L'istituto della non punibilità per particolare tenuità, introdotto all'art. 131-bis c.p. dal D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, art. 1, è applicabile ai reati militari.
Cassazione penale, sez. I, 27/09/2017, (ud. 27/09/2017, dep.20/10/2017), n. 48412
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Maria S. - Presidente -
Dott. BONITO Francesco M. - Consigliere -
Dott. APRILE Stefano - rel. Consigliere -
Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere -
Dott. COCOMELLO Assunta - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.G.B., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/10/2016 della CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. STEFANO APRILE;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale Dr.
RIVELLO Pierpaolo che ha concluso per l'annullamento con rinvio
limitatamente alla rilevanza del fatto e il rigetto nel resto.
Udito il difensore avv. Antonio FUSCO che si riporta ai motivi e
chiede l'annullamento della sentenza.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte militare d'appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Verona del 23 febbraio 2016 con la quale C.G.B. è stato ritenuto responsabile del reato di insubordinazione con ingiuria (art. 189 c.p.m.p. e art. 47 c.p., n. 2) ai danni del superiore.
2. Ricorre C.G.B., a mezzo del difensore avv. Antonio Fusco, che chiede l'annullamento della sentenza impugnata, formulando tre motivi di ricorso.
2.1. Osserva, con il primo e il secondo motivo, che la sentenza è nulla per l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), e per la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), con riferimento alla ritenuta responsabilità, nonostante non dovesse essere ritenuta attendibile la testimonianza della persona offesa ed emergessero altresì contraddizioni tra detta deposizione e quelle di altri testimoni, anche con riferimento all'interrogatorio dell'imputato da cui doveva desumersi il difetto dell'elemento psicologico.
2.2. Osserva, con il terzo motivo, che la sentenza è nulla per l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), e per la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), con riferimento alla mancata concessione della causa di non punibilità di quell'art. 131-bis c.p., in considerazione della scarsa rilevanza della condotta.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato unicamente con riguardo al terzo motivo; i restanti motivi sono inammissibili.
2. Il primo e il secondo motivo sono inammissibili.
Con riguardo alla ricostruzione del fatto il provvedimento impugnato riporta gli elementi emersi a carico del ricorrente, costituiti dalle dichiarazioni della persona offesa e del teste oculare T., assolutamente concordi nella ricostruzione dei fatti, li valuta adeguatamente e puntualmente motiva sulla attendibilità delle dichiarazioni e sulla convergenza del materiale probatorio anche in considerazione del contributo conoscitivo portato, sul fatto materiale e sull'espressione "stronzate", dallo stesso imputato.
Non è compito del giudice di legittimità compiere una rivalutazione di tale compendio probatorio, sulla base delle prospettazioni del ricorrente, avendo questa Corte chiarito già da tempo che esula dai suoi poteri una "rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Sez. Un. n. 41476 del 25/10/2005, Misiano; Sez. Un. n. 6402 del 2.7.1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. Un. n. 930 del 29.1.1996, Clarke, Rv. 203428).
Pur prospettando una contraddizione della motivazione, il ricorso è del tutto aspecifico e generico, giacchè si limita a proporre una diversa lettura delle acquisizioni probatorie ovvero a contestare con mere asserzioni elementi probatori ampiamente illustrati e riassunti in conclusioni che sono censurate per aspetti secondari e in modo assertivo.
Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede giacchè non possono condurre a una rivalutazione del materiale probatorio le poche asserzioni riportate in ricorso, la cui pretesa contraddittorietà non è in alcun modo argomentata nè risulta specificamente prospettata.
2.1. Il ricorso si presenta, poi, non autosufficiente nella parte in cui riporta per stralcio alcune dichiarazioni testimoniali, che dovrebbero risultare in contrasto con quelle sopra indicate, non consentendo alla Corte di verificare tale discrepanza a causa della mancata allegazione del relativo verbale di prova.
3. Il terzo motivo di ricorso, che denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla non punibilità per particolare tenuità, è fondato.
3.1. Va evidenziato che l'istituto della non punibilità per particolare tenuità, introdotto all'art. 131-bis c.p. dal D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, art. 1, è applicabile ai reati militari.
Si consideri, in proposito, che l'indicato decreto legislativo è stato emanato in attuazione della delega conferita con la L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 1, comma 1, lett. m), portante deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio, disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.
L'art. 1 della citata Legge Delega, che ha attribuito al Governo la facoltà di adottare uno o più decreti legislativi per la riforma del sistema delle sanzionatorio penale, ha fatto riferimento alle sanzioni penali laddove sono stati fissati i "seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere che le pene principali siano l'ergastolo, la reclusione, la reclusione domiciliare e l'arresto domiciliare, la multa e l'ammenda (...)".
La successiva Legge Delega, art. 1, comma 1, lett. m), che, come si è visto ha introdotto l'ulteriore principio e criterio direttivo per "escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni (...)", non può che essere interpretata, in ottica sistematica, nel contesto dei restanti principi e criteri di delega e, in particolare, di quelli indicati alla citata alla lett. a), i quali si riferiscono alle sanzioni penali comuni di cui all'art. 18 c.p..
Si consideri, in proposito, che a mente dell'art. 23 c.p.m.p. "sotto la denominazione di pene detentive o restrittive della libertà personale è compresa, oltre le pene indicate nel primo comma dell'art. 18 c.p., anche la reclusione militare".
Ad avviso del Collegio, dunque, il giudice militare può fare applicazione dell'istituto della non punibilità dell'imputato per la particolare tenuità del fatto a norma dell'art. 131-bis c.p., essendo tale istituto riferito alle pene detentive e pecuniarie comuni e alla reclusione militare.
3.2. Tanto premesso, va ricordato che entrambi i giudici di merito, con concorde valutazione, hanno escluso la particolare tenuità della condotta, valorizzando il contesto entro cui si sono svolti i fatti (durante il servizio e a causa di ragioni di servizio, nonchè la presenza di altri militari che hanno udito avrebbero potuto udire la frase offensiva).
Tuttavia, se per un verso il riferimento alla commissione del fatto durante il servizio e a causa della regione di servizio appare superfluo ai fini di eventuale una specifica gravità della condotta, essendo esclusa la punibilità dell'ingiuria al di fuori del contesto militare (ex multiis Sez. 1, Sentenza n. 14353 del 12/03/2008, Ruchini, Rv. 240015), per altro verso il riferimento alla concreta finalità perseguita dall'imputato, derivante dalla condotta del ricorrente - che avrebbe volutamente alzato il tono di voce per essere udito dagli altri militari dopo che il superiore lo aveva invitato a seguirlo in disparte per proseguire riservatamente la discussione -, costituisce una circostanza di fatto che, oltre ad essere apoditticamente affermata dai giudici di merito, appare illogicamente valorizzata per dedurre la gravità della condotta.
In merito, infatti, il provvedimento impugnato si presenta perplesso e carente dal punto di vista motivazionale, per quello che concerne la ricostruzione della volontà dell'imputato di essere udito dai commilitoni, volontà che, qualora in effetti sussistente, non potrebbe, tuttavia, essere ritenuta di per sè determinante ai fini di qualificare la gravità della condotta in presenza di una offesa di modesta rilevanza.
4. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio sul punto.
PQM
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte militare di appello. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2017
29-10-2017 13:50
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