Due carabinieri arrestano un maresciallo dell'arma che tenta di fuggire ad un controllo autostradale.-
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-01-2018) 22-02-2018, n. 8635
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BONITO Francesco M.S. - Presidente -
Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere -
Dott. BIANCHI Michele - rel. Consigliere -
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio - Consigliere -
Dott. ROCCHI Giacomo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
parte civile G.G. nato il (OMISSIS);
e da:
P.S. nato il (OMISSIS) nel procedimento a carico di quest'ultimo;
parte civile: GA.PA.;
avverso la sentenza del 01/02/2017 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MICHELE BIANCHI;
Il Procuratore Generale conclude per l'accoglimento del ricorso della parte civile e per l'effetto annullare con rinvio riguardo alle statuizioni in punto di rifusione delle spese;
L'avvocato TALMON LUCA chiede il rigetto del ricorso di P. e deposita conclusioni e nota spese;
L'avvocato CORTI PAOLO conclude chiedendo di respingere il ricorso di P., accogliere il ricorso di parte civile e per l'effetto annullare le statuizioni in punto di rifusione delle spese e deposita conclusioni scritte.
L'avvocato CEOLETTA GIANFRANCO insiste nei motivi del ricorso e ne chiede l'accoglimento.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza pronunciata in data 1.2.2017 la Corte militare di appello ha, in parziale riforma della sentenza pronunciata in data 10.5.2016 dal Tribunale militare di Verona, qualificato il reato ascritto in reato continuato di lesioni personali, minaccia e ingiuria ed ha rideterminato la pena inflitta a P.S. in mesi quattro e giorni diciannove di reclusione militare, con conferma nel resto.
1.1. L'imputazione riguarda fatto accaduto in (OMISSIS) nella notte fra il (OMISSIS) e, originariamente, qualificato come violenza, minaccia e ingiuria nei confronti di inferiore, nella specie l'appuntato Ga.Pa. e il carabiniere G.G.; con le aggravanti del grado rivestito dall'imputato, maresciallo capo, e della gravità delle lesioni cagionate.
Il Tribunale ha escluso l'aggravante relativa al delitto di violenza, essendo risultata malattia di durata inferiore a giorni 40.
All'esito del giudizio di appello il fatto è stato qualificato ai sensi degli artt. 223, 226 e 229 c.p.m.p..
1.2 La sentenza di primo grado ha fondato il giudizio di colpevolezza sulle dichiarazioni delle persone offese Ga.Pa. e G.G., effettivi del nucleo radiomobile della compagnia carabinieri di (OMISSIS), i quali, assunti ai sensi dell'art. 210 cod. proc. pen., in quanto indagati in altro procedimento a seguito di denuncia presentata dall'imputato nei loro confronti, avevano riferito che:
- la sera del (OMISSIS) erano in servizio di pattuglia automontata;
- verso le ore 2.45 avevano, azionando il lampeggiante, intimato l'alt ad autovettura che però si allontanava;
- si ponevano all'inseguimento dell'auto, che però continuava la marcia con il chiaro intento di eludere il controllo;
- dopo un lungo tratto su strada forestale, avevano trovato l'auto inseguita ferma senza alcuno a bordo;
- veniva notata, nei pressi, nascosto dietro un masso, la presenza di un uomo;
- Ga. si era diretto verso l'uomo, venendo però aggredito con una sberla, e ne seguiva colluttazione;
- con l'intervento di G. veniva bloccato l'uomo, che veniva riconosciuto nell'imputato, maresciallo in servizio presso il medesimo nucleo radiomobile;
- veniva comunicato al P. che veniva tratto in arresto, e ciò aveva determinato la sua reazione nei confronti di G. che lo teneva;
- l'imputato aveva profferito minacce e ingiurie nei confronti dei due carabinieri.
Il Tribunale ha aggiunto che i due carabinieri si erano poi recati presso il locale pronto soccorso dove era stato stilato referto in ordine alle lesioni che ciascuno presentava.
Veniva dato conto anche delle testimonianze di altri carabinieri, che erano stati informati dell'inseguimento in corso ed erano poi intervenuti dopo l'arresto del P..
Il primo giudice ha ritenuto non credibile la versione dei fatti resa dall'imputato, che aveva sostenuto di aver reagito alla aggressione e alle offese del G.; ha rilevato che l'imputato aveva agito in quanto superiore gerarchico delle persone offese.
Il Tribunale ha pronunciato anche condanna al risarcimento del danno in favore delle parti civili, liquidato in Euro 2500 per Ga.Pa. e in Euro 3900 per G.G..
