Il reato militare di abbandono di posto o violata consegna è a dolo generico.
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28248 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE
Data Udienza: 17/04/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI ROMA
nel procedimento a carico di:
M.A.nato il ..... A. M. nato il ....
avverso la sentenza del 13/09/2017 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SANTALUCIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
che ha concluso per
Il P.G. Militare conclude chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza
impugnata.
Udito il difensore
E' presente l'avvocato QUARANTA FERNANDO del foro di NOLA in difesa di
M.A. e A.M. che conclude per l'inammissibilità o, in
subordine, il rigetto del ricorso
Ritenuto in fatto
La Corte militare di appello ha assolto A.M. e M.A., ambedue
carabinieri scelti in servizio presso la stazione Carabinieri di Villaggio Mosè di Agrigento, dal
reato militare, commesso in concorso, di abbandono di posto aggravato, per aver interrotto
arbitrariamente il servizio di pattuglia automontata, programmato per il periodo dall'una alle
sette del mattino, facendo rientro in caserma qualche ora prima. La Corte militare ha ritenuto
accertato l'oggettivo abbandono del posto, ma ha rilevato la mancanza di prova in riguardo al
necessario elemento soggettivo. Come è emerso dalle dichiarazioni del luogotenente
comandante della Stazione CC. di appartenenza degli imputati, M.U.L., era
pratica ritenuta lecita, ed anzi validata dall'interpretazione del servizio che in una occasione
passata era stata sostenuta da un comandante di Legione, il rientro notturno della pattuglia
automontata, senza allontanamento dalla caserma e con il disbrigo di altre attività di servizio
specie di carattere burocratico. Da qui la conclusione che i due imputati abbiano agito
ritenendo di operare correttamente.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il procuratore generale presso la Corte militare
di appello, che ha dedotto il vizio di difetto di motivazione. La Corte militare di appello ha
trascurato di considerare le risultanze di prova da cui emerge che erano ampiamente noti a
tutti i militari l'obbligo di informare la Centrale operativa di tutti gli spostamenti non previsti
dall'ordine di sevizio e l'obbligo di annotare sugli ordini di servizio tutte le variazioni che si
fossero rese necessarie rispetto al programma predisposto. Se della illiceità del rientro
anticipato gli imputati non avessero avuto contezza, avrebbero certamente avvisato la Centrale
operativa ed annotato sull'ordine di servizio il mutamento effettuato.
Considerato in diritto
Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
Il reato militare di abbandono di posto o violata consegna è a dolo generico. La norma
incriminatrice non è arricchita del riferimento ad elementi di cd. illiceità speciale che possano
dare rilievo a regole extrapenali e, con esse, a una speciale coscienza dell'illecito come
elemento concorrente del dolo. Questa Corte ha già affermato che "a integrare l'elemento
soggettivo nel reato militare di abbandono del posto è sufficiente il dolo generico che consiste
nella semplice coscienza e volontà di allontanamento dal posto di servizio" - Sez. I, 4 ottobre
2007, n. 39449, Bellomo,
C.E.D. Cass.,
n. 237737 -.
Con questa premessa si apprezza la carenza e la manifesta illogicità della motivazione.
Secondo la ricostruzione operata in sentenza, i due imputati agirono ben
rappresentandosi e volendo la condotta tenuta, che è tipica come espressamente affermato.
La valorizzazione della mancanza di prova circa la consapevolezza che la condotta si
ponesse "contro il dovere di non abbandonare il servizio" (fl. 13 della sentenza impugnata)
introduce pertanto un dato spurio nella considerazione dell'accaduto.
L'abbandono del servizio, infatti, non deve essere ulteriormente colorito sul piano
soggettivo: è sufficiente che, a fronte dell'ordine di servizio come pattuglia automontata per il
periodo dall'una alle sette del mattino, il rientro anticipato in caserma sia stato consapevole e
voluto.
Potrebbe invece rilevare, ai fini dell'accertamento del dolo, la prova di fatti e circostanze
che avrebbero potuto ingenerare il convincimento in capo agli imputati di un mutamento del
programma di servizio, magari avvenuto su loro iniziativa, ma validato da chi l'ordine di
servizio aveva dato e poteva modificarlo anche solo verbalmente.
Dalle dichiarazioni del luogotenente L., prese in considerazione dalla Corte militare
per giungere alla conclusione assolutoria, non si comprende se lui o altri in posizione di
comando furono previamente informati dei rientri anticipati, se assentirono e dettarono
disposizioni integrative per l'espletamento di compiti ulteriori, come quelli di disbrigo pratiche
in ufficio; o se, invece, la sua deposizione riferisca di una prassi tollerata, solo genericamente
giustificata, e specificamente di comportamenti contrari all'ordine di servizio di cui si ebbe
notizia successivamente.
La sentenza impugnata non ha approfondito il tema come avrebbe dovuto, sicché offre
una motivazione manifestamente illogica della conclusione assolutoria, dando rilievo ad
elementi non rilevanti secondo le previsioni di fattispecie.
Deve pertanto essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della
Corte militare di appello.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte
militare di appello.
Così deciso in Roma, 17 aprile 2018.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
17-07-2018 23:26
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