 5, n. 15364 del 18/03/2010, Caradonna, rv. 246874; sez. 4, n. 2652 del 27/11/2008, Sorbello, rv. 242500; sez. 5, n. 14253 del 13/02/2008, Piras, rv. 239493).
Appare poi di particolare interesse notare, per il valore orientativo che riveste al fine della decisione da assumere in questa sede, che la riflessione interpretativa condotta da questa Corte abbia indicato anche il corretto approccio valutativo che il g.u.p. deve assumere nell'affrontare il giudizio che gli compete in udienza preliminare quando il materiale conseguito dalle indagini sia costituito da prove dichiarative. Si è affermato al riguardo che, nell'esaminare una chiamata in correità o in reità, correttamente potrà pronunciarsi sentenza di non luogo a procedere nel caso in cui l'accusa non abbia potuto acquisire dati oggettivi, costituenti riscontri esterni individualizzanti e non si prospetti la possibilità di una futura acquisizione di essi, secondo un giudizio prognostico improntato a criteri di ragionevolezza. Non è, invece, consentito condurre la diretta valutazione del narrato del dichiarante, sia esso imputato di reato connesso o teste, per affermare l'inconsistenza del portato conoscitivo offerto e l'inidoneità a fondare il giudizio di colpevolezza e nemmeno svalutare eventuali elementi di conferma: tale apprezzamento dà luogo ad un ragionamento decisorio sulla fondatezza della "notitia criminis" e dell'accusa elevata dal pubblico ministero, compito esclusivo del giudice del dibattimento. L'unica eccezione può essere riconosciuta qualora l'inattendibilità della fonte dichiarativa o della sua ricostruzione dei fatti, o comunque la pochezza delle emergenze probatorie siano di così palese evidenza da rendere superfluo procedere al vaglio dibattimentale per l'infondatezza dell'accusa.
2.2 Tanto premesso, l'esame della sentenza impugnata dimostra che il primo giudice non si è attenuto ai principi giuridici indicati e che l'esposizione dei motivi che hanno indotto al proscioglimento degli imputati consiste in una disamina decisamente carente nella rassegna degli elementi accusatori.
2.2.1 n G.u.p.  militare  ha introdotto un'osservazione preliminare che dà conto della non corretta considerazione del contenuto dell'addebito mosso agli imputati, che non attiene all'intrinseca veridicità ed attendibilità scientifica del giudizio tecnico di idoneità del gen. Ma. al pilotaggio di qualsiasi tipologia di velivoli, compresi quelli tattici, quanto l'espressione di minacce rivolte ai due ufficiali sanitari incaricati di effettuare visite periodiche sulla sua persona per stabilire la predetta idoneità al fine di far emergere un giudizio negativo o non incondizionatamente positivo.
2.2.2 Ha quindi ritenuto di poter differenziare la posizione del coimputato gen. P., per il quale ha stabilito il rinvio a giudizio, da quella dei suoi correi, in quanto soltanto a suo carico erano stati acquisiti elementi indiziari consistenti nei sentimenti di avversione ed odio nutriti per il gen. Ma., l'effettiva possibilità di disporre il trasferimento immediato dell' A. e la titolarità giuridica del potere di istituire commissioni di indagine e di assumere iniziative a rilevanza esterna. Trattasi di rilievi che sono già inficiati da manifesta illogicità e da violazione della legge sostanziale, poichè, a prescindere dall'effettiva rispondenza ai dati probatori degli indizi evidenziati, non prendono nemmeno in considerazione che gli altri due coimputati abbiano potuto offrire un contributo reale nel realizzare o farsi latori delle minacce del P., non già per ragioni personali, d'interesse carrieristico o di personale inimicizia verso l'ufficiale bersaglio delle loro iniziative, quanto per assecondare le richieste del superiore gerarchico ed ottenerne l'approvazione e che il loro operato rientri nello schema del concorso di persone nel reato secondo la previsione di cui all'art. 110 c.p., di cui ha mal interpretato i presupposti applicativi.
2.2.3 La sentenza non ha poi richiamato in modo completo e puntuale le dichiarazioni dei principali accusatori, ovvero i brig. gen. A. e Mo., sui quali ha direttamente espresso un giudizio di inattendibilità o scarsa significatività, privando però il ragionamento valutativo espresso delle premesse necessarie sull'apporto ricostruttivo dei fatti, operato dalle due fonti, e questa Corte della concreta possibilità di riscontrare la rispondenza delle loro dichiarazioni all'addebito contenuto nell'imputazione e quindi anche la congruenza logica e motivazionale della stimata inutilità del giudizio dibattimentale.
