Maresciallo capo della Guardia di Finanza condannato per il reato di cui all'articolo 319-quater c.p. Rimosso dal grado.
SENTENZA sul ricorso proposto da: P.L. nato a B. il ....... avverso l'ordinanza del ..... della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SANTALUCIA; lette le conclusioni del PG .A
Ritenuto in fatto La Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione e in accoglimento della richiesta del pubblico ministero, ha applicato a L.P. , maresciallo capo della Guardia di Finanza condannato per il reato di cui all'articolo 319-quater c.p., la pena accessoria della rimozione dal grado. Ha contestualmente revocato la precedente propria ordinanza del 29 marzo 2016, con cui, all'esito di procedura di correzione di errore materiale, aveva corretto il dispositivo della sentenza di condanna, includendo il riferimento all'applicazione della menzionata pena accessoria. Avverso questa ultima ordinanza l'interessato fece ricorso a questa Corte che, qualificato lo stesso come opposizione, dispose la trasmissione degli atti alla Corte di appello. La Corte di appello, ricevuti gli atti e procedendo nelle forme del giudizio di esecuzione, ha precisato che, a norma degli articoli 29, 33 e 63 del codice penale militare di pace, la pena accessoria consegue di diritto e in modo automatico alla condanna per il reato di cui all'articolo 319-quater c.p. Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso i difensori di L.P., avvocati Santese e Cicogna, articolando più motivi. Con il primo motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge, perché l'avvocato Cicogna non ha ricevuto avviso per l'udienza di esecuzione, pur essendo stato regolarmente nominato per la proposizione del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di correzione dell'errore materiale. Con il secondo motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione per omessa considerazione della memoria difensiva depositata in vista dell'udienza e per omessa motivazione sulle ragioni che hanno indotto il giudice a non tenerne conto. Con il terzo motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione per omesso accoglimento della richiesta difensiva di audizione in udienza e per omessa motivazione sulle ragioni del diniego. Con il quarto motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge, perché il procedimento di esecuzione avrebbe dovuto avere ad oggetto soltanto i motivi dell'opposizione e quindi soltanto la revoca della precedente ordinanza del 29 marzo 2016, ma non anche l'applicazione di una nuova ordinanza applicativa della pena accessoria. Il procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto
Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. Il primo motivo è infondato, atteso che la nullità determinata dall'omesso avviso di udienza al codifensore resta sanata se non dedotta dall'altro difensore, presente in udienza, a cui l'avviso è stato ritualmente notificato. In tal senso si sono espresse le Sezioni unite di questa Corte, affermando che "la nullità di ordine generale a regime intermedio, derivante dall'omesso avviso ad uno dei due difensori di fiducia, deve essere eccepita a opera dell'altro difensore al più tardi immediatamente dopo gli atti preliminari, prima delle conclusioni qualora il procedimento non importi altri atti, in quanto il suo svolgersi (in udienza preliminare, riesame cautelare o giudizio) presume la rinuncia all'eccezione. - Sez. un., 16 luglio 2009, n. 39060, Aprea, C.E.D. Cass., n. 244188 -.
Il secondo motivo non è meritevole di considerazione. I ricorrenti lamentano l'omessa esame della memoria difensiva e quindi deducono un difetto di motivazione perché, come bene ha messo in evidenza il procuratore generale con la requisitoria scritta, l'omessa valutazione "di memorie difensive non può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive in quanto devono essere attentamente considerate dal giudice cui vengono rivolte - Sez. III, 13 dicembre 2017, n. 5075/18, Buglisi e altri, C.E.D. Cass., n. 272009 -. I ricorrenti, però, non indicano, alla luce delle deduzioni contenute nella memoria, in cosa e per quali ragioni la motivazione del provvedimento impugnato sia carente o altrimenti viziata, e ciò rende il motivo generico.
Il terzo motivo è manifestamente infondato, in ragione del fatto che L.P. fu presente all'udienza del procedimento di esecuzione sicché, ove avesse voluto rendere dichiarazioni, avrebbe potuto e dovuto farne richiesta alla Corte. Di tanto non v'è traccia nel verbale di udienza e ciò priva di rilievo il fatto che una richiesta fosse stata presentata per iscritto, giorni prima dell'udienza, perché essa avrebbe dovuto essere fatta valere dall'interessato presente, pena altrimenti la legittimità della deduzione giudiziale circa l'avvenuto mutamento del programma difensivo. Il quarto motivo è infondato. La sentenza di annullamento di questa Corte ha qualificato come opposizione la precedente impugnazione dell'ordinanza erroneamente intesa di correzione dell'errore materiale. La Corte di appello, con l'ordinanza ora impugnata, si è quindi pronunciata esercitando correttamente il potere di integrale valutazione dell'originaria domanda di applicazione della pena accessoria. È destituito di fondamento, pertanto, il motivo con cui ci si duole che il giudice dell'esecuzione non si sia limitato a revocare l'ordinanza di correzione dell'errore materiale. La pena accessoria della rimozione di cui all'articolo 29 c.p.m.p., peraltro, deve trovare applicazione in forza di quanto previsto dall'articolo 33, comma primo, stesso codice, secondo cui la rimozione segue, come pena accessoria, alla condanna alla pena della reclusione ove questa debba essere sostituita con la reclusione militare, giusta la disposizione dell'articolo 63, comma primo, n. 3, stesso codice, secondo cui la pena della reclusione, se la condanna non importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e quindi se la reclusione irrogata è inferiore a cinque anni, è sostituita dalla reclusione militare per uguale durata. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 4 giugno 2018 Il giudice estensore Il presidente.
26-07-2018 11:52
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