Maresciallo del nucleo radiomobile viola le consegne per accompagnare un commilitone in uno studio medico privato.
Cassazione Sez. PRIMA PENALE, Sentenza n.30695 del 20/06/2017 udienza del 05/06/2017, Presidente CARCANO DOMENICO Relatore APRILE STEFANO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: P.A. B. , nato a B.il ........; avverso la sentenza del ..... pronunciata dalla Corte militare di appello di Roma; Visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Stefano Aprile; sentite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Luigi Maria Flamini, che ha concluso per il rigetto; udito il difensore Avv. Pierfrancesco Bruno, anche in sostituzione dell'avv. Marco Zaccaria, che ha concluso per l'annullamento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte militare d'appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Roma del 13 aprile 2016 con la quale P.A.B. era stato ritenuto responsabile del reato di violata consegna aggravata (articoli 47 n. 2 e 120 cod. pen. mil . pace) per avere, nella qualità di Maresciallo Aiutante sostituto Ufficiale di Pubblica Sicurezza dei Carabinieri, violato le consegne presenti nell'ordine di servizio n. 418/09 del 20 settembre 2013, recandosi ad assistere un commilitone durante una visita medica in uno studio privato, così non rispettando le disposizioni ricevute essendo comandato in servizio di pattuglia auto montata.
2. Ricorre P.A.B. a mezzo del difensore avv. Pierfrancesco Bruno, che chiede l'annullamento della sentenza impugnata, lamentando, con il primo e il secondo motivo di ricorso, l'errata applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 120 cod. pen. mil . pace, e il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza del fatto, poiché l'ordine di servizio non avrebbe avuto un contenuto tassativo e la zona nella quale l'imputato ha condotto la pattuglia dallo stesso guidata rientrava nella discrezionalità attribuitagli, tanto che la motivazione sul punto sarebbe del tutto carente anche in relazione i motivi di appello che avevano denunciato la contraddittorietà della motivazione del primo giudice nella parte in cui aveva ritenuto rientrare nelle zone centrali della città alcune località in realtà prossime a quella ove si sono svolti i fatti, nonché, con il terzo motivo, la commisurazione della pena sotto il profilo del vizio di motivazione con riguardo ai criteri di cui all'articolo 133 cod. pen., facendo riferimento alla personalità del ricorrente, al corretto comportamento processuale e allo stato di servizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile.
Deve essere, innanzitutto, evidenziato che l'imputato, assegnato al Nucleo Radiomobile dei Carabinieri, era stato comandato di servizio di pattuglia nella Capitale con un ordine di servizio che conteneva sette specifiche disposizioni (riprodotte del ricorso), tutte incompatibili, secondo i giudici di merito, con l'abbandono del veicolo alle cure del sottoposto per recarsi per circa 30 minuti fl all'interno di uno studio medico posto in un edificio privato al solo scopo di favorire un commilitone in convalescenza nell'ottenimento di un accertamento diagnostico a titolo gratuito e grazie all'intercessione dello stesso imputato.
2. La ricostruzione del fatto, che non può essere censurata in questa sede, non è neppure contestata dal ricorrente il quale svolge generici motivi attinenti alla presunta discrezionalità nell'esecuzione delle disposizioni ricevute, senza tuttavia denunciare specifici vizi motivazionali o l'errata interpretazione della norma incriminatrice con riguardo alla ritenuta estraneità del comportamento tenuto all'ordine di servizio ricevuto. Va, in proposito, ricordato che «ai fini della configurabilità del reato di violata consegna, tutte le prescrizioni della consegna hanno pari forza cogente, senza che sia dato al militare, tenuto alla loro rigorosa osservanza, di valutare se alcuna di esse non possa influire sulla regolarità e sull'efficienza del servizio. Ne deriva che, consistendo l'elemento soggettivo del reato nella coscienza e volontà di tenere un comportamento difforme dalle prescrizioni imposte dalla consegna ricevuta, è del tutto irrilevante, ai fini dell'esclusione del dolo generico richiesto per l'integrazione del detto elemento soggettivo, il convincimento dell'imputato, più o meno fondato, che la sua condotta non conforme alle prescrizioni non possa influire sulla regolarità e sull'efficienza del servizio» (Sez. 1, Sentenza n. 7911 del 28/03/1988, Porcu, Rv. 178826) La Corte costituzionale, con la sentenza n. 263 del 6.7.2000, ha premesso che l'incriminazione della violata consegna (collocata nel Titolo Secondo del cod. pen. mil. pace) è diretta a tutelare il servizio e non anche la disciplina militare, alla cui salvaguardia sono invece preordinate le fattispecie comprese nel Titolo Terzo; ha poi aggiunto che il reato può essere commesso solo da un militare che sia comandato a un servizio determinato e al quale siano assicurati i mezzi per l'esecuzione della consegna. Con riguardo al contenuto di ciò che può costituire consegna, la Corte cost. ha rimarcato che la consegna deve essere precisa, nel senso che deve «determinare interamente e tassativamente il comportamento del militare in servizio». Seguendo queste linee interpretative, la Corte di legittimità ha avuto modo di chiarire che la nozione di consegna «comprende tutto quel complesso di prescrizioni tassative, generali o particolari, permanenti o temporanee, scritte o verbali, impartite per l'adempimento di un determinato servizio, al fine di regolarne le modalità di esecuzione, dalle quali non è possibile discostarsi» (Sez. 1, Sentenza n. 30693 del 11/07/2007, Demanuele, Rv. 237351). Si noti che nel caso deciso da Sez. 1, Sentenza n. 6832 del 30/01/2013, D'angeli, non massimata, la Corte ha ritenuto sussistente la violazione della consegna nella violazione dell'ordine di controllo di un preciso territorio, laddove l'imputato aveva contravvenuto a tale disposizione inducendo l'autista non solo a entrare nel territorio riservato alla competenza della Polizia di Stato, ma addirittura a spegnere il motore per consentirgli di fare un pisolino, così sottraendo la pattuglia ai compiti di istituto. Nel caso oggetto del presente giudizio si è verificata una violazione attinente al servizio e non alla disciplina militare; non solo, ma le norme comportamentali del personale di servizio di pattuglia rivestono carattere integrativo delle consegne particolari, in quanto anch'esse prescrittive del comportamento da osservare nell'espletamento di un servizio (Sez. 1, Sentenza n. 19862 del 28/04/2009, P.M. in proc. Martines, Rv. 243783), ragion per cui le doglianze avanzate suonano del tutto inadeguate, avendosi riguardo alla violazione di veri e propri protocolli di comportamento, relativamente al controllo del territorio che costituiscono disposizioni tipo, impartite per operazioni di pattuglia, mirate al corretto svolgimento del servizio comandato. Nessuna arbitraria e illegittima dilatazione della sfera dei fatti da ricondurre al modello legale è dato cogliere, come adombrato dal ricorrente, atteso che nel comportamento tenuto dall'imputato, che ha abbandonato l'auto nelle mani del sottoposto per circa un'ora - così impossibilitato a svolgere qualsivoglia attività di controllo del territorio e prevenzione dei reati — entrando e trattenendosi per ragioni private in un centro clinico, non poteva non ravvisarsi la sottrazione alle più elementari regole impartite per l'adempimento dei compiti d'Istituto. 3. Anche le censure attinenti il trattamento sanzionatorio, sulla cui determinazione sia è dilungata la Corte di secondo grado a seguito delle censure mosse dalla difesa, appaiono del tutto generiche e aspecifiche (facendo genericamente alla personalità dell'imputato, al comportamento processuale e al regolare stato di servizio), tanto che, anche sotto questo angolo visuale, il ricorso si presenta inammissibile. 4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
29-07-2017 22:58
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