Appuntato dei Carabinieri smarrisce il proprio borsello. Ritrovato da un cittadino viene consegnato all'autorità che ivi scopre la presenza di complessivi gr. 17,4 di sostanza stupefacente del tipo hashish.
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., (ud. 02-02-2018) 28-02-2018, n. 2198
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2820 del 2004, proposto da:
S.M., rappresentato e difeso dall'avvocato Remigio Sicilia, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Antonio Cordasco in Roma, via Ofanto, 18;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comando Generale Arma dei Carabinieri non costituito in giudizio;
per l'annullamento
-della applicazione della sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione e cessazione dal servizio permanente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 2 febbraio 2018 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con il ricorso in epigrafe l'odierno ricorrente impugna la determina del 2 dicembre 2003, con la quale il Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa ha comunicato che, nei confronti del ricorrente, "è disposta, dalla data della presente determinazione, la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi dell'art. 34, n. 6, della L. 18. ottobre 1961 n. 1168", prevedendosi, per l'effetto, che il ricorrente "cessa dal servizio permanente, ai sensi dell'art. 12 comma 2, lett. f, della citta legge 1168/61".
Deduce il ricorrente i seguenti fatti.
Il ricorrente, Appuntato dell'Arma dei Carabinieri in servizio permanente, arruolato nell'Arma dei Carabinieri nel 1988, ha svolto il suo servizio sempre con devozione conseguendo note sempre lusinghiere e positive.
Il Sig. S. è, inoltre, sposato dal 30 agosto 1992 con la Sig.ra S.L. e dalla stessa ha avuto un figlio nato a V. il (...).
In data 21 maggio 2003, il ricorrente, nel percorrere una Strada Provinciale a ridosso di Grotte S. Stefano (VT), suo paese di residenza, smarriva un borsello contenente oggetti personali di varia natura.
In pari data un cittadino, avendo ritrovato il detto borsello, lo portava presso il Comando Stazione Carabinieri di Soriano nel Cimino, consegnandolo ai militari operanti.
A questo punto, poiché nel borsello venivano ritrovati, insieme agli oggetti personali del ricorrente, "complessivi gr. 17,4 di sostanza stupefacente del tipo hashish", i Carabinieri procedevano a fermare il ricorrente mentre tornava a casa e ad effettuare una perquisizione personale a suo carico: la stessa dava esito negativo sia presso l'autovettura del ricorrente, sia presso la sua abitazione.
Nei giorni seguenti il ricorrente veniva convocato presso il Centro di Medicina di Roma Cecchignola ove, in data 26 maggio 2003, veniva sottoposto ad un test di analisi, all'esito del quale veniva trovato negativo ad oppiacei e cocaina, ma positivo ai cannabinoidi.
Quindi, in data 28 maggio 2003 veniva convocato presso l'Ambulatorio psichiatrico ove veniva dimesso con il giudizio diagnostico di "reattività ansiosa in tossicofìlo".
Per l'effetto, in data 29 maggio 2003, la Prima Commissione Medica Ospedaliera determinava
l'inidoneità temporale del ricorrente per giorni 90; durante tale periodo, peraltro, l'esponente riceveva l'avviso del 1 agosto 2003, con cui lo si informava che "con fn. (...)/D - 4 datato 22 luglio 2003, del Comando Regione Carabinieri Lazio era stato disposto l'accertamento disciplinare nei suoi confronti".
In data 28 agosto 2003, l'esponente veniva nuovamente sottoposto ad analisi presso la Cecchignola ove risultava negativo ad oppiacei, cocaina, cannabinoidi, anfetamina, metadone e benzodiezebine e, quindi, all'interno dei parametri di riferimento.
In data 1 settembre 2003, veniva di nuovo convocato presso l'Istituto di Psichiatria ove veniva dimesso con la diagnosi di "persistente distimia reattiva".
Quindi, in data 12 settembre 2003, veniva giudicato nuovamente non idoneo temporaneamente al servizio, per giorni 180 sulla base di tale ultima diagnosi.
Successivamente, l'esponente riceveva l'avviso del 18 ottobre 2003, con cui lo si informava che con foglio n. (...)/D - 10 del 3 settembre 2003, lo stesso era stato deferito ad una Commissione di disciplina.
Quindi, con foglio in data 22 ottobre 2003, riceveva avviso di riunione della Commissione di disciplina stessa per il giorno 29 ottobre 2003.
In data 4 novembre 2003, l'esponente notificava istanza di accesso al Centro di Medicina Legale, ricevendone risposta successivamente.
Nulla più sapeva l'esponente fino a quando, in data 23 dicembre 2003, riceveva la determinazione impugnata, in data 2 dicembre 2003, dalla quale si evinceva che la Commissione nella stessa seduta del 29 ottobre 2003, lo aveva ritenuto "non meritevole di conservare il grado" e ciò "tenuto conto che dalla vicenda emerge con chiarezza la gravità dei fatti, perpetrati ... con piena consapevolezza" e, peraltro, ritenute "condivise le conclusioni della Commissione Disciplina" secondo cui il ricorrente avrebbe "palesato, nella circostanza, carenze di ordine morale e militare con conseguente lesione del prestigio dell'Istituzione, violando i doveri attinenti al grado ed alle funzioni del proprio stato che rendono incompatibile la sua ulteriore permanenza nell'Arma dei Carabinieri" .
Di seguito, nello stesso atto, si perveniva alla formalizzazione della determina, basata espressamente sulla seguente motivazione:
"Appuntato dell'Arma dei Carabinieri in servizio permanente, all'epoca dei fatti effettivo al Comando Stazione Carabinieri di Castiglione in Teverina (VT):
-in data 21 maggio 2003, a seguito del rinvenimento del suo portafogli, veniva in questo rinvenuta sostanza stupefacente del tipo hashish, divisa in due pezzi e del peso complessivo di gr. 17,5 della quale se ne assumeva la proprietà e spontaneamente dichiarava di far da tempo uso di stupefacente;
-inviato presso la C.M.O. di Roma Cecchignola, veniva dimesso con una licenza di giorni 90 (novanta) per "reattività ansiosa in tossicofilo".
La condotta militare:
-è biasimevole sotto l'aspetto disciplinare, in quanto contraria ai principi di moralità e rettitudine che devono improntare l'agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato ed ai doveri di correttezza ed esemplarità propri di un appartenente all'Arma dei Carabinieri, nonché lesiva del prestigio dell'Istruzione;
-ha irrimediabilmente compromesso la fiducia che l'Arma dei Carabinieri, impegnata prioritariamente in compiti di prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi, soprattutto connessi alle sostanze stupefacenti, deve nutrire incondizionatamente nei confronti del proprio personale.
I fatti disciplinarmente rilevanti sono di gravità tale da richiedere l'irrogazione della massima sanzione disciplinare di Stato".
In data 27 gennaio 2004 e in data 11 febbraio 2004, il ricorrente notificava istanza per l'accesso agli atti del procedimento, senza averne alcun riscontro.
Deduce il ricorrente la illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.
Si è costituita in giudizio l'Amministrazione deducendo la infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Alla udienza straordinaria del 2 febbraio 2018, il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.
Il ricorso è infondato.
Con una prima censura la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 60, n. 6, L. n. 599 del 1954, oltre alla violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.
Occorre preliminarmente osservare come non vi siano dubbi in merito all'avvenuto utilizzo, da parte del ricorrente, di "cannabinoidi"; tale utilizzo, in particolare, risulta suffragato dall'esito delle analisi cliniche effettuate sul militare, dal verbale di sequestro di grammi 17,5 di sostanza (hashish) rinvenuta nell'appartamento del ricorrente, nonché dall'ammissione dello stesso ricorrente.
Del resto, gli addebiti di responsabilità hanno costituito oggetto di attività istruttoria in sede amministrativa (accertamento disciplinare, deferimento alla Commissione di disciplina, determinazione ministeriale), conformemente alla normativa di settore, mentre l'iter logico-giuridico, seguito per l'emanazione del provvedimento finale, è stato strettamente aderente e coerente con le risultanze emerse dall'accertamento disciplinare.
Sotto tale profilo, il Collegio rileva:
- come noto, l'ordinamento affida all'Arma dei Carabinieri un ruolo centrale e di primissima linea nella repressione del traffico e dello spaccio di stupefacenti e nel contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata ad esso connessi (ad es. riciclaggio), sicché deve ritenersi del tutto inammissibile per un appartenente al Corpo dei Carabinieri, anche un uso episodico ed occasionale di sostanze stupefacenti, perché tale condotta - ponendosi in conflitto con le primarie finalità del Corpo di appartenenza e con i doveri istituzionali che incombono su ogni carabiniere - costituisce una grave violazione degli obblighi assunti con il giuramento e, quindi, da un lato, risulta del tutto irrilevante ogni considerazione circa l'irrilevanza penale della condotta, l'eventuale mancanza di ripercussione sociale della fatto, i positivi precedenti dell'incolpato; dall'altro, si giustifica l'irrogazione della perdita del grado per rimozione, che costituisce la più grave sanzione prevista dall'ordinamento militare;
- con ciò non si intende certo negare il ruolo fondamentale che nel nostro ordinamento ha assunto (anche in virtù dell'influenza dell'ordinamento comunitario) il principio di proporzionalità, con particolare riferimento all'esercizio di poteri discrezionali, ivi compreso il potere disciplinare spettante alle Amministrazioni militari nei confronti del personale di appartenenza; si intende piuttosto evidenziare che nel caso dei militari dei Carabinieri - in ragione della qualifica di polizia giudiziaria dagli stessi posseduta e degli specifici compiti istituzionali del Corpo di appartenenza - anche un singolo episodio di consapevole consumo o detenzione di sostanze stupefacenti assume un disvalore tale da far ritenere non sproporzionata l'irrogazione della sanzione espulsiva;
- nel caso del ricorrente, la gravità della condotta allo stesso contestata emerge proprio dalla intenzionalità della condotta stessa, che costituisce uno dei fattori che impongono all'Amministrazione di punire l'infrazione disciplinare con maggior rigore.
Peraltro, risultano infondati anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso con il quale l'odierno ricorrente censura - anche sotto un profilo costituzionale - i provvedimenti impugnati per difetto di motivazione e per violazione dell'art. 97 Cost.
Rileva il Collegio la manifesta infondatezza delle censure di costituzionalità e di legittimità.
Sotto tale profilo, infatti, occorre osservare come dalla lettura del provvedimento e della documentazione depositata in atti, emerge che:
- i motivi di addebito sono stati chiari, definitivi specifici in quanto rispondente per tabulas, ai fatti documentati;
- i predetti fatti non sono stati smentiti, con prova oggettiva ed inconfutabile, dal ricorrente;
- l'incolpato è stato sempre posto in condizione di interporre nel procedimento le proprie eccezioni, formulando deduzioni difensive, sia in forma scritta che orale;
- in ogni fase endoprocedimentale dell'accertamento disciplinare l'incolpato ha partecipato, con puntualità e con le modalità ritenute più utili alla propria strategia difensiva, all'accertamento stesso;
- la Commissione di disciplina ha proceduto all'audizione dell'incolpato e dell'ufficiale difensore, che non hanno fornito, nella circostanza, alcun ulteriore elemento suscettibile di approfondimento istruttorie;
- la citata Commissione, di conseguenza, ha valorizzato gli atti dell'accertamento disciplinare, richiamati nel preambolo del verbale e, quindi, assunti a base motivazionale del pronunciamento espresso;
- l'attività della Commissione è stata pienamente conforme alle norme di settore nonché sensibile alle garanzie difensive dell'inquisito.
Il provvedimento espulsivo, conseguentemente, è stato adottato sulla base di un accertamento disciplinare e di un preciso "iter" logico-rnotivazionale dettagliatamente disciplinato nelle varie fasi endoprocedirnentali dalla L. n. 1168 del 1961 e finalizzato alla valutazione delle effettive responsabilità dell'interessato.
Il provvedimento, che ha sancito la citata rimozione, risulta, pertanto, motivato in modo estremamente puntuale e circostanziato; né, peraltro, assume rilievo la denunciata illegittimità costituzionale della norma in relazione alla genericità della formula normativa ed alla ampiezza dell'ipotesi comportante la destituzione, in considerazione delle specifiche fattispecie considerate dalla norma (violazione del giuramento, altri motivi disciplinari e comportamento comunque contrario alle finalità dell'Arma) e della gravità nel caso concreto, dell'utilizzo di sostanza stupefacente ad opera di un appartenente all'Arma dei Carabinieri.
Circa i termini del procedimento disciplinare in esame, occorre osservare come gli stessi erano regolati - ratione temporis - dal Testo Unico n. 3/1957 che prevedeva, dove fosse intervenuto il deferimento alla Commissione di disciplina:
- 180 giorni per l'inizio del procedimento, decorrenti dalla data in cui l'Amministrazione ha avuto notizia dei gravi fatti (31 maggio 2003). La contestazione degli addebiti (avvio del procedimento) è stata formulata il 1 agosto 2003;
- 90 giorni per ogni successivo atto formale dell'accertamento disciplinare di stato, decorrenti dalla data di contestazione degli addebiti (1 agosto 2003).
In particolare, particolare, si evidenziano gli atti formali assunti nell'ambito del procedimento:
- 3 settembre 2003 (deferimento a Commissione di Disciplina);
- 29 ottobre 2003 (giudizio della Commissione di Disciplina);
- 2 dicembre 2003 (determinazione Ministeriale).
In merito a quando affermato dall'odierno ricorrente relativamente al dies ad quem, si evidenzia che il provvedimento amministrativo di "perdita dei grado per rimozione per motivi disciplinari", non rientra nella categoria degli atti ricettizi essendo un atto di natura risolutiva che opera direttamente sul rapporto d'impiego.
Tale assunto viene pienamente confermato dall'art. 104 del T.U. n. 3/57, applicabile in via residuale al procedimento disciplinare di stato disciplinato dalla L. n. 1168 del 1961, che chiaramente prescrive come mezzo di informazione dei provvedimenti disciplinari la comunicazione all'interessato e non la notifica del provvedimento; di conseguenza, non risulta fondato neanche quanto ulteriormente asserito in merito ad una presunta applicazione dell'art. 3 del c.p.m.p., anche perché limitato agli effetti delle disposizioni del titolo I, del citato c.p.m.p..
Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Sussistendo giusti motivi, dispone la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
03-03-2018 19:55
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