1.3. La Corte di appello militare, adita con gravame dell'imputato, ha confermato il giudizio del Tribunale, limitandosi alla riqualificazione dei fatti come reato di lesioni, minaccia e ingiuria; in particolare ha escluso rilevanza al rapporto gerarchico tra l'imputato e le persone offese.
Quanto alle statuizioni civili, il secondo giudice, sul rilievo che erano state ridimensionate le iniziali richieste risarcitorie delle parti civili, ha disposto la parziale compensazione delle spese, nella misura del 50%, con riferimento sia al giudizio di primo grado che a quello di appello.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore della parte civile G.G., deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., comma 1:
- violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione alla parziale compensazione delle spese disposta dalla Corte militare di appello, nonostante che nel giudizio di secondo grado la parte civile non fosse in alcun modo soccombente;
- violazione del Decreto 10 marzo 2014, n. 55, per aver la Corte militare di appello liquidato le spese delle parti civili in misura inferiore alle tariffe forensi senza alcuna motivazione, e per non aver riconosciuto le spese sostenute per la trasferta a Roma.
3. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato P.S., deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., comma 1:
- violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni rese da Ga.Pa. e G.G.;
- difetto di motivazione in ordine all'elemento soggettivo;
- violazione dell'art. 62 cod. proc. pen., in relazione a quanto dichiarato dall'imputato mentre lo portavano in caserma;
- difetto di motivazione sulla mancata identificazione dell'auto fuggitrice;
- violazione di legge in ordine all'arresto illegittimo e quindi sul diniego della provocazione;
- difetto di motivazione della condanna per ingiuria e minaccia;
- difetto di motivazione sulle statuizioni civili.
Motivi della decisione
Entrambi i ricorsi sono infondati e vanno perciò respinti.
1. Il ricorso presentato nell'interesse dell'imputato P.S. deduce motivi che riguardano la definizione del compendio probatorio (motivo terzo), la motivazione della ricostruzione dei fatti e la legittimità della valutazione delle prove (motivo primo, quarto e sesto), la motivazione in ordine all'elemento soggettivo (motivo secondo), la legittimità del diniego dell'attenuante della provocazione (motivo sesto), la motivazione delle statuizioni civili (motivo settimo).
1.1. Il motivo terzo riguarda la utilizzazione di quanto avrebbe detto l'imputato al cap. B. mentre lo portavano in caserma o all'ospedale in auto, oggetto della testimonianza del capitano B., in violazione dell'art. 62 cod. proc. pen..
A pag. 16 e 17 la Corte di appello espressamente afferma di integrare la motivazione del Tribunale, con la considerazione che quanto aveva detto al cap. B. l'imputato (quando si era giustificato dicendo di non essersi fermato all'alt per non far identificare la donna che era con lui) era inverosimile e dunque era da dubitare anche di quanto aveva detto l'imputato al Tribunale.
Ora, si deve rilevare, innanzitutto, che il motivo non procede alla cd. prova di resistenza, non illustra, cioè, il carattere decisivo dell'elemento probatorio di cui si deduce la inutilizzabilità, onere che la parte ricorrente deve adempiere a pena di inammissibilità del motivo (Sez. 3, 2.10.2014, Calabrese, Rv. 262011; Sez. 6, 6.10.2016, Vecchio, in motivazione a pag. 11).
Comunque, risulta del tutto irrilevante la censura, dato che la prova viene utilizzata solo per dire che l'imputato non è credibile, giudizio che il Tribunale aveva già motivato (pagg. 19 e 20).
1.2. In ordine alla motivazione sull'accertamento dei fatti, il motivo quarto riguarda la specifica circostanza della identificazione dell'auto inseguita.
Le sentenze di merito (vedi pag. 23 della sentenza di appello) hanno accertato che la pattuglia composta dai carabinieri G. e Ga. non aveva comunicato alla centrale operativa il numero di targa dell'auto inseguita, ed hanno ritenuto che la tale circostanza fosse spiegabile con il fatto che la pattuglia non fosse riuscita, dato il tempo di notte, l'assenza di illuminazione e la forte velocità dei mezzi, a leggere il numero di targa dell'Audi; è stato aggiunto che, comprensibilmente, una volta trovata l'Audi ferma e vuota, i due militari, invece di comunicare subito il numero di targa, si erano dedicati alla ricerca del conducente dell'Audi, trattandosi di una attività urgente.
Il ricorso denuncia la motivazione della Corte di appello come illogica, carente, contraddittoria e frutto di travisamento di prove.