Ha quindi sviluppato il percorso di analisi dell'attendibilità dei dichiaranti col rilievo dell'assenza di altri testimoni ai colloqui nei quali sarebbero state rivolte le minacce agli ufficiali sanitari, rilievo cui ha attribuito rilevanza decisiva, così dando prova di avere adottato un criterio di verifica dell'affidabilità della fonte, che non solo non trova rispondenza nelle norme processuali, poichè l'art. 192 c.p.p. non impone di acquisire riscontri alle informazioni rilasciate da un testimone, ma che si basa su una massima di esperienza del tutto arbitraria, opinabile ed irrazionale, secondo la quale chi commette un reato lo fa di fronte a testimoni non direttamente interessati, che potrebbero riferirne in futuro anche all'autorità giudiziaria. Da qui la duplice conseguenza, parimenti inaccettabile sul piano giuridico e logico, determinata dall'assenza di testimoni: la prova direttamente rappresentativa del fatto di reato non è credibile perchè non confermata ed il reato non è stato commesso.
Quanto poi alla narrazione dell' A., di cui si ripete si ignorano i contenuti, non è dato comprendere il percorso motivazionale che rinviene un elemento di smentita nel messaggio telefonico inviato dal teste ad altro ufficiale nel quale egli avrebbe fatto cenno alla mancata effettuazione della visita semestrale del 2014 ed a quella annuale del 2015 da parte del gen. Ma., all'esito di idoneità valido per sei mesi con doppio comando ed alle pressioni esercitate dallo stesso per ottenere il giudizio di piena idoneità. Nella considerazione del g.u.p. il messaggio assume rilievo in quanto: a) incrina l'attendibilità del mittente; b) denota il suo intento di screditare il Ma. con altri ufficiali della stessa Forza armata; c) dimostra che alcuni ufficiali dell'aeronautica avrebbero omesso di sottoporsi alle prescritte visite semestrali. Premesso che tale ultima osservazione è del tutto eccentrica rispetto all'oggetto del procedimento, le altre due non ricevono una sufficiente trattazione ed un razionale sviluppo esplicativo, poichè non è dato comprendere cosa esattamente avrebbe riferito il teste a proposito del messaggio, se confermato nella veridicità delle relative circostanze o smentito, se illustrato nel significato e nelle finalità di "fare passare una informazione ai vertici della mia F.A.", non essendo specificata l'informazione stessa tra le molte riportate nel suo testo. Nè è discernibile quale relazione, anche sul piano della sequenza cronologica, assuma il messaggio rispetto alle condotte intimidatorie contestate.
Pertanto, non è francamente comprensibile, e non è sorretta da una disamina compiuta, ordinata, razionale dei dati conoscitivi acquisiti all'esito delle indagini preliminari, la lapidaria e troncante conclusione raggiunta dal giudicante, secondo il quale "il valore incolpatorio delle dichiarazioni della persona offesa è, per le ragioni ora esposte, sostanzialmente nullo".
Altrettanto, criptiche e di difficile discernimento sono le osservazioni sull'attività di dossieraggio che il col. D.L. avrebbe svolto nei riguardi dell' A.: si ignora in cosa sia consistita tale iniziativa, quando sarebbe stata posta in essere, quale uso sarebbe stato fatto del materiale ricavato e come possa rinvenirsi un elemento di smentita della persona offesa nelle dichiarazioni del teste m.11o Acconcia in merito a "chiacchiere di corridoio...sulla vicenda", di cui questi non aveva accusato il D.L.: si tratta di informazioni imprecisate nel riferimento alla vicenda sottintesa, di cui non è consentito verificare la pertinenza e la congruenza con l'oggetto del giudizio, fermo restando che la raccolta di notizie e dati in un dossier costituisce attività diversa ontologicamente dalle dicerie tra colleghi.
2.2.4 Quanto alle vicende che vedono coinvolto il brig. gen. Mo., il G.u.p. osserva nuovamente l'assenza di valido movente in capo all'imputato D.L. per realizzare le minacce ascrittegli e la sua impossibilità di sottrarsi all'esecuzione degli ordini impartiti dal gen. P., che però non indica, non precisando in punto di fatto, sulla scorta di specifiche informazioni acquisite, quali ordini e come sarebbero stati impartiti, la loro legittimità e le loro finalità. Nega quindi che nel comportamento del predetto imputato siano rintracciabili i requisiti oggettivi della minaccia per essersi lo stesso limitato a svolgere incarichi rientranti nelle sue competenze di consigliere giuridico. In netta contraddizione con tale assunto ha poi osservato in sentenza che dal personal computer del D.L. risultava redatta nella sua versione finale la relazione assegnata e sottoscritta dal gen. Mo., circostanza che è stata del tutto obliterata nella sua valenza dimostrativa per l'assenza di altri testimoni e per il fatto che la stessa persona offesa avrebbe negato di avere subito condizionamenti e ricatti da parte del D.L., sicchè nessun elemento di prova poteva dimostrare che questi avesse indotto il Mo. a sottoscrivere un documento non condiviso.
Anche in riferimento a queste vicende la sentenza prescinde da un esame diretto delle dichiarazioni della parte lesa per illustrare considerazioni personali ed opinabili del Decidente, non spiega per quale ragione un consigliere giuridico del Capo di stato maggiore dovesse interessarsi alla relazione sanitaria di un ufficiale medico e con quali specifiche competenze potesse redigere quel testo con lo strumento informatico del proprio ufficio, quale tra le proprie incombenze d'istituto avesse in tal modo inteso esercitare, le ragioni della trasmissione della minuta di quel documento al gen. m.. Oltre a tali evidenti profili di carenza e contraddittorietà motivazionale, risulta fondata la censura mossa dal Procuratore ricorrente, secondo il quale il G.u.p. ha omesso di prendere in considerazione e di tenerne conto nel giudizio espresso sui testi a carico, sulle azioni degli imputati e sulle relative motivazioni:
- le informazioni rilasciate dal gen. Ma., citate testualmente in ricorso con la rituale produzione del relativo verbale di s.i.t., sulle confidenze fattegli dall' A. in merito alle pressioni ricevute per non dichiararlo pienamente idoneo alle visite periodiche, cosa che lo aveva posto in imbarazzo per la prossimità della sua valutazione ai fini della promozione a generale di divisione;
- le vicende dell'immediato duplice trasferimento dell' A., stabilito da atti a firma del M., in consecuzione con la formulazione del giudizio di idoneità del gen. Ma.;
- il tenore complessivo delle dichiarazioni del Mo., il quale aveva ammesso che per iniziativa del D.L. nella propria relazione era stata inserita una frase, da lui non condivisa e nemmeno voluta, sulle limitazioni alla possibilità di rinnovo del giudizio di idoneità al volo del gen. Ma., cosa che aveva accettato per il condizionamento operato sulla sua persona dal suo interlocutore, rappresentante del Capo di stato maggiore;
- gli accertamenti condotti dal personale di polizia giudiziaria in forza presso la Procura  militare  di Roma sui comportamenti tenuti dal D.L. per l'inoltro dell'esposto anonimo contro il Ma. e per avvalorare le circostanze rassegnate nell'atto.
Deve effettivamente riscontrarsi che la sentenza impugnata è affetta da grave travisamento della prova, sia per omissione di parte delle risultanze offerte dalle indagini, sia per il palese fraintendimento di quelle considerate.
La conclusione raggiunta dal G.u.p. sull'inutilità del dibattimento è dunque 1"esito di un percorso di analisi privo di una ricostruzione puntuale e completa del compendio probatorio e della argomentata prognosi negativa sul possibile sviluppo istruttorio del processo quando approdato alla fase dibattimentale, quindi si basa su considerazioni affette da carente motivazione e da palese illogicità ed intrinseca contraddittorietà. In tal modo non è possibile per questo Collegio comprendere le premesse del ragionamento seguito per pervenire all'esito liberatorio e verificare la correttezza della ritenuta insussistenza di quel minimo di ragionevole fondatezza dell'accusa, necessario per il rinvio a giudizio.
2.3 Infine, merita accoglimento anche la doglianza del ricorrente, che ha censurato l'approccio ai dati probatori col quale il G.u.p. ha ritenuto di prosciogliere gli imputati: effettivamente la regola di giudizio seguita è errata sul piano giuridico. Pur avendo nelle premesse ricordato correttamente i principi di diritti enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, nell'atto di farne applicazione il giudice li ha violati perchè non si è limitato a vagliare la serietà dell'impianto accusatorio, ma lo ha sottoposto ad un vero e proprio giudizio di merito sulla fondatezza dell'accusa e sulla responsabilità degli imputati, che ha escluso.
Per effetto delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al G.u.p. del Tribunale  militare  di Roma, che dovrà celebrare nuovamente l'udienza preliminare e procedere ad una rinnovata valutazione circa le condizioni per giustificare la sottoposizione a processo degli imputati nel rispetto dei principi di diritto sopra espressi e colmando le lacune motivazionali sopra evidenziate. 

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al G.u.p. del Tribunale  militare di Roma.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017 
pregiudicare la carriera delle persone offese.
Avv. Antonino Sugamele

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