In particolare, viene censurato come illogico il passo in cui la Corte di appello aveva ritenuto adeguata la condotta dei due carabinieri che, trovata l'auto ferma, avevano iniziato la ricerca dell'autista, ma si tratta di argomenti sia poco comprensibili, in quanto formulati con una serie di domande retoriche, sia svincolati dai dati probatori valorizzati e incontestati (il tempo di notte, la velocità).
Il profilo di inadeguatezza riguarda la mancata considerazione del malanimo esistente fra il Ga. e l'imputato, ma si tratta di profilo che l'atto di appello aveva evidenziato solo per contestare l'attendibilità del teste B. (vedi pag. 10 della sentenza di appello) e non per contestare la soggettiva credibilità del dichiarante Ga..
Inoltre, il dato era stato considerato dalla sentenza di primo grado (pag. 20) e il Tribunale aveva spiegato come la circostanza non avesse avuto alcuna influenza sulla condotta della pattuglia in servizio.
Il profilo di contraddittorietà riguarderebbe il passo in cui il giudice di appello giustifica l'omessa comunicazione della targa dell'Audi, pur riconoscendo che la pattuglia si era trovata in una situazione di rischio.
Il motivo, ancora, prescinde dalla motivazione data dalla Corte di appello, che ha valutato come adeguato il comportamento dei due militari che avevano ritenuto prioritaria la ricerca del conducente dell'Audi, giudizio certamente plausibile in quanto la condotta di fuga, prima con l'auto e poi a piedi, era significativa di una forte determinazione a sfuggire al controllo, e quindi sollecitava i militari a non prescindere da tale controllo diretto sulla persona del fuggitivo.
Infine, il travisamento "... che disarticola l'intero ragionamento probatorio..." è solo affermato, senza alcuna indicazione di quale elemento probatorio la Corte di appello avrebbe non considerato ovvero mal letto.
1.3. Il motivo primo riguarda la valutazione dei due accusatori.
Va precisato che Ga. e G. sono stati assunti ai sensi dell'art. 210 cod. proc. pen., in quanto indagati di reato connesso (a seguito della denuncia dall'imputato per insubordinazione con ingiuria), procedimento definito con sentenza di non luogo a procedere.
Il motivo critica la valutazione della Corte circa la attendibilità delle dichiarazioni, sotto i profili della coerenza con quanto riferito ad altri testi, e della precisione e costanza, osservando che i due carabinieri avevano simulato una infermità maggiore, ed erano tra loro in contraddizione; viene poi contestata la rilevanza degli elementi valorizzati come riscontri.
Quanto alla valutazione dei dichiaranti, si deve osservare che le censure proposte attengono direttamente al positivo giudizio dato dai giudici del merito, senza alcun rilievo in ordine alla compatibilità logica degli argomenti valorizzati.
In particolare, il motivo non si confronta con la, conforme, motivazione delle due sentenze di primo e secondo grado, ma vi contrappone rilievi che sono limitati alla attendibilità delle dichiarazioni ed anche di contenuta pregnanza.
Quanto all'entità delle lesioni riportate, la sentenza di appello (pag. 19) ha rilevato che solo all'esito di perizia erano stati quantificati i postumi delle lesioni, senza che fosse evidenziata mala fede delle persone offese.
Il motivo poi segnala alcune discrasie nel racconto dei due militari - circa lo schiaffo ricevuto da Ga. e il momento dell'arresto - obiettivamente modeste e comunque già esaminate dal giudice di appello (pag. 20 ss.).
Quanto ai riscontri, il motivo evidenzia che sarebbero privi di autonomo rilievo probatorio.
Sul punto, si deve rilevare che le sentenze di merito hanno esattamente considerato alcune circostanze di fatto (il rinvenimento delle manette, la condizione di ebbrezza alcolica dell'imputato, i referti medici sulle lesioni riportate dalle persone offese) come riscontri a conferma di quanto dichiarato da Ga. e G., e non come prove dirette della responsabilità dell'imputato in ordine ai reati ascritti.
Inoltre, è stato evidenziato il carattere individualizzante, in relazione alla responsabilità dell'imputato, costituito dal convergere delle dichiarazioni di Ga. e G..
Il motivo, invece, propone una diversa lettura dei cd. riscontri, evidenziandone la limitata valenza probatoria, dato incontroverso, che però non determina una inadeguatezza logica della giustificazione data dai giudici del merito del giudizio di colpevolezza.
1.4. Il motivo sesto riguarda la condanna per ingiuria e minaccia.
Il motivo viene è rubricato come violazione di legge, ma in realtà deduce un difetto di motivazione con specifico riferimento al giudizio di colpevolezza in relazione alle menzionate imputazioni.
Il rilievo di assenza di specifica motivazione non considera che le dichiarazioni rese da Ga. e G. sono state valutate anche con riferimento a questi, meno gravi, reati, e quindi costituiscono reciproco riscontro anche in ordine ai reati di ingiuria e minaccia.
1.5. Il motivo secondo deduce che la Corte di appello non avrebbe risposto al motivo di gravame relativo al dolo.
In realtà, la sentenza appellata (a pag. 22) esamina nello specifico il motivo di appello, e di ciò dà atto il ricorrente, che però aggiunge che la Corte di appello non avrebbe compreso la deduzione difensiva volta a sostenere la natura colposa delle condotte dell'imputato.
Si deve osservare che si tratta di motivo manifestamente infondato, in quanto le sentenze di merito hanno evidenziato la volontarietà della condotta aggressiva del P., ed hanno, adeguatamente, considerato la possibile rilevanza della condizione di ebbrezza alcolica in cui si trovava l'imputato.
1.6. Il motivo quinto riguarda, sotto il profilo della violazione dell'art. 62 c.p., comma 1, n. 2, il diniego della attenuante della provocazione.
In particolare, viene dedotto che P. sarebbe stato vittima di arresto illegittimo e ciò avrebbe dovuto essere considerato come circostanza integrante l'attenuante della provocazione.
Ora, va precisato che la fattispecie di lesione personale consente l'arresto in flagranza, ai sensi dell'art. 382 c.p.p., comma 2.
Inoltre, ed è questo il rilievo decisivo, la condizione di arresto è stata successiva alla condotta aggressiva del P., e quindi del tutto irrilevante rispetto al fatto.
1.7. Il motivo settimo sostiene che la Corte di appello non avrebbe risposto al motivo di gravame che contestava la congruità della liquidazione del danno.
La Corte di appello ha ritenuto adeguata la liquidazione fatta dal Tribunale sulla base dell'accertamento peritale e applicando le tabelle che quantificano, ai fini di giustizia, il danno biologico.
Il motivo proposto non è specifico, in quanto non contesta la adeguatezza rispetto ai criteri di equità dei valori ritenuti congrui dai giudici di merito.
2. Il ricorso presentato nell'interesse della parte civile G. concerne il regolamento delle spese nel giudizio di appello, sia per quanto riguarda la parziale compensazione, sia in relazione alla liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile medesima.
2.1. Quanto alla parziale compensazione delle spese disposta dalla Corte militare di appello, si deve osservare che solo all'esito del giudizio di appello l'imputato ha visto riconosciuto che nel giudizio di primo grado vi era stata una parziale soccombenza delle parti civili, e dunque il secondo giudizio ha avuto riguardo anche al regolamento delle spese delle parti civili.
Ne consegue che, in ordine al punto relativo alla interpretazione dell'esito del giudizio di primo grado, le parti civili sono rimaste soccombenti nel giudizio di appello, e dunque legittima è stata la parziale compensazione disposta anche con riferimento alle spese del secondo giudizio.
2.2. Quanto alla liquidazione delle spese della parte civile G. nel giudizio di appello, il motivo secondo rileva che si trattava di liquidazione in misura inferiore alle tariffe forensi, e senza il riconoscimento delle spese sostenute per la trasferta a Roma.
Il motivo non risulta articolato in maniera specifica, in quanto non considera che la Corte di appello ha operato la liquidazione, la cui legittimità e congruità si contesta, in Euro mille per ciascuna delle parti civili "... previa compensazione delle stesse nella misura del 50%...".
Dunque, sia dal dispositivo che dalla conforme motivazione della sentenza di appello, risulta che la liquidazione è stata compiuta dopo aver considerato la compensazione nella misura della metà, e quindi, in realtà, la decisione impugnata ha liquidato le spese in Euro Duemila, rispetto alla quale il motivo non ha proposto alcun rilievo critico.
3. Vanno quindi respinti entrambi i ricorsi proposti.
Vanno condannati i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Considerato l'esito del presente giudizio, va disposta la compensazione integrale delle spese tra la parte civile G.G. e l'imputato.
L'imputato ricorrente va condannato alla rifusione delle spese sopportate nel grado dalla parte civile Ga.Pa., spese liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi proposti dall'imputato e dalla parte civile G.G., e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Compensa le spese tra la parte civile G.G. e l'imputato. Condanna P.S. alla rifusione delle spese sopportate nel grado dalla parte civile Ga.pa., che liquida in Euro Tremilacinquecento, oltre spese generali, Iva e cpa come per legge.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2018
Classificazione Nuova Ricerca
06-03-2018 17:39